Uscita primo numero in edicola!! Survival & Reporter

Ok ma questa è una esigenza che però non coincide, necessariamente, con il concetto di fondo di confluire il bushcraft in una "disciplina".
Perchè no? Secondo me sono proprio correlate le due cose. Se si codifica una disciplina, è normale conseguenza che un maestro di tale disciplina debba avere determinati requisiti riconosciuti e standardizzati (ripeto, a livello globale).
 
Ultima modifica:
Ok ma questa è una esigenza che però non coincide, necessariamente, con il concetto di fondo di confluire il bushcraft in una "disciplina".

Condivido però il pensiero che in assenza di una normativa tutti possono piccarsi di qualsiasi cosa ed è sensato, nel momento in cui un qualcosa diventa una professione che esista un metro di giudizio sia per una forma di salvaguardia del mercato ma soprattutto di chi si affida poi a quanto appreso, come condivido che il contesto, la "latitudine", abbia la sua importanza ma sono aspetti differenti.

Nulla di più probabile, non è lo studio in sé che mi lascia, per modo di dire, perplesso ma quanto "ingabbiare" il bushcraft in una qualche codifica ...... boh, sarà un mio ulteriore limite :)

Ciao :si:, Gianluca
Secondo me anche per queste discipline si può fare come con tutte le altre. Per esempio parlando di ingegneria (meccanica), si va dalle macchine agricole, a l'ingegneria aerospaziale etc..., ma quello che si studia sono le basi dell'ingegneria, e sopratutto il metodo che uno puo applicarlo a qualsiasi calcolo ingegneristico.
 
Perchè no? Secondo me sono proprio correlate le due cose. Se si codifica una disciplina, è normale conseguenza che un maestro di tale disciplina debba avere determinati requisiti riconosciuti e standardizzati (ripeto, a livello globale).
E' proprio il "codificare" che mi lascia perplesso, per me il bushcraft è un insieme di attività frutto ovviamente di una conoscenza ma sostanzialmente "attività" analogamente come potrebbe essere una escursione, per cui riesco ad immaginare dei confini in cui inserire il bushcraft ma non riesco, ed è questo il mio limite, ad andare oltre tale da discriminare un'uscita scout da una sessione (?) di bushcraft.

Tutto questo, però, non vuol dire che non si possa definire dei parametri formativi tali da identificare un maestro piuttosto che un istruttore o, che ne sò, una guida, in fin dei conti esiste la guida alpina, per fare un parallelismo, dove qualcuno ha dato dei parametri formativi per cui non è di certo un qualcosa di impossibile ma non per questo ritengo l'attività escursionistica una "disciplina" nel senso del termine (ovviamente secondo me).
Secondo me anche per queste discipline si può fare come con tutte le altre. Per esempio parlando di ingegneria (meccanica), si va dalle macchine agricole, a l'ingegneria aerospaziale etc..., ma quello che si studia sono le basi dell'ingegneria, e sopratutto il metodo che uno puo applicarlo a qualsiasi calcolo ingegneristico.
Probabilmente ne sto facendo un caso di "lana caprina", di questo me ne scuso, sono andato fuori tema e vorrei non proseguire oltre (ovviamente voi siete liberi di fare quello che volete).

L'ingegneria, come qualsiasi scienza, ha delle regole ben precise, questo non vuol dire c'è ci sia un limite all'uso, all'applicazione di queste, ma non si possono prevaricare, diversamente non è più una "scienza", una disciplina ...... io nel bushcraft non ci vedo questo confine, ecco perché, io, non riesco ad associarlo al termine disciplina se non volendo dargli una connotazione che però non mi sembra appropriata ....... è come dire che il gioco delle carte è uno sport (anche se il Bridge è riconosciuto dal CONI).

Questo non vuol dire che ritengo il bushcraft un qualcosa di "banale" solo perché non lo ritengo una disciplina ...... anzi è tutt'altro che banale.

Ciao :si:, Gianluca
 
Ultima modifica:
E' proprio il "codificare" che mi lascia perplesso, per me il bushcraft è un insieme di attività frutto ovviamente di una conoscenza ma sostanzialmente "attività" analogamente come potrebbe essere una escursione, per cui riesco ad immaginare dei confini in cui inserire il bushcraft ma non riesco, ed è questo il mio limite, ad andare oltre tale da discriminare un'uscita scout da una sessione (?) di bushcraft.

