Dati
Data: 13/09/2014
Regione e provincia: Lombardia-Como
Località di partenza: Peglio
Località di arrivo: Lago Darengo - Capanna Como, poi verso la cresta
Tempo di percorrenza: 12 h (andata e ritorno)
Chilometri: 30
Grado di difficoltà: E
Descrizione delle difficoltà: nessuna, salvo ... buche
Periodo consigliato: giugno-ottobre
Segnaletica: decente, tranne all'alpe Darengo
Dislivello in salita: 1300
Dislivello in discesa: 1800
Quota massima: 2000
Descrizione
Come ricorderete, l'anno scorso è stato un po' "umidino"; a settembre e ottobre però ci sono state delle belle giornate e in una di queste sono andato al lago Darengo, una delle poche mete conosciute dell'alto Lario.
Qui vedete l'area preferita delle mie scorribande.
Parto alle 6.30 dall'agriturismo Zertin, sopra Peglio; la giornata come vedete promette bene; sullo sfondo le Grigne.
Un prato di colchici, adattissimo per un risotto allo "zafferano" per liberarsi di eventuali suocere rompiscatole.
I primi raggi del sole colpiscono la catena del Monte San Primo.
La cima di Zoch, bel panettone che mi riprometto di salire.
Lungo la strada per Dangri.
Uno scorcio "Japan style".
Ed ecco l'antico ponte in pietra di Dangri.
Oddio, l'impatto alla fine della strada non è molto affascinante.
Ma basta guardare verso destra e, complice il sole, un piccolo paradiso.
Ed ecco a voi il "crotto Dangri".
Subito dopo comincia la mulattiera per Baggio, circa 400 m più in alto.
Alla chiesetta della Madonna di Livo, un'esibizione di equilibrismo.
Dalla mulattiera si vede la parte opposta della valle, cioè il crinale che sale verso il monte Usciolo.
Poco prima di arrivare in cima, potete sfruttare questa particolare poltroncina.
Qui la nuova palestra per i free climber.
Siamo arrivati a Baggio; ci accoglie una cappellina (peccato che anche in questi posti si sia costretti a mettere simili cancellate antivandali).
Come vedete la concretezza montanara ha fatto scegliere il salmo quanto mai adatto per queste zone, perché un passo sbagliato può porre termine bruscamente all'esistenza terrena.
Il piccolo abitato di Baggio.
Notare la casetta al centro, unica dotata di antenna parabolica…
Proseguiamo a sinistra imboccando il sentiero verso la Val Darengo.
Ecco la cima del monte Usciolo.
Entriamo verso la parte alta della valle.
Ora vi chiederete: che ci fa un parapetto stradale in un sentiero di montagna? Eh, ma questo non è un semplice sentiero signori miei, questo che sembrava un sentiero infatti è la strada provinciale 4!
E ogni strada provinciale che si rispetti ha la sua buca.
E che buca!! (questa l'ho presa al ritorno col sole)
A questo punto, vista la sorpresa, mi fermo per decidere il da farsi. Cambiare itinerario mi scocciava, però l'idea di finire direttamente sul fondovalle, stante la mia nota capacità di affrontare i precipizi, non mi sconfinferava per niente. Anche quel cavo penzolante non appariva il massimo della sicurezza. Avrei potuto lanciare lo zaino dall'altra parte prima di passare, ma poi rischiava di finire direttamente giù.
Dopo essermi accertato che sul fondo non si scorgevano scheletri di precedenti fruitori della "strada provinciale", mi aggrappo al cavo sperando di non finire giù, fantozzescamente spiaccicato stringendo in mano un pezzo di cavo arrugginito.
Per fortuna riesco a passare senza problemi e allontano il pensiero di quando dovrò ripassarci per il ritorno.
Ecco il caratteristico Monte Croce di Ledù (che non è il pizzo Ledù, posto più a destra); dietro si vede il pizzo Rabbi.
Spunta in lontananza la valle d'Inghirina.
La nostra strada provinciale passa su un altro ponte, decisamente più prosaico rispetto al ponte di Dangri.
E finalmente arriva il sole anche in fondovalle, illuminando il torrente Livo.
Il sentiero prosegue e il paesaggio si fa sempre più affascinante, in un misto fra rocce e prati, tutte sopra i 2000 metri.
