Salvati in pantaloncini con nebbia, grandine, vento a 100km/h.

@Cmps per diventare Capo Scout si frequentano tre corsi, due a livello regionale ed uno a livello nazionale, funzionali ad ottenere il brevetto di Capo Scout, valido a livello internazionale e riconosciuto come titolo anche in Italia dagli Enti statali per concorsi ed assunzioni (ovviamente in campo specifico). In ogni Associazione scout esiste uno speciale settore (Formazione Capi) che si occupa di formare tutti gli educatori, per tutte le Branche, titolarli e mandarli in attività. Non si può avere un gruppo scout se non si hanno censiti i Capi titolati almeno uno per ogni Branca che si intende avere.
La mia ragazza è capo scout, i corsi li ha fatti, altri accompagnatori che sono presenti nelle attività (non chiamiamoli capi) no. Da esterno, e anche trovandomi in contrasto con lei certe volte, non ho avuto la percezione che fossero corsi adatti a fornire una preparazione sufficiente ne dal punto di vista escursionistico, ne dal punto di vista pedagogico/formativo. La bravura e le competenze sono lasciate alla passione del singolo...
 
Peccato oggi non aver proprio tempo per rispondere...in merito al mio pensiero sugli scout in generale, che è estremamente positivo...
Appena posso lo farò, ma nel frattempo vedo che qui alcuni - sia pur tra le righe - hanno già colto nel segno.

Circa il fatto di non prendere come oro colato le notizie dei media a 24-48 ore dagli eventi, è vero, in genere è così, ma soprattutto perché le vicende di montagna spesso hanno uno svolgimento lungo, contorto, nient'affatto lineare, ad esempio si passa molte vte attraverso la fase della dispersione delle persone (spariscono...dove saranno andati ? In cosa si saranno imbattuti ? A quando risale l'ultimo.segnale certo ? Difficoltà dei soccorsi, ecc ecc ) per poi ritrovarle - anche a distanza di giorni o persino settimane - sotto valanghe, in fondo a dirupi, ecc ecc.
Ma questo caso mi sembra l'eccezione che conferma la regola, e proprio per questo l'ho riportato : la vicenda ha trovato in poche ore il suo epilogo completo, e senza conseguenze (per fortuna), e dopotutto le ricostruzioni della prima ora e quelle successive coincidono.
In sostanza, non è emerso nulla di nuovo e sostanziale a ribaltare il racconto iniziale, che quindi poteva essere tranquillamente preso per buono.
D'altro canto, rileggendo attentamente l'articolo, non è altro che un "filotto" di constatazioni poi confermate una per una : la distanza dal rifugio, il luogo della marcia indietro, quello dell'incontro coi soccorritori, le vicende meteo e la loro tempistica, le condizioni di ipotermia in cui erano, e così via. Certo non tutti erano in pantaloni corti ma almeno uno sì (lo si vede dalla foto) e questo - considerando i criteri giornalistici - lo possiamo considerare peccato veniale: d'altronde anche una sola vita in pericolo conta eccome. L'unico elemento.aggiuntivo emerso è l'allerta meteo per sms non ricevuta in mattinata perché a quell'ora (10,30) già fuori campo, che però non mi sembra decisiva e dirimente ai fini di una decisione che comunque - anche tramite valutazioni "ad occhio - restava un po' azzardata.
 
Mah… non so…
Non voglio fare il classico intervento "con il senno di poi", ma anche leggendo il comunicato AGESCI mi pare di vedere diversi elementi di sottovalutazione della situazione.
Cito: la tappa prevedeva il passaggio dal rifugio Scaffaiolo per il pranzo per poi proseguire fino al rifugio Bicocca alla Doganaccia, luogo prefissato per il pernotto.
“Le informazioni meteo che avevamo raccolto - dichiarano Letizia Malucchi e Leonardo Damiano, Capi Gruppo – indicavano che ci sarebbe stata pioggia, pertanto ci eravamo attrezzati di conseguenza con abbigliamento pesante e impermeabile.”


Il meteo in peggioramento era noto già 48 ore prima.
Si sa che sul crinale in quella zona quando fa brutto tirano venti facilmente oltre i 100km./h. Purtroppo sono ben noti i casi di morte per ipotermia che ci sono stati.
Nel video si vedono ragazzi in pantaloni corti…

Già in pieno maltempo, andavano verso il rifugio Duca degli Abruzzi al Lago Scaffaiolo, sapevano che era chiuso?

