Dati
Data: 11/03/2015
Regione e provincia:Marche (AP)
Località di partenza: Falciano
Località di arrivo: Falciano
Tempo di percorrenza: 10 h
Chilometri: 18
Grado di difficoltà: EE
Descrizione delle difficoltà: nel mio caso neve marcia, altrimenti direi nessuna (alcuni tratti un po esposti)
Periodo consigliato: tutto l'anno, con il disgelo il fondo può essere molto bagnato
Segnaletica: buona
Dislivello in salita: 630
Dislivello in discesa: 630
Quota massima: 870
Accesso stradale: dalla Salaria (SS 4) uscire a Ponte d'Arli o paggese e prendere per Tallacano
Descrizione
PRESENTAZIONE:
Quello che io chiamo “Parchetto del Ceresa” e che ha già ospitato parecchie mie escursioni e trekking regalandomi tantissimi bei momenti, è una zona boscosa di circa 120 kmq racchiusa dal fiume Tronto e dal torrente Fluvione e confinante con i parchi nazionali dei monti Sibillini e della Laga.
L'altezza massima del territorio sono i poco altisonanti 1494 mt del monte Ceresa, ma le formazioni di arenaria che lo compongono, che assumono l'aspetto megalitici gradoni intervallati da cenge sorprendentemente orizzontali, lo fanno apparire come un susseguirsi di piramidi egizie naturali davvero magnifiche allo sguardo.
L'ambiente, soprattutto nel versante meridionale, è selvaggio e severo composto da strette valli e ripidi versanti con continui salti di roccia che riportano alla mente scene delle più note storie di avventura.
Infine il panorama che viene offerto non è da meno: dai Sibillini all'Adriatico, dai monti Gemelli al Gran Sasso ai monti della Laga.
PROLOGO:
Come dicevo, già molte volte sono venuto a visitare questa zona ma non mi ero mai soffermato ad osservarne gli abitati (o forse è meglio “diversamente abitati”), anzi cercavo proprio di evitarli.
Questa volta invece ho deciso di fare un'escursione indirizzata proprio alla scoperta di questi posti “morenti”, così ho individuato un percorso ad anello che dal ponte sul fosso di Piandelloro risale a Piandelloro tramite il sentiero 425. Da qui mi porta verso Rocchetta seguendo il sentiero 401 continuando poi verso Agore. Quindi, seguendo il 402, scende a Poggio Rocchetta e prosegue verso Tallacano da dove, imboccando il 429, mi conduce verso Colle per poi scendere sull'asfalto e percorrere l'ultimo km che mi riporterà alla macchina. 6 villaggi di cui uno,il più affascinante, completamente abbandonato (anche se, e bisogna ancora vedere se sarà o meno un bene, pare stia venendo interamente acquistato da un imprenditore locale) e due che sono serviti solo da strada sterrrate. Ma tutti affascinanti soprattutto per lo stile rupestre di costruire le case appoggiate alle pareti rocciose in modo da sfruttarne una o più pareti e una parte o la totalità del tetto.
Ma andiamo alla gita..
RELAZIONE:
Lascio la macchina poco dopo il bivio per Vallefusella all'altezza del fosso Acquaviva e m'incammino lungo la carrareccia che risale il fosso. Non faccio che pochi metri che un cartello mi invita ad imboccare un sentiero che mi impone un guado piuttosto impegnativo (il disgelo è cominciato). Successivamente la via è affascinante lungo il tortuoso sentiero di arenaria e mi imbatto quasi subito in un bell'esempio delle curiose formazioni rocciose che contraddistinguono il territorio.
Dopo un'oretta di cammino trovo la tanto agognata neve che, ironicamente, quest'oggi sarà la mia tortura: completamente “acquosa”, “collosa” e pesante, ogni volta che devo alzare la ciaspola per fare un passo è come se lanciassi una badilata di neve in avanti. Sembra di farsi strada nel fango e questo mi affaticherà e rallenterà, quindi mi impedirà di visitare i borghi con la cura che vorrei.
