Recensione "Malastagione", di Guccini e Macchiavelli

Da qualche tempo Francesco Guccini (già, il cantautore...) e Loriano Macchiavelli (giallista) scrivono libri a 4 mani, ambientati sull'Appennino tosco-emiliano.

"Malastagione" è l'ultima fatica dei due autori. Si tratta di un giallo ben scritto e ben congegnato, in cui la storia offre l'occasione per riflettere su temi che vanno ben oltre il mistero che viene raccontato: l'abbandono dell'Appennino, la gestione della flora e della fauna selvatica che stanno riconquistando spazi prima (diversamente o maggiormente) antropizzati, gli appetiti speculativi che proliferano proprio nella ferita aperta dall'abbandono, gli stili di vita che si perdono, quelli sempre più dominanti (anche in montagna), altri nuovi (o presunti tali) che vorrebbero affermarsi...

E, in tutto questo, la disarmante semplicità della giustizia e della correttezza, che non sono né vecchie, né nuove, ma sempre uguali, in tutte le epoche e a tutte le latitudini, se le si guarda senza ipocrisia.

Protagonista di questo romanzo è un giovane ispettore della forestale. Eroe in senso tradizionale, che incarna i sentimenti di giustizia e di correttezza di cui sopra.

Insomma, un bel libro. Non un libro di montagna, certo, ma un libro in montagna. E l'ambientazione non è casuale. Perché certe questioni - latu sensu: sociali - risaltano meglio sullo sfondo delle montagne italiane, in specie dell'Appennino. Come uno specchio che riflette e amplifica il cattivo (tanto) e il buono (che stenta) di questa "malastagione" un po' globale, molto italiana.
 
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