Dati
Data: 24-25-26-27 Settembre
Regione e provincia: Veneto, Treviso & Belluno
Località di partenza: Borso del Grappa
Località di arrivo: Vittorio Veneto
Tempo di percorrenza: 4 giorni
Chilometri: 125 circa
Grado di difficoltà: EE
Segnaletica: NO COMMENT
Dislivello in salita: 7000
Quota massima: 1775
Traccia GPS: ...era meglio averla
L'Alta via delle Prealpi Trevigiane è una catena di sentieri che unisce il monte Grappa sino al Cansiglio e si conclude quindi a Vittorio Veneto, passando per il massicci montuosi del Cesen e Visentin.
Ogni trevigiano, anche in maniera inconscia, questo percorso lo conosce bene: basta osservare il profilo disegnato dai monti visibili a nord in ogni giornata limpida: la TV1 non è né più né meno che la traversata di quella linea, da sinistra a destra.
Voglio precisare da subito che questo mio post sarà ben poco utile a chi cerca indicazioni o suggerimenti sul come completare al meglio questo trekking. Questo perché non sono la persona più indicata per darli(da un certo punto di vista ho fallito) e sopratutto credo che ogni piccola impresa di questo genere abbia la sua storia, e a chi mai volesse intraprenderla, non posso far altro che augurare miglior fortuna di quanta ne sia capitata a me.
Si prenderà quindi questa lettura come una sorta di diario di viaggio, o un autocommiserante raccontino senza troppe pretese.
Preludio
I primi segnali negativi cominciano ancor prima d'aver infilato le scarpe: il giorno in cui avevo progettato la partenza mi risveglio al mattino con un immotivato e lacerante dolore al piede.
Non mi resta che rimandare, di giorno in giorno, sino ad attendere una condizione fisica che sembri consona alla galoppata che mi aspetta: dal sabato predestinato si arriva dunque a partire di martedì mattina. Il prospetto meteo è leggermente più negativo, ma nulla di grave all'apparenza.
Il percorso ufficiale made in Provincia di Treviso prevede, inspiegabilmente, una prima insulsa tappa di due ore per percorrere una manciata di chilometri in discesa su asfalto.
Inutile dire che ignorerò questa parte, partendo direttamente dal punto due.
La mia sfida sarà quindi la traversata in quota da Borso del Grappa a Vittorio Veneto.
Day 1
Il primo giorno mi aspetta da subito la salita più impegnativa, 1500 metri di dislivello per giungere a Cima Grappa. Tutto si risolve abbastanza facilmente, il dislivello è di quelli importanti ma la pendenza è dolce; sbucato dal sottobosco posso vedere il santuario costruito sulla sommità e avviarmi al rifugio poco più sotto per il pranzo.
Nel pomeriggio la TV1 si interseca con l'Alta Via degli Eroi, chiamata così poiché il sentiero costeggia una sorta di trincea naturale che fu teatro di battaglie nella prima guerra mondiale, e subito sotto scavati nella roccia numerosissimi sono i depositi, i cunicoli che s'inoltrano nella montagna, e altre testimonianze della massiccia presenza militare in questa zona.
La giornata è bellissima e la passeggiata spettacolare, indimenticabile il letto di nuvole che spazia a sud, una delle poche foto valide che avrò modo di fare.
Mi avvio alla discesa dal lato opposto e forzando un po' il passo riesco ad arrivare a un buon punto della discesa.
Il sole tramonta e sarà anche l'ultima volta che lo vedrò, ma questo ancora non lo potevo sapere.
Spunto sull'asfalto, è buio ormai ma su una strada «regolare» tutto sommato posso continuare a camminare anche di notte.
Ancora qualche ora e arrivo al paesino di Fener, meglio noto per l'omonimo ponte che attraversa il Piave, dove cerco una sistemazione alla bell'è meglio.
