Per vivere abbiamo bisogno di qualcosa per cui valga la pena di morire

E' diverso tempo che questa frase si è formata e mi frulla nella mente e ogni volta che la scovo nella mia testa non posso fare a meno di farla salire di importanza. Adesso è salita talmente tanto che non riesco più a tenerla solo per me e così la condivido con voi, insieme ad una foto :)



Per vivere abbiamo bisogno di qualcosa per cui valga la pena di morire


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un pensiero profondo il tuo, dove si cela (parafrasando) il motivo per cui siamo al mondo

senza uno scopo è inutile andare avanti, la vita va vissuta fino in fondo

nel bene e nel male

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Io un qualcosa per cui "io" sarei disposto a fare il grande salto l'ho trovata da anni oramai ma non ci tengo poi così tanto a farlo e non mi dispiacerebbe se tutto ciò rimanesse solo una cosa puramente accademica (ci manca l'emoticon che si tocca gli zebedei ma visto che di fantasia non siete carenti immaginatela molto grande e impegnata in tale attività). Ciao :), Gianluca
 
E' diverso tempo che questa frase si è formata e mi frulla nella mente e ogni volta che la scovo nella mia testa non posso fare a meno di farla salire di importanza. Adesso è salita talmente tanto che non riesco più a tenerla solo per me e così la condivido con voi, insieme ad una foto :)



Per vivere abbiamo bisogno di qualcosa per cui valga la pena di morire




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Credo che in questa frase ci sia tutto il significato dell'eroe, ma non necessariamente quello altisonante, bensì quello quotidiano.

Dagli anonimi genitori che si spendono totalmente per i figli e che appunto istintivamente sono disposti a "morire" per loro non solo in termini letterali (sacrificando il loro tempo, le loro aspirazioni, i loro pur legittimi egoismi, insomma la loro vita), fino alla cerchia ristretta di coloro che vivono seguendo un ideale.

Alla fine è una questione di generosità, più o meno allargata. Non mancano tanto i grandi eroi (sventurato il popolo che ne ha bisogno), ma proprio gli eroi quotidiani, quelli che sono il tessuto.
Sarà per questo che oggigiorno le vite si sono abbrutite, son diventate spesso cose con cui "giocare", di cui "disporre"...qualcosa appunto che non è più vita. Paradossalmente è proprio NON avere qualcosa per cui valga la pena di morire che alla fine porta...a morire davvero.
 
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Sto cercando affannosamente qualcosa per cui valga la pena di morire :mumble:...... ma non la trovo:ka:. Ciononostante vivo e vivo benissimo :si::D:abbraccio:
Condivido il pensiero del buon Gru.
Per ora soltanto per i miei figli vale la pena morire, non certo per arrivare in cima ad una montagna e.... Ciononostante vivo e vivo benissimo.:D

Bellissima la foto: complimenti!
 
Ho letto con attenzione ed ho riflettuto a lungo. Ti confido che ero tentato di scherzare sul topic ma poi mi sono reso conto che avrei fatto un errore. Io penso di non aver necessariamente bisogno di qualcosa percui valga la pena di morire, per vivere. Sono felice con i miei ideali. Di fronte alla morte tutti ci sentiamo veramente piccoli e terrorizzati,miseri a tal punto che l'istinto di sopravvivenza prende sempre e comunque il sopravvento su i piu' nobili sentimenti praticati in condizioni di non pericolo per la propria esistenza. Non riesco a pensare a qualcosa per cui valga la pena di morire. Mi viene in mente solo l'espiazione, soffrire per alleviare colpe o le sofferenze di una persona cara, questo si sarei pronto a farlo, ma morire forse e' un'azione,un gesto,una condizione che non potremmo mai gestire razionalmente.Ci sarebbe ancora tanto da scrivere. Mi fermo con la personale convinzione che non esista qualcosa per cui valga la pena di morire.... per vivere.
 
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Beh, un paio di cosette per cui varrebbe la pena di morire ci sarebbero, una la conoscete gia,l'altra non ve la dico!;-p
Complimenti Andrea, frase davvero stupenda...la sento mia...
 
