- Parchi del Veneto
-
- Parco Naturale Regionale della Lessinia
Data: 06/04/15
Regione e provincia: VR/TN
Località di partenza: Revolto
Tempo di percorrenza: 7h
Quota massima: att0rno ai 2100m
Dislivello: 800m
Accesso stradale: SP 10
Pasquetta, è una bellissima giornata di sole con una piacevole brezza e sullo sfondo il Carega ancora sfolgorante di neve mette la frenesia solo a guardarlo.
Ce la facciamo questa seconda ferrata?
Caricata l'attrezzatura in macchina, si parte: prima tappa Ljetzan per i rifornimenti, pane e soppressa.
"Con l'aglio?"- mi chiedono. -"Perchè, esiste anche senza?"
Seconda tappa a passo Pertica.
Tra un caffè e una fetta di crostata scambio quattro chiacchiere col gestore del rifugio, concordiamo sul fatto che il camino finale della ferrata sarà probabilmente ghiacciato ma niente che non si possa superare con un paio di ramponi.
Per il resto dovrebbe essere pulita, un po' di attenzione sulla cresta terminale, ma niente di ché.
Riparto, la neve è magnifica. Diversamente da quanto spesso accade in questo periodo è soda e compatta, un vero paradiso per gli scialpinisti che
scendono a piccoli gruppi lungo i versanti del Plische. E' un piacere sentire il crepitare degli sci che ne mordono i fianchi.
La cosa mi piace, permette di salire "a sentimento" seguendo la linea di massima pendenza e in poco più di un ora sono già sotto la parete, con la targa
di attacco della nostra ferrata:
Mi fermo a mangiare un boccone prima della "vestizione": può esistere sala da pranzo più bella?
Pronti via, l'attacco è atletico poi la via prosegue più agevole. Particolare la presenza di lunghi tratti attrezzati con catene, cosa abbastanza rara dalle
nostre parti.
La ferrata è pulita, e si prosegue fino ad una piccola cengia in prossimità del camino finale. Al suo interno si intravede già qualche accumulo di neve:
è il punto dove indossare nuovamente i ramponi, un breve tratto stile dry tooling e poi si entra.
L'interno come previsto è coperto di ghiaccio, tanto che la catena in un punto ne viene addirittura inglobata. Basta con le foto, qui serve concentrazione:
e poi il telefono comincia, forse per il freddo, a dare segni di batteria scarica...meglio risparmiarla.
Comincio a salire, in opposizione, fino al punto chiave dove il camino piega a sinistra stingendosi in corrispondenza del tratto dove il ghiaccio si "mangia" la catena: se passo qui è fatta, in pochi metri sarò fuori dalle difficoltà. Il passaggio è angusto, e lo zaino qualche impedimento lo crea: alla fine riesco a piazzare i moschettoni dove riemerge la catena e con una mezza rotazione a raggiungere l'appoggio giusto. Lo scarpone però non fa presa, e il motivo è presto detto:
il rampone non è più al suo posto, mi giro e lo vedo rotolare giù, lungo il camino.
Quella che di norma è una tranquilla ferratina, diventa ora qualcosa di più insidioso.
Proseguire è impensabile, bisogna scendere. Una cosa per volta: uscire dal camino, cercare di recuperare il rampone che si è fermato proprio sull'orlo del precipizio, ripercorrere la ferrata a ritroso.
Mi ero sempre chiesto cosa si provasse in una situazione come questa, ora lo so: niente panico, sangue freddo, rapidità nel prendere decisioni sul da farsi.
Un passo alla volta, un problema alla volta, senza fretta.
Cerco di sfruttare gli accumuli di neve per avere un minimo di appoggio con lo scarpone privo di rampone, mentre l'altro morde sicuro la parete ghiacciata: riesco ad arrivare in fondo calandomi lungo la catena ed evitando di sbandierare, le mani rese quasi insensibili dal freddo...penso che se ci fosse il cavo sarebbe tutto più semplice, ma ormai è fatta.
Raggiunta una cengietta mi fermo a riprendere fiato e rimetto i guanti, prima di pensare a come recuperare il rampone perduto, che mi guarda da un punto non raggiungibile in sicurezza senza avere uno spezzone di corda. Per fortuna ho con me un bastoncino da trekk: l'aggancio è un po' acrobatico, ma in breve ho entrambi i ramponi appesi al lato dello zaino. E' un sollievo, senza avrei dovuto evitare la linea di massima pendenza e il rientro sarebbe stato più lungo e laborioso.
Mi scappa un sorriso, non ci vuole molto a ritrovare il buonumore....
Per un istante penso di riprovare, mi secca l'idea di rinunciare. Poi la razionalità prevale, sono stanco ed è meglio non sfidare troppo la sorte: per oggi può bastare.
Scendo la ferrata, leggero leggero, mi sembra una passeggiata. Unico punto un pò ostico è l'ultimo salto, atletico ed evidentemente concepito per essere percorso in senso opposto. Attrezzato con la solita rognosissima catena!
Sono fuori, mi è andata bene....
Durante il rientro, mentre mi scaldo piacevolmente al sole, ho tempo di ripensare agli errori commessi. Perdere un rampone ci può stare, li avevo allacciati e controllati correttamente prima di affrontare il camino. Probabilmente nel tratto su roccia pulita qualche torsione ne ha allentato uno.
E non credo di aver osato niente che non fossi in grado di affrontare, tanto è vero che ormai ero praticamente fuori dalle maggiori difficoltà.
La vera imprudenza, forse, è stato l'esserci andato da solo.
Restano la bella avventura, e ancora qualcosa da raccontare.
Un caffè al Pertica, un saluto al camoscio che attraversa tranquillo il sentiero nel sole del tardo pomeriggio, e sono già verso casa.
