Escursione 4 giorni a cavallo del Gran Sasso :giorno 4 Corno Grande.

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Data: Giovedì 27 settembre 2018
Grado di difficoltà :EE +F (la parte superiore si usano anche le mani per cui mi pare F)
Difficoltà incontrate: nessuna io, un po' di "panico da altura" per Alessandra ai 2800 Mt circa. Vento fortissimo fino alle 10:00.
Dislivello, km e tempi ignorati. Percorso da Rifugio del Duca per la Normale e ritorno fino al piazzale di Campo Imperatore per la stessa via fino alla sella di Monte Aquila.

Descrizione :
Grida, strattona e sbraita Eolo su questo povero rifugio,tanto che ogni tanto sembra si muovano le mura di legno del piano di sopra e il letto a castello dove ci siamo aggufati. La notte ho provato inutilmente ad affacciarmi fuori beccando in faccia la porta di ferro dell'ingresso, con violenza tale da non permettere manco una fumatina all'esterno. Si dorme a tratti con questo fragore, e ci svegliamo poco prima dell'alba. Fuori fa troppo freddo e il vento non accenna tregue, per cui io rinuncio alle foto dellalba per una calda colazione, mentre la "Segugia" non può resistere alla sua visione giornaliera del sole che nasce. Lei è una gran cacciatrice di Albe, e durante l'anno non se ne perde quasi nessuna dall'alto del suo paese di mare(Città San Angelo). Questa sua ricerca della bellezza macro e micro della natura che gli gira intorno è una dote che mi accumuna e mi affascina. Mentre la bella fotografa si dà da fare fuori, io e linda c'è ne stiamo rintanati a rimuginare sul programma di oggi da adattare al vento. Avevo in mente ieri almeno un Monte Aquila o ancora meglio il Cefalone, ma spalmando il burro sulle fette di pane penso che l'unico modo di evitare il meteo ventoso, sia di rifugiarsi in esplorazioni giu nella Val Maone, Campo Pericoli e rifugio Garibaldi. Facciamo tutto con molta calma per far alzare le temperature, gustiamo la colazione e qualche chiacchiera con il fotografo siciliano, unico ospite del rifugio insieme a noi. Prepariamo gli zaini e due baldi giovani carichi come sherpa entrano chiedendo notizie sul Franchetti e il meteo di oggi. Il loro peso è tanto per l'attrezzatura necessaria a uno stazzo e per la ferraglia che richiede la via "Ricci" che hanno intenzione di fare domani. Rischiano di fare gli aquiloni su alcuni tratti così bardati e lo sforzo sarà tanto, ma nei loro occhi di vent'anni non esistono indugi e brillano di gioia alle notizie del nuovo stazzo appena ristrutturato, fornito anche di alcuni sacchi da implementare ai loro, nonché di due brandine. Salutato tutti, alle dieci siamo in marcia verso Monte Aquila e poi alla sella decideremo il da farsi,ma il vento che scema adesso apre nuove prospettive. La cresta che stiamo cavalcando è una vera chicca del Gran Sasso, la vista spazia in entrambi i lati su paesaggi rassicuranti, prati rilassanti, e Sua Maestà svetta senza concorrenza su ogni anfratto. Già! Sua Maestà il Corno Grande! Un pensiero fisso davanti all'ingannevole cartello della Sella di Aquila... quasi, quasi!Il vento scema e qualche nuvola di fumo volteggia sopra il mio cappello di paglia peruviano:sto per cambiare di nuovo programma a questa mini, grande vacanza. Guardo la Segugia e, rincuorato anche da chi già sale verso il Re, dico che potremmo anche provarci, per lo meno affacciarsi nel calderone tanto sognato. Gli occhi di Frizzandra brillano di nuove prospettive e illuminano i suoi cassetti così pieni di sogni di Gran Sasso. Ci incamminiamo felici verso il brecciaio e io assaporo l'odore dell'erba che ben presto ci mancherà con il suo morbido ammortizzare di passi. Al brecciaio, infatti, cambia l'ambiente, e il Gran Sasso si veste della sua calcarea durezza, gli scarponi stridono tra ciottoli e grandi placche, la fatica prende il sopravvento sugli sguardi ora bassi, ma quando ci si ferma sembra di stare sulla rampa che porta all'infinito blu del cielo. Alla conca degli Invalidi la bocca rimane sempre aperta come