'Vivere' nella natura

Vorrei fare riferimento ad una discussione molto seguita:
http://www.avventurosamente.it/vb/129-vivere-natura/9063-vivere-ritrovarsi.html

Ciò che emerge dalla lettura di questa discussione mi lascia un pò perplesso.
Pur non volendo mettere in discussione la spontaneità e la buona fede di molte delle risposte e dello stesso diario di Mystic non posso fare a meno di domandarmi per quale motivo non è la prima volta che una esperienza di contatto con la natura viene vissuta e raccontata come una sfida contro qualcosa, una battaglia contro se stessi o le proprie paure? Questo mi è capitato di sentirlo tante volte, come reazione di tante persone, quando racconto le mie avventure. Le montagne, i boschi o qualsiasi altro posto dove ci è possibile immergerci nella meraviglia dei luoghi naturali, dovrebbero elevarci e spogliarci di tutte quelle sovrastrutture a cui normalmente ci appigliamo nella quotidianità. Vi parlo assolutamente da cittadino, innamorato però del senso di purezza e libertà che la natura mi infonde. E mi meraviglia tantissimo continuare a sentire persone che "affrontano" la natura. Di quale ostilità parliamo? In quali altri posti ci è dato di sentirci più liberi? In quale altro posto possiamo sentirci più essenziali? Io vorrei fondare un movimento di persone che ribaltino il comune sentire perchè non c'è niente da combattere durante un trekking o una qualsiasi altra attività all'aria aperta, al contrario c'è da liberarsi dalle nostre rumorose battaglie e cominciare a sentire la pace del calore che il fuoco della curiosità e la meraviglia della scoperta possono infondere nei nostri divertiti spiriti. E' forse per questo che sento di amare tanto l'avventura, perchè mi diverto a ritrovarmi nelle sensazioni di stupore e gioia che provo camminando, nuotando, arrampicando, andando in bici, pagaiando o qualsiasi altra cosa mi venga voglia di fare. Io vorrei capire se davvero queste sono le sensazioni solamente di una minoranza delle tante persone che nonostante tutto sudano e sbuffano ogni volta che gli è possibile, magari solo per godersi la vista dalla cima di una montagna.
So benissimo che c'è anche altro, che non bisogna improvvisare nè prendere sotto gamba nessuna delle esperienze che ci accingiamo ad intraprendere, nè tantomeno voglio giudicare nessuno, ma il mio discorso vorrei focalizzarlo sullo stato d'animo che regola il nostro "vivere nella natura". E' davvero così faticoso e così poco divertente?
 
U

Utente 3704

Guest
Ciao, sono il primo a rispondere perchè in un certo senso sono il diretto interessato.
Vorrei senza giri di inutili parole spiegarti il perchè la gente vive la natura in questo modo conflittuale...semplicemente perchè NON siamo più abituati al contatto con essa!!! E per quanto ci sforziamo o vogliamo fare NON apparteniamo più alla natura...
Sono belle le idee di vivere a in Natura e chi ne ha più ne metta. Ma siamo sicuri di ricordarci quali sacrifici richieda all'uomo moderno fare una vita del genere?
 
Veramente io per quanto mi sforzi continuo ad appartenere alla natura, ad essere legato ai tempi di potatura, semina, raccolta, lavorazione della terra, ti assicuro molto legato e pur facendo dei lavori in ufficio e sul computer, mi sento molto più legato alla terra che alla scrivania, con tutto il sacrificio che essa comporta. Però anche io le prime volte sono andato da solo in bosco per sfida, per ritrovarmi o trovarmi almeno, poi sempre di più come dice Maurizio, ci sono andato solo per pensare e sentirmi al sicuro, per perdermici e mi ci trovo o perdo, benissimo, è che poi devo andare a raccogliere il fieno o sistemare la serra. che vuoi fare? non sono un cacciatore devo coltivare.
 
vedo un the blair witch project a 13 anni -> mi fa paura -> questa paura resta nel mio subconscio in silenzio finchè 10 anni dopo mi innamoro della montagna ed essa mi porta in un contesto che mi ricorda the blair witch project -> ho paura.
ecco come, stupidamente, può nascere una paura.
questa paura è veramente ben poco giustificata, viene quasi sempre (come molte paure) dall'ignoranza; ma è reale. per superarla, va affrontata e in prima persona. per questo si è detto in quel topic "vado in natura e affronto le mie paure" (nota bene, il soggetto è le mie paure, non la natura: non è la stessa cosa).
non credo ci sia niente di male nell'andare in natura e affrontare le nostra paure: le affrontiamo proprio perchè riteniamo sia giusto superarle. ma in tutto ciò non c'è antagonismo nei confronti della natura, sono un confronto con essa per (cito mystic) ritrovarsi..
 