Si arriva a Pianezza; i cartelli del ritorno sono ingannatori; si arriva a Baggio in un'ora e mezzo, non a Dangri quindi bisogna aggiungere mezz'ora buona.
La radura del rifugio Pianezza; come vedete c'è stata una valanga a causa delle grandi nevicate dell'inverno precedente.
Qui è tutto un ruscellare.
E siamo quasi arrivati alla piana dell'alpe Darengo.
Eccola!
Qui però spariscono sentieri e segnali; quindi prendo la cartina e cerco di orientarla;
gira e rigira la mappa, alla fine stabilisco che il lago dovrebbe essere lì in cima, visto che pare esserci anche un sentiero evidente, come vedete.
Attraverso la piana, che farebbe la gioia dei “merenderos” di tutta Italia;
e comincio a salire, sperando di trovare il sentiero tra rododendri & C;
In realtà la salita si fa sempre più intricata.
Ma dopo essere salito una mezz'oretta inoltrandomi sempre più in mezzo ai cespugli, mi volto e ... ohibò, che veggo! Il sentiero è sull'altro versante;
Torno indietro, evidentemente non potrò mai partecipare a una gara di orientering;
e ricominciamo a salire;
sali e sali, il sole rende il paesaggio meraviglioso ma picchia duro;
finalmente il lago Darengo!
alla sua destra il pizzo San Pio.
Io invece vado oltre la capanna Como e comincio a sentire un tizio che urla a squarciagola, come se volesse sentire l'eco (che infatti si sente eccome). Probabilmente era un pastore che richiamava i pochi ovini che si trovano in queste zone. Dopo una decina di minuti di questi latrati allucinanti, mi riprometto al ritorno di lasciargli un pieghevole della Amplifon per le sue pecore, evidentemente assai dure d'orecchio.
Arrivo a quota 2000 e mi fermo quando mancano un po' più di una centinaio di metri di dislivello alla cresta, perché è tardi assai. Scatto qualche foto e riparto di gran carriera perché altrimenti rischio di dover passare un'altra notte all'agriturismo.
Purtroppo il tentativo di quest'anno di arrivare in cima è fallito miseramente perché in queste zone in estate è spesso così, anche quando a lago splende il sole.
Comincia la discesa;
a metà del sentiero vedo una viperona che non si è accorta del mio arrivo.
Poveretta lei, ormai non più accorgersi di niente; tutto perché era andata a protestare dal pastore per dirgli di smettere con un baccano tale che lo sentiva persino lei che era sorda. Che tempi!
Ormai sono alla Capanna Como; provo a entrare per curiosità e vedo una massa incredibile di gente, manco fossimo in un ristorante alla moda.
Levo subito il disturbo per cominciare a scendere.
Intanto fotografo la valle che stavo risalendo, che in effetti era quella dietro la Cima degli Orsi e il Monte Duria.
Da questi intagli si può tentare di scendere al pianoro dopo essere saliti sul monte Duria, ma come vedete è un po'... sdrucciolevole.
Da qui invece si sale per andare al laghetto delle streghe.
Signori, si scende!
Quello che ha dell'incredibile è come tutta l'erba sia bassa come se fosse tenuta rasata tipo giardinetto; eppure in giro non si vedono brucatori di sorta.
In lontananza la costa del Sasso Marcio, che divide la val Ledù dalla val Bares
Come potete vedere, il sentiero è tutto un susseguirsi di scorci suggestivi; sembra veramente di essere in un giardino all'inglese
Ed eccoci arrivati a Baggio, dopo aver superato senza troppe difficoltà la buca, visto che il cavo ha retto.
Mentre stavo pensando che dovevo fare una segnalazione per la pericolosità della buca, vedo attaccato a un albero un foglio. Mi incuriosisco e mi avvicino.
Incredibile, sanno benissimo che c'è la buca e ... hanno fatto un'ordinanza per dire di non passare, senza minimamente preoccuparsi di evidenziarla a dovere. Naturalmente gli stranieri non sono presi in considerazione.
Tanto per capirci, questo a Dangri è un vero cartello di pericolo.
Corri corri, arrivo a Peglio, in quasi orario e da lì scendo a lago con la mulattiera.
Lungo la mulattiera un quadretto fiorito.
