Data: Sabato 27 ottobre 2018
Grado di difficoltà :EE (oggi lo era)
Partenza - Ritorno :Casale San Nicola(poco sopra il paese a circa 900 mt)
Quota massima : un po' più su dei 1655 Mt del rifugio Nicola D'Arcangelo.
Km: una decina circa, tra andata e ritorno.
Dislivello :sugli 800 metri.
Difficoltà incontrate : accumuli di neve nascosti da mezzo metro di fogliame, un paio traversi da fare con molta attenzione. Accumuli importanti di foglie nei boschi, fare attenzione alle fosse e convivere con la sensazione di non vedere dove appoggerà la scarpa. (a me torna utile abbassare notevolmente il baricentro in questi casi)
Descrizione :
Dopo qualche strada sbagliata mi ritrovo a Casale San Nicola non in piena forma e lo zaino in spalla, alle 9,pesa già tanto come una notte di lavoro con il mal di pancia.
Linda, invece, ha già le zampe sporche di allegria, corre, scodinzola, tra i numerosi rivoli di fango e acqua che ci portano presto, quasi in piano, ancor più sotto al Paretone del Monte Corno,su cascate e chiuse dell'enel.
Dal collo della "Camicia" spunta un sole pallido, il suo chiarore riesce comunque a far luce a una brillante Luna calante, poggiata sopra il cielo del Gran Sasso alla parte opposta. Il Prena fa mostra di abito grigio roccia e bianco neve come un elegante abito Gessato. Le folate di vento fragorose, meno male, non sono costanti ma quando scendono dal Vado di corno hanno i sentori di treno rapido che non ferma in stazione, alzano nuvole rosse di foglie e mi ritrovo a sorridere spesso sotto la neve dei faggi che cambiano pelle. Dove si incanala il vento il bosco è già nudo e i miei scarponi fanno un gran rumore fer farsi spazio e trovare pallidi bolli in un bosco assai verticale. Penso, cammino e sudo su una cresta alternativa al canale colmo di autunno dove serpeggia il sentiero geologico ed ufficiale. Cerco di farmi distrarre dalla fatica, dai colori lucenti dell'autunno e dalla felice Linda pur di non pensare alla nausea che soffia su per lo stomaco. Riprendo obbligato l'irto sentiero per il rifugio ora che si scopre e si arrampica tra rocce e diruti alberi spezzati. Su questa cresta pochi cespugli sfidano lo scoperto, sembrano crescere già schiacciati, qualche giovane tronco ci prova e mostra le ferite che il luogo impone ai piedi del Re'. Il sole si copre, il Brancastello si scurisce, qualche raffica mi asciuga con i brividi la schiena sudata ed io ansimo, sudo freddo,la testa gira. Mi accascio in ginocchio ai piedi di una roccia, lacrimo come se tagliassi cipolle, vomito, la già scarsa, colazione, infine mi siedo stanco a guardare verso il mare che ancora luccica, come una speranza, quella di potercela ancora fare, di stare meglio dopo la sfogata. Vado un po' più su a cercare riparo tra un bosco che si riprende il sentiero adesso, mi siedo, ancora, e aspetto un po', dialogando calmo con uno stomaco nervoso. Mi faccio coraggio guardando la mappa e nel vedere che manca poco, ma la montagna mette di nuovo alla prova la determinazione di un testardo montanaro e la sua coriacea Lupa.
Sotto le sfoglie croccanti degli alberi assaporo il gelato compatto e scivoloso del sottobosco. Io, i faggi e lupa sfidiamo insieme le leggi di Newton e, con molta attenzione, qualche breve traverso innevato sembra quasi invitarci giù nell'orrido. Il sentiero sale senza sconti, ripido, come la tensione: dover scavare scalciando qualche passo e capire gli appoggi sotto la sabbia di foglie pretende della sana concentrazione, pretende crescita personale, conoscenze nuove e maggiori consapevolezze del Severo versante nord del Parco(anche sulla Laga il versante nord, a me ancora quasi ignoto, presenta le zone più severe fuori dalle quote boschi-altrimenti il contrario).