Comunque non sono sicuro che la connessione che qualcuno fa fra "essere umano inserito nella natura" e "non paura" sia giusta.
Guardiamo gli animali, vivono in mezzo alla natura e hanno sempre paura, tanto che scappano al primo rumore
Guardiamo all'uomo primitivo, che doveva lottare quotidianamente per nutrirsi con bestie più grandi di lui.
Paradossalmente, a me sembra che è solo l'uomo moderno che sa che non c'è bisogno di avere paura nella natura (almeno quella nostra, italica), perché tanto le bestie feroci non ci sono più (o si tengono ben alla larga dagli uomini) e qualunque cosa succeda abbiamo cellulari per chiamare i soccorsi, oppure possiamo semplicemente andare al paese più vicino che non è mai a più di poche ore di distanza.
Poi, certo, c'è l'eccesso dall'altro lato, e allora è chiaro che chi è nato e cresciuto in città possa aver paura quando mette piede nella natura.
 
Premettendo che amo la natura e che vi sono strettamente legato ed immerso, abitando in collina e andando spesso in montagna :)
Ho fatto camminate corte e lunghe, sentieri e direzioni casuali e semiarrampicate quando la destinazione che mi ero prefissato era oltre un costone.. E non ho mai temuto la natura in sè.
Tuttavia ci sono casi in cui alcuni animali non gradiscono la tua presenza e allora conviene cambiare direzione o riuscire a convincere loro ad andare da un'altra parte...
Quando incontri un serpente, soprattutto se è una vipera, sul sentiero è meglio che devi la tua rotta...
Quando una volpe ti segue lungo la tua camminata, mantenendosi a un paio di metri, devi fare attenzione a non finire in pieno nella sua tana perchè se prima ha paura di te, dopo potrebbe cercare di attaccarti e morderti.
Quando in piena notte mentre stai dormendo in tenda, con altre tende vicino, dopo che sei stato nel posto dal pomeriggio con fuoco, rumore, ecc, senti dei cinghiali alquanto disturbati dalla tua presenza e anche se esci e fai rumore, continuano a cercare di passare dove sei accampato, puoi solo cercare di farli cambiare direzione perchè se infine ti vengono vicino rischi grosso...e finiresti col doverti arrampicare sull'albero e starci tutta la notte come il cacciatore della zona che non è riuscito a stenderne uno al primo colpo.

E, infine, quando la reina (capa mandria delle mucche) decide che il ragazzo che passa al bordo del prato è un intruso e comincia a caricarti, con le altre al seguito...ti muovi in fretta verso qualcosa che le blocchi, tipo la pietraia poco più in là...e poi fai un giro molto largo.

E tutto questo m'è successo davvero!
E continuo ad andare in montagna senza paura perchè basta sapere che determinati animali sono da evitare, così come alcuni comportamenti, così come alcune piante e fare quel po' di attenzione che serve :)

La natura non bisogna temerla, bisogna conoscerla ;)
 
