- Parchi d'Abruzzo
-
- Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga
Dati
Data: 26 Ottobre 2018
Regione e provincia: Teramo
Località di partenza: Piana del Fiume - Pretare
Località di arrivo: Idem
Tempo di percorrenza: 7h 30'
Chilometri: 9.7
Grado di difficoltà: EEA
Descrizione delle difficoltà: Dislivello notevole, anche se concentrato in pochi km; insidie dovute alla presenza della prima neve stagionale.
Periodo consigliato: Estate, Autunno ma in assenza di neve
Segnaletica: Buona lungo il sentiero 103. Inesistente altrove.
Dislivello in salita: 1550 m
Quota massima: Sella del Cimone di Santa Colomba, 1860 m
Accesso stradale: PErcorrendo l'A25 si esce a Colledara e si segue l'indicazione per Isola del GS, poi Pretare e poi Piana del Fiume. L'accesso all'area picnic nel periodo estivo è a pagamento.
Traccia GPS: https://it.wikiloc.com/percorsi-alp...alepasso-e-cascate-della-vena-roscia-29988833
Descrizione
Quasi un mese fa ho avuto modo di effettuare questa mirabolante, avventurosa incursione nel lato teramano del GS, ed ora ho finalmente trovato tempo e modo di condividere qui sul forum le mie impressioni e i miei stati d'animo. Premetto che l'intento iniziale era di percorrere il sentiero 109 che risale il vallone di Fossaceca ma la prima neve caduta qualche giorno prima ci ha fatto desistere da questo proposito, inducendoci a ripiegare sul parallelo fosso del Malepasso mediante il sentiero 117.
Sempre la neve ci ha penalizzato notevolmente una volta arrivati in quota, facendoci trovare un ambiente veramente severo che, in queste condizioni, è decisamente proibitivo, almeno per le mie capacità.
In ogni caso, il territorio sul lato adriatico della dorsale è veramente notevole, un concentrato di wilderness, verticalità, maestosità e natura grezza, dove si osservano i segni della secolare lotta tra l'elemento fondamentale (la roccia) e l'elemento caratteristico di questo versante (l'acqua nelle sue varie forme).
Un territorio che, nonostante abbia iniziato solo ora ad esplorare, mi ha fortemente impressionato. E che, purtroppo, deve restare nella lista dei miei desideri almeno fino a Giugno prossimo perchè reputo troppo pericoloso tornarci prima che si siano sciolti i ghiacci invernali.
L'escursione ha inizio sull'area picnic di Piana del Fiume, dove si individua la traccia che, dopo aver guadato il fosso Malepasso, sale il ripido crinale Nord del Cimone.
Il sentiero attraversa un'ombrosa faggeta e compie notevoli svolte ed in breve si accumulano diverse centinaia di metri di dislivello.
Si raggiunge dopo circa un'ora la chiesetta di Santa Colomba, oggetto di fervida venerazione da parte della popolazione locale.
A differenza di altri escursionisti che hanno raggiunto la sommità del Cimone mediante la via normale, ossia facendo un dritto per dritto dalla Croce che si trova immediatamente sopra l'eremo, il nostro intento era di aggirare il famigerato monolite scontornando a Ovest, ossia seguendo inizialmente il sentiero 117 e poi arrivare alla testata dello sperone approcciandolo da Sud.
Pertanto abbiamo seguito i segni biancorossi del sentiero che ci hanno portato all'interno del vallone del Malopasso e poi, in corrispondenza del guado del torrente, ci siamo mantenuti sulla sinistra (destra orografica del vallone) risalendo a vista un ripido crinale erboso che ben presto è diventato innevato.
Qui l'ambiente è, come dicevo, altamente severo: da un lato i balzi rocciosi del Cimone che incombono sopra le nostre teste, dall'altro, oltre il torrente del Malepasso, si staglia la dorsale della cima delle Fienare che culmina sul Brancastello: la neve che si scioglieva dai salti rocciosi si accumulava e cadeva dai canali di scolo, con uno spaventoso fragore che rompeva un silenzio surreale.
La progressione è molto complicata: alla pendenza molto pronunciata si aggiunge la presenza di neve scivolosa e non assestata.
Di fronte a noi ben presto, emergono le sagome del Centenario: vado del Piaverano e Torri di Casanova, oltre al già citato Brancastello.