Cola il sudore e tuona ancora il petto quando rimango senza fiato in un nuova e nascosta meraviglia del Gran Sasso. Una valle quasi alpina, se non fosse ancor più abbellita da rosse faggete tutt'intorno verso il basso. Il rifugio spicca nel mezzo del verde, sovrastato, alle spalle, dall'immenso, infinito e grigio Calcare del Gran Sasso, del Vado di corno, della frastagliata faccia settentrionale dell'intera catena,per finire con lo sguardo giù nel mare e nel rosso dei boschi. Adesso saltello felice come la lupa. Lesto e sorridente attraverso i Prati per attrezzare un the caldo, al "nuovo" (non avevo mai visto) rifugio del Gran Sasso. Il vento sullo scoperto è potente, ma la parete di entrata è un ottimo e panoramico riparo. Maestosa, la Vetta Orientale, spicca ancora serena a dispetto di tutto il resto che pare voglia coprirsi. Sorseggio la calda bevanda e fumo tranquillo in barba a un meteo un po' agitato, Linda sonnecchia, mi cambio una prima maglia, infilo il piumino, l'antivento e mi godo la contemplazione, la solitudine. Mi sento molto meglio, senza più affanni e nausee.
A malincuore rinuncio alla vista di campo Imperatore dal Vado di Corno perche il meteo soffia sempre più veloce in basso, verso il paese, un cumulonembo minaccia le spalle tutto il ritorno, sorrido, indosso la mia armatura(lo zaino e il copricapo) e lo ignoro. La discesa è morbida e rumorosa, anche di qualche scivolata, piacevole e tanto scenografica, i turbini di eolo avvolgono, balliamo con il bosco, tra coriandoli, stelle filanti e altissimi ballerini dalle chiome colorate. Tal volta, sembra nevicare colori,gemme colorate, neve di abbondanza, come la "radice" etimologica (AUCTUS +desinenza MNUS, da AUGERE=aumentare, arricchire,...)della parola Autunno.
La strada fatta oggi è poca ma Achille ha sempre da brontolare sto periodo e arpeggia con entrambe le corde vigoroso ogni tanto, soprattutto in discesa. Certo adesso va molto meglio e la fame si fa sentire nella pancia vuota, ma le faggete ispirano ancora bei momenti di pace in qualche sosta, prima della buona bistecca al ristorante di Paese. Da questo parco infinito e ricco di sorprese, di nuove vedute ancora da scoprire, vi saluto e vi auguro buona montagna a tutti! Alla prossima!
Grado di difficoltà :EE (oggi lo era)
Partenza - Ritorno :Casale San Nicola(poco sopra il paese a circa 900 mt)
Quota massima : un po' più su dei 1655 Mt del rifugio Nicola D'Arcangelo.
Km: una decina circa, tra andata e ritorno.
Dislivello :sugli 800 metri.
Difficoltà incontrate : accumuli di neve nascosti da mezzo metro di fogliame, un paio traversi da fare con molta attenzione. Accumuli importanti di foglie nei boschi, fare attenzione alle fosse e convivere con la sensazione di non vedere dove appoggerà la scarpa. (a me torna utile abbassare notevolmente il baricentro in questi casi)
Descrizione :
Dopo qualche strada sbagliata mi ritrovo a Casale San Nicola non in piena forma e lo zaino in spalla, alle 9,pesa già tanto come una notte di lavoro con il mal di pancia.
Linda, invece, ha già le zampe sporche di allegria, corre, scodinzola, tra i numerosi rivoli di fango e acqua che ci portano presto, quasi in piano, ancor più sotto al Paretone del Monte Corno,su cascate e chiuse dell'enel.