Sto cercando affannosamente qualcosa per cui valga la pena di morire :mumble:...... ma non la trovo:ka:. Ciononostante vivo e vivo benissimo :si::D:abbraccio:

Si si, quoto!!!

La frase di Andrea è molto bella, di effetto e fa pensare ma,....malgrado lo abbia fatto, non ho trovato nulla neanche io;....sarà il mio stato di ateo incallito!

però, affermo anche una convinzione, NON ho assolutamente paura di morire anzi, diciamo che vedo la Morte come un luogo cui regna riposo, silenzio e il Nulla....sinceramente un posto che mi piace.
Ne sono così convinto che alla Santa le ho detto che (per inciso la pensa proprio come me) se dovessi avere un male incurabile o mi trovassi in una situazione in cui, per rimanere in vita sarei solamente di peso per chi mi sta vicino e/o soltanto un vegetale da attaccare alla spina, mi dovrà portare in un determinato posticino che sappiamo io e Lei poi, ci saluteremo.

Ovviamente se mi trovassi in un punto di Morte, come la maggior parte degli esseri Viventi avrei un istinto di sopravvivenza che lotterà per aggrapparsi alla Vita ma....vedremo, intanto la Morte mi fa meno impressione della Vita, in tutti i sensi.:)
 
Leggendo questa discussione, mi ritorna in mente un passaggio tratto dai Saggi di Michel Eyquem de Montaigne....che mi sono messo a ritrovare in rete per postarvelo.

" Filosofare è imparare a morire"

"Cicerone dice che filosofare non è altro che prepararsi alla morte. Questo avviene perché lo studio e la contemplazione traggono in certa misura la nostra anima fuori di noi, e la occupano separatamente dal corpo, e questo è come un saggio e una sembianza di morte; oppure perché tutta la saggezza e i ragionamenti del mondo si riducono infine a questo, di insegnarci a non temere di morire. […]
La meta della nostra corsa è la morte, è questo l'oggetto necessario della nostra mira: se ci spaventa, come è possibile fare un passo avanti senza agitazione? Il rimedio del volgo è di non pensarci. Ma da quale bestiale stupidità gli può venire un così grossolano accecamento? […]
Ai nostri servi si mette paura solo nominando la morte, e i più si fanno il segno della croce come se si nominasse il diavolo. E poiché la si menziona nei testamenti, non vi aspettate che vi mettano mano, se prima il medico non ha dato l'ultima sentenza; e Dio sa allora, fra il dolore e lo spavento, con quale bel discernimento ve lo impasticciano
Poiché questa sillaba colpiva troppo duramente i loro orecchi, e questo suono sembrava loro di cattivo augurio, i Romani avevano imparato ad addolcirlo o a distenderlo in perifrasi. Invece di dire: è morto, essi dicono: ha cessato di vivere, ha vissuto. Purchè si tratti di vita, anche se è passata, essi si consolano. Noi abbiamo preso da loro il nostro: fu Tizio.
È forse che, come si dice, la dilazione è remissione. Nacqui fra le undici e mezzogiorno, l'ultimo giorno di febbraio 1533, come contiamo adesso, iniziando l'anno in gennaio. Sono appena quindici giorni che ho compiuto trentanove anni, me ne occorrono per lo meno altrettanti; preoccuparsi nel frattempo di pensare a una cosa tanto lontana sarebbe follia. Ma via! Giovani e vecchi lasciano la vita allo stesso modo. Nessuno ne esce altrimenti che se vi fosse appena entrato. Si aggiunga che non c'è uomo, per quanto decrepito, che finchè non abbia raggiunto l'età di Matusalemme, non pensi di avere ancora vent'anni in corpo.
Inoltre, povero pazzo che sei, chi ti ha fissato i termini della vita? Ti basi sulle parole dei medici. Guarda piuttosto i fatti e l'esperienza. Secondo il comune andamento delle cose, tu vivi già da un pezzo per favore straordinario. Hai oltrepassato i comuni limiti del vivere. È per convincerti che sia così, conta fra i tuoi conoscenti quanti di più ne siano mori prima di avere la tua età, rispetto a quelli che l'hanno raggiunta; e di quelli stessi che hanno nobilitato la loro vita con la fama, fà una lista, e io scommetto che ne troverò più che sono morti prima che non dopo i trentacinque anni. È oltremodo ragionevole e pio prendere esempio dall'umanità stessa di Gesù Cristo: ora, egli terminò la sua vita a trentatrè anni. Il più grande uomo, semplicemente uomo, Alessandro, morì anch'egli a questa età. […]
È incerto dove la morte ci attenda: attendiamola dovunque. La meditazione della morte è meditazione della libertà. Chi ha imparato a morire, ha disimparato a servire. Il saper morire ci affranca da ogni soggezione e costrizione. Non c'è nulla di male nella vita per chi ha ben compreso che la privazione della vita non è male. Paolo Emilio rispose a colui che quel misero re di Macedonia, suo prigioniero, gli inviava per pregarlo che non lo trascinasse dietro il suo trionfo:<Che ne faccia domanda a se stesso>.
In verità, in tutte le cose, se la natura non presta un po’ d'aiuto, è difficile che l'arte e l'abilità facciano passi avanti. Io sono per natura non melanconico, ma meditabondo. Non c'è nulla su cui mi sia sempre intrattenuto di più che sui pensieri della morte: anche nella stagione più dissoluta della mia vita, […]fra le donne e i giochi, qualcuno mi immaginava intento a digerire fra me e me qualche gelosia o l'incertezza di qualche speranza, mentre stavo pensando a non so chi, colto giorni prima da una febbre violenta, e alla sua morte, mentre usciva da una festa come quella, con la testa piena di frivolezza, d'amore e di divertimenti, come me, e che a me poteva accadere lo stesso."
 
grande montaigne.. il migliore!
però quello che sta dicendo andrea è molto diverso: per vivere bisogna trovare qualcosa per cui vale la pena morire.. mentre montaigne dice che vivere è imparare a morire, imparare ad accettare quell'evento razionalmente inaccettabile della morte. l'affermazione di andrea mi pare un tentativo di non rinunciare mai ad attribuire un senso, un valore alla vita che vada oltre, al di là del semplice fluire degli istanti dell'uomo inteso come animale. mentre per montaigne non si tratta di questo: la vita potrebbe tranquillamente non avere alcun senso (in questo passaggio la cosa non è in questione) ma resta comunque difficile digerire l'idea che essa finirà. per cui la vita intera ha come unico obiettivo quello di rendere digeribile questo evento inevitabile..

comunque, anche questa discussione, prova quanto sia inaccettabile per l'uomo l'inesistenza di un senso per la propria vita.. di una ragione, di una logica, di una spiegazione sensata.
 
è una perenne dannazione dell'uomo trovare delle motivazioni per le quali vivere e quindi morire: ci si concentra talmente tanto su questo misterioso futuro che non si stà nel presente , o si stà poco.

se per un attimo ci concentriamo e facciamo finta che non esiste nè il passato nè il futuro ma soltanto il presente (cosa vera , direi) si inizia ad intuire quale possa essere il significato di tutto.

può sembrare strano che non esista uno scopo , i condizionamenti esterni ci hanno convinti fin da bambini che deve esistere per forza una motivazione per la quale vivere , bisognerebbe spurgarsi da tutte queste impostazioni anche se poi il nostro IO ci rimette.

viviamo la vita e amiamola incondizionatamente senza pretendere nulla in cambio , neanche uno scopo; la nostra anima riprenderà il suo posto nell'universo

:p
 
di fantasia non siete carenti immaginatela molto grande e impegnata in tale attività). Ciao :), Gianluca
Forse sono tardo o non ho tutta quella fantasia

ci manca l'emoticon che si tocca gli zebedei
Concordo, si può aggiungere?

La vita in sè è già sufficiente come ragione. Buone feste a tutti!

Anche a me basta la vita.

Scusate se scrivo qui una cosa che non c'entra assolutamente niente, ma mi piace condividere: mentre scrivevo al pc mi sono girato verso la finestra aperta, rimanendo seduto, distratto dal rumore di un aeromodello. Sono stato almeno un minuto a guardare due modelli riflessi nel vetro che volavano in formazione perfetta.... Azz... come sono coordinati questi due aeromodellisti...
Mi sono affacciato: Era uno solo riflesso nei doppi vetri :rofl:
 
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