Pensavano di scendere dal crinale alla Doganaccia. Sentiero molto ripido, sconsigliabile soprattutto in discesa anche in caso di semplice pioggia.
Ne erano consapevoli?

Non penso assolutamente ad un difetto di competenze di AGESCI, ma forse ad una sottovalutazione degli accompagnatori.
Per fortuna è andata molto bene.
 
Ultima modifica:
Faccio una domanda specifica. Mio figlio 13enne ha fatto la prima uscita di squadriglia un mese fa, con altri 4 ragazzi di cui un 12ennr. due 16enni, un 17enne. Vanno un weekend a Monteflavio, base di partenza per il Pellecchia. Fino a una settimana prima non sanno se saliranno in escursione, dove dormiranno (in tenda o da qualche parte), che meteo si prevede (per quanto possa valere una previsione a una settimana...), con che mezzi andare (a Monteflavio la domenica non è che ci sia lamfilamdegli autobus).
Dietro mie insistote domande, mio figlio le gira al caposquadroglia e così decisonk e danno le risposte ed hanno senso.
Tutto andrà quasi bene, se non che:
a) la casa parrocchiale.dove dovevano dormire è chiusa e quindi sormono un una specie di magazzino ricavato;
b) non fanno la salita al pellecchia perché non c'è tempo, cisto xhe arrivano sabato pomeriggio e domenica alle 14 c'è l'unico autobus per ritorno;
c) l'attività prevista di montaggio e smontaggio tende non viene fatta perché i ragazzi sono solo loro e preferiscono giocare con gli smartphone.

Mie perplessità:
- così fatta l'iniziativa non ha un gran senso e nob.sembra che sia stata supervisionata per dargliene uno o per accompagnarli a capire qiali siano i punti da affronatre per una pianificazione
- un gruppo di ragazzino era affidato ad un 17enne (non molto sveglio)
- non abbiamo firmato.nientw, per cui se succedeva qualcosa noatro filgio era in giro per assenza di nostra vigilanza

A chi ha pratica di scout chiedo se questa acoi risulri essere pratica normale o se inevce sia una gestione un pò..."leggera"?
 
Premetto che non sono mai stato scout ma ho da sempre effettuato attività di escursionismo in tenda in situazioni più o meno di sicurezza. Ai nostri tempi prendevamo in giro gli scout della parrocchia in quanto "trovavano la pappa pronta" nel senso che li portavano in corriera fino quasi al campo, c'erano le auto che portavano i viveri eccetera. Noi invece eravamo fieri di partire a piedi (e le tende allora erano VERAMENTE PESANTI! e di sfidare il mondo intero e uscirne vivi. Come si può immginare ci siamo divertiti moltissimo.
Ci siamo sempre arrangiati (attenzione: negli anni'70 non c'erano telefonini e nemmeno radio CB, almeno non alla nostra portata), e noi ce ne andavamo tranquilli in mezzo alla neve, magari per tre giorni di seguito con scarponi ingrassati all'inverosimile e le ciaspole in legno.
Dato questo mio background trovo veramente difficile puntare il dito verso qualcuno che a proprie spese, usando il proprio tempo e energie cerca di togliere dei ragazzi dagli spartphone e di dargli un'idea di cosa sia veramente la vita.
Se fai parte di un gruppo che va in montagna. o in qualsiasi altra parte che non sia un residence o un villaggio turistico devi per forza mettere in conto qualche imprevisto.
Se sei un genitore non puoi pensare di lasciare tuo figlio lontano dai rischi fino a che tu te ne andrai, è meglio che ne incontri qualcuno e ci faccia fronte, in modo che poi quando sarà da solo sarà preparato.
E' più dannoso un genitore che lascia il figlio full time immerso nei "social media" a scambiare foto e filmati o a giocare con gli "sparatutto"o uno che fa apprezzare il bello e il brutto della Natura?
Facile accusare di leggerezza i capi che hanno portato i ragazzi al freddo ma nessuno invece accusa di leggerezza i genitori che lasciano i figli a ciondolare su tik tok fino a diventare delle amebe.
Questi capi scout secondo me sono da ringraziare e incoraggiare invece. Ovviamente facendo tesoro di qualto successo.
Ora la cosa più saggia che potrebbero fare è di riportare a fare lo stesso giro tutti i partecipanti magari con un tempo un pochino migliore.
Mi piacerebbe sentire il parere di qualcuno dei ragazzi che erano lì.
 
tra l'altro senza ghette...
Scusa, perché avrebbero dovuto avere le ghette?
Mica andavano a fare una escursione su ghiacciaio. Tra l'altro io le ghette non le porto mai e su ghiacciaio ci vado spesso.