Dedico una piccola deviazione ad una cascata prorompente che davvero merita:
L'ambiente offre continuamente scenari spettacolari e alla fine arrivo a Piandelloro dove incontro un “vecchio” (termine non dispregiativo, è che “signore anziano” mi dà più l'idea di una persona di città: in montagna “vecchio” alle mie orecchie assume un significato di tutto rispetto) intento a stendere alcune lenzuola rosa; vorrei fargli una foto tanto mi appare particolare quell'immagine ma non vorrei sembrare troppo invadente. Subito mi riprende per il fatto che vado in montagna da solo e mi racconta dei lupi che gli hanno mangiato tre capre.
Il paese non appare molto antico ed in effetti non si tratta del vero Piandelloro che era composto da una sorta di “casegrotta” che fu fatto evacuare nel XIX secolo per motivi di sicurezza e che penso sia ancora visitabile tramite una piccola deviazione che però non ho fatto.
proseguo per Rocchetta, principale attrazione del percorso, tramite un bel sentiero panoramico e piuttosto pianeggiante che, nonostante la neve, mi ci condurrà piuttosto in fretta.
Rocchetta è qualcosa di veramente particolare: nominata già in documenti del 1255, il motivo del nome si intuisce immediatamente vedendo quelle costruzioni “arroccate” e aggrappate alla roccia costruite appoggiando massi di arenaria a pareti naturali di arenaria … in pratica si può dire che tutto il paese non sia altro che un grande un castello di sabbia. A vederlo assomiglia più agli insediamenti degli Anasazi che ad nucleo dell'Appennino.
E' triste pensare che ogni inverno che passa si porti via un pezzo di Rocchetta. Mi è stato confermato da un altro “vecchio” che incontrerò più avanti, che un imprenditore locale la stia acquistando, non ho capito se sia per restaurarla o per ristrutturarla e neanche per quale scopo (mi pare di aver capito che sarà una specie di “resort”, i lavori quasi terminati su una casa non danno un'impressione molto incoraggiante) … fosse per me la farei mettere in sicurezza per evitare che si logori ulteriormente e la lascerei così com'è ma non penso sia nelle intenzioni dell'acquirente, spero solo che il risultato le renda giustizia.
Purtroppo a causa della neve non ho potuto visitare approfonditamente il paese ma conto di tornarci quest'estate.
Ormai è l'una e il giro è ancora lungo, valuto l'idea di ripiegare per la brecciata che mi condurrebbe direttamente a Colle: ciaspolare con questa neve, nonostante l'intero percorso non sia su pendenze impegnative, è sconfortante; ma alla fine scelgo di proseguire anche se le visite saranno ridotte al minimo.
M'incammino verso Agore che vedo davanti a me assorbita da una suggestiva composizione di strati arenaria e neve che mi fanno pensare al gusto stracciatella. La via è la comoda carrareccia che arriva da Colle.
Agore che come Rocchetta gode di una vista magnifica e appare subito piuttosto “viva” benché non vi incontrerò nessuno e sia di fatto ancor più isolata di Rocchetta: le case appaiono ben tenute e più recenti di quelle di Piandelloro nonostante resti ben visibile il suo passato pluri centenario, segno che probabilmente è una frazione abbastanza frequentata durante l'estate da villeggian ti in cerca di pace e Natura. Meriterebbe una visita più accurata ma, come ho già detto, il tempo stringe e mi dirigo verso Poggio Rocchetta.
La via per Poggio Rocchetta è un'intricata “scalinata” di arenaria che si ricava il suo spazio attraverso suggestivi salti di roccia, nonostante ci sia ancora neve scelgo di togliere la ciaspole perché il fondo irregolare non mi permette una buona stabilità, fortunatamente la neve si congeda quasi subito.
Anche Poggio Rocchetta appare ben conservata e anche piuttosto frequentata a vedere le numerose orme umane sulla neve e le tracce di pneumatici sulla brecciata che la unisce a Tallacano. La frazione è piacevole, intonata con l'ambiente (assomiglia in effetti ad una piccola Rocchetta) ma l'attrazione principale sarebbe la vicina grotta del Petrienno dove pare vi si siano rifugiati alcuni soldati americani durante la guerra che però, a causa del poco tempo scarseggiante e della cascata che la nasconde (attiva anche in estate, per cui oggi sarà assolutamente impraticabile) scelgo di rinunciarvi rimandando alla prossima visita già in programma.