Si scontorna una serie di canali sulla sinistra che conducono al pianoro sommitale che costituisce la sella del Cimone: la traccia GPS che stavo seguendo indicava un canale che si è però rivelato troppo pericoloso da risalire con quelle condizioni di innevamento e scivolosità.
In realtà il canale giusto (che poi ho visto su alcune recensioni sul web) si trova più a Sud, ma quando ormai ci eravamo accorti della pericolosità dell'arrampicata, avevamo già oltrepassato il punto del non ritorno: scendere era impossibile, bisognava per forza di cose salire, aggrappandosi ai fili d'erba, avendo cura di non scivolare sugli appoggi ammorbiditi e resi viscidi dalla neve. Devo dire che un errore in queste condizioni (o anche una semplice disattenzione) sarebbe stato fatale!
In qualche modo tutta la cordata riesce finalmente a portare le chiappe sul pianoro sommitale: ammetto che abbiamo passato momenti molto intensi in cui l'adrenalina scorreva a fiumi.
Ed una volta in salvo, nel senso di rilassamento che ci avvolgeva, ho preso atto di quanto flebile sia il confine tra escursione facile con piccoli rischi calcolati (che sono solito fare con questa compagnia) ed esperienze ad elevata probabilità di rompersi l'osso del collo, che possono facilmente tramutarsi in tragedia.
Eppure sono consapevole che i miei compagni sono persone molto prudenti ed esperte, mai e poi mai si sarebbero sognati di trovarsi in quella situazione.
Una parte di me era assorbita da questi pensieri angoscianti, ma l'altra si stava rendendo conto della maestosità dell'ambiente che, con tanta fatica, avevamo raggiunto:
la sella del Cimone, in versione innevata, racchiusa tra lo sperone e le Torri di Casanova, delimitata ad Est dal vallone di Fossaceca e ad Ovest dal Malopasso, è uno scenario che desta meraviglia ed incute timore.
Siamo rimasti assorti e spaventati ad ammirare lo scenario che a 360° ci avvolgeva e ci ricordava che, nella nostra piccolezza, dobbiamo sempre avere il massimo rispetto per la Montagna.
E' stato qui che, vedendo pericolose lingue di neve marcia sulla cengia che conduce alla sommità del Cimone, abbiamo deciso di non tentare la sorte e di rinunciare alla salita: è bastato un solo sguardo per condividere l'intento che il jolly ce lo eravamo già giocati e che l'obiettivo era sempre e comunque di riportare le nostre vite a casa.
Pertanto ci siamo rifocillati riempiendoci gli occhi delle bellezze che ci circondavano e poi abbiamo preso cautamente la via del ritorno.
La discesa dal pianoro è avvenuta dal canale giusto che, per quanto impegnativo, avrebbe comunque perdonato un eventuale errore.
La discesa dal ripido e scivoloso crinale occidentale che degrada nel Malepasso ha messo a dura prova le nostre membra ormai stanche e provate dall'elevato dislivello e dall'alta tensione, mentre qualche camoscio ci guardava curioso arrancare e scivolare.
Abbiamo quindi intercettato il sentiero alla quota di 1400 m circa, che ci ha portato in breve all'eremo di Santa Colomba.
Prima di raggiungere la base di partenza, abbiamo fatto una doverosa deviazione per il sentiero dell'ENEL che conduce alla cascata della Vena Roscia. A tal proposito è stata utile e decisiva la recensione del buon @Montinvisibili che ci ha dato lo spunto per impreziosire la nostra già ricca uscita con una chicca di altissimo livello.
Dalla faggeta il sentiero conduce ad una forra (la parte terminale del Fossaceca) che si apre in maniera inaspettata su un profondo orrido su cui precipitano vari fiumiciattoli. Il sentiero fa parte del sistema di captazione idrica dell'ENEL ed è ricavato nella roccia mediante mancorrenti e parapetti, si incunea nella montagna mediante una serie di gallerie buie (che richiedono l'uso dellla frontale) e termina in un locale in cui un getto d'acqua copioso e fragoroso precipita dall'alto, dando luogo a giochi di luce indescrivibili.
Da non credere ai propri occhi. Grazie ancora a @Montinvisibili per la dritta.
Questo è stato il degno epilogo di una giornata memorabile, in cui tante emozioni si sono susseguite e che ancora faccio fatica a metabolizzare.
Ad essere sinceri, il vero epilogo di questa avventura è stato tornare a casa ed avvicinarmi a mia figlia che dormiva chiedendole scusa per aver rischiato così tanto. Questo è il miglior insegnamento che ho ricevuto da questa esperienza.