In questo caso vedo un po' di leggerezza: hanno sottovalutato le previsioni meteo in peggioramento, ma le condizioni che hanno trovato non erano certamente prevedibili, dal cattivo tempo alla tormenta di neve/grandine con raffiche a 100 km/h c'è un po' di differenza
 
Scusa, perché avrebbero dovuto avere le ghette?
Per ghette intendo:
un accessorio molto semplice, creano una barriera che impedisce a neve, acqua e detriti di entrare all’interno delle scarpe durante un’escursione. Sono quindi certamente utili in inverno su terreno innevato, ma anche quando piove, oppure quando il terreno è particolarmente bagnato. Un’altra funzione, secondaria ma comunque importante, è quella di aggiungere un minimo di isolamento termico, contribuendo così a tenere i piedi caldi e asciutti (anche se in questo giocano un ruolo fondamentale sia le scarpe che le calze).
Nel caso specifico potevano essere molto utili.
Tu cosa intendi?
 
Che poi la scusa del materiale é sempre in agguato.
Se una persona é competente verso gli approcci che ha deciso di seguire, non esiste a priori un'accusa giustificata in caso capiti qualcosa. Anche andando in calze a rete,...

Questi quà sarebbero stati recuperati in ogni caso, anche super attrezzati con il meglio del meglio. D'altra la maggior parte degli interventi di recupero si effettua per riprendere "esperti", "guru", "promoter dei migliori materiali ed equipaggiamenti disponibili sul mercato" e nemmeno chissà dove.

Ci si basa sempre su degli stereotipi, modelli, schemi,... prendendo di mira delle questioni che non sono causa dei problemi a priori, perché quel che che conta é la testa di chì fà qualcosa, in base a come decide di farla. Si dimentica sempre questa base andando a parare su chissà cosa.

Se mancano competenza e consapevolezza sul terreno, vero, sarà così indifferentemente dai pezzi di carta, gagliardetti, grado, vestiario, ecc...

Anche l'organizzazione e le decisioni di come comportarsi di fronte ad un cambiamento climatico riguarda delle scelte personali, come pantaloncini o mutande,... Il tempo non cambia da un secondo all'altro, ma ognuno decide per sé, teoricamente con consapevolezza. Se viene fatto questo prendendosi le proprie responsabilità, non c'é nulla da mortificare. "A me và bene continuare nonostante il tempo stà volgendo al brutto?", "Il tempo volge al brutto meglio rientrare?". Poi quale parte sia la più breve, se si riesce a tornare per tempo, ecc... sono tutte cose imprevedibili al 100%,... ma solo in parte.

Di sicuro non esiste distinzione giustificata tra una persona e l'altra che richiede soccorso, se la differenza stà solo nelle preferenze di approccio con cui si affronta un'attività. Forse le uniche eccezioni sono quelli che appunto partono senza avere la passione, l'interesse = le competenze,... e poi devono chiamare il soccorso. Ma anche in questo caso come si é vestiti, il materiale, ecc... non fà differenza.

Non é mai bella cosa ragionare in maniera ottusa credendo che il mondo finisca dove finiscono le proprie idee, convinzioni, modelli, abitudini, ecc....
 
Per ghette intendo:
un accessorio molto semplice, creano una barriera che impedisce a neve, acqua e detriti di entrare all’interno delle scarpe durante un’escursione. Sono quindi certamente utili in inverno su terreno innevato, ma anche quando piove, oppure quando il terreno è particolarmente bagnato. Un’altra funzione, secondaria ma comunque importante, è quella di aggiungere un minimo di isolamento termico, contribuendo così a tenere i piedi caldi e asciutti (anche se in questo giocano un ruolo fondamentale sia le scarpe che le calze).
Nel caso specifico potevano essere molto utili.
Tu cosa intendi?
Scusami ma il punto non era cosa sono le ghette e la loro funzione, ma se avesse senso portarsele dietro.
Secondo me non era necessario portarsele dietro per una uscita come quella pianificata, solitamente si utilizzano le ghette per uscite su neve/ghiaccio, e alcuni non le usano neanche in quei contesti.