degli ebeti felici e vedere qualche figura sopra la via delle Creste emoziona e raccoglie nuove forze. Inizia il tratto più duro, più esposto e più in quota della catena montuosa. Da qui si vede l'attacco con il Passo del cannone e quel bel affaccio sopra le nuvole fatto due gironi prima. La "Frizzandra" entra in crisi e resta puntata come un piombo sulle roccette del Passo. Io, cerco all'inizio di fare coraggio e posizionare piedi e mani dove ritengo sia migliore, ma poi la mia sensibilità da caprone di Montagna si mostra in tutta la sua "sgrazia". Comincio con 5 minuti di cazziate, sul fatto di non voler scaricare peso e equilibrio con le bacchette che non vuole usare, altre sul fatto di voler, testardamente, caricare in zaino pesi che potrei portare io e poi la metto duramente, troppo duramente, su qualcosa che considero come una legge imprescindibile in montagna:"se sali da una parte devi guardare bene di essere capace anche a riscendere dopo e in qualsiasi condizione" "Per favore girati indietro e vedi bene se poi sei in grado di scendere altrimenti torniamo indietro adesso e basta!!".
La Segugia si gira e gli occhi specchiano di lontano il lago di Campotosto e il panico si mostra anche maggiore. Dopo il suo "vaffanculo io ci voglio salire sul Corno Grande", mi calmo e cerchiamo di passare insieme le roccette almeno fino al traverso per la cima e dove ci si affaccia sul Calderone. Come potrei ignorare tanta determinazione e non mangiarmi la lingua per la mia insensibile sparata? Tra l'altro, calmandomi, ricordo da precedenti esperienze che proprio questo tratto mette in crisi anche chi è abituato, come il socio @Ciccio74 quando sono stato con lui, e un po' di gente quando l'ho fatta la prima volta da solo. Mi rendo presto conto di essere un cretino che ha solo agitato di più un mare già mosso. Cambia l'umore, adesso il tratto è più "facile" per Alessandra che riprende tremando a salire lenta e io spicco una fuga più su per allontanare la mia presenza adesso quasi odiata. Meno male che la montagna è grande e ascolta saggiamente i nostri desideri talvolta, così che per tranquillizzare la Segugia arriva un gran personaggio di fronte a noi. Michele, così mi pare il nome, si aggira per le roccette e cenge saltellando in scarpette leggero come una farfalla, ha una corda legata alla vita con a capo, poco lontano, una giovane e sorridente ragazza. Il suo occhio esperto inquadra subito la situazione, e pratichiamo insieme alcuni esercizi per l'equilibrio. Con la dovuta calma e sorriso della sua voce induce Alessandra a stare in piedi ferma tenendola per le mani, poi la rassicura premendo le gambe a terra che la roccia non si muove, egli la calma e una per volta toglie le mani ribadendo che la roccia è ferma, solida e magari in certi tratti anche meglio le scarpette da tennis per aumentarne "il tatto":"non può succedere nulla vedi?" -"tranquilla!"-"ma dove ti ha portato sto delinquente? " mi guarda sorridendo. "Veramente sono voluta salire io" risponde la sincera Alessandra. "Adesso fai con calma che sei arrivata" "Prenditi il tempo che vuoi e goditi ogni passo in tranquillità, con calma". Così come apparsi volano via leggeri verso valle dopo ancora qualche chiacchiera scambiata volentieri, ed il nostro viaggio prende una piega più serena, più piacevole. Eccoci finalmente in Vetta. La temperatura è piacevole anche se la Vetta un po' trafficata. C'è un gruppetto di alpinisti che sta pranzando dopo essere giunti dalla Vetta orientale, i quali per chiudere in bellezza faranno la discesa per quella, che qualcuno di loro definisce divertentissima discesa,famosa e ripidissima via Direttissima. Finalmente soli stappiamo una mini bottiglia di montepulciano, mangiamo e ci appisoliamo qualche minuto nell'immensita' dei panorami dell'intero Abruzzo. Una cosa che mi sconvolge sempre è vedere da quassù il grande colosso dirimpettaio, che è Pizzo d'Intermesoli, così ridimensionato e ancora di più il gigante roccioso di Corno Piccolo:si rimane