Data: 26 Ottobre 2018
Regione e provincia: Teramo
Località di partenza: Piana del Fiume - Pretare
Località di arrivo: Idem
Tempo di percorrenza: 7h 30'
Chilometri: 9.7
Grado di difficoltà: EEA
Descrizione delle difficoltà: Dislivello notevole, anche se concentrato in pochi km; insidie dovute alla presenza della prima neve stagionale.
Periodo consigliato: Estate, Autunno ma in assenza di neve
Segnaletica: Buona lungo il sentiero 103. Inesistente altrove.
Dislivello in salita: 1550 m
Quota massima: Sella del Cimone di Santa Colomba, 1860 m
Accesso stradale: PErcorrendo l'A25 si esce a Colledara e si segue l'indicazione per Isola del GS, poi Pretare e poi Piana del Fiume. L'accesso all'area picnic nel periodo estivo è a pagamento.
Traccia GPS: https://it.wikiloc.com/percorsi-alp...alepasso-e-cascate-della-vena-roscia-29988833
Descrizione
Quasi un mese fa ho avuto modo di effettuare questa mirabolante, avventurosa incursione nel lato teramano del GS, ed ora ho finalmente trovato tempo e modo di condividere qui sul forum le mie impressioni e i miei stati d'animo. Premetto che l'intento iniziale era di percorrere il sentiero 109 che risale il vallone di Fossaceca ma la prima neve caduta qualche giorno prima ci ha fatto desistere da questo proposito, inducendoci a ripiegare sul parallelo fosso del Malepasso mediante il sentiero 117.
Sempre la neve ci ha penalizzato notevolmente una volta arrivati in quota, facendoci trovare un ambiente veramente severo che, in queste condizioni, è decisamente proibitivo, almeno per le mie capacità.
In ogni caso, il territorio sul lato adriatico della dorsale è veramente notevole, un concentrato di wilderness, verticalità, maestosità e natura grezza, dove si osservano i segni della secolare lotta tra l'elemento fondamentale (la roccia) e l'elemento caratteristico di questo versante (l'acqua nelle sue varie forme).
Un territorio che, nonostante abbia iniziato solo ora ad esplorare, mi ha fortemente impressionato. E che, purtroppo, deve restare nella lista dei miei desideri almeno fino a Giugno prossimo perchè reputo troppo pericoloso tornarci prima che si siano sciolti i ghiacci invernali.
L'escursione ha inizio sull'area picnic di Piana del Fiume, dove si individua la traccia che, dopo aver guadato il fosso Malepasso, sale il ripido crinale Nord del Cimone.
Il sentiero attraversa un'ombrosa faggeta e compie notevoli svolte ed in breve si accumulano diverse centinaia di metri di dislivello.
Si raggiunge dopo circa un'ora la chiesetta di Santa Colomba, oggetto di fervida venerazione da parte della popolazione locale.
A differenza di altri escursionisti che hanno raggiunto la sommità del Cimone mediante la via normale, ossia facendo un dritto per dritto dalla Croce che si trova immediatamente sopra l'eremo, il nostro intento era di aggirare il famigerato monolite scontornando a Ovest, ossia seguendo inizialmente il sentiero 117 e poi arrivare alla testata dello sperone approcciandolo da Sud.
Pertanto abbiamo seguito i segni biancorossi del sentiero che ci hanno portato all'interno del vallone del Malopasso e poi, in corrispondenza del guado del torrente, ci siamo mantenuti sulla sinistra (destra orografica del vallone) risalendo a vista un ripido crinale erboso che ben presto è diventato innevato.
Qui l'ambiente è, come dicevo, altamente severo: da un lato i balzi rocciosi del Cimone che incombono sopra le nostre teste, dall'altro, oltre il torrente del Malepasso, si staglia la dorsale della cima delle Fienare che culmina sul Brancastello: la neve che si scioglieva dai salti rocciosi si accumulava e cadeva dai canali di scolo, con uno spaventoso fragore che rompeva un silenzio surreale.
La progressione è molto complicata: alla pendenza molto pronunciata si aggiunge la presenza di neve scivolosa e non assestata.
Di fronte a noi ben presto, emergono le sagome del Centenario: vado del Piaverano e Torri di Casanova, oltre al già citato Brancastello.
Si scontorna una serie di canali sulla sinistra che conducono al pianoro sommitale che costituisce la sella del Cimone: la traccia GPS che stavo seguendo indicava un canale che si è però rivelato troppo pericoloso da risalire con quelle condizioni di innevamento e scivolosità.