Dal collo della "Camicia" spunta un sole pallido, il suo chiarore riesce comunque a far luce a una brillante Luna calante, poggiata sopra il cielo del Gran Sasso alla parte opposta. Il Prena fa mostra di abito grigio roccia e bianco neve come un elegante abito Gessato. Le folate di vento fragorose, meno male, non sono costanti ma quando scendono dal Vado di corno hanno i sentori di treno rapido che non ferma in stazione, alzano nuvole rosse di foglie e mi ritrovo a sorridere spesso sotto la neve dei faggi che cambiano pelle. Dove si incanala il vento il bosco è già nudo e i miei scarponi fanno un gran rumore fer farsi spazio e trovare pallidi bolli in un bosco assai verticale. Penso, cammino e sudo su una cresta alternativa al canale colmo di autunno dove serpeggia il sentiero geologico ed ufficiale. Cerco di farmi distrarre dalla fatica, dai colori lucenti dell'autunno e dalla felice Linda pur di non pensare alla nausea che soffia su per lo stomaco. Riprendo obbligato l'irto sentiero per il rifugio ora che si scopre e si arrampica tra rocce e diruti alberi spezzati. Su questa cresta pochi cespugli sfidano lo scoperto, sembrano crescere già schiacciati, qualche giovane tronco ci prova e mostra le ferite che il luogo impone ai piedi del Re'. Il sole si copre, il Brancastello si scurisce, qualche raffica mi asciuga con i brividi la schiena sudata ed io ansimo, sudo freddo,la testa gira. Mi accascio in ginocchio ai piedi di una roccia, lacrimo come se tagliassi cipolle, vomito, la già scarsa, colazione, infine mi siedo stanco a guardare verso il mare che ancora luccica, come una speranza, quella di potercela ancora fare, di stare meglio dopo la sfogata. Vado un po' più su a cercare riparo tra un bosco che si riprende il sentiero adesso, mi siedo, ancora, e aspetto un po', dialogando calmo con uno stomaco nervoso. Mi faccio coraggio guardando la mappa e nel vedere che manca poco, ma la montagna mette di nuovo alla prova la determinazione di un testardo montanaro e la sua coriacea Lupa.
Sotto le sfoglie croccanti degli alberi assaporo il gelato compatto e scivoloso del sottobosco. Io, i faggi e lupa sfidiamo insieme le leggi di Newton e, con molta attenzione, qualche breve traverso innevato sembra quasi invitarci giù nell'orrido. Il sentiero sale senza sconti, ripido, come la tensione: dover scavare scalciando qualche passo e capire gli appoggi sotto la sabbia di foglie pretende della sana concentrazione, pretende crescita personale, conoscenze nuove e maggiori consapevolezze del Severo versante nord del Parco(anche sulla Laga il versante nord, a me ancora quasi ignoto, presenta le zone più severe fuori dalle quote boschi-altrimenti il contrario).
Cola il sudore e tuona ancora il petto quando rimango senza fiato in un nuova e nascosta meraviglia del Gran Sasso. Una valle quasi alpina, se non fosse ancor più abbellita da rosse faggete tutt'intorno verso il basso. Il rifugio spicca nel mezzo del verde, sovrastato, alle spalle, dall'immenso, infinito e grigio Calcare del Gran Sasso, del Vado di corno, della frastagliata faccia settentrionale dell'intera catena,per finire con lo sguardo giù nel mare e nel rosso dei boschi. Adesso saltello felice come la lupa. Lesto e sorridente attraverso i Prati per attrezzare un the caldo, al "nuovo" (non avevo mai visto) rifugio del Gran Sasso. Il vento sullo scoperto è potente, ma la parete di entrata è un ottimo e panoramico riparo. Maestosa, la Vetta Orientale, spicca ancora serena a dispetto di tutto il resto che pare voglia coprirsi. Sorseggio la calda bevanda e fumo tranquillo in barba a un meteo un po' agitato, Linda sonnecchia, mi cambio una prima maglia, infilo il piumino, l'antivento e mi godo la contemplazione, la solitudine. Mi sento molto meglio, senza più affanni e nausee.
A malincuore rinuncio alla vista di campo Imperatore dal Vado di Corno perche il meteo soffia sempre più veloce in basso, verso il paese, un cumulonembo minaccia le spalle tutto il ritorno, sorrido, indosso la mia armatura(lo zaino e il copricapo) e lo ignoro. La discesa è morbida e rumorosa, anche di qualche scivolata, piacevole e tanto scenografica, i turbini di eolo avvolgono, balliamo con il bosco, tra coriandoli, stelle filanti e altissimi ballerini dalle chiome colorate. Tal volta, sembra nevicare colori,gemme colorate, neve di abbondanza, come la "radice" etimologica (AUCTUS +desinenza MNUS, da AUGERE=aumentare, arricchire,...)della parola Autunno.
La strada fatta oggi è poca ma Achille ha sempre da brontolare sto periodo e arpeggia con entrambe le corde vigoroso ogni tanto, soprattutto in discesa. Certo adesso va molto meglio e la fame si fa sentire nella pancia vuota, ma le faggete ispirano ancora bei momenti di pace in qualche sosta, prima della buona bistecca al ristorante di Paese. Da questo parco infinito e ricco di sorprese, di nuove vedute ancora da scoprire, vi saluto e vi auguro buona montagna a tutti! Alla prossima!
Allegati
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