- Parchi del Friuli-Venezia Giulia
-
- Parco Regionale delle Dolomiti Friulane
Data: 24/01/2015
Regione e provincia: FVG, PN
Località di partenza: diga del Ciul
Località di arrivo: Cualina Bassa
Tempo di percorrenza: h 4-5 per salire, 3-4 per scendere
Chilometri: mica ho il GPS
Grado di difficoltà: EE
Descrizione delle difficoltà: vedi relazione
Periodo consigliato: d’inverno, in assenza di neve
Segnaletica: sentiero CAI 398, traccia, “traccia” segnata, poi nulla
Dislivello in salita: circa 800 mt. + varie contropendenze
Dislivello in discesa: idem
Quota massima: 1367 mt.
Accesso stradale: SR 251 da Meduno a Ponte Racli, da questo percorrere la strada comunale fino a Selva, quindi (a proprio rischio) la strada di servizio all’invaso del Ciul .
Cartografia: Carta Tabacco N° 028, CTR "Collina Alta" e "Monte Corda"
Descrizione
Siccome il Grrr è dispettoso e non ha voluto dirmi dove si celi la Cengla da lis Fontanis e oltretutto non disponendo della “Topographisch-geometrische Kriegskarte von dem Herzogthum Venedig” (troppi schei!), la cengia me la sono andata a cercare da me. Onde evitare la lungaggine ed i perigli insiti nell’approccio così succintamente descritto in quel post, ho deciso di “buscar el levante por el ponente” (in questo caso l’inverso), ricercando l’imbocco della cengia ove essa nella “descrizione” sembra terminare, FORSE dalle parti del Forcellone. Chiunque abbia presente –anche vagamente- l’orografia della zona riterrà l’approccio come velleitario e superficiale e in effetti lo sapevo che le probabilità di imbroccare la cengia giusta eran ridotte al lumicino, ma la curiosità di una ricognizione da quelle parti era irrefrenabile.
In ogni caso, comunque, qualcosa poi sarei riuscito a portarmela a casa..
Mi appropinquo dunque alle Cualine che sul fondo incombono sull’invaso in secca..
La penuria d’acqua mi consente di vedere quel che resta del borgo dove sostarono i Garibaldini.
Ad ogni “riemersione” qualche frammento manca…
Abbandonato il 398 sopra Selis, seguo un dismesso sentiero dei forestali che si inoltrava in Alta Val Meduna alto sopra il torrente, per evitarne i guadi (*). La traccia è inerbita e spesso intralciata da schianti ma, prestando fede alla guida (*), oltrepassato un rio presto arrivo ad un costone oltre al quale non sarà più possibile sbagliare percorso (anche perché, diversamente, sarebbero cavoli amari!)! Eccomi quindi, sano e salvo, affacciarmi al Forcellone tra le q. 1196 e 1234 CTR, tra le fronde a rimirare gli stavai (*) che irsuti solcano i versanti SE delle Cualine: potenziali luoghi di passaggio d’animali, anche umani. A rigor di logica stratigrafica, detti cengioni dovrebbero solcare simmetricamente anche gli opposti (SO) versanti: sarà uno di essi d’abbrivio per la mia agognata Zengla?
(*) “Alta Valle del Meduna. Tutte le cime e i sentieri.” di Giorgio Madinelli
Uno di essi, mal delineato e già in altra occasione negletto, sembra la via più immediata per accedere alla Bassa. Come raggiungerlo? A sua difesa interposto vi è il selvaggio Rio del Forcellon.
Con insperata facilità, mi calo in direzione di quest’ultimo e tosto trovo un magnifico cengione erboso che cinge i precipiti scogli sommitali delle q. 1234 e 1214 (già “battezzato” dopo attenta ispezione di telefoto scattata in precedenza.. ).
Agevolmente raggiungo il fondo del Rio: troppo facile fin qui l’andare, ricalcante una traccia di camosci così marcata da sembrare opera umana! Rinfrancato da questa congettura, la assecondo sull’opposto versante, dove si tiene alta, quasi ridosso alle rocce. Lo stavai mal delineato si rivela in effetti tale: una serie di costole spezza la sua continuità e si trepida ad ognuna di esse, per quello che ci riserverà il doppiaggio dell’avvallamento successivo.
Mi volto ad immortalare il percorso seguito ed il Forcellon, sopra al quale inizia a biancheggiare il Frascola.
Prestando accuratamente fede alla saggezza dei camosci vengo a capo dei tratti baranciosi e di brevi passaggi esposti, guadagnando così la facile faggeta che anticipa la cima.
Oramai ci siamo: spunta alla mia destra il profilo della cresta sommitale della Cualina Alta. Sul pulpito d’uscita si ammira il bacino del Ciul, costantemente in ombra, ed il Cuel de la Luna.
Finalmente getto lo sguardo “dall’altra parte”: sopra il profondo solco del Vuàr, le Caserine attirano subito l’attenzione…
A sud la dorsale del Corda…
Ma è sulle misteriose cenge della Cresta di Boscovecchio che maggiormente indugia lo sguardo indagatore…
Mi è chiaro che qui non ho trovato quello che cercavo: qualcuno riderà del mio tentativo velleitario ma ora non importa, il tempo stringe. L’estetica suggerirebbe la discesa per l’ostico versante Ovest, ma sarebbe follia confidare così tanto nella memoria e... nelle fettucce biodegradabili!
Faccio a ritroso il percorso dell’andata, rimuginando la convinzione che esso sia (e sia stato) quello più semplice e breve per portarsi sulla Cualina Bassa. Sono certo che questa considerazione stanotte vi priverà del sonno!
