Mi è venuta in mente ieri, questa domanda. Io sono arrivato alla conclusione che sono principalmente un campeggiatore. Cosa vuol dire? Che il mio obiettivo, ogni volta che mi sposto nella natura per più di un giorno, è quello appunto di campeggiare, di piantare la tenda e di "abitare il bosco", di fermarmi da qualche parte per stare in pace lontano dalla vita di tutti i giorni, bellissima ma stressante e a volte monotona. Il camminare, il percorso, per me è secondario e finalizzato proprio a trovare un buon posto per fermarmi, e appena sono fuori dalle zone frequentate, appena so che li non verrà nessuno, so anche che da li in poi tutto è buono. E il posto giusto non lo trovo sulla cartina, perchè quel posto è già dentro di me nel momento in cui sono partito, e appena lo vedo nella realtà mi dico eccolo finalmente, proprio questo cercavo. Non parto per andare "da x a y", parto per andare da x a dove mi guardo intorno e mi dico "Cavolo che bel posto, quasi quasi lo faccio diventare casa mia per un paio di giorni". Anche quando vado in posti lontani dalle mie montagne, o come la settimana scorsa (influenza a parte) trovo su Google Maps un posto nuovo che mi sembra bello, non ne faccio necessariamente la meta. Se per strada trovo una zona che mi piace mi fermo, o se, arrivato, la zona non mi sembra poi così valida riparto e cerco un altro posto. E tutto è fatto con estrema tranquillità, senza apprensioni, senza guardare l'orologio, appunto perchè sono perfettamente cosciente che non devo andare da nessuna parte, che mi basta decidere di fermarmi per aver raggiunto in pieno l'obiettivo del mio vivere nella natura. Camminare lentamente, fermarsi ogni tanto a fare una foto o a guardare le nuvole, seguire le orme degli animali o gli odori, guardarsi attorno alla ricerca di cose curiose, tutto è escursione, tutto è parte di una condivisione, di una "sensualità" che mi rende parte del tutto, mi rende "abitante", non viaggiatore. Mi sento come un uomo primitivo, che è parte dell'ambiente, come un esploratore, che va a cercare le piccole cose, come un bambino in un grande negozio di giocattoli, dove da ogni parte trova qualcosa che lo rapisce e lo fa restare a bocca aperta. L'escursionista viene fuori dopo, quando tutto è a posto, e magari c'è ancora il sole, o alla mattina quando mi sveglio, lascio il campo fatto e me ne vado a zonzo, magari per cercare qualche posto bello per la prossima volta o una sorgente o un rudere o una grotta, per fare foto, per vedere gli animali, per raccogliere funghi o frutti, anche solo per il gusto di camminare. Ma è più un passare il tempo che un vero e proprio bisogno di andare da qualche parte, è un gironzolare, non è lo scopo dell'uscita ma una conseguenza. Quando mia moglie mi chiede dove vado le rispondo non lo so, parcheggio nel posto x e poi vado dove mi capita, a nord o a sud, dipende da che parte soffia il vento.
Questa mentalità naturalmente si ripercuote su tutto quello che è il mio modo vivere l'escursionismo. Il peso dello zaino non è più importante, perchè nel momento in cui mi sento stanco mi fermo. Il mangiare diventa una cosa diversa dal far benzina, perchè posso permettermi il lusso di farmi il pane, e mentre si cuoce posso andare a cercare cose per fare il risotto (non in pieno inverno, naturalmente). Ecco che anche il libro e la musica diventano strumenti da escursionismo, perchè sono due cose che amo, e posso finalmente mettermi in amaca a leggere senza essere interrotto continuamente da Giacomo che vuole che gli disegni un T Rex, o da Alice che vuole che gli spieghi i verbi irregolari in inglese, o da mia moglie che vuole tutto tranne l'unica cosa che voglio io ( ), o dal telefono...
Il tempo è proprio quello che mi fa un campeggiatore e non un escursionista. Quando parto mi riapproprio del mio tempo, dei miei ritmi, ritrovo il lusso di permettermi di, come qualcuno pensa, sprecarlo (se leggere un libro, farsi da mangiare, guardare le nuvole, aspettare ore che arrivi un camoscio si può dire sprecare). Ritrovo il piacere di non avere pensieri, di poter fare quello che più mi aggrada, di mangiare quando ho fame e dormire quando ho sonno. Per pochi giorni lascio che sia la vita a seguire i miei ritmi, e non viceversa.
Questo per me è l'outdoor, quello che io pratico: il ritrovare la mia intimità, il mio tempo, i miei ritmi in un ambiente di pace e bellezza.
Fico, vero?
Questa mentalità naturalmente si ripercuote su tutto quello che è il mio modo vivere l'escursionismo. Il peso dello zaino non è più importante, perchè nel momento in cui mi sento stanco mi fermo. Il mangiare diventa una cosa diversa dal far benzina, perchè posso permettermi il lusso di farmi il pane, e mentre si cuoce posso andare a cercare cose per fare il risotto (non in pieno inverno, naturalmente). Ecco che anche il libro e la musica diventano strumenti da escursionismo, perchè sono due cose che amo, e posso finalmente mettermi in amaca a leggere senza essere interrotto continuamente da Giacomo che vuole che gli disegni un T Rex, o da Alice che vuole che gli spieghi i verbi irregolari in inglese, o da mia moglie che vuole tutto tranne l'unica cosa che voglio io ( ), o dal telefono...
Il tempo è proprio quello che mi fa un campeggiatore e non un escursionista. Quando parto mi riapproprio del mio tempo, dei miei ritmi, ritrovo il lusso di permettermi di, come qualcuno pensa, sprecarlo (se leggere un libro, farsi da mangiare, guardare le nuvole, aspettare ore che arrivi un camoscio si può dire sprecare). Ritrovo il piacere di non avere pensieri, di poter fare quello che più mi aggrada, di mangiare quando ho fame e dormire quando ho sonno. Per pochi giorni lascio che sia la vita a seguire i miei ritmi, e non viceversa.
Questo per me è l'outdoor, quello che io pratico: il ritrovare la mia intimità, il mio tempo, i miei ritmi in un ambiente di pace e bellezza.
Fico, vero?
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