Sicché la mia prima notte di alta via me la faccio dormendo su una panchina, ma va benissimo così, ho bruciato due tappe in una, mi sono lasciato alle spalle la vetta più alta e il morale è alto.
Non durerà.
Day 2
Mi sveglio inevitabilmente prestissimo, qualche postumo per la tirata di ieri un po' troppo spaccona, ma tutto sotto controllo: c'è da attraversare il ponte e risalire, il prossimo massiccio da battere è il Cesen.
Noto subito una lieve differenza nell'atmosfera intorno... tipo una visibilità ridotta a 20 metri e un'umidità nell'aria che par di nuotare. Per ora non mi preoccupa e vado avanti fiducioso.
Comincia la risalita al Cesen e mi trovo davanti quasi subito a un emblematico vicolo cieco, con il sentiero che finisce nel nulla.
Torno quindi indietro a a cercare tracce ma non noto niente, di nuovo poi al vicolo cieco e tento qualche fuori pista sperando di incrociare una via battuta, senza successo.
Non so cosa fare, tutto questo è indicibilmente frustrante perché non sto compiendo una normale ecsursione giornaliera dove la scelta del percorso è relativamente ininfluente, fintanto che ci si ricorda la strada per tornare indietro: dovrei invece andare in una direzione precisa, ma il sentiero non c'è.
Pondero qualsiasi soluzione alla fine mi lancio in un deciso e caparbio fuoripista, nella direzione che mi pare più corretta. Supero un boschetto e arrivo a un altopiano erboso, dove sorprendo una volpe tranquilla a giocare nel prato.(è la prima volta che ne vedo una, bellissima, non me le immaginavo così grosse!)
Più in là c'è una casera e continuo quindi da quella parte, reincontro un sentiero e lo prendo. Non ho comunque la minima idea di dove sono e la visibilità è di nuovo scesa a livelli indecenti. Il Cesen è un labirinto di sentieri, sentierini più o meno segnati, strade bianche e private: perso una prima volta il bandolo della matassa, senza aver la minima possibilità di orientarsi a vista, non lo si recupera più.
Imprecazioni.
Allo sbando più totale ringrazio il fortunato incontro con un fungaiolo del posto, che mi assicura che in linea di massima sto procedendo nella direzione giusta.
Sbuco a Pianezze in tempo per il pranzo, con la certezza di aver vagato e accumulato un bel po' di km in più inutilmente.
Pazienza, ora il percorso è più semplice, seppur la nebbia montana complichi tutto oltremisura, arrivo a posa puner dove mi fermo qualche minuto. Spunta dal nulla un bellissimo cane che ha voglia di giocare, mi perdo un po' e mi distraggo con lui, senza rendermi conto che ho dimenticato il mio bastone poco più giù.
Un normalissimo bastone di valore economico zero, ma ci ero affezionato perché mi aveva accompagnato in molte scampagnate e sopratutto... sarà solo il primo dei tanti cimeli che seminerò lungo il percorso.
Arrivo dunque al bivacco Savoldelli, stupendo, merita una foto: ...macchina fotografica con batterie scariche.
No, non è possibile, le ho messe nuove prima di partire, riproviamo.
Segnale: batteria scarica.
Ok... niente foto, macchina fotografica morta.
Il bivacco è provvisto di un camino: è perfetto perché con l'umidità che c'è non ero riuscito sinora a far asciugare le magliette, sicché preparo l'occorrente per il fuocherello e v'accosto l'accendino.
Che non funziona.
perché non funzioni? Sei nuovo... ok, niente fuoco... resterò con le magliette umide.
Vado a dormire con la sensazione che qualcosa di fondo non vada, e per tutta la notte sognerò di imboccare sentieri sbagliati senza soluzione di continuità.
Day 3
Mi sveglio, metto il naso fuori e constato tristemente che la visibilità è scesa da 20 metri a 5.
Ok...