Quello che volevo dire è che il fatto che non avessero le ghette, in quella situazione, non può essere considerato come un indicatore che fossero degli sprovveduti o non fossero equipaggiati adeguatamente, tutto qua.
 
ma se avesse senso portarsele dietro.
Secondo me non era necessario portarsele dietro per una uscita come quella pianificata, solitamente si utilizzano le ghette per uscite su neve/ghiaccio, e alcuni non le usano neanche in quei contesti.

Quello che volevo dire è che il fatto che non avessero le ghette, in quella situazione, non può essere considerato come un indicatore che fossero degli sprovveduti o non fossero equipaggiati adeguatamente, tutto qua.

E' una questione di abitudine portare appresso le ghette.
Se c'è neve a terra o si prevede pioggia, io le porto e le indosso per tutti i motivi citati da @TrekTorr ossia:
creano una barriera che impedisce a neve, acqua e detriti di entrare all’interno delle scarpe durante un’escursione. Sono quindi certamente utili in inverno su terreno innevato, ma anche quando piove, oppure quando il terreno è particolarmente bagnato.
Un’altra funzione, secondaria ma comunque importante, è quella di aggiungere un minimo di isolamento termico, contribuendo così a tenere i piedi caldi e asciutti (anche se in questo giocano un ruolo fondamentale sia le scarpe che le calze).
Nel caso specifico potevano essere molto utili.

Poi ci sono alcuni miei compagni che nella medesimo escursione non le adoperano.
Non è un indumento indispensabile ma consigliabile.
 
Faccio una domanda specifica. Mio figlio 13enne ha fatto la prima uscita di squadriglia un mese fa, con altri 4 ragazzi di cui un 12ennr. due 16enni, un 17enne. Vanno un weekend a Monteflavio, base di partenza per il Pellecchia. Fino a una settimana prima non sanno se saliranno in escursione, dove dormiranno (in tenda o da qualche parte), che meteo si prevede (per quanto possa valere una previsione a una settimana...), con che mezzi andare (a Monteflavio la domenica non è che ci sia lamfilamdegli autobus).
Dietro mie insistote domande, mio figlio le gira al caposquadroglia e così decisonk e danno le risposte ed hanno senso.
Tutto andrà quasi bene, se non che:
a) la casa parrocchiale.dove dovevano dormire è chiusa e quindi sormono un una specie di magazzino ricavato;
b) non fanno la salita al pellecchia perché non c'è tempo, cisto xhe arrivano sabato pomeriggio e domenica alle 14 c'è l'unico autobus per ritorno;
c) l'attività prevista di montaggio e smontaggio tende non viene fatta perché i ragazzi sono solo loro e preferiscono giocare con gli smartphone.

Mie perplessità:
- così fatta l'iniziativa non ha un gran senso e nob.sembra che sia stata supervisionata per dargliene uno o per accompagnarli a capire qiali siano i punti da affronatre per una pianificazione
- un gruppo di ragazzino era affidato ad un 17enne (non molto sveglio)
- non abbiamo firmato.nientw, per cui se succedeva qualcosa noatro filgio era in giro per assenza di nostra vigilanza