Alla prossima...
Regione e provincia: VR/TN
Località di partenza: Revolto
Tempo di percorrenza: 7h
Quota massima: att0rno ai 2100m
Dislivello: 800m
Accesso stradale: SP 10
Pasquetta, è una bellissima giornata di sole con una piacevole brezza e sullo sfondo il Carega ancora sfolgorante di neve mette la frenesia solo a guardarlo.
Ce la facciamo questa seconda ferrata?
Caricata l'attrezzatura in macchina, si parte: prima tappa Ljetzan per i rifornimenti, pane e soppressa.
"Con l'aglio?"- mi chiedono. -"Perchè, esiste anche senza?"
Seconda tappa a passo Pertica.
Tra un caffè e una fetta di crostata scambio quattro chiacchiere col gestore del rifugio, concordiamo sul fatto che il camino finale della ferrata sarà probabilmente ghiacciato ma niente che non si possa superare con un paio di ramponi.
Per il resto dovrebbe essere pulita, un po' di attenzione sulla cresta terminale, ma niente di ché.
Riparto, la neve è magnifica. Diversamente da quanto spesso accade in questo periodo è soda e compatta, un vero paradiso per gli scialpinisti che
scendono a piccoli gruppi lungo i versanti del Plische. E' un piacere sentire il crepitare degli sci che ne mordono i fianchi.
La cosa mi piace, permette di salire "a sentimento" seguendo la linea di massima pendenza e in poco più di un ora sono già sotto la parete, con la targa
di attacco della nostra ferrata:
Mi fermo a mangiare un boccone prima della "vestizione": può esistere sala da pranzo più bella?
Pronti via, l'attacco è atletico poi la via prosegue più agevole. Particolare la presenza di lunghi tratti attrezzati con catene, cosa abbastanza rara dalle
nostre parti.
La ferrata è pulita, e si prosegue fino ad una piccola cengia in prossimità del camino finale. Al suo interno si intravede già qualche accumulo di neve:
è il punto dove indossare nuovamente i ramponi, un breve tratto stile dry tooling e poi si entra.
L'interno come previsto è coperto di ghiaccio, tanto che la catena in un punto ne viene addirittura inglobata. Basta con le foto, qui serve concentrazione:
e poi il telefono comincia, forse per il freddo, a dare segni di batteria scarica...meglio risparmiarla.
Comincio a salire, in opposizione, fino al punto chiave dove il camino piega a sinistra stingendosi in corrispondenza del tratto dove il ghiaccio si "mangia" la catena: se passo qui è fatta, in pochi metri sarò fuori dalle difficoltà. Il passaggio è angusto, e lo zaino qualche impedimento lo crea: alla fine riesco a piazzare i moschettoni dove riemerge la catena e con una mezza rotazione a raggiungere l'appoggio giusto. Lo scarpone però non fa presa, e il motivo è presto detto:
il rampone non è più al suo posto, mi giro e lo vedo rotolare giù, lungo il camino.
Quella che di norma è una tranquilla ferratina, diventa ora qualcosa di più insidioso.
Proseguire è impensabile, bisogna scendere. Una cosa per volta: uscire dal camino, cercare di recuperare il rampone che si è fermato proprio sull'orlo del precipizio, ripercorrere la ferrata a ritroso.
Mi ero sempre chiesto cosa si provasse in una situazione come questa, ora lo so: niente panico, sangue freddo, rapidità nel prendere decisioni sul da farsi.
Un passo alla volta, un problema alla volta, senza fretta.
Cerco di sfruttare gli accumuli di neve per avere un minimo di appoggio con lo scarpone privo di rampone, mentre l'altro morde sicuro la parete ghiacciata: riesco ad arrivare in fondo calandomi lungo la catena ed evitando di sbandierare, le mani rese quasi insensibili dal freddo...penso che se ci fosse il cavo sarebbe tutto più semplice, ma ormai è fatta.
Raggiunta una cengietta mi fermo a riprendere fiato e rimetto i guanti, prima di pensare a come recuperare il rampone perduto, che mi guarda da un punto non raggiungibile in sicurezza senza avere uno spezzone di corda. Per fortuna ho con me un bastoncino da trekk: l'aggancio è un po' acrobatico, ma in breve ho entrambi i ramponi appesi al lato dello zaino. E' un sollievo, senza avrei dovuto evitare la linea di massima pendenza e il rientro sarebbe stato più lungo e laborioso.
Mi scappa un sorriso, non ci vuole molto a ritrovare il buonumore....
Per un istante penso di riprovare, mi secca l'idea di rinunciare. Poi la razionalità prevale, sono stanco ed è meglio non sfidare troppo la sorte: per oggi può bastare.
Scendo la ferrata, leggero leggero, mi sembra una passeggiata. Unico punto un pò ostico è l'ultimo salto, atletico ed evidentemente concepito per essere percorso in senso opposto. Attrezzato con la solita rognosissima catena!
Sono fuori, mi è andata bene....
Durante il rientro, mentre mi scaldo piacevolmente al sole, ho tempo di ripensare agli errori commessi. Perdere un rampone ci può stare, li avevo allacciati e controllati correttamente prima di affrontare il camino. Probabilmente nel tratto su roccia pulita qualche torsione ne ha allentato uno.
E non credo di aver osato niente che non fossi in grado di affrontare, tanto è vero che ormai ero praticamente fuori dalle maggiori difficoltà.
La vera imprudenza, forse, è stato l'esserci andato da solo.
Restano la bella avventura, e ancora qualcosa da raccontare.
Un caffè al Pertica, un saluto al camoscio che attraversa tranquillo il sentiero nel sole del tardo pomeriggio, e sono già verso casa.
Alla prossima...
Ultima modifica: