Premessa: sto per rendermi antipatico a molti.
La faccio breve: odio i rifugi perché rendono la montagna più accessibile, e quindi più frequentata.
La prendo alla lontana partendo da un'altra forma di antropizzazione della montagna MOLTO più estrema: i consorzi sciistici.
Montagne divelte per trapiantare lì la città, in un ambiente sicuro, con panini, birra, musica agli impianti, in cui fumare una bella sigaretta facendo la fila per la prossima salita. Orrore.
Senza andare così in là: anche i rifugi sono colpevoli. Permettono a molta più gente di quella che ci andrebbe altrimenti, di andare in montagna.
Quando ho tentato il Grand Combin eravamo solo io e il mio socio. Il rifugio era ancora chiuso, avrebbe aperto il giorno dopo. Non abbiamo visto un anima tutto il primo giorno, né il secondo... fino a un certo momento. Eravamo noi, la tenda, una pernice bianca, la neve da sciogliere, il ghiaccio. E il silenzio.
Il giorno seguente, scendendo, avremo contato la salita di almeno quaranta persone. Che salivano a stare in rifugio, tutte. Gliel'ho chiesto.
Lo stile alpino è morto.
I rifugi rendono la montagna più accessbile, perciò portano folla.
I rifugi portano gente che si fa servire la colazione con le gambe sotto al tavolo al caldo, e parimenti la cena, senza mica doversela portare in spalla, né preparare, né portare o reperire l'acqua: se la comprano.
I rifugi rendono la montagna più facile. E quindi molto più popolata.
Ci sono montagne dove non sarei capace di andare. E sono tante! Molto semplice: non ci vado. Forse un giorno sarò più bravo, e ci proverò. Forse no, e resterò dove sono capace di andare. Non mi aspetto che mi costruiscano una strada per arrivare in cima, o dei posti tappa per scaldarmi e rigenerarmi.
I rifugi sono costosi, puzzano, spesso si mangia male, e la gente russa.
Ecco, è tutto.
No, non è tutto. Un altro aneddoto dei mille possibili. Dietro al rifugio Gnifetti, i seracchi sono completamente marroni. Marroni perché PIENI DI MERDA. Quella notte, la notte in cui ho visto un ghiacciaio trasformato in una cloaca, ho visto una persona dormire in tenda, da sola, lontano. Mi ha cambiato la vita, letteralmente, e mi ha fatto capire che un altro alpinismo era possibile, ed esisteva, seppur fosse di pochi. Bastava sceglierlo. Non me lo avevano mai detto. Non ci avevo mai pensato.
Ora: anche io ho imparato a sciare andando un po' di volte in pista e ho dormito in rifugio qualche volta, durante i corsi che ho seguito, prima di aprire gli occhi. Non sono senza colpe. Il fatto è che nessuno nemmeno te la presenta, un'altra realtà, e a volte ci scappa di davanti. Così era scappata a me. I corsi li fanno solo così, in quegli edifici che calamitano cittadini offrendogli un po' di città - muri, calore, servizio, prezzo da pagare - anche lì. Ed è un peccato. Sarebbe bello se venissero fatti facendo portare agli allievi il necessario per fare un campo base, costruendolo, ed imparando l'alfabeto della montagna prima di imparare a pestare il ghiaccio o a fare nodi.
Ho finito sul serio.
La faccio breve: odio i rifugi perché rendono la montagna più accessibile, e quindi più frequentata.
La prendo alla lontana partendo da un'altra forma di antropizzazione della montagna MOLTO più estrema: i consorzi sciistici.
Montagne divelte per trapiantare lì la città, in un ambiente sicuro, con panini, birra, musica agli impianti, in cui fumare una bella sigaretta facendo la fila per la prossima salita. Orrore.
Senza andare così in là: anche i rifugi sono colpevoli. Permettono a molta più gente di quella che ci andrebbe altrimenti, di andare in montagna.
Quando ho tentato il Grand Combin eravamo solo io e il mio socio. Il rifugio era ancora chiuso, avrebbe aperto il giorno dopo. Non abbiamo visto un anima tutto il primo giorno, né il secondo... fino a un certo momento. Eravamo noi, la tenda, una pernice bianca, la neve da sciogliere, il ghiaccio. E il silenzio.
Il giorno seguente, scendendo, avremo contato la salita di almeno quaranta persone. Che salivano a stare in rifugio, tutte. Gliel'ho chiesto.
Lo stile alpino è morto.
I rifugi rendono la montagna più accessbile, perciò portano folla.
I rifugi portano gente che si fa servire la colazione con le gambe sotto al tavolo al caldo, e parimenti la cena, senza mica doversela portare in spalla, né preparare, né portare o reperire l'acqua: se la comprano.
I rifugi rendono la montagna più facile. E quindi molto più popolata.
Ci sono montagne dove non sarei capace di andare. E sono tante! Molto semplice: non ci vado. Forse un giorno sarò più bravo, e ci proverò. Forse no, e resterò dove sono capace di andare. Non mi aspetto che mi costruiscano una strada per arrivare in cima, o dei posti tappa per scaldarmi e rigenerarmi.
I rifugi sono costosi, puzzano, spesso si mangia male, e la gente russa.
Ecco, è tutto.
No, non è tutto. Un altro aneddoto dei mille possibili. Dietro al rifugio Gnifetti, i seracchi sono completamente marroni. Marroni perché PIENI DI MERDA. Quella notte, la notte in cui ho visto un ghiacciaio trasformato in una cloaca, ho visto una persona dormire in tenda, da sola, lontano. Mi ha cambiato la vita, letteralmente, e mi ha fatto capire che un altro alpinismo era possibile, ed esisteva, seppur fosse di pochi. Bastava sceglierlo. Non me lo avevano mai detto. Non ci avevo mai pensato.
Ora: anche io ho imparato a sciare andando un po' di volte in pista e ho dormito in rifugio qualche volta, durante i corsi che ho seguito, prima di aprire gli occhi. Non sono senza colpe. Il fatto è che nessuno nemmeno te la presenta, un'altra realtà, e a volte ci scappa di davanti. Così era scappata a me. I corsi li fanno solo così, in quegli edifici che calamitano cittadini offrendogli un po' di città - muri, calore, servizio, prezzo da pagare - anche lì. Ed è un peccato. Sarebbe bello se venissero fatti facendo portare agli allievi il necessario per fare un campo base, costruendolo, ed imparando l'alfabeto della montagna prima di imparare a pestare il ghiaccio o a fare nodi.
Ho finito sul serio.