A chi ha pratica di scout chiedo se questa acoi risulri essere pratica normale o se inevce sia una gestione un pò..."leggera"?
Qui sfondi una porta aperta, nel senso già citato da qualcuno.
L'uscita di squadriglia è un argomento spinoso, e spero di non andare OT ma in fondo il thread è stato postato nella sezione Scout.
L'uscita di SQ è il primo momento dell'anno in cui si da fiducia ai ragazzi e si cerca di fargli organizzare qualcosa in autonomia e poi farla sviluppare senza alcun controllo da parte degli "adulti".
Il Capo SQ dovrebbe assumere il ruolo di conduttore dell'attività e dimostrare la propria maturità.
Ricordiamoci anche che si propone a ragazzi dagli 11 ai 15 e che noi alla loro età eravamo molto diversi, forse con meno distrazioni e sicuramente più autonomi e coscienziosi, per i casi della vita.
In realtà il controllo ci dovrebbe essere, perchè Capi "accorti" dovrebbero fare un giretto sul luogo del pernotto al pomeriggio/sera, e poi, con i mezzi del caso (telefoni, radio, persone presenti sul luogo) comunque controllare in remoto l'andamento dell'attività.
Che questo venga fatto dovunque in Italia è anche a mio parere dubbio. Con i risultati che tu riporti.
Ritorno quindi al discorso fatto sul volontariato e sulla serietà degli educatori.
Sul fatto che i ragazzi poi, da soli, non svolgano attività prevista e "cazzeggino", ci sta: mia figlia ha fatto lo stesso durante la loro attività di Sq, con il risultato che i Capi a sorpresa sono stati a visitare tutti i luoghi delle uscite e hanno stilato una classifica dei "reati" commessi dai ragazzi, non si è salvato nessuno, dal telefono ai "mangiazzi"...con anche elenco di severe punizioni.
Il fatto è che il sistema scout si basa sulla fiducia, niente di meno che il rapporto genitori-figli (per chi ce li ha) ma non ha punizioni (per fortuna). Si lavora con loro e si spera che il nostro esempio porti frutto.
E non lo porta mai nell'immediato, come chi è stato educatore sa.
Pensa che ad oggi, a quasi vent'anni dal mio ultimo servizio in associazione, vedo adesso qualche risultato da parte dei miei ex scout...quandoci incontriamo.
Ieri sera sono tornato dal lavoro e l'altro mio figlio (scout anche lui) stava giocando con il cellulare fuori orario permesso. Beh, è la stessa cosa, quindi l'unica soluzione è stata fargli un bel discorsetto e puntare sulla crescita personale, sulla fiducia riposta e sul lato positivo del comportarsi bene.
Mia figlia, dopo l'ispezione a sorpresa dei Capi all'uscita, ha capito benissimo ed anzi mi ha detto, poi" "Io papà il cellulare l'ho lasciato a casa, così non mi sono fatta prendere dalla tentazione"..
Il cellulare è uno solo dei grandi problemi educativo del nostro secolo, chi è genitore lo sa.
Quindi le magagne che ci sono in casa, ovviamente i ragazzi le portano all'esterno (lo farebbero anche alla gita della parrocchia o alla scuola calcio, immagino).
Come già detto da molti, anche l'esperienza negativa ci sta e serve, anzi, aiuta molto.
Come diceva quello "la prossima volta sbaglierai meglio".
 
Io ho una mia esperienza ed una mia opinione, abbastanza "robusta" anche.
Non sono mai stato scout ma ho conosciuto il mondo scout sin da bambino e mi ci sono confrontato e tutt'ora episodicamente ho a che fare con loro, proprio per qualche lezione di formazione che facciamo ai loro più anziani.
Gli scout sono un gruppo che educa ad una vita all'aria aperta (proponendo passeggiate e campi in tenda), allo spirito di adattamento, al volontariato, alla correttezza, all'altruismo ed allo spirito civico, il tutto in una cornice cristiana, almeno nel caso dell'Agesci, che è l'associazione scout assolutamente maggioritaria.
Nell'ambito di questo, mi hanno sempre detto, si spiega anche l'uso dei pantaloni corti in pieno inverno: si abituano i ragazzini a sopportare un po' di disagio, ad uscire dalle comodità della vita domestica.
Quella degli scout è quindi una bellissima attività educativa!
Molte persone si sono avvicinate alla montagna e ad una vita all'aria aperta grazie agli scout, ma...
Ma c'è un però, grande come una casa.
Non tutti, anche all'interno degli scout, hanno la stessa visione degli scopi sociale e capita spesso che la dimensione "outdoor e avventura" passi per uno dei focus e qui scattano quindi le trappole.
A dispetto del nome, che affonda le origini nel ruolo militare più avventuroso che ci sia, gli scout non sono un gruppo che forma mini-ranger, stile marine o US army, nè ha ed ha mai avuto le competenze per farlo.
Non ha nemmeno le competenze che sono presenti nei normali gruppi di alpinismo giovanile del CAI.
Però non di rado gli scout si lanciano in attività di questo tipo e con un convincimento nel ruolo non trascurabile, con conseguenti pasticci, molto spesso innocui e che solo raramente sfociano in incidenti veri e propri.
Però questo aspetto è quello che offre "carne" ai detrattori degli scout e che tende a renderli un po' ridicoli.
Onestamente, io sono cresciuto con papà e nonno che mi hanno sempre portato in montagna e poi nel CAI, inoltre ho sempre potuto fare lavoretti in campagna dai miei nonni, quindi quando mi confrontavo con i miei amichetti scout, mi accorgevo che loro "giocavano", mentre io "facevo". Le loro "avventure" per me erano banalità o quasi.
E quando te ne accorgi già da bambino, la cosa è seria.
Poi, passando all'alpinismo giovanile, la differenza diventa abissale.
Gli scout sono animati da grande passione ed vivon in un clima di amicizia e divertimento che è bellissimo, trasmette sicuramente entusiasmo; hanno molta voglia di fare e quindi sono anche tendenzialmente pieni di spirito di iniziativa.
Tuttavia, mediamente, non hanno esperienza di montagna e, quando ce l'hanno, si tratta di escursionismo estivo semplice.
Questa carenza di formazione a volte li porta a sbagliare, ma l'immagine di "persone che giocano all'avventura" rende un po' grotteschi gli incidenti che creano. In effetti, quella dei pantaloni corti fuori luogo è abbastanza comica, ma non isolata.
 
