- Parchi d'Abruzzo
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- Parco Nazionale della Majella
Volevo condividere con voi una delle mie più belle escursioni di tutti i tempi, di quelle che ti rimangono dentro per sempre e di cui il trascorrere del tempo non ne appanna i ricordi ma al contrario, ne esalta i contorni perché con la mente mi ritrovo spesso a ripercorrerne ogni particolare.
Campo di Giove, 1° giugno 2008.
La nostra meta iniziale era il Monte Amaro ma giunti alla sua base, abbiamo improvvisamente cambiato programma. Di seguito spiegherò il motivo.
Mio accompagnatore esclusivo di questa giornata è stato un amico pescarese, grande esperto delle montagne abruzzesi, in particolare della Majella, con cui ho condiviso 11 ore di totale immersione in vari ambienti, emozionandomi ad ogni passo.
Una giornata in cui gli effetti speciali della Natura mi hanno lasciato un bagaglio di visioni che, come spesso accade in queste occasioni, rimarranno indelebili per tutta la vita.
Partenza alle ore 6,25 dalla boscosa Fonte Romana, 1250 mt. nei pressi della località di Campo di Giove.
Il sentiero si svolge inizialmente in una interminabile faggeta costeggiando un ruscello ricco d’acqua per circa un ora.
Molto inquietante ma didattica, la lunga sciabolata lasciata da una vecchia e colossale valanga piombata alla fine degli anni '80 nella faggeta. A distanza di oltre 30 anni, desta ancora impressione osservare i particolari della ferita inferta dall’immane massa nevosa. Numerosi ceppi di grandi alberi abbattuti o sdradicati emergono dal terreno.
E ancora pezzi di tronchi d'albero sparsi e rotolati dappertutto per quasi un chilometro a testimonianza di uno degli aspetti più forti e distruttivi della Natura. Interessante vedere numerosi giovani faggi che hanno ormai ripopolato la lunga lingua di bosco rastrellata.
Superato il limite dalla faggeta, intorno ai 1800 metri, iniziamo a fare lo slalom in ripida salita tra fitti tappeti di ginepri. La fascia del ginepro termina molto presto lasciando il posto ad erti prati punteggiati dai vivaci colori di orchidee gialle e rosa. Più su, qualche rado cespuglio di pino mugo quasi soffocato da incredibili distese di pulsatile e violette blu e gialle.
Alla quota limite dei 2100 mt. sparisce ogni tipo di vegetazione. Il posto d’onore è riservato a rocce, pietraie e ghiaioni, conquistati da alcune colonie di selene acaulis, sassifraghe e piccoli crocus che sgomitando si fanno strada tra le pietre.
Ed eccoci finalmente giunti in cresta, pronti a svalicare ai 2390 mt. della “Forchetta Majella.
Qui il paesaggio cambia radicalmente.
Ci troviamo davanti ad uno degli ambienti più spettacolari del Parco Nazionale e dell’intero Appennino, un vasto pianoro carsico lungo 5 km. e largo 1 km. L'altezza è tra i 2300 e i 2500 mt. cosparso di nevai e piccoli laghetti di fusione, il tutto racchiuso da un anfiteatro di cime arrotondate sui 2500/2600 mt.
E’ il vallone di “Femmina Morta”.
La fatica è terminata e da qui in avanti ci manterremo sempre intorno alla quota media di 2400 mt. scorazzando tranquillamente nei 5 km del vallone.
Tutto l’ambiente è immerso in un silenzio ancestrale reso ancor più grandioso e indescrivibile da quell’insieme di cime arrotondate e ancora incredibilmente innevate a dispetto della stagione, che cingono interamente il vallone, riparandolo dai forti venti che difficilmente riescono a scendere dalle creste. Macchie di piccoli fiori, fitti e compatti come cuscinetti ravvivano le bianche ghiaie laddove la presenza del sole a permesso alla neve di fondersi e scoprire il terreno ghiaioso.
La traversata del vallone è interminabile, spesso si procede su neve alta e molle. In alcuni tratti si sprofonda fin oltre il ginocchio.
Nella parte terminale del vallone, giungiamo in corrispondenza di una leggera depressione, dove la neve sembra essere più compatta ma procedendo ci accorgiamo che l’azzurro del cielo si replica direttamente sul suolo, confuso tra lingue di neve e ghiaccio.
E’ dapprima un’immagine confusa, incredibile e quasi impressionante, ma poi, con il procedere acquisisce contorni più chiari e definiti.
Ci troviamo alla quota di 2451 metri, di fronte al più irreale ed incantevole lago mai osservato in tutte le mie escursioni in Appennino.
La sorpresa, la suggestione, il coinvolgimento dei sensi e mille altre sensazioni sono rese ancora più forti dalla consapevolezza che quella visione è riservata a pochi fortunati che si trovano lassù al momento giusto. Il lago ha infatti una breve vita, giusto il tempo in cui la fusione delle nevi permette il riempimento della depressione.
Poi, con l'avviarsi della bella stagione, l'assetato terreno carsico inghiottirà tutta l'acqua restituendo alla vista degli escursionisti quel tipico paesaggio monotono e lunare che siamo abituati a vedere.
Così, la lunghissima camminata è stata premiata.
La mole del monte Amaro appare superba con quella insolita cornice azzurra alla sua base che quasi non ci rendiamo conto del cielo completamente azzurro, altra nota piuttosto rara da queste parti...
Il lago è di una bellezza straordinaria in ambiente assolutamente selvaggio e solitario, circondato da estesi nevai in ogni direzione. La sua superficie è cosparsa di isole di neve galleggianti, al cospetto del Monte Amaro che si riflette nelle sue acque.
Ben visibile sulla cima il punto rosso del bivacco Pelino a 2795 mt.
Il paesaggio è simile a quello piatto, acquitrinoso e innevato della tundra. Una tundra nostrana ma capace di donare sensazioni uniche nella sua selvaggia dolcezza.
Ci sediamo sui sassi ad ascoltare quel silenzio assordante.
Il ronzio lontano di qualche insetto è l’unico rumore percepibile.
A tratti si solleva una leggera brezza che increspa la superficie dell’acqua.
In questi momenti era bellissimo ascoltare il debole suono dell’acqua appena mossa, che gorgogliava tra le pietre.
Pace assoluta e fusione con la Natura.
In questi luoghi si può pensare o rimanere completamente assorti in un “nulla” che forse serve più di mille altri pensieri.
Rimaniamo qui per ben due ore ad assorbire tutta l’essenza che trasmetteva quel luogo, dimenticandoci completamente di una vetta che ci aspettava e che forse, se fosse stata raggiunta, non ci avrebbe permesso di assaporare in pieno la magia di quel momento.
Ora lascio parlare soltanto le immagini...
Un momento in cui la brezza di monte agita le acque del lago.
Un essere umano che stona assolutamente con il paesaggio...