stupiti, attoniti.I quasi 3000 metri,ammaliano e seducono come le sirene di Ulisse a rimanere addormentati in tanta bellezza, ma la strada del ritorno è lunghissima per i nostri personali cartelli di marcia, per cui tocca sempre a me rovinare la festa e "spingere" verso casa. La discesa per me è sempre divertente, mi piace camminare in quota senza gli affanni dell'ascesa, mi fermo spesso, non per prendere fiato, per ritardare il più possibile la faticosa quota raggiunta e la malinconia del ritorno è come quella dei tramonti, in cui si cerca di sentire nel petto ogni istante, ogni prezioso raggio di vita, ogni pietra dove posa la scarpa. Per Alessandra e Linda non è così spensierata la discesa, ma so che anche a loro dispiace lasciarsi alle spalle il Regno fatato della alte quote. Linda indugia tantissimo e talvolta schiaccia pisolini mentre noi la chiamiamo invano a scendere. Non ha più l'età per certi sentieri, o forse, mi piace pensarlo, ha capito che non vedrà più certi posti e cerca di immagazzinare il più possibile queste arie rarefatte, queste alture che vede ogni giorno dalla sua cuccia vista Parco. Ogni tanto si sveglia e corre giù, talvolta mi chiama con gli occhi dolci in cerca di aiuto sulle balze della normale, che per lei sono dei veri muri. Ottima la nuova pettorina/imbracatura in questi casi,ma non la porto più sulle roccette. Sfila così malinconicamente anche la Conca degli Invalidi e io mi faccio ancora una fumatina aspettando "Ale!!! " tra uno scatto e l'altro. I sogni, i paesaggi quasi finti, plastici, un aquila sopra le teste, i colori rossi e arancio giù nei boschi, i monti ancora ignoti e la vista di catene lontane si impregnano sui nostri cuori nella discesa. I tendini ad ogni ripartenza a freddo tirano quasi a stuccarsi, ma questa magnifica solitudine del pomeriggio inoltrato eclissa ogni dolore, ogni dissapore patito all'andata, ogni tristezza su cose inutili nel quotidiano. La grandezza della Montagna sta anche nel rimettere, anzi nello sbattercelo in piena faccia, il vero senso delle vita, le vere priorità dell'essere umano e cancellano ogni forma di superficiale vanità:qui conta esserci con tutto se stessi, si guarda bene, si valuta, ogni passo è importante , si pensa al carburante per muoversi e alla pelle giusta da indossare contro il freddo o il sole di quota.... tutto qui, il resto sono solo inutili appendici per dirla alla Marco Sances. (oddio che dubbio :la esse finale o la zeta?). Tutto il nostro ardore per la natura selvaggia delle cime, per i panorami sconfinati e per la soddisfazione di avercela fatta, le tantissime emozioni di oggi, si condensano in un atteso the caldo pomeridiano.Molto Inglese alle 16. La sella del brecciaio è tutta per noi adesso. A piccoli sorsi scendono i caldi ricordi e le roventi passioni della giornata ancora in corso. Rivedo una guerriera sfidare a spada tratta le sue vertigini, una Lupa sonnecchiare al caldo sole delle 14 sopra il Calderone, sento ancora vivi i turbamenti di responsabilità da Cicerone di altura, la carezza del Re degli Appennini che ci ha inviato un suo alfiere in soccorso, la felicità esplodere dagli occhi della mia compagna davanti alla croce di ferro e alla neve del ghiacciai, la paura di non farcela e la soddisfazione di chi non ha mollato fino alla fine, la costanza, la fatica e la titubanza della discesa a picco sulla Sella dei Due Corni. Sella teatro di meraviglie eteree due giorni or sono. Ritemprati e rilassati dalle luci radenti attraversiamo la piana sotto il brecciaio, i passi sono stanchi eppure leggeri, appagati. La meraviglia ci abbraccia ancora nel suo tramonto, sua Maestà si colora di rosa, il sentiero a mezza costa verso il piazzale si veste di rosso, sparisce ogni rancore davanti alla vista del Doblo' ancora lontano, ma c'è odore di casa, di calore. Si spegne anche l'ultimo raggio dietro il Monte Cristo e si accende nei nostri cuori il ricordo indelebile di una magnifica giornata, regale come questa grande montagna.