Per chiarezza, con 'vivere nella natura' intendo vivere una esperienza nella natura, non so, magari tramite una qualunque attività sportiva, ad esempio, la più immediata, il trekking.
Non mi scandalizza che si possa provare paura, la paura è un sentimento sano, ti permette, in poche parole, di tornare a casa, ma quello che vorrei capire è :
davvero mi sveglio presto il sabato mattina, prendo scarponi, sacco a pelo e zaino pieno di roba, mi faccio due ore di macchina poi poggio un piede avanti l'altro per ore e sudo come una bestia e alla fine piazzo la tenda, solo per ritrovarmi nell'oscurità a sgranare gli occhi e calmare il batticuore per cercare di capire quale mostro mi divorerà?
Perchè si sente sempre parlare di sfida e mai si cerca di approcciare quella natura cercando una comunione, che alla fine sarebbe invece la cosa più semplice? Se sentiamo l'impulso ad inoltrarci tra le sue braccia, ne siamo davvero così estranei? E' davvero così difficile lasciarsi accogliere dalla sua armonia?
Non ho poi ben capito cosa c'entra il confronto con la natura con le nostre paure, per recondite che siano.
Se parliamo di solitudine, che normalmente e comprensibilmente può acuire i contrasti interiori, al limite io mi sento molto più solo aspettando la metro in mezzo alla gente nell'ora di punta piuttosto che stando seduto su uno sperone che domina una vallata.
Gli animali feroci? mi sono trovato davanti a orsi, serpenti e coccodrilli ma, tolta la normale precauzione del caso, ne ho solo goduto per il privilegio dell'incontro.
Affrontare territori ostili, pericoli? La componente pericolosa fa parte del gioco, basta porre attenzione a ciò che si fa e usare la testa.
La faccio troppo semplice? Non lo so, posso dire però di parlare esclusivamente per esperienza e questo mi conforta.
Sono d'accorodo con Dragoonflame e con il suo discorso sulla conoscenza, d'altronde parliamo del buon senso che non dovremmo mai lasciare a casa, non sono d'accordo invece con Mystic quando paventa gli enormi sacrifici che secondo lui l'uomo moderno dovrebbe patire per vivere la natura. E il divertimento dove lo lasciamo? Ci piace fare quello che facciamo?
:D
 
Sara' perche' ci sono nato e vissuto ma la natura non riesce a
farmi paura. In compenso mi trovo a disagio in una grande citta'
Provo le stesse senzazioni che qualcuno di voi descrive quando
va a dormire da solo in montagna.
 
U

Utente 3704

Guest
La mia famiglia è di origine campagnola (lomellina). Nonchè dalla parte di mio padre delle colline (oltrepò pavese). Da diverse generazioni ormai. Io sono il più cittadino.
Vengo considerato "diverso" dalla mia famiglia perchè sono il più urbano. A fatica apprezzano quando vado a dormire in tenda o in mezzo ai monti. Mi dicono sempre che "non sono più i tempi", che noi facciamo quello che i nostri vecchi hanno fatto di tutto per non fare...
Dicono che la vita cambia e bisogna sapersi addattare. Se pur la saggezza popolare mi affascina NON do ragione a quello che dicono. Nella natura c'è quello che ci può servire per rimanere o tornare più puri, per apprezzare alcune cosa che ormai gli "urbani" non sentono e non capiscono. Ma mi ricordo una frase del Taoismo che dice: "Solo chi è pronto a maturare può continuare. Solo chi sa Evolversi".
Come ho scritto più di una volta, quando ero solo in mezzo ai boschi e alla natura leggevo. Questo libro mi ha segnato molto.
C'è sempre da imparare.

Comunque mi sono sempre sentito in armonia con la natura, a volte un pò meno con me stesso, ma per altrri motivi. La Natura non mi faceva paura ma richiede rispetto. Sempre. Siamo solo ospiti di passaggio.
 
> Nella natura c'è quello che ci può servire per rimanere o tornare più puri, per apprezzare alcune cosa che ormai gli "urbani" non sentono e non capiscono. Ma mi ricordo una frase del Taoismo che dice: "Solo chi è pronto a maturare può continuare. Solo chi sa Evolversi". <

condivido questo pensiero ma sono altresi convinto che non bisogna necessariamente passare attraverso la difficoltà o la sofferenza per evolvere e continuare, o no? :D
Per Piervi :si:
io, per dire, ho paurissima del dentista, ieri ci sono stato e lui si che mi ha sderenato per davvero! :(
 
U

Utente 3704

Guest
Quando sono stato in mezzo ai boschi ho pensato anche questo. Cosa succederebbe se dovessi estrarre un dente marcio e sono da solo in mezzo al nulla tipo castway? Che cavolo si fa in natura?
Il dentista mi terrorizza.
 
(almeno quella nostra, italica), perché tanto le bestie feroci non ci sono più (o si tengono ben alla larga dagli uomini)

davvero mi sveglio presto il sabato mattina, prendo scarponi, sacco a pelo e zaino pieno di roba, mi faccio due ore di macchina poi poggio un piede avanti l'altro per ore e sudo come una bestia e alla fine piazzo la tenda, solo per ritrovarmi nell'oscurità a sgranare gli occhi e calmare il batticuore per cercare di capire quale mostro mi divorerà?

