Parchi della Calabria
  1. Parco Nazionale del Pollino
Data: 31 ottobre 2020
Regione e provincia: Calabria,Cosenza
Località di partenza: Orto botanico di Castrovillari
Località di arrivo: Dolcedorme e ritorno
Tempo di percorrenza: 10 ore circa soste incluse
Chilometri: 9 circa Km la via,altrettanti per il ritorno
Grado di difficoltà: F o T5 (Spesso senza traccia,singoli facili passaggi d'arrampicata fino al II grado.Terreno impegnativo,ripidi versanti erbosi cosparsi di roccette.)
Descrizione delle difficoltà: Escursione lunga dal notevole dislivello su terreno accidentato e in forte pendenza (la seconda parte) ghiaioni e passi di II grado.
Periodo consigliato: Sempre.In inverno ramponi e piccozza
Segnaletica: Segni biancorossi fino al Passo di Valle Cupa
Dislivello in salita: 1617 m
Quota massima: 2267 m.
Accesso stradale: Raggiunta Castrovillari prendere la circonvallazione.Nei pressi di un autolavaggio piegare per la strada di montagna con indicazione Orto botanico fin dove si può arrivare.

Descrizione
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È innegabile il senso di appagamento che si prova quando si accompagna per la prima volta un amico in montagna, lungo un nuovo itinerario o su una vetta mai scalata, soprattutto se la cima si chiama Dolcedorme e la via è la Direttissima. Di recente mi è capitato un paio di volte.L'ultima volta ho avuto come compagni di viaggio due fratelli conosciuti su Instagrami. La loro proposta di realizzare un piccolo sogno,quello di scalare il Dolcedorme dal versante sud ha trovato in me una pronta ed entusiastica accoglienza.Tra i partecipanti ci sono anche due graditi ospiti, uno è nientepopodimenoche’ il grande “Giorgione”, il maremmano “alpinista” che ormai accompagna gli escursionisti dall'Orto botanico di Castrovillari diretti verso il Dolcedorme, e pensa te, oggi ci sarà anche la sua compagna “Macchia”.

Volendo unire l'utile al dilettevole, oggi 31 ottobre sarebbe stata la giornata ideale per immergerci nei colori autunnali delle foreste di Valle Piana vivendo le policromie del foliage nella sua massima intensità. In quest'area ricca di biodiversità che vede la presenza di pini neri, aceri, carpini, sorbi dalle bacche rosse, faggi, pini loricati ecc. avremmo potuto ammirare il tripudio di colori che va dal verde intenso, al giallo, l'arancione e il rosso. E invece le nostre aspettative sono state in parte deluse. La gelata di metà ottobre con nevicate in quota ha parzialmente colpito le foglie degli alberi, in modo particolare delle faggete conferendo loro una anomala colorazione tra il giallo scuro e il marroncino.

Si parte così dall'Orto botanico ben motivati con i nostri inseparabili amici a quattro zampe che cominciano a seguirci dimostrando di avere ormai acquisito piena padronanza del percorso. Dalla località Valle Piana al Passo di Valle Cupa il sentiero offre affacci impareggiabili sull'alpestre parete sud del Dolcedorme, sulla Valle del Coscile su cui sorge Morano Calabro con i contrafforti del Caramolo e un bel colpo d'occhio sulle vertiginose pareti della Celsa Bianca.

Come diceva il Braschi, storica guida e uno dei pionieri di queste terre “è il versante delle escursioni per i duri della montagna, richiede infatti un buon allenamento e lascia poco spazio alle comode passeggiate; offre però a chi lo affronta gli itinerari più grandiosi e panoramici dell'intero massiccio”. La bellezza delle Direttissime poi sta nel fatto che in estiva possono essere risalite senza l'ausilio di corde e attrezzature, benché ripide, faticose e impegnative.

Da Passo di Valle Cupa si attacca direttamente il maestoso Crestone Sud dei loricati che diviene man mano più ripido. Nella parte centrale si affrontano poi una serie di crestine rocciose a volte affilate attraverso passaggi divertenti. Altri passi più difficoltosi possono essere aggirati sulla destra. E mentre a sud si aprono orizzonti solari e sconfinati che spaziano dal Golfo di Sibari, alla Sila, ai monti d'Orsomarso e al Tirreno, complice una luce spettacolare su un cielo blu cobalto, ecco comparire fianco a fianco i nostri due eroi Giorgione e Macchia con la lingua penzoloni che stanno ricalcando gli stessi passaggi su roccia fatti da noi. Bellissimi!!

Finalmente raggiungiamo “Campo Base”, la piccola radura dove i resti bruciati di quello che era un grande e argenteo pino loricato giace in un piccolo avvallamento della cresta. Qui’ ci appare in tutta la sua imponenza lo spettacolo delle pareti di vetta di Serra Dolcedorme che con le sue guglie e i suoi contrafforti si innalza come una immensa cattedrale gotica perfettamente simmetrica. A completare lo splendido quadro avvistiamo anche una maestosa aquila reale stagliarsi nel cielo mentre volteggia descrivendo ampie spirali raggiungendo altezze vertiginose fino a scomparire ai nostri occhi. È la regina indiscussa di queste terre e osservarla mentre compie le sue evoluzioni aeree ci lascia senza parole. Come cantava Franco Battiato:” Giochi di aperture alari che nascondono segreti di questo sistema solare….” Meritata pausa davanti ad uno scenario incredibile e si riprende la marcia lungo il crinale per un altro breve tratto.