Regione e provincia: FVG, PN
Località di partenza: diga del Ciul
Località di arrivo: Cualina Bassa
Tempo di percorrenza: h 4-5 per salire, 3-4 per scendere
Chilometri: mica ho il GPS
Grado di difficoltà: EE
Descrizione delle difficoltà: vedi relazione
Periodo consigliato: d’inverno, in assenza di neve
Segnaletica: sentiero CAI 398, traccia, “traccia” segnata, poi nulla
Dislivello in salita: circa 800 mt. + varie contropendenze
Dislivello in discesa: idem
Quota massima: 1367 mt.
Accesso stradale: SR 251 da Meduno a Ponte Racli, da questo percorrere la strada comunale fino a Selva, quindi (a proprio rischio) la strada di servizio all’invaso del Ciul .
Cartografia: Carta Tabacco N° 028, CTR "Collina Alta" e "Monte Corda"
Descrizione
Siccome il Grrr è dispettoso e non ha voluto dirmi dove si celi la Cengla da lis Fontanis e oltretutto non disponendo della “Topographisch-geometrische Kriegskarte von dem Herzogthum Venedig” (troppi schei!), la cengia me la sono andata a cercare da me. Onde evitare la lungaggine ed i perigli insiti nell’approccio così succintamente descritto in quel post, ho deciso di “buscar el levante por el ponente” (in questo caso l’inverso), ricercando l’imbocco della cengia ove essa nella “descrizione” sembra terminare, FORSE dalle parti del Forcellone. Chiunque abbia presente –anche vagamente- l’orografia della zona riterrà l’approccio come velleitario e superficiale e in effetti lo sapevo che le probabilità di imbroccare la cengia giusta eran ridotte al lumicino, ma la curiosità di una ricognizione da quelle parti era irrefrenabile.
In ogni caso, comunque, qualcosa poi sarei riuscito a portarmela a casa..
Mi appropinquo dunque alle Cualine che sul fondo incombono sull’invaso in secca..
La penuria d’acqua mi consente di vedere quel che resta del borgo dove sostarono i Garibaldini.
Ad ogni “riemersione” qualche frammento manca…
Abbandonato il 398 sopra Selis, seguo un dismesso sentiero dei forestali che si inoltrava in Alta Val Meduna alto sopra il torrente, per evitarne i guadi (*). La traccia è inerbita e spesso intralciata da schianti ma, prestando fede alla guida (*), oltrepassato un rio presto arrivo ad un costone oltre al quale non sarà più possibile sbagliare percorso (anche perché, diversamente, sarebbero cavoli amari!)! Eccomi quindi, sano e salvo, affacciarmi al Forcellone tra le q. 1196 e 1234 CTR, tra le fronde a rimirare gli stavai (*) che irsuti solcano i versanti SE delle Cualine: potenziali luoghi di passaggio d’animali, anche umani. A rigor di logica stratigrafica, detti cengioni dovrebbero solcare simmetricamente anche gli opposti (SO) versanti: sarà uno di essi d’abbrivio per la mia agognata Zengla?
(*) “Alta Valle del Meduna. Tutte le cime e i sentieri.” di Giorgio Madinelli
Uno di essi, mal delineato e già in altra occasione negletto, sembra la via più immediata per accedere alla Bassa. Come raggiungerlo? A sua difesa interposto vi è il selvaggio Rio del Forcellon.
Con insperata facilità, mi calo in direzione di quest’ultimo e tosto trovo un magnifico cengione erboso che cinge i precipiti scogli sommitali delle q. 1234 e 1214 (già “battezzato” dopo attenta ispezione di telefoto scattata in precedenza.. ).
Agevolmente raggiungo il fondo del Rio: troppo facile fin qui l’andare, ricalcante una traccia di camosci così marcata da sembrare opera umana! Rinfrancato da questa congettura, la assecondo sull’opposto versante, dove si tiene alta, quasi ridosso alle rocce. Lo stavai mal delineato si rivela in effetti tale: una serie di costole spezza la sua continuità e si trepida ad ognuna di esse, per quello che ci riserverà il doppiaggio dell’avvallamento successivo.
Mi volto ad immortalare il percorso seguito ed il Forcellon, sopra al quale inizia a biancheggiare il Frascola.
Prestando accuratamente fede alla saggezza dei camosci vengo a capo dei tratti baranciosi e di brevi passaggi esposti, guadagnando così la facile faggeta che anticipa la cima.
Oramai ci siamo: spunta alla mia destra il profilo della cresta sommitale della Cualina Alta. Sul pulpito d’uscita si ammira il bacino del Ciul, costantemente in ombra, ed il Cuel de la Luna.
Finalmente getto lo sguardo “dall’altra parte”: sopra il profondo solco del Vuàr, le Caserine attirano subito l’attenzione…
A sud la dorsale del Corda…
Ma è sulle misteriose cenge della Cresta di Boscovecchio che maggiormente indugia lo sguardo indagatore…
Mi è chiaro che qui non ho trovato quello che cercavo: qualcuno riderà del mio tentativo velleitario ma ora non importa, il tempo stringe. L’estetica suggerirebbe la discesa per l’ostico versante Ovest, ma sarebbe follia confidare così tanto nella memoria e... nelle fettucce biodegradabili!
Faccio a ritroso il percorso dell’andata, rimuginando la convinzione che esso sia (e sia stato) quello più semplice e breve per portarsi sulla Cualina Bassa. Sono certo che questa considerazione stanotte vi priverà del sonno!
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