Buona Montagna a tutti, sogni d'oro come i nostri e alla prossima avventura.
 

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Degna, sofferta, meritata conclusione di un'avventura dove Eolo la fatta fa padrone..
Ma forse così è stato anche più bello, tanto nei nostri ricordi dove faticavi, imprecavi, inciampavi e venivi sbattuto a terra dalle raffiche, rimangono solo fiori, cielo terso e passo agile.
Grazie per la citazione e per il cognome correttamente riportato.
Una carezza alla sempre giovane Linda.
 
Degna, sofferta, meritata conclusione di un'avventura dove Eolo la fatta fa padrone..
Ma forse così è stato anche più bello, tanto nei nostri ricordi dove faticavi, imprecavi, inciampavi e venivi sbattuto a terra dalle raffiche, rimangono solo fiori, cielo terso e passo agile.
Grazie per la citazione e per il cognome correttamente riportato.
Una carezza alla sempre giovane Linda.
Mma! Mi sembra un po' come la volpe e l'uva acerba :biggrin:. Forse avremmo girato molto di più in 4 giorni...... Rimane indubbio che le cose sudate poi hanno una maggiore soddisfazione e aumentano l'autostima :lol:
Carezze a volontà... Grazie
 
Vedi l'allegato 180010 Vedi l'allegato 180011 La discesa per me è sempre divertente, mi piace camminare in quota senza gli affanni dell'ascesa, mi fermo spesso, non per prendere fiato, per ritardare il più possibile la faticosa quota raggiunta e la malinconia del ritorno è come quella dei tramonti, in cui si cerca di sentire nel petto ogni istante, ogni prezioso raggio di vita, ogni pietra dove posa la scarpa.

Bella descrizione, detto da uno che le discese le odia e che, semmai, quegli istanti pulsanti nel petto cerca di sentirli tutti nella salita, peraltro così ben naturalmente accordati e ritmati con un cuore che per la pendenza va su di giri. :)
Ciao e grazie.
 
Bella descrizione, detto da uno che le discese le odia e che, semmai, quegli istanti pulsanti nel petto cerca di sentirli tutti nella salita, peraltro così ben naturalmente accordati e ritmati con un cuore che per la pendenza va su di giri. :)
Ciao e grazie.
Io riesco a "gustarmi la vita" più in discesa lenta e qualche "scatto" a lasciarsi andare con Newton.... La salita ha un altro fascino più introspettivo ed è lei che da le maggiori soddisfazioni anche per me. La discesa è il premio, scende come del buon rosso lentamente, che ossigena, o talvolta veloce come una birra fredda ad agosto. Assicurarsi una discesa è forse odioso perché più importante della salita, è la più pericolosa,anche perché si è indotti a calar di attenzione..... Ma mi mette un sacco di allegria superficiale e gioia profonda insieme. Comunque sono indubbiamente due facce della stessa medaglia, probabilmente a noi piace la tutta la medaglia!?! Spero per entrambi ad essere di ispirazione per apprezzare alla prossima io la salita e tu la discesa,pensando alle tue parole sul battito.
Grazie!
 
"Se vuoi davvero conoscere una persona, portala in montagna" così recita un proverbio russo.
Anch'io ho avuto un'esperienza analoga con una ragazza sulla normale del Corno Grande questa estate, anche lei andata in crisi ed io che m'incazzavo, ma poi è andato tutto bene.
Complimenti per la bella avventure e per aver saputo trasformare in parole la tua esperienza, scrivi molto bene e ho letto con molto piacere.
Un saluto a Linda :)
 
Vedi l'allegato 180010 Vedi l'allegato 180011 Data: Giovedì 27 settembre 2018
Grado di difficoltà :EE +F (la parte superiore si usano anche le mani per cui mi pare F)
Difficoltà incontrate: nessuna io, un po' di "panico da altura" per Alessandra ai 2800 Mt circa. Vento fortissimo fino alle 10:00.