La via per Tallacano è comoda e forse sarebbe un po noiosa se non fosse per i bei panorami sul percorso appena percorso sulle frazioni appena visitate.
Tallacano sembra una città in confronto ai paesi incontrati finora: è sensibilmente più grande, è servita da una ben tenuta strada asfaltata e c'è addirittura una macchina parcheggiata. Comunque resta un abitato (per modo di dire perché non vi ho incontrato anima viva a parte i cani da caccia nei loro recinti sopraelevati) davvero suggestivo e intricato e addossato alle rocce che sembra cerchi di non precipitare nell'omonimo fosso. Faccio un breve giro ma gli stillicidi continui che scendono dai tetti proprio sugli obbligati passaggi tra la neve mi fanno desistere, peccato perché appare piuttosto contorta e interessante ma è tutto solo rimandato a qualche mese.
A questo punto dovrei dirigermi a Colle attraverso un bel sentiero che percorre quei bei gradoni di arenaria, ma sono stanco e non ho più voglia di neve. Mi lascio tentare dalla strada asfaltata che è un pochino più lunga ma è pulita e regolare e soprattutto posso anche sperare in un passaggio fortuito. Ad ogni modo, questo ultimo tracciato poco avventuroso, mi permette di godere di una bella vista sul percorso che ho evitato.
Arrivato dopo un'ora nei pressi di Colle, dove sarei dovuto sbucare seguendo il sentiero, senza che abbia incontrato nessun mezzo motorizzato, finalmente incrocio un “vecchio” che mi carica e mi risparmia l'ultimo km, sarà lui a dirmi dei progetti per Rocchetta.
Alle 17 passate, dopo oltre 10 ore, sono di nuovo al punto di partenza, la mia soddisfazione per questo anello che, come ho già anticipato, riserva ancora diverse sorprese che spero di svelare a breve, penso che si avverta da questa “sintetica” relazione.
Data: 11/03/2015
Regione e provincia:Marche (AP)
Località di partenza: Falciano
Località di arrivo: Falciano
Tempo di percorrenza: 10 h
Chilometri: 18
Grado di difficoltà: EE
Descrizione delle difficoltà: nel mio caso neve marcia, altrimenti direi nessuna (alcuni tratti un po esposti)
Periodo consigliato: tutto l'anno, con il disgelo il fondo può essere molto bagnato
Segnaletica: buona
Dislivello in salita: 630
Dislivello in discesa: 630
Quota massima: 870
Accesso stradale: dalla Salaria (SS 4) uscire a Ponte d'Arli o paggese e prendere per Tallacano
Descrizione
PRESENTAZIONE:
Quello che io chiamo “Parchetto del Ceresa” e che ha già ospitato parecchie mie escursioni e trekking regalandomi tantissimi bei momenti, è una zona boscosa di circa 120 kmq racchiusa dal fiume Tronto e dal torrente Fluvione e confinante con i parchi nazionali dei monti Sibillini e della Laga.
L'altezza massima del territorio sono i poco altisonanti 1494 mt del monte Ceresa, ma le formazioni di arenaria che lo compongono, che assumono l'aspetto megalitici gradoni intervallati da cenge sorprendentemente orizzontali, lo fanno apparire come un susseguirsi di piramidi egizie naturali davvero magnifiche allo sguardo.
L'ambiente, soprattutto nel versante meridionale, è selvaggio e severo composto da strette valli e ripidi versanti con continui salti di roccia che riportano alla mente scene delle più note storie di avventura.
Infine il panorama che viene offerto non è da meno: dai Sibillini all'Adriatico, dai monti Gemelli al Gran Sasso ai monti della Laga.
PROLOGO:
Come dicevo, già molte volte sono venuto a visitare questa zona ma non mi ero mai soffermato ad osservarne gli abitati (o forse è meglio “diversamente abitati”), anzi cercavo proprio di evitarli.