Tutto questo, però, non vuol dire che non si possa definire dei parametri formativi tali da identificare un maestro piuttosto che un istruttore o, che ne sò, una guida, in fin dei conti esiste la guida alpina, per fare un parallelismo, dove qualcuno ha dato dei parametri formativi per cui non è di certo un qualcosa di impossibile ma non per questo ritengo l'attività escursionistica una "disciplina" nel senso del termine (ovviamente secondo me).

Probabilmente ne sto facendo un caso di "lana caprina", di questo me ne scuso, sono andato fuori tema e vorrei non proseguire oltre (ovviamente voi siete liberi di fare quello che volete).

L'ingegneria, come qualsiasi scienza, ha delle regole ben precise, questo non vuol dire c'è ci sia un limite all'uso, all'applicazione di queste, ma non si possono prevaricare, diversamente non è più una "scienza", una disciplina ...... io nel bushcraft non ci vedo questo confine, ecco perché, io, non riesco ad associarlo al termine disciplina se non volendo dargli una connotazione che però non mi sembra appropriata ....... è come dire che il gioco delle carte è uno sport (anche se il Bridge è riconosciuto dal CONI).

Questo non vuol dire che ritengo il bushcraft un qualcosa di "banale" solo perché non lo ritengo una disciplina ...... anzi è tutt'altro che banale.

Ciao :si:, Gianluca
Secondo me, quando parliamo di bushcraft e sopratutto di survival dobbiamo distinguere due cose.
Il bushcraft-survival di tipo americano, che è un gioco, con delle regole inventate e non ha nulla a che fare con il bushcraft e la sopravvivenza reale. Solo da questo punto di vista riesco a capire certi personaggi. Per dare un esempio, io guardo BG, nudi e crudi, etc. come guardare Stanlio e Ollio o Fantozzi, guardarli seriamente, o peggio immitarli e come immitare gli attori comici di quale ho parlato prima. Scusate, ma senza offendere nessuno questo è il mio punto di vista. Questo non vuol dire che non c'è nulla da imparare da un personaggio comico, c'è sempre qualcosa da imparare.
 
Qualche anno fa, a un raduno a Trebbana, ho incontrato un ragazzo americano che diceva che studia al università tutte queste discipline, cioè, bushcraft, survival, etc. Poi non lo so quanto è vera la cosa, ma visto che in America al università si studia un pò di tutto non mi stupirei.

L'ho incontrato anch'io; aveva tutti i gadget del mondo conosciuto, ma si era stupito del fatto che l'accetta di mia nonna tagliasse meglio di un'accetta "di marca".
A conferma che a volte la tradizione è vincente rispetto alla teoria ed ai materiali spaziali......
 
Il "survival" non è una disciplina, sopravvivere nelle emergenze non è come sembra nei programmi televisivi, prima di tutto è uno stato mentale, poi è improvvisazione, non bisogna arrischiarsi in manovre eroiche, e nemmeno attraversare ponti tibetani, ma trovare umilmente delle soluzioni a problemi di vita o di morte, non è un gioco, è la Vita con la V maiuscola.
Come Aleks anch'io mi diletto a guardare i programmi di "survivalist", ma proprio perché sono programmi televisivi, li prendo come tali, anche perché, la realtà è veramente un altra cosa, pensare a definire la sopravvivenza una disciplina, secondo me è una forzatura bella e buona, al massimo, potremmo chiamare una disciplina " giochiamo alle tecniche di sopravvivenza", che starebbero, alla Vera sopravvivenza, che non credo qualcuno sano di mente vorrebbe sperimentare, come il soft air potrebbe stare alla guerra.

Naturalmente, se qualcuno godesse a farsi paracadutare, senz'acqua e cibo, solo con un victorinox nella jungla del Borneo, magari con le infradito e magari anche con un femore rotto; allora potremmo dire di lui che è un vero survivalist o forse, che ha bisogno di cure non solo mediche.
 
Mah... Non è che voglio tirare acqua al mio mulino, ma mi sembra un po' limitante il fatto che il survival non possa essere una disciplina sportiva.