Dislivello, km e tempi ignorati. Percorso da Rifugio del Duca per la Normale e ritorno fino al piazzale di Campo Imperatore per la stessa via fino alla sella di Monte Aquila.

Descrizione :
Grida, strattona e sbraita Eolo su questo povero rifugio,tanto che ogni tanto sembra si muovano le mura di legno del piano di sopra e il letto a castello dove ci siamo aggufati. La notte ho provato inutilmente ad affacciarmi fuori beccando in faccia la porta di ferro dell'ingresso, con violenza tale da non permettere manco una fumatina all'esterno. Si dorme a tratti con questo fragore, e ci svegliamo poco prima dell'alba. Fuori fa troppo freddo e il vento non accenna tregue, per cui io rinuncio alle foto dellalba per una calda colazione, mentre la "Segugia" non può resistere alla sua visione giornaliera del sole che nasce. Lei è una gran cacciatrice di Albe, e durante l'anno non se ne perde quasi nessuna dall'alto del suo paese di mare(Città San Angelo). Questa sua ricerca della bellezza macro e micro della natura che gli gira intorno è una dote che mi accumuna e mi affascina. Mentre la bella fotografa si dà da fare fuori, io e linda c'è ne stiamo rintanati a rimuginare sul programma di oggi da adattare al vento. Avevo in mente ieri almeno un Monte Aquila o ancora meglio il Cefalone, ma spalmando il burro sulle fette di pane penso che l'unico modo di evitare il meteo ventoso, sia di rifugiarsi in esplorazioni giu nella Val Maone, Campo Pericoli e rifugio Garibaldi. Facciamo tutto con molta calma per far alzare le temperature, gustiamo la colazione e qualche chiacchiera con il fotografo siciliano, unico ospite del rifugio insieme a noi. Prepariamo gli zaini e due baldi giovani carichi come sherpa entrano chiedendo notizie sul Franchetti e il meteo di oggi. Il loro peso è tanto per l'attrezzatura necessaria a uno stazzo e per la ferraglia che richiede la via "Ricci" che hanno intenzione di fare domani. Rischiano di fare gli aquiloni su alcuni tratti così bardati e lo sforzo sarà tanto, ma nei loro occhi di vent'anni non esistono indugi e brillano di gioia alle notizie del nuovo stazzo appena ristrutturato, fornito anche di alcuni sacchi da implementare ai loro, nonché di due brandine. Salutato tutti, alle dieci siamo in marcia verso Monte Aquila e poi alla sella decideremo il da farsi,ma il vento che scema adesso apre nuove prospettive. La cresta che stiamo cavalcando è una vera chicca del Gran Sasso, la vista spazia in entrambi i lati su paesaggi rassicuranti, prati rilassanti, e Sua Maestà svetta senza concorrenza su ogni anfratto. Già! Sua Maestà il Corno Grande! Un pensiero fisso davanti all'ingannevole cartello della Sella di Aquila... quasi, quasi!Il vento scema e qualche nuvola di fumo volteggia sopra il mio cappello di paglia peruviano:sto per cambiare di nuovo programma a questa mini, grande vacanza. Guardo la Segugia e, rincuorato anche da chi già sale verso il Re, dico che potremmo anche provarci, per lo meno affacciarsi nel calderone tanto sognato. Gli occhi di Frizzandra brillano di nuove prospettive e illuminano i suoi cassetti così pieni di sogni di Gran Sasso. Ci incamminiamo felici verso il brecciaio e io assaporo l'odore dell'erba che ben presto ci mancherà con il suo morbido ammortizzare di passi. Al brecciaio, infatti, cambia l'ambiente, e il Gran Sasso si veste della sua calcarea durezza, gli scarponi stridono tra ciottoli e grandi placche, la fatica prende il sopravvento sugli sguardi ora bassi, ma quando ci si ferma sembra di stare sulla rampa che porta all'infinito blu del cielo. Alla conca degli Invalidi la bocca rimane sempre aperta come degli ebeti felici e vedere qualche figura sopra la via delle Creste emoziona e raccoglie nuove forze. Inizia il tratto più duro, più esposto e più in quota della catena montuosa. Da qui si vede l'attacco con il Passo del cannone e quel bel affaccio sopra le nuvole fatto due gironi prima. La "Frizzandra" entra in crisi e resta puntata come un piombo sulle roccette del Passo. Io, cerco all'inizio di fare coraggio e posizionare piedi e mani dove ritengo sia migliore, ma poi la mia sensibilità da caprone di Montagna si mostra in tutta la sua "sgrazia". Comincio con 5 minuti di cazziate, sul fatto di non voler scaricare peso e equilibrio con le bacchette che non vuole usare, altre sul fatto di voler, testardamente, caricare in zaino pesi che potrei portare io e poi la metto duramente, troppo duramente, su qualcosa che considero come una legge imprescindibile in montagna:"se sali da una parte devi guardare bene di essere capace anche a riscendere dopo e in qualsiasi condizione" "Per favore girati indietro e vedi bene se poi sei in grado di scendere altrimenti torniamo indietro adesso e basta!!".