Questa volta invece ho deciso di fare un'escursione indirizzata proprio alla scoperta di questi posti “morenti”, così ho individuato un percorso ad anello che dal ponte sul fosso di Piandelloro risale a Piandelloro tramite il sentiero 425. Da qui mi porta verso Rocchetta seguendo il sentiero 401 continuando poi verso Agore. Quindi, seguendo il 402, scende a Poggio Rocchetta e prosegue verso Tallacano da dove, imboccando il 429, mi conduce verso Colle per poi scendere sull'asfalto e percorrere l'ultimo km che mi riporterà alla macchina. 6 villaggi di cui uno,il più affascinante, completamente abbandonato (anche se, e bisogna ancora vedere se sarà o meno un bene, pare stia venendo interamente acquistato da un imprenditore locale) e due che sono serviti solo da strada sterrrate. Ma tutti affascinanti soprattutto per lo stile rupestre di costruire le case appoggiate alle pareti rocciose in modo da sfruttarne una o più pareti e una parte o la totalità del tetto.
Ma andiamo alla gita..
RELAZIONE:
Lascio la macchina poco dopo il bivio per Vallefusella all'altezza del fosso Acquaviva e m'incammino lungo la carrareccia che risale il fosso. Non faccio che pochi metri che un cartello mi invita ad imboccare un sentiero che mi impone un guado piuttosto impegnativo (il disgelo è cominciato). Successivamente la via è affascinante lungo il tortuoso sentiero di arenaria e mi imbatto quasi subito in un bell'esempio delle curiose formazioni rocciose che contraddistinguono il territorio.
Dopo un'oretta di cammino trovo la tanto agognata neve che, ironicamente, quest'oggi sarà la mia tortura: completamente “acquosa”, “collosa” e pesante, ogni volta che devo alzare la ciaspola per fare un passo è come se lanciassi una badilata di neve in avanti. Sembra di farsi strada nel fango e questo mi affaticherà e rallenterà, quindi mi impedirà di visitare i borghi con la cura che vorrei.
Dedico una piccola deviazione ad una cascata prorompente che davvero merita:
L'ambiente offre continuamente scenari spettacolari e alla fine arrivo a Piandelloro dove incontro un “vecchio” (termine non dispregiativo, è che “signore anziano” mi dà più l'idea di una persona di città: in montagna “vecchio” alle mie orecchie assume un significato di tutto rispetto) intento a stendere alcune lenzuola rosa; vorrei fargli una foto tanto mi appare particolare quell'immagine ma non vorrei sembrare troppo invadente. Subito mi riprende per il fatto che vado in montagna da solo e mi racconta dei lupi che gli hanno mangiato tre capre.
Il paese non appare molto antico ed in effetti non si tratta del vero Piandelloro che era composto da una sorta di “casegrotta” che fu fatto evacuare nel XIX secolo per motivi di sicurezza e che penso sia ancora visitabile tramite una piccola deviazione che però non ho fatto.
proseguo per Rocchetta, principale attrazione del percorso, tramite un bel sentiero panoramico e piuttosto pianeggiante che, nonostante la neve, mi ci condurrà piuttosto in fretta.
Rocchetta è qualcosa di veramente particolare: nominata già in documenti del 1255, il motivo del nome si intuisce immediatamente vedendo quelle costruzioni “arroccate” e aggrappate alla roccia costruite appoggiando massi di arenaria a pareti naturali di arenaria … in pratica si può dire che tutto il paese non sia altro che un grande un castello di sabbia. A vederlo assomiglia più agli insediamenti degli Anasazi che ad nucleo dell'Appennino.
E' triste pensare che ogni inverno che passa si porti via un pezzo di Rocchetta. Mi è stato confermato da un altro “vecchio” che incontrerò più avanti, che un imprenditore locale la stia acquistando, non ho capito se sia per restaurarla o per ristrutturarla e neanche per quale scopo (mi pare di aver capito che sarà una specie di “resort”, i lavori quasi terminati su una casa non danno un'impressione molto incoraggiante) … fosse per me la farei mettere in sicurezza per evitare che si logori ulteriormente e la lascerei così com'è ma non penso sia nelle intenzioni dell'acquirente, spero solo che il risultato le renda giustizia.