Mettiamola così,dopo 20 mesi che gli organi di informazione fanno il brutto e il cattivo tempo ancora ci si fida di loro?

Che poi si può dire di tutto e di più per carità...ma se si tratta di anviscare un flamm lo faccio volentieri.

Si può dire che una "divisa" in quanto tale che obbliga un certo tipo di abbigliamento apposta per stare "scomodi" a chi me la impone gli darei una "spolverata". Perchè comunque senza andare tanto distanti,anche solo i talebani del post precedente vestono in modo più consono all'ambiente che frequentano.

Ma ciò esula completamente dal discorso di fondo:il prevalere di troppi malati della sicurezza che obbiettivamente hanno proprio rotto gli stramaroni

-al giorno d'oggi se non guidi la moto con 10 mila euro di abbigliamento specifico
-se ti azzardi a mettere il piede su qualunque cosa diverso dall'asfalto o dal cemento guai se non hai le scarpe (ovviamente ramponabili) e che siano di quella tal marca nè.
-se vuoi farti una nuotata in mare mi raccomando anche lì un macello di sicurezze inutili.
-sempre il telefonino ,sempre connesso .

ma sono il solo a cui queste cose suonano quanto minimo irritanti?

Sono il solo che ha fatto almeno 5 stagioni di snowboard in 51 anni senza mai avere una giacca specifica da snowboard? Ma usando magari il chiodo con le frange o altra "robbaccia" di recupero?

Sono il solo che invece punterebbe il dito per esempio sul fatto che un rifugio fosse chiuso o magari sul fatto che le previsioni sono sempre apocalittiche e poi splende il sole? Perchè comunque secondo il meteo è sempre emergenza,è sempre cataclisma ....è sempre allerta....
Si l'allerta è che dopo aver buttato via diversi giri con la moto negli anni 90 per il "sempre diluvia,sempre fa brutto e sempre tuona" è meglio che certi meterologi stiano all'occhio perchè magari il giorno sbagliato per loro potrebbero anche piovere legnate.

Si,magari pure giocheranno all'avventura ma per tanto che giocano e per tanto che siano disastrosi sicuramente non stanno "in casa" a farsi folgorare il cervello dalla tivvù e dal tiggì.

Per tanto che io veda il cattolicesimo solo come combustibile nella stufa,che sia lunga vita agli scout di ogni ordine,grado e cultura.