La Segugia si gira e gli occhi specchiano di lontano il lago di Campotosto e il panico si mostra anche maggiore. Dopo il suo "vaffanculo io ci voglio salire sul Corno Grande", mi calmo e cerchiamo di passare insieme le roccette almeno fino al traverso per la cima e dove ci si affaccia sul Calderone. Come potrei ignorare tanta determinazione e non mangiarmi la lingua per la mia insensibile sparata? Tra l'altro, calmandomi, ricordo da precedenti esperienze che proprio questo tratto mette in crisi anche chi è abituato, come il socio @Ciccio74 quando sono stato con lui, e un po' di gente quando l'ho fatta la prima volta da solo. Mi rendo presto conto di essere un cretino che ha solo agitato di più un mare già mosso. Cambia l'umore, adesso il tratto è più "facile" per Alessandra che riprende tremando a salire lenta e io spicco una fuga più su per allontanare la mia presenza adesso quasi odiata. Meno male che la montagna è grande e ascolta saggiamente i nostri desideri talvolta, così che per tranquillizzare la Segugia arriva un gran personaggio di fronte a noi. Michele, così mi pare il nome, si aggira per le roccette e cenge saltellando in scarpette leggero come una farfalla, ha una corda legata alla vita con a capo, poco lontano, una giovane e sorridente ragazza. Il suo occhio esperto inquadra subito la situazione, e pratichiamo insieme alcuni esercizi per l'equilibrio. Con la dovuta calma e sorriso della sua voce induce Alessandra a stare in piedi ferma tenendola per le mani, poi la rassicura premendo le gambe a terra che la roccia non si muove, egli la calma e una per volta toglie le mani ribadendo che la roccia è ferma, solida e magari in certi tratti anche meglio le scarpette da tennis per aumentarne "il tatto":"non può succedere nulla vedi?" -"tranquilla!"-"ma dove ti ha portato sto delinquente? " mi guarda sorridendo. "Veramente sono voluta salire io" risponde la sincera Alessandra. "Adesso fai con calma che sei arrivata" "Prenditi il tempo che vuoi e goditi ogni passo in tranquillità, con calma". Così come apparsi volano via leggeri verso valle dopo ancora qualche chiacchiera scambiata volentieri, ed il nostro viaggio prende una piega più serena, più piacevole. Eccoci finalmente in Vetta. La temperatura è piacevole anche se la Vetta un po' trafficata. C'è un gruppetto di alpinisti che sta pranzando dopo essere giunti dalla Vetta orientale, i quali per chiudere in bellezza faranno la discesa per quella, che qualcuno di loro definisce divertentissima discesa,famosa e ripidissima via Direttissima. Finalmente soli stappiamo una mini bottiglia di montepulciano, mangiamo e ci appisoliamo qualche minuto nell'immensita' dei panorami dell'intero Abruzzo. Una cosa che mi sconvolge sempre è vedere da quassù il grande colosso dirimpettaio, che è Pizzo d'Intermesoli, così ridimensionato e ancora di più il gigante roccioso di Corno Piccolo:si rimane stupiti, attoniti.I quasi 3000 metri,ammaliano e seducono come le sirene di Ulisse a rimanere addormentati in tanta bellezza, ma la strada del ritorno è lunghissima per i nostri personali cartelli di marcia, per cui tocca sempre a me rovinare la festa e "spingere" verso casa. La discesa per me è sempre divertente, mi piace camminare in quota senza gli affanni dell'ascesa, mi fermo spesso, non per prendere fiato, per ritardare il più possibile la faticosa quota raggiunta e la malinconia del ritorno è come quella dei tramonti, in cui si cerca di sentire nel petto ogni istante, ogni prezioso raggio di vita, ogni