Ciao
Roberto
PS visto che bravo? Sono riuscito a stare sotto le cento foto
Data: 13/09/2014
Regione e provincia: Lombardia-Como
Località di partenza: Peglio
Località di arrivo: Lago Darengo - Capanna Como, poi verso la cresta
Tempo di percorrenza: 12 h (andata e ritorno)
Chilometri: 30
Grado di difficoltà: E
Descrizione delle difficoltà: nessuna, salvo ... buche
Periodo consigliato: giugno-ottobre
Segnaletica: decente, tranne all'alpe Darengo
Dislivello in salita: 1300
Dislivello in discesa: 1800
Quota massima: 2000
Descrizione
Come ricorderete, l'anno scorso è stato un po' "umidino"; a settembre e ottobre però ci sono state delle belle giornate e in una di queste sono andato al lago Darengo, una delle poche mete conosciute dell'alto Lario.
Qui vedete l'area preferita delle mie scorribande.
Parto alle 6.30 dall'agriturismo Zertin, sopra Peglio; la giornata come vedete promette bene; sullo sfondo le Grigne.
Un prato di colchici, adattissimo per un risotto allo "zafferano" per liberarsi di eventuali suocere rompiscatole.
I primi raggi del sole colpiscono la catena del Monte San Primo.
La cima di Zoch, bel panettone che mi riprometto di salire.
Lungo la strada per Dangri.
Uno scorcio "Japan style".
Ed ecco l'antico ponte in pietra di Dangri.
Oddio, l'impatto alla fine della strada non è molto affascinante.
Ma basta guardare verso destra e, complice il sole, un piccolo paradiso.
Ed ecco a voi il "crotto Dangri".
Subito dopo comincia la mulattiera per Baggio, circa 400 m più in alto.
Alla chiesetta della Madonna di Livo, un'esibizione di equilibrismo.
Dalla mulattiera si vede la parte opposta della valle, cioè il crinale che sale verso il monte Usciolo.
Poco prima di arrivare in cima, potete sfruttare questa particolare poltroncina.
Qui la nuova palestra per i free climber.
Siamo arrivati a Baggio; ci accoglie una cappellina (peccato che anche in questi posti si sia costretti a mettere simili cancellate antivandali).
Come vedete la concretezza montanara ha fatto scegliere il salmo quanto mai adatto per queste zone, perché un passo sbagliato può porre termine bruscamente all'esistenza terrena.
Il piccolo abitato di Baggio.
Notare la casetta al centro, unica dotata di antenna parabolica…
Proseguiamo a sinistra imboccando il sentiero verso la Val Darengo.
Ecco la cima del monte Usciolo.
Entriamo verso la parte alta della valle.
Ora vi chiederete: che ci fa un parapetto stradale in un sentiero di montagna? Eh, ma questo non è un semplice sentiero signori miei, questo che sembrava un sentiero infatti è la strada provinciale 4!
E ogni strada provinciale che si rispetti ha la sua buca.
E che buca!! (questa l'ho presa al ritorno col sole)
A questo punto, vista la sorpresa, mi fermo per decidere il da farsi. Cambiare itinerario mi scocciava, però l'idea di finire direttamente sul fondovalle, stante la mia nota capacità di affrontare i precipizi, non mi sconfinferava per niente. Anche quel cavo penzolante non appariva il massimo della sicurezza. Avrei potuto lanciare lo zaino dall'altra parte prima di passare, ma poi rischiava di finire direttamente giù.
Dopo essermi accertato che sul fondo non si scorgevano scheletri di precedenti fruitori della "strada provinciale", mi aggrappo al cavo sperando di non finire giù, fantozzescamente spiaccicato stringendo in mano un pezzo di cavo arrugginito.
Per fortuna riesco a passare senza problemi e allontano il pensiero di quando dovrò ripassarci per il ritorno.
Ecco il caratteristico Monte Croce di Ledù (che non è il pizzo Ledù, posto più a destra); dietro si vede il pizzo Rabbi.
Spunta in lontananza la valle d'Inghirina.
La nostra strada provinciale passa su un altro ponte, decisamente più prosaico rispetto al ponte di Dangri.
E finalmente arriva il sole anche in fondovalle, illuminando il torrente Livo.
Il sentiero prosegue e il paesaggio si fa sempre più affascinante, in un misto fra rocce e prati, tutte sopra i 2000 metri.