Perchè si sente sempre parlare di sfida e mai si cerca di approcciare quella natura cercando una comunione,


Affrontare territori ostili, pericoli? La componente pericolosa fa parte del gioco, basta porre attenzione a ciò che si fa e usare la testa. La faccio troppo semplice? Non lo so, posso dire però di parlare esclusivamente per esperienza e questo mi conforta.

Mi piacciono i passaggi che ho quotato,riassumono un po' l'identita' del trekker e di chi dovrebbe approcciare la natura senza timori. Ho cancellato il precedente post perche' era fuori luogo. Adesso ho colto il senso del primo post. Approcciare la natura e tutto cio' che la riguarda senza timori senza riserve senza preconcetti, aprendosi e non chiudendosi a riccio. Se fosse cosi' questo topic non avrebbe alcun motivo di esistere.E poi... perche' convincere gli altri di un qualcosa che e' insito nella natura umana da sempre. Io ho profondo rispetto di chi teme la natura e ci mancherebbe, e dubito fortemente di chi immerso in essa riesca,almeno le prime volte, a rilassarsi come se fosse nel salotto di casa propria.
 
Ultima modifica:
una sfida contro qualcosa

Oh questa discussione me l'ero persa.

Mi piace il tuo pensiero e leggendoti mi fai venire in mente le pubblicità di vario genere, gli esperti di marketing adorano la parola "sfida" coniugata ad immagini di luoghi senza traccia d'uomo.
Sfida fa figo. E' roba da "duri".
E lo stereotipo è totalmente indirizzato agli uomini "veri".
La gioia e lo stupore è roba troppo interiore, troppo "tenera".
 
Anch'io mi ero perso questa discussione, molto bella.

Mi dichiaro subito molto, molto vicino al post iniziale di Mauriz e anche a quest'ultimo di Donatella.

Non penso che il punto sia avere o non avere paura. Chiunque faccia attività rischiose e in ambienti "poco addomesticati" è normale che provi paura. L'ho già detto in un'altra discussione: a volte faccio in montagna mi caco sotto, ma uso testa, cuore, tecnica e muscoli per affrontare consapevolmente i rischi e i pericoli (con l'opzione, sempre valida, della rinuncia).

Il punto, però, non è avere o non avere paura, ma l'atteggiamento originario con il quale si affronta la natura. Mauriz critica il senso di "sfida", contro l'ambiente e contro noi stessi.

Lo critico anch'io. Se guardiamo alla storia dell'alpinismo, la "lotta all'alpe" (G. Rey) appartiene alla fase superomistica e tardo romantica dell'alpinismo, culminata con l'epopea del sesto grado negli anni pre-bellici (quando, non a caso, alpinismo e nazionalismo andavano a braccetto e i regimi fascista e nazista medagliavano gli alpinisti più forti...).

La retorica della "lotta all'alpe" si è trascinata nel dopoguerra, fino agli anni settanta, quando c'è stata l'esplosione del fenomeno dell'arrampicata sportiva, sviluppatosi nel brodo culturale del decennio contestatario (il Nuovo Mattino, ma anche l'improbabile gruppo di Pier Luigi Bini a Roma).

Le nuove tendenze sono state sicuramente una ventata di leggerezza e di liberazione, rispetto alla pesantezza di un alpinismo fatto di vecchi scarponi, grappa e vari totem e tabù un po' frusti e limitanti (per quanto appartengano all'iconografia della montagna ancora oggi, e meritino rispetto, con una corretta contestualizzazione).

Poi anche il mondo dell'arrampicata ha avuto la sua evoluzione prettamente sportiva e prestazionale: l'innalzamento delle difficoltà, lo sviluppo delle palestre artificiali, l'agonismo... Oggi lo sport dell'arrampicata e la montagna sono due mondi separati, in un certo senso fortunatamente: ci sono campioni di boulder che non hanno mai visto Lavaredo o il Corno Piccolo, né hanno alcuna voglia di andarci.