pietra dove posa la scarpa. Per Alessandra e Linda non è così spensierata la discesa, ma so che anche a loro dispiace lasciarsi alle spalle il Regno fatato della alte quote. Linda indugia tantissimo e talvolta schiaccia pisolini mentre noi la chiamiamo invano a scendere. Non ha più l'età per certi sentieri, o forse, mi piace pensarlo, ha capito che non vedrà più certi posti e cerca di immagazzinare il più possibile queste arie rarefatte, queste alture che vede ogni giorno dalla sua cuccia vista Parco. Ogni tanto si sveglia e corre giù, talvolta mi chiama con gli occhi dolci in cerca di aiuto sulle balze della normale, che per lei sono dei veri muri. Ottima la nuova pettorina/imbracatura in questi casi,ma non la porto più sulle roccette. Sfila così malinconicamente anche la Conca degli Invalidi e io mi faccio ancora una fumatina aspettando "Ale!!! " tra uno scatto e l'altro. I sogni, i paesaggi quasi finti, plastici, un aquila sopra le teste, i colori rossi e arancio giù nei boschi, i monti ancora ignoti e la vista di catene lontane si impregnano sui nostri cuori nella discesa. I tendini ad ogni ripartenza a freddo tirano quasi a stuccarsi, ma questa magnifica solitudine del pomeriggio inoltrato eclissa ogni dolore, ogni dissapore patito all'andata, ogni tristezza su cose inutili nel quotidiano. La grandezza della Montagna sta anche nel rimettere, anzi nello sbattercelo in piena faccia, il vero senso delle vita, le vere priorità dell'essere umano e cancellano ogni forma di superficiale vanità:qui conta esserci con tutto se stessi, si guarda bene, si valuta, ogni passo è importante , si pensa al carburante per muoversi e alla pelle giusta da indossare contro il freddo o il sole di quota.... tutto qui, il resto sono solo inutili appendici per dirla alla Marco Sances. (oddio che dubbio :la esse finale o la zeta?). Tutto il nostro ardore per la natura selvaggia delle cime, per i panorami sconfinati e per la soddisfazione di avercela fatta, le tantissime emozioni di oggi, si condensano in un atteso the caldo pomeridiano.Molto Inglese alle 16. La sella del brecciaio è tutta per noi adesso. A piccoli sorsi scendono i caldi ricordi e le roventi passioni della giornata ancora in corso. Rivedo una guerriera sfidare a spada tratta le sue vertigini, una Lupa sonnecchiare al caldo sole delle 14 sopra il Calderone, sento ancora vivi i turbamenti di responsabilità da Cicerone di altura, la carezza del Re degli Appennini che ci ha inviato un suo alfiere in soccorso, la felicità esplodere dagli occhi della mia compagna davanti alla croce di ferro e alla neve del ghiacciai, la paura di non farcela e la soddisfazione di chi non ha mollato fino alla fine, la costanza, la fatica e la titubanza della discesa a picco sulla Sella dei Due Corni. Sella teatro di meraviglie eteree due giorni or sono. Ritemprati e rilassati dalle luci radenti attraversiamo la piana sotto il brecciaio, i passi sono stanchi eppure leggeri, appagati. La meraviglia ci abbraccia ancora nel suo tramonto, sua Maestà si colora di rosa, il sentiero a mezza costa verso il piazzale si veste di rosso, sparisce ogni rancore davanti alla vista del Doblo' ancora lontano, ma c'è odore di casa, di calore. Si spegne anche l'ultimo raggio dietro il Monte Cristo e si accende nei nostri cuori il ricordo indelebile di una magnifica giornata, regale come questa grande montagna.
Buona Montagna a tutti, sogni d'oro come i nostri e alla prossima avventura.
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