Conoscete la capoeira? Nacque come arte marziale mascherata da danza dei ceti poveri che volevano ribellarsi ai padroni.

Chi avrebbe mai pensato che potesse diventare disciplina sportiva?
Bruce lee fu preso per pazzo quando pensó di insegnare le arti marziali nelle palestre.

A volte le idee innovative, sembrano follie sino a quando non vengono realizzate.
 
premessa: non voglio essere critico, voglio capire cosa c'e' che possa tornarmi utile

da ignorante come una zappa in materia, mi vengono 3 dubbi su questa rivista:

1)tolto il contesto survival, che personalmente in italia trovo che sia qualcosa di molto remoto per mille motivi, cosa puo' dare ad una persona qualunque, abbastanza interessata alla materia ma totalmente incompetente (salvo settori specifici)?

2)cosa puo' fornire di piu' o meglio questa rivista rispetto a siti internet? l'autorevolezza della carta e' motivata oppure e' il solito giochetto delle firme tra amici e/o colleghi che si autoincensano tra loro, magari col benestare dei relativi sponsor?

3)questo numero secondo voi vale il prezzo?
 
Mah... Non è che voglio tirare acqua al mio mulino, ma mi sembra un po' limitante il fatto che il survival non possa essere una disciplina sportiva.

Conoscete la capoeira? Nacque come arte marziale mascherata da danza dei ceti poveri che volevano ribellarsi ai padroni.

Chi avrebbe mai pensato che potesse diventare disciplina sportiva?
Bruce lee fu preso per pazzo quando pensó di insegnare le arti marziali nelle palestre.

A volte le idee innovative, sembrano follie sino a quando non vengono realizzate.

Direi che in una vera situazione di sopravvivenza, non ci sono punteggi in ballo, come in certi programmi televisivi, né dovrebbe esserci agonismo (se siamo in ballo veramente, non è il più figo o il più maschio alfa che sopravvive, bensì chi riesce a fare gioco di squadra).
Se volessimo dare il nome sopravvivenza ad una disciplina sportiva, direi che dovremmo mettere in gioco la sopravvivenza degli aderenti alla disciplina, per far si che la cosa sia definibile "Sopravvivenza", giusto per dare alle parole il loro vero significato.

Se noi mettiamo a rischio la nostra sopravvivenza, per praticare una disciplina sportiva, che vogliamo chiamare " Sopravvivenza", siamo però dei pessimi survivalist, dato che lo scopo della "Sopravvivenza" dovrebbe essere quello di sopravvivere, quindi la migliore pratica della "Sopravvivenza" dovrebbe essere NON praticarla, visto che praticandola veramente e non per gioco, dovremmo metterci in situazioni in cui la nostra sopravvivenza dovrebbe essere messa in discussione.

La sopravvivenza, non è un gioco, fattelo dire da un sopravvissuto, che ha visto la morte in faccia piu di una volta e che purtroppo ha visto gente che non era preparata o previdente o semplicemente fortunata come il sottoscritto e che non ce l'ha fatta e non è sopravvissuta, a volte, anche per colpa di giochini sulla sopravvivenza andati a cattivo fine.
 
@henri non riesco a farmi capire.
Prova a lasciare per un attimo il significato letterale del termine "sopravvivenza" e prova invece a guardare l'aspetto ludico della cosa.

Una disciplina sportiva in cui ragazzini si cimentano in tecniche. Dici che non è fattibile?

Il softair nei primi anni '90 non era ben visto. Ora ci giocano anche "addetti del settore ".

Scusate gli ot. Era l'ultimo.
 