Si riparte, per fortuna il tragitto a seguire è piuttosto semplice e quindi nonostante tutto riesco a scendere verso l'ora di pranzo sino a Praderadego dove sarò il solitario cliente dell'unico ristorante del «paese».
Di nuovo su, stavolta tocca a Col de Moi e le vette minori sino a S.Boldo, una zona che conosco benissimo essendo la meta dei miei allenamenti domenicali, per cui anche non vedendo pressoché nulla sgambetto su e giù estrema con sicurezza, sentendomi come a casa mia.
Poi mi domando, d'improvviso: perché il mio coltellaccio full tang, non è nel posto dove solitamente tengo il mio coltellaccio full tang?
Perché l'ho perso.
Non so come, non so dove, ma l'ho lasciato per strada.
Ora, non so voi, ma perdere così inutilmente un pezzo da 60 euro fa incazzare.
Rabbia, poi mi calmo dandomi le giustificazioni più colorite...
E' tutto chiaro, lampante: gli Dei hanno preteso un sacrificio per dare il loro beneplacito al compimento del mio viaggio, hanno dunque voluto per loro la scintillante lama d'acciaio che portavo con me.
Ora il coltello non è più mio, ma in compenso il mio trekking sarà di certo un successone.
E' chiaro no?
Ok... mettiamola così.
Si va avanti, arrivo a S.Boldo, c'è ancora luce: parto all'attacco anche della salita successiva, è il monte Cimon. Voglio arrivare il più in alto possibile e accamparmi un attimo prima che faccia buio.
Arrivo in cima, finalmente è il momento del tarp: preparo il telo nella pessima maniera di cui sono capace, sistemo l'accampamento e dormo in sulla piana in vetta: sarà la notte più comoda e tranquilla in assoluto.
Day 4
Dormito bene, un poca di pioggia nella notte.
E'alba inoltrata ma causa nebbia non si vede nulla, oramai di questo non mi stupisco neanche tanto, sono invece piuttosto preoccupato per l'umidità: non ho più quasi niente di asciutto a parte le cose che avevo destinato alla notte.
Si riparte, dolce discesa sino a Pian delle Femene dove conto di fare rifornimento d'acqua, ma il rifugio è chiuso... fa nulla, si va avanti.
Finalmente il cellulare prende qualche tacca, ne approfitto per mandare due messaggi a chi dabbasso sapeva della mia partenza e assicurare che va tutto... «bene»?!.
La fase successiva comprende una serie di creste che portano sino a cima Col Visentin, potrebbe essere una scampagnata con panorama straordinario: il muro dolomitico in tutta la sua imponenza a sinistra, a destra la distesa della pianura sino alla laguna di Venezia, e poi il mare... solo che devo immaginarmi tutto quanto perché la realtà è che vedo a malapena dove sto mettendo i piedi.
Arrivo all'ultimo tratto di salita quando cerco il cellulare, voglio sapere che ora è.
Ma ...perché il cellulare non è nel posto del cellulare? perché non è neanche da nessun'altra parte?!
Non ci posso credere, ho perso anche quello.
Resto basito: intendiamoci, il cellulare non valeva più di 10 euro, ma con esso ho perso anche la scheda e tutti i numeri.
Moralmente è stata una botta devastante, mi rendo pure conto che non potrò nemmeno chiamare a fine trekking per farmi venire a prendere - come preventivato- ma dovrò pure arrangiarmi per tornare a casa in qualche modo.
Riprendo la salita col morale sottozero.
Dopo la conquista di cima Visentin tocca alla discesa, fisicamente devastante per altro.
Inutile ricordarlo, non si vede nulla e perdo il sentiero spesso, sono comunque abbastanza fortunato nel rirovarlo sempre poco più sotto.
Sceso infine a valle, al Fadalto la nebbia si dirada, manco a farlo apposta, quel tanto che basta a mostrarmi l'ostacolo successivo: l'ultimo, la salita sino al Cansiglio.