Si arriva a Pianezza; i cartelli del ritorno sono ingannatori; si arriva a Baggio in un'ora e mezzo, non a Dangri quindi bisogna aggiungere mezz'ora buona.
La radura del rifugio Pianezza; come vedete c'è stata una valanga a causa delle grandi nevicate dell'inverno precedente.
Qui è tutto un ruscellare.
E siamo quasi arrivati alla piana dell'alpe Darengo.
Eccola!
Qui però spariscono sentieri e segnali; quindi prendo la cartina e cerco di orientarla;
gira e rigira la mappa, alla fine stabilisco che il lago dovrebbe essere lì in cima, visto che pare esserci anche un sentiero evidente, come vedete.
Attraverso la piana, che farebbe la gioia dei “merenderos” di tutta Italia;
e comincio a salire, sperando di trovare il sentiero tra rododendri & C;
In realtà la salita si fa sempre più intricata.
Ma dopo essere salito una mezz'oretta inoltrandomi sempre più in mezzo ai cespugli, mi volto e ... ohibò, che veggo! Il sentiero è sull'altro versante;
Torno indietro, evidentemente non potrò mai partecipare a una gara di orientering;
e ricominciamo a salire;
sali e sali, il sole rende il paesaggio meraviglioso ma picchia duro;
finalmente il lago Darengo!
alla sua destra il pizzo San Pio.
Io invece vado oltre la capanna Como e comincio a sentire un tizio che urla a squarciagola, come se volesse sentire l'eco (che infatti si sente eccome). Probabilmente era un pastore che richiamava i pochi ovini che si trovano in queste zone. Dopo una decina di minuti di questi latrati allucinanti, mi riprometto al ritorno di lasciargli un pieghevole della Amplifon per le sue pecore, evidentemente assai dure d'orecchio.
Arrivo a quota 2000 e mi fermo quando mancano un po' più di una centinaio di metri di dislivello alla cresta, perché è tardi assai. Scatto qualche foto e riparto di gran carriera perché altrimenti rischio di dover passare un'altra notte all'agriturismo.
Purtroppo il tentativo di quest'anno di arrivare in cima è fallito miseramente perché in queste zone in estate è spesso così, anche quando a lago splende il sole.
Comincia la discesa;
a metà del sentiero vedo una viperona che non si è accorta del mio arrivo.
Poveretta lei, ormai non più accorgersi di niente; tutto perché era andata a protestare dal pastore per dirgli di smettere con un baccano tale che lo sentiva persino lei che era sorda. Che tempi!
Ormai sono alla Capanna Como; provo a entrare per curiosità e vedo una massa incredibile di gente, manco fossimo in un ristorante alla moda.
Levo subito il disturbo per cominciare a scendere.
Intanto fotografo la valle che stavo risalendo, che in effetti era quella dietro la Cima degli Orsi e il Monte Duria.
Da questi intagli si può tentare di scendere al pianoro dopo essere saliti sul monte Duria, ma come vedete è un po'... sdrucciolevole.
Da qui invece si sale per andare al laghetto delle streghe.
Signori, si scende!
Quello che ha dell'incredibile è come tutta l'erba sia bassa come se fosse tenuta rasata tipo giardinetto; eppure in giro non si vedono brucatori di sorta.
In lontananza la costa del Sasso Marcio, che divide la val Ledù dalla val Bares
Come potete vedere, il sentiero è tutto un susseguirsi di scorci suggestivi; sembra veramente di essere in un giardino all'inglese
Ed eccoci arrivati a Baggio, dopo aver superato senza troppe difficoltà la buca, visto che il cavo ha retto.
Mentre stavo pensando che dovevo fare una segnalazione per la pericolosità della buca, vedo attaccato a un albero un foglio. Mi incuriosisco e mi avvicino.
Incredibile, sanno benissimo che c'è la buca e ... hanno fatto un'ordinanza per dire di non passare, senza minimamente preoccuparsi di evidenziarla a dovere. Naturalmente gli stranieri non sono presi in considerazione.
Tanto per capirci, questo a Dangri è un vero cartello di pericolo.
Corri corri, arrivo a Peglio, in quasi orario e da lì scendo a lago con la mulattiera.
Lungo la mulattiera un quadretto fiorito.
Ciao
Roberto
PS visto che bravo? Sono riuscito a stare sotto le cento foto
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