Purtroppo, però, c'è chi trasferisce lo spirito sportivo e prestazionale dalla palestra alle montagne, e qui si verificano due problemi di fondo:
  • l'affievolimento dello spirito di solidarietà;
  • lo scarso rispetto e la scarsa conoscenza dell'ambiente.
La componente della sfida - e anche quella sportiva - penso sia in una certa misura ineliminabile dalle nostre attività (quando ho fatto Campo Imperatore - vetta Occidentale in un'ora e mezzo ero gasatissimo...). Dobbiamo essere sinceri.

Ma lo spirito agonistico e di sfida dovrebbe essere auto-controllato da motivazioni superiori (che sono quelle descritte da MauriZ e che io riassumo nella frase di Kugy che cito come firma). Anche perchè un eccessivo senso di sfida è, in ultima analisi, pericoloso per sé, per gli altri, per l'ambiente: un atteggiamento prestazionale può favorire errori, mancanze umane e ambientali.

A quel punto non solo degradiamo la montagna a palestra e l'ambiente a campo sportivo, ma in fondo replichiamo i comportamenti dei contesti socioeconomici - soprattutto urbani - in cui viviamo quotidianamente. E sarebbe una definitiva perdita di senso della nostra passione per l'avventura.

Io voglio continuare ad avere paura - vera, profonda, dettata da indignazione - a prendere la macchina per andare in giro a Roma, per il malessere che mi provoca la visione di tutti quegli esseri umani che, con spirito di sfida e di competizione, si insultano, violano le regole sociali e morali e se ne fregano del prossimo e dell'ambiente.

La paura che posso provare nei boschi, sulle creste, in parete, in acqua è di altra pasta: viene dalla vita e dalla libertà.
 
"Quando siamo arrivati in Valle Maira, è stato amore a prima vista".

Il racconto di due ragazzi che da Roma si sono trasferiti a vivere in una borgata disabitata nel comune di Marmora, a 1400 metri di altitudine, un luogo magico dove poter sperimentare un'esistenza diversa, coltivando un orto e le proprie passioni. Senza fretta, al ritmo delle stagioni.

"Al ritmo delle stagioni. Un anno di vita in montagna" diventerà presto un libro autoprodotto, per chi ama la montagna e sogna di vivere in armonia con la natura e con se stesso
1f642.png
:)


Bellissima esperienza in una valle fantastica che conosco.
A chi interessa seguirla ecco il link Facebook:
https://www.facebook.com/alritmodellestagioni/posts/1758249084435947:0
 
... qualsiasi altro posto dove ci è possibile immergerci nella meraviglia dei luoghi naturali, dovrebbero elevarci e spogliarci di tutte quelle sovrastrutture a cui normalmente ci appigliamo nella quotidianità. Vi parlo assolutamente da cittadino,...


Tranquillo, che fossi cittadino (come me del resto) si era già capito dalle parole scritte subito prima...

..."vivere nella natura" è qualcosa di più che acquisire le competenze e le abilità manuali necessarie: significa usare quelle competenze e quelle abilità tutti i minuti di tutti i giorni, con fatica, saper praticare un modo di vivere che somiglia a quello di un contadino di altri tempi, che si fa il mazzo giorno per giorno per accendersi un fuoco, ripararsi dalle intemperie, procurasi dell'acqua ecc semplicemente per arrivare vivo al giorno dopo e tirare avanti così all'infinito in una fatica immane che di tempo per grati pensieri poetici nei confronti della natura ne lascia ben poco.

Io credo che chiunque abbia pernottato in ambiente naturale in una stagione mediamente piovosa, in un rifugio autocostruito, riscaldandosi con legna procurata sul posto (di nutrirsi dei prodotti della natura colti sul posto qui da noi meglio non parlarne) leggendo di "meraviglia", "elevazione" ecc si sarà lasciato sfuggire un sorriso di comprensione.

Quanto a "liberarsi delle sovrastrutture" ti do una dritta: il potere di farlo è dentro di te, puoi "liberarti dalle sovrastrutture" anche mentre sei in una sala riunioni di una grande azienda inchiodato al tuo posto e bardato di giacca e cravatta, o seduto nella tua auto bloccata nel traffico.

La libertà dell'anima è dentro di te, basta saperla trovare... ci potrai entrare in contato in qualsiasi momento in qualsiasi luogo, non è nella dimensione dello spazio che la devi cercare ma in quella dello spirito.
 
Alto Basso