Purtroppo a causa della neve non ho potuto visitare approfonditamente il paese ma conto di tornarci quest'estate.
Ormai è l'una e il giro è ancora lungo, valuto l'idea di ripiegare per la brecciata che mi condurrebbe direttamente a Colle: ciaspolare con questa neve, nonostante l'intero percorso non sia su pendenze impegnative, è sconfortante; ma alla fine scelgo di proseguire anche se le visite saranno ridotte al minimo.
M'incammino verso Agore che vedo davanti a me assorbita da una suggestiva composizione di strati arenaria e neve che mi fanno pensare al gusto stracciatella. La via è la comoda carrareccia che arriva da Colle.
Agore che come Rocchetta gode di una vista magnifica e appare subito piuttosto “viva” benché non vi incontrerò nessuno e sia di fatto ancor più isolata di Rocchetta: le case appaiono ben tenute e più recenti di quelle di Piandelloro nonostante resti ben visibile il suo passato pluri centenario, segno che probabilmente è una frazione abbastanza frequentata durante l'estate da villeggian ti in cerca di pace e Natura. Meriterebbe una visita più accurata ma, come ho già detto, il tempo stringe e mi dirigo verso Poggio Rocchetta.
La via per Poggio Rocchetta è un'intricata “scalinata” di arenaria che si ricava il suo spazio attraverso suggestivi salti di roccia, nonostante ci sia ancora neve scelgo di togliere la ciaspole perché il fondo irregolare non mi permette una buona stabilità, fortunatamente la neve si congeda quasi subito.
Anche Poggio Rocchetta appare ben conservata e anche piuttosto frequentata a vedere le numerose orme umane sulla neve e le tracce di pneumatici sulla brecciata che la unisce a Tallacano. La frazione è piacevole, intonata con l'ambiente (assomiglia in effetti ad una piccola Rocchetta) ma l'attrazione principale sarebbe la vicina grotta del Petrienno dove pare vi si siano rifugiati alcuni soldati americani durante la guerra che però, a causa del poco tempo scarseggiante e della cascata che la nasconde (attiva anche in estate, per cui oggi sarà assolutamente impraticabile) scelgo di rinunciarvi rimandando alla prossima visita già in programma.
La via per Tallacano è comoda e forse sarebbe un po noiosa se non fosse per i bei panorami sul percorso appena percorso sulle frazioni appena visitate.
Tallacano sembra una città in confronto ai paesi incontrati finora: è sensibilmente più grande, è servita da una ben tenuta strada asfaltata e c'è addirittura una macchina parcheggiata. Comunque resta un abitato (per modo di dire perché non vi ho incontrato anima viva a parte i cani da caccia nei loro recinti sopraelevati) davvero suggestivo e intricato e addossato alle rocce che sembra cerchi di non precipitare nell'omonimo fosso. Faccio un breve giro ma gli stillicidi continui che scendono dai tetti proprio sugli obbligati passaggi tra la neve mi fanno desistere, peccato perché appare piuttosto contorta e interessante ma è tutto solo rimandato a qualche mese.
A questo punto dovrei dirigermi a Colle attraverso un bel sentiero che percorre quei bei gradoni di arenaria, ma sono stanco e non ho più voglia di neve. Mi lascio tentare dalla strada asfaltata che è un pochino più lunga ma è pulita e regolare e soprattutto posso anche sperare in un passaggio fortuito. Ad ogni modo, questo ultimo tracciato poco avventuroso, mi permette di godere di una bella vista sul percorso che ho evitato.
Arrivato dopo un'ora nei pressi di Colle, dove sarei dovuto sbucare seguendo il sentiero, senza che abbia incontrato nessun mezzo motorizzato, finalmente incrocio un “vecchio” che mi carica e mi risparmia l'ultimo km, sarà lui a dirmi dei progetti per Rocchetta.
Alle 17 passate, dopo oltre 10 ore, sono di nuovo al punto di partenza, la mia soddisfazione per questo anello che, come ho già anticipato, riserva ancora diverse sorprese che spero di svelare a breve, penso che si avverta da questa “sintetica” relazione.