Perchè comunque di gente che non fa un tubo e sta tutto il tempo alla tv,telefono e computer ne abbiamo le tasche piene
 
Forse è proprio questo il problema... che io sappia e spero sinceramente si sbagliarmi (mi baso sull'amicizia con alcuni capi scout) non è richiesta alcuna preparazione specifica, ne tantomeno certificazione ufficialmente riconosciuta, per diventare capo scout e quindi accompagnatore. Questo sia per ciò che concerne l'escursionismo/montagna, sia per ciò che concerne gli aspetti formativi, e di entrambe le cose, se così davvero fosse, mi sono sempre stupito.
E' proprio questo il problema!
E' un gruppo che dall'esterno viene visto come se fosse dedito a "corsi di sopravvivenza in natura" e un po' a questo ci credono anche gli scout stessi a volte, mentre purtroppo non hanno nessuna competenza in argomento, nè veri e propri cammini di formazione.
L'equivoco è quindi doppio, perchè da un lato investe l'immagine che gli scout hanno nella collettività, dall'altro investe del pari gli stessi scout al loro interno, portandoli a pensare di avere le competenze per fare!
 
Un pò si e un pò no.
Poi mi piacerebbe che intervenissero utenti che sono Capi in servizio, per dare un contributo più attuale, se questo è il perno della discussione. Senza considerare che il progetto Educativo che viene preso dai Regolamenti associativi può poi essere diverso da associazione ad associazione.
Io posso parlare solo per l'AGESCI e parzialmente per il CNGEI, avendo anche lì molti amici e avendo collaborato in diverse attività.
Un pò sì perchè perchè è corretto dire che se "scout" è il nome (che per inciso nel 1975 per l'AGESCI è stato trasfomato/italianizzato in "Esploratore") non ha niente a che fare con il tab Ranger o Scout che viene rilasciato al termine di appositi corsi, soprattutto in ambiente militare.
E' fuorviante partire dal nome per cercare un "nomen omen", e quindi oggi puntualizzare che tali caratteristiche di capacità e perizia in certi argomenti nei ragazzi non ci sono. BP copiò il nome dai suoi scout quando era nel Trasvaal per conto dell'esercito britannico, e tale deve rimanere in ossequio e rispetto alla tradizione.
Un pò no, oltre che per quello che ho già detto, per cui è anche vero che mai Baden Powell ha voluto puntare sulla sopravvivenza in senso stretto nel suo programma educativo, espresso nel libro Scoutismo per ragazzi, che invito tutti a leggere, dove si chiarisce molto bene che si parte dalla semplice vita all'aria aperta per trarne utili insegnamenti atti a trasformare un ragazzo in bravo cittadino.
Non esperto di sopravvivenza o soldato di ventura.
Semmai i punti focali dello scoutismo mondiale (per l'età dagli 11 ai 16 anni) oggi sono il trapperismo e camperismo, come nel libro del buon Mercanti, e la parola d'ordine è AVVENTURA..
E' vero che possiamo affidarci ad uno scout perchè sappiamo che può meritare fiducia, per la sua formazione ed il suo percorso, però non possiamo pretendere che sia un soggetto addestrato e competente in tutto. Sappiamo solo che in ogni cosa che farà ci metterà sempre il "proprio meglio" e cercherà di lasciare il mondo "migliore di come lo ha trovato", con le proprie competenze e le proprie capacità.
Questo è il principio educativo degli scout, il resto - purtroppo - è frutto di luoghi comuni dettati dall'ignoranza (nel senso di non conoscere il mondo scout).
Vi devo dire una cosa, in termini di spirito scout e di formazione, e di quanto sia impressionante quello che rimane dopo essere stato scout.
Ho viaggiato (e tutt'ora viaggio) molto e con gruppi, dovunque nel mondo: quando arrivo all'areoporto e incontro i miei nuovi compagni di viaggio, se ci sono ex scout sono molto pù rilassato e consapevole che avrò un aiuto in più, per qualunque cosa, anche solo morale, per effetto dello "spirito di corpo" che ci segue anche dopo aver terminato il cammino. E questo regolarmente succede.
E' una cosa che non ho mai trovato da nessuna altra parte, sodalizio o associazione che sia.
 
Condivido sherpa, avendo viaggiato abbastanza, anche in gruppo... se trovi qualche ex scout sai che almeno se la sa cavare e non devi sempre avere un occhio addosso per vedere se ti segue.
Trovi invece gente (sto volutamente facendo di tutta l'erba un fascio, non tutti sono così) che nel mercato più affollato del guatemala girano con il marsupio aperto e poi si lamentano che gli hanno rubato il portafoglio, o quello che va a fare le foto con il flash di notte davanti al bufalo, quello che non ha mai accesso un fuoco in vita sua e da fuoco a kilometri di bush. Insomma ne vedi di tutti i colori.
 
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