Resto attonito, visto da sotto sembra un muro, non mi aspettavo una pendenza del genere.
Lo guardo, guardo dentro di me e capisco di non avere proprio voglia.
Non è neanche questione di farcela o meno, ma molto più semplicemente di averne le scatole piene di questa TV1.
Mi faccio forza... è l'ultima salita e in due giorni la questione altavia sarà chiusa: il piano è di quelli diabolici: ho ancora un paio d'ore di luce, se corro come un dannato posso arrivare in cima, piantarci il tarp, farmi una dormita e il giorno successivo sarà poco più di una passeggiata in discesa sino a Vittorio Veneto.
Parto quindi all'attacco della salita.
Ma gli Dei non voglio farmi passare.
Tuoni.
Pioggia.
Fa nulla, oramai sono in uno stato di disperata rassegnazione, infilo il pocho e continuo a salire come se nulla fosse.
La salita tira parecchio, ma fisicamente sto bene, prego solo di trovare un sentiero chiaro e inequivocabile. Salgo come un missile. Tuoni, lampi e viene giù il diluvio, non mi frega nulla, l'acqua è bagnata sopravivverò, mi basta solo non avere dubbi sul dove andare... mi basta questo.
Continuo la mia rabbiosa corsa verso l'alto finché... puff...
Il sentiero sparisce.
Non ci posso credere: controllo bene, trovo una possibile continuazione, ma si vede che è meno curato e sopratutto è in discesa. Lo percorro un po': no, questo è un'altro e scende.
Torno su fra la pioggia scrosciante. Provo qualche fuoripista verso l'alto, sperando di trovare una traccia, niente. Ridiscendo, fino al punto cruciale e mi guardo intorno, cercando di capirci qualcosa, ma non trovo indizi.
Di nuovo bloccato.
Questo è veramente troppo.
Ragiono un attimo: fra un ora è buio, non so dove sto andando, sono sotto il diluvio, non ho un solo vestito asciutto nello zaino, non ho un cellulare, non ho più voglia di andare avanti.
Un sentito VAFFANCULO si alza al cielo, credo mi abbiano sentito sino a valle.
Bandiera bianca, mi giro e torno indietro.
Per la prima volta da quando sono partito sono sereno, ho preso la decisione giusta o almeno mi piace pensare sia così, è del tutto evidente che non fosse destino.
E la notte...
Quando giungo a valle, manco a dirlo, smette di piovere.
Non mi stupisco nemmeno.
Ragiono solo sul fatto che a Vittorio Veneto, la meta finale, se voglio prendere un treno e tornare a casa ci dovrò andare comunque. E quindi lo farò, questa stessa notte, dato a ben pensarci non ho granché di meglio da fare.
Sono 15 km di asfalto, nulla di trascendentale, ma ne avevo già un centinaio di montagna sulle gambe e arrivo alle porte del paese che sono un rottame.
Varco le porte della città e la VittorioBene è in pieno venerdì notte, serata chic, tutti infighettati e sorridenti col cocktail in mano...
In mezzo a loro un fantasma puzzolente e claudicante, scavato in volto, schiacciato sotto il peso del suo zaino da 50 lt, disceso dalle montagne tempestose vuole solo sapere dove minchia è la stazione dei treni.
V'arrivo infine, intorno a mezzanotte, sbatto per per terra lo zaino.
Ed è pace la pace dei sensi.
Le foto sono poche, riferite perolopiù solo alla prima giornata, per tutti i motivi di cui sopra
Le mucche
Gli asini...
...E la volpe! purtroppo la foto è mossa
Non piacciono le croci in vetta? che ne dite di un intero santuario in marmo?
Uno dei tanti anfratti che si inoltrano dentro il Grappa, lungo l'Alta via degli Eroi.
Il ricordo più bello della tv1 è lo spettacolare letto di nuvole all'orrizzonte sud il primo giorno.
Purtroppo la foto non rende minimamente l'idea.
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