In realtà il canale giusto (che poi ho visto su alcune recensioni sul web) si trova più a Sud, ma quando ormai ci eravamo accorti della pericolosità dell'arrampicata, avevamo già oltrepassato il punto del non ritorno: scendere era impossibile, bisognava per forza di cose salire, aggrappandosi ai fili d'erba, avendo cura di non scivolare sugli appoggi ammorbiditi e resi viscidi dalla neve. Devo dire che un errore in queste condizioni (o anche una semplice disattenzione) sarebbe stato fatale!
In qualche modo tutta la cordata riesce finalmente a portare le chiappe sul pianoro sommitale: ammetto che abbiamo passato momenti molto intensi in cui l'adrenalina scorreva a fiumi.
Ed una volta in salvo, nel senso di rilassamento che ci avvolgeva, ho preso atto di quanto flebile sia il confine tra escursione facile con piccoli rischi calcolati (che sono solito fare con questa compagnia) ed esperienze ad elevata probabilità di rompersi l'osso del collo, che possono facilmente tramutarsi in tragedia.
Eppure sono consapevole che i miei compagni sono persone molto prudenti ed esperte, mai e poi mai si sarebbero sognati di trovarsi in quella situazione.
Una parte di me era assorbita da questi pensieri angoscianti, ma l'altra si stava rendendo conto della maestosità dell'ambiente che, con tanta fatica, avevamo raggiunto:
la sella del Cimone, in versione innevata, racchiusa tra lo sperone e le Torri di Casanova, delimitata ad Est dal vallone di Fossaceca e ad Ovest dal Malopasso, è uno scenario che desta meraviglia ed incute timore.
Siamo rimasti assorti e spaventati ad ammirare lo scenario che a 360° ci avvolgeva e ci ricordava che, nella nostra piccolezza, dobbiamo sempre avere il massimo rispetto per la Montagna.
E' stato qui che, vedendo pericolose lingue di neve marcia sulla cengia che conduce alla sommità del Cimone, abbiamo deciso di non tentare la sorte e di rinunciare alla salita: è bastato un solo sguardo per condividere l'intento che il jolly ce lo eravamo già giocati e che l'obiettivo era sempre e comunque di riportare le nostre vite a casa.
Pertanto ci siamo rifocillati riempiendoci gli occhi delle bellezze che ci circondavano e poi abbiamo preso cautamente la via del ritorno.
La discesa dal pianoro è avvenuta dal canale giusto che, per quanto impegnativo, avrebbe comunque perdonato un eventuale errore.
La discesa dal ripido e scivoloso crinale occidentale che degrada nel Malepasso ha messo a dura prova le nostre membra ormai stanche e provate dall'elevato dislivello e dall'alta tensione, mentre qualche camoscio ci guardava curioso arrancare e scivolare.
Abbiamo quindi intercettato il sentiero alla quota di 1400 m circa, che ci ha portato in breve all'eremo di Santa Colomba.
Prima di raggiungere la base di partenza, abbiamo fatto una doverosa deviazione per il sentiero dell'ENEL che conduce alla cascata della Vena Roscia. A tal proposito è stata utile e decisiva la recensione del buon @Montinvisibili che ci ha dato lo spunto per impreziosire la nostra già ricca uscita con una chicca di altissimo livello.
Dalla faggeta il sentiero conduce ad una forra (la parte terminale del Fossaceca) che si apre in maniera inaspettata su un profondo orrido su cui precipitano vari fiumiciattoli. Il sentiero fa parte del sistema di captazione idrica dell'ENEL ed è ricavato nella roccia mediante mancorrenti e parapetti, si incunea nella montagna mediante una serie di gallerie buie (che richiedono l'uso dellla frontale) e termina in un locale in cui un getto d'acqua copioso e fragoroso precipita dall'alto, dando luogo a giochi di luce indescrivibili.
Da non credere ai propri occhi. Grazie ancora a @Montinvisibili per la dritta.
Questo è stato il degno epilogo di una giornata memorabile, in cui tante emozioni si sono susseguite e che ancora faccio fatica a metabolizzare.
Ad essere sinceri, il vero epilogo di questa avventura è stato tornare a casa ed avvicinarmi a mia figlia che dormiva chiedendole scusa per aver rischiato così tanto. Questo è il miglior insegnamento che ho ricevuto da questa esperienza.