Anche io penso che in Italia ci sia ancora tanta, troppa ostinazione nel voler vedere il survival solo ed esclusivamente come una situazione di emergenza non prevista.
Ad un certo punto bisognerà anche farsene una ragione :)
La federazione italiana survival sportivo esiste da 30 anni, in tutto il mondo c'è gente che pratica quello che universalmente ormai è riconosciuto come survival, le aziende producono un sacco di oggetti destinati al survival inteso come disciplina outdoor, non certo per chi si perde nei boschi.
Programmi tv, libri e manuali, guru e personaggi rinomati del settore, tutti parlano da decenni della pratica del survival come attività outdoor, invece a volte mi pare che qua ancora si sia rimasti indietro di qualche decennio e si continui con la solita solfa che il survival è solo una condizione imprevista e che quindi non è possibile praticarlo, che non esistono coltelli survival perché l'unico coltello da sopravvivenza è quello che
hai con te in quel momento (odio questa frase:p).
Insomma chiamatelo come volete, ma se un escursionista va nel bosco per qualche giorno portandosi appresso solo qualche attrezzo da taglio, magari un coltello multiruolo, e decide di dormire costruendosi un rifugio di fronde, cucinare utilizzando un fuoco acceso non con accendino diavolina e giornale ma con firesteel ed esche procurate sul posto, se mangia ciò che trova, se sfrutta ciò che trova per sopperire a certe mancanze di equipaggiamento.... Questo tizio che sta facendo? Chiamatelo come vi pare, bushcraft, escursionismo minimale, pionieristica o campeggio primitivo, ma sappiate che milioni di persone lo chiamano anche survival. :)
Se poi vogliamo continuare questa diatriba infinita lascio a voi la parola, a me basta andare a divertirmi nel bosco, il nome corretto di ciò che faccio mi interessa ben poco :p
 
leggo buoni spunti sia di qua che di la, nel dubbio metto il mi piace a tutti :) per me potete anche continuare l'ot, oppure meglio se stacchiamo questi messaggi e facciamo un nuovo thread del tipo "survival sportivo, serve?" e qua parliamo della rivista :)

altro mio dubbio: perche' parlano sempre di cose enormi, tipo "fuggi con uno spazzolino da denti e una visiera da decespugliatore dalla nave madre di indipendence day", e mai di cose banali come "cosa fare quando ti si apre una suola o un laccio", "cosa fare se scivoli su una pietraia e ti becchi una storta", "come studiare la vegetazione di una zona che non conosciamo"? sara' meno da rambo e meno figo, ma penso infinitamente piu' utile. e in caso di invasioni aliene non mi preoccupo, c'e' chuck norris.
 
Beh un attimo però la terminologia ha la sua importanza, è vero che il termine survival può essere fuorviante ed ingenerare perplessita, io personalmente non sopporto il termine per vari motivi e sembra non sia solo una cosa mia ma allora perché non trovare un nome più adeguato?
Altro punto legato alla questione sportiva. Tra le altre cose sono uno scalatore e nel mondo della roccia si è vissuto più o meno lo stesso dilemma riguardo alla scalata prima chiamata freeclimbing e successivamente sport climbing, disciplina sportiva? Qualcosa di più o diverso? Ognuno aveva e ha le sue idee fatto sta che nel 2020 sarà sport olimpico e questo grazie al boom di questi ultimi anni. Ecco da quando il "movimento" è cresciuto boschi e falesie sono mediamente diventati un porcile, non c'è più rispetto per l'ambiente frequentato perché negli anni l'ottica sportiva (spinta anche dalle case produttrici di materiale) ha surclassato in buona parte l'etica demodé del vivere la montagna come ricerca interiore, con rispetto. Non vorrei che un'accezione troppo sportiva dell'andar per boschi possa portare agli stessi risultati snaturando un approccio più bushcraft, diciamo, in direzione di un'esasperazione del contenuto tecnico in danno di quello etico/ideale. Questi i miei due cents sullo sportivo si, sportivo no.
Sulla questione rivista, nome a parte, credo che se fosse fatta con criterio avrebbe la sua importanza, è vero che in rete si trova tutto, ma internet fagocita, digerisce e sputa e spesso capita di trovare contenuti, non segnarli nei preferiti e disperderli nel mare di contenuti della rete, un supporto cartaceo permetterebbe di ordinare e conservare contenuti e storie...consultabili anche quando la luce se ne va
 
Non pensavo che segnalando l'uscita in edicola di una rivista avrei scatenato tutto cio!!!! Però mi sembra siano anche uscite cose positive, idee e confronti; se puo' essere una lettura utile per noi, penso che gran parte di quello che si è detto si possa segnalare anche all' editore, se veramente sono interessati a crescere e diventare un' interessante rivista di settore, magari qualche suggerimento lo accolgono!! Diamogli però anche la possibilità di uscire con qualche numero e poi semai critichiamo, visto la vastità degli argomenti e dei diversi punti di vista.
 