Per raggiungere l'anfiteatro di vetta dobbiamo abbandonare subito dopo il filo di cresta e spostarci in diagonale a sinistra sul ripido prato mantenendoci al di sotto delle pareti rocciose. Il grande e caratteristico pino loricato “con la pancia” ci apre il portale ad un grandioso mondo di roccia. Ora però ci attende la parte più impervia e impegnativa dell'itinerario, il ghiaione ripido che si insinua in una stretta gola per poi aprirsi nell'ampio pratone fino a guadagnare il crinale principale e da lì in breve la vetta. E intanto i miei compagni non credono ai loro occhi estasiati da cotanta bellezza e maestosità.

La Direttissima risale per intero il Crestone sud dei loricati ma una volta giunti all’Anfiteatro vi è la possibilità di scegliere una delle varianti. Tra le sei possibilità di salita prendiamo la bellissima e incassata Gola del Turbine. Al centro vi è una strozzatura dove un tempo un tronco incastrato ne rendeva ostico il superamento. Ora il passaggio richiede solo un po’di attenzione per la presenza di pietrisco e roccia friabile.

Quello che ci colpisce è la tenacia di Giorgione e Macchia che imperterriti si intestardiscono ad arrampicare sulla difficile strettoia. Speravamo rinunciassero ma alla fine gettano il cuore oltre l’ostacolo e dopo vari tentativi e rischiando di farsi male superano il salto di roccia. Restiamo senza parole. Dalla stretta selletta dove confluisce la variante dell'Aquila sale una ripida ed esposta cengia erbosa che all'altezza di un loricato si affaccia sul bordo della seghettata cresta ovest della parete. Impressionante lo scorcio sui dirupi del versante dei Denti del Dolcedorme e della Cengia sudest. Davanti si erge la cresta affilata la cui risalita necessiterebbe di attrezzatura alpinistica.

Ritornato sui miei passi risalgo ripidamente per pratoni e mentre i miei due (anzi quattro) compagni cercano di guadagnare il crinale principale, mi riporto sul bordo della parete laddove giunge la via “Fabiola” di recente apertura, una delle due varianti di salita dal “Dentone” del Dolcedorme. È il settore più inaccessibile di questa montagna, un mondo dirupato di una selvaggia e aspra bellezza, regno incontrastato della roccia e dei pini loricati.

Dopo questa digressione puntiamo decisamente la vetta passando sotto il “Pino benedicente”. Infine la cima dove ci aspettano le birre che i miei compagni tirano fuori dallo zaino e il nuovo libro di vetta. Si tratta della quinta edizione da che è stato posto quel lontano 2002 durante la mia seconda spedizione Cai. L'ultima volta è stato sostituito lo scorso 13 settembre per colpa di qualche idiota che ha pensato bene di “dimenticarlo” fuori dal contenitore di metallo protettivo lasciandolo alla mercé della pioggia e del freddo. Subito dopo giungono anche due ragazzi e successivamente un gruppo di tedeschi provenienti dalla via normale. Tra un panino e la birra questa volta anche Giorgione e Macchia condividono il nostro pranzo per quello che è stato possibile offrire loro.

Superfluo descrivere il paesaggio sconfinato che si apre a trecentosessanta gradi dalla cima più elevata del meridione, ma guardando i colori autunnali delle estese foreste della Fagosa domina questo strano marroncino tendente al giallo.Durante la discesa lungo il Vallone del Faggio Grosso ammiriamo altri incredibili scorci del versante sud di questa montagna che ti sorprende da qualsiasi prospettiva la si osservi e che ancora non è stata completamente esplorata come l’area del Terrazzone e la parete sud dell’anticima.

Infine ritorniamo all'auto ripercorrendo a ritroso l’interminabile rettilineo che da Valle Piana riporta all’orto botanico. Alle nostre spalle il tramonto infuoca la montagna che oggi ci ha regalato emozioni indimenticabili. E per oggi basta così. Ringrazio i miei compagni di avventura per aver condiviso questa bella avventura insieme a Giorgione e Macchia che con tanta tenacia e senza demordere ci hanno accompagnato fin lassù.

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Na figata assurda..quelle creste co quei "pini" o meglio monumenti di madre natura. . Complimenti per la costante ricerca dell avventura e pure per il testo bello da leggere.
 
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Qual è il "Pino benedicente"?

questo
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o questo?
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Il secondo.Ma è un nome che ho dato io.Sembra che abbia le braccia protese come a benedire.Sul Pollino solo alcuni loricati hanno un nome ufficiale,Italus,il più vecchio con1230 anni,il Patriarca,quasi 1000,poi c'è Titano e Zeus su Serra Crispo,il Candelabro e il Broccolo.Per gli altri lascio lavorare l'immaginazione.C'e' il Drago volante,il Pino coccodrillo,il Maggiordomo,il Dinosauro,il Pino ritorto,il Guardiano e altri.
 
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