@henri non riesco a farmi capire.
Prova a lasciare per un attimo il significato letterale del termine "sopravvivenza" e prova invece a guardare l'aspetto ludico della cosa.

Una disciplina sportiva in cui ragazzini si cimentano in tecniche. Dici che non è fattibile?

Il softair nei primi anni '90 non era ben visto. Ora ci giocano anche "addetti del settore ".

Scusate gli ot. Era l'ultimo.

Il soft air si chiama "soft air", non "facciamo la guerra", c'è una bella differenza, fra il tirarsi pallini di plastica e lo spararsi proiettili 7,65 ed i praticanti lo riconoscono.

Nel soft air, questo pudore di chiamare le cose con il loro nome c'è, nel " survival sportivo"???

Non c'è nemmeno il pudore di chiamare la cosa "applicazione di tecniche di sopravvivenza in natura".

Purtroppo son già dovuto andare a soccorrere dei " survivalist", e non sempre erano sopravvissuti, quindi questa cosa mi infastidisce molto.

Purtroppo, oltre a persone serie e preparate, o perlomeno prudenti ed assennate, certe pratiche attirano molti ragazzi attratti anche dall'adrenalina evocata dal nome "sopravvivenza", si aggiunga a questo, il marketing di certi corsi, che dato che bisogna soddisfare il cliente pagante, bisogna dargli l'adrenalina che cerca (ponti tibetani, calate in doppia, attraversamento di fiumi con acque bianche).
Tutto ciò non fa altro che aumentare la percezione che il rischio è divertente, quindi se va bene una volta, si alza l'asticella, dato che il già fatto è meno adrenalinico la seconda volta.
Questo connubio sopravvivenza e divertimento, non mi sembra molto sano, è un messaggio che si potrebbe fare a meno di lanciare, anche se, naturalmente, paga meno a livello di guadagni per chi organizza i corsi e fa sentire meno machos alcuni praticanti.

Anche se, secondo me, il messaggio giusto sarebbe di non cercare casini, per sopravvivere, prevenire i problemi, pianificare le attività, e non rischiare invano per machismo o per sete di adrenalina.
 
Ultima modifica:
Il soft air si chiama "soft air", non "facciamo la guerra", c'è una bella differenza, fra il tirarsi pallini di plastica e lo spararsi proiettili 7,65 ed i praticanti lo riconoscono.

Nel soft air, questo pudore di chiamare le cose con il loro nome c'è, nel " survival sportivo"???

Non c'è nemmeno il pudore di chiamare la cosa "applicazione di tecniche di sopravvivenza in natura".

Purtroppo son già dovuto andare a soccorrere dei " survivalist", e non sempre erano sopravvissuti, quindi questa cosa mi infastidisce molto.

Purtroppo, oltre a persone serie e preparate, o perlomeno prudenti ed assennate, certe pratiche attirano molti ragazzi attratti anche dall'adrenalina evocata dal nome "sopravvivenza", si aggiunga a questo, il marketing di certi corsi, che dato che bisogna soddisfare il cliente pagante, bisogna dargli l'adrenalina che cerca (ponti tibetani, calate in doppia, attraversamento di fiumi con acque bianche).
Tutto ciò non fa altro che aumentare la percezione che il rischio è divertente, quindi se va bene una volta, si alza l'asticella, dato che il già fatto è meno adrenalinico la seconda volta.
Questo connubio sopravvivenza e divertimento, non mi sembra molto sano, è un messaggio che si potrebbe fare a meno di lanciare, anche se, naturalmente, paga meno a livello di guadagni per chiesa organizza i corsi e fa sentire meno machos alcuni praticanti.

Anche se, secondo me, il messaggio giusto sarebbe di non cercare casini, per sopravvivere, prevenire i problemi, pianificare le attività, e non rischiare invano per machismo o per sete di adrenalina.
Quoto totalmente
 
Quello che vorrei agiungere è il fatto che se avete osservato, i guru della sopravvivenza quando stanno facendo qualcosa non dicono che guardate e tutto finto, siamo nel film, magari ci lo dicesero. Loro ti dicono che devi fare proprio cosi come dicono e fanno loro, cioè ti stanno insegnando, che secondo me è sbagliato.
 
Alto Basso