Dati (parte prima)
Data: Giungo/Luglio 2015
Regione e provincia: Norvegia, Troms
Località di partenza: Finnsnes
Località di arrivo: Skrollsvika
Tempo di percorrenza: 9 giorni
Chilometri: circa 115
Grado di difficoltà: turistico-medio-alto
Descrizione delle difficoltà: cammino costante in paludi o su roccioni, attraversamento di fiumi, neve, alcuni punti esposti
Periodo consigliato: estate
Segnaletica: bolli rossi. Il sentiero non è però visibile. E' indicata la "direzione generale"
Quota massima: 850 metri
Descrizione: parte prima, Senja!
Quest’anno abbiamo deciso di fare un bel trekking alla ricerca di zone poco intaccate dall’uomo e soprattutto dal turismo. Purtroppo è difficile trovare zone del genere qui attorno a noi: camminare per giorni in indipendenza totale e senza incontrare nessuno e relativamente poche opere umane non è spesso possibile. Certo, è possibile stare via per un mese attraversando le Alpi, ma sovente i sentieri sono “autostrade” estremamente frequentate, che spesso non danno l’idea di totale indipendenza e libertà.
Il nord Europa nel mio immaginario colma questo desiderio. Inoltre, sono attirata dal modo di vivere della popolazione Sami. Complice anche il fatto del sole di mezzanotte, cosa che attira, tempo fresco e un biglietto aereo gratuito, abbiamo pensato al nord norvegese.
Dapprima ho valutato le Lofoten. Poi, un po’ di ricerche in rete mi fanno presto dire: “Nah!!! Altra meta troppo turistica. E troppo abitata per essere la vera Norvegia”. Le Lofoten son piene di zone selvagge, ma l’impronta del turismo a mio parere è molto forte. Per un trekking “autentico”, con un po’ di esplorazione vera, ho preferito quindi cercare altro.
La ricerca di posticini alternativi ha subito dato i suoi frutti: l’isola di Senja.
Poco o per nulla turistica, è la seconda isola più grossa norvegese, poco più a nord rispetto alle Lofoten, nel circolo polare artico. Ha circa 7000 abitanti localizzati tutti sulla costa. L’interno è estremamente selvaggio e c’è una sola strada costiera attorno e una che l’attraversa da est ad ovest.
Senja è famosa per la varietà dei paesaggi naturali. Racchiude tutta la varietà naturalistica che si può trovare in Norvegia, difatti la chiamano “la Norvegia in miniatura”. Attraversando l’isola, si ha quindi un’idea completa della natura norvegese: colline, prati, foreste, paludi, montagne medio-aguzze, montagne molto aguzze, fiordi, e tanta acqua! Ci è parsa subito una meta ideale!
Abbiamo deciso di spendere la nostra vacanza suddividendo il nostro viaggio in due parti. La prima parte, 10 giorni (poi impiegheremo un giorno in meno), a Senja, percorrendo il sentiero poco battuto che l’attraversa da nord-est a sud-ovest (Senja på Langs). Una volta raggiunto il sud ovest dell’isola, prenderemo una barca ed andremo alle note Lofoten, per qualche giorno di trekking più leggero e pesca.
Prima parte: Senja!
A livello organizzativo, ci siamo studiati a casa il territorio sulle mappe, come suddividere le tappe (circa 15 km al giorno, alcuni poco di più, altri poco di meno), e come raggiungere l’isola.
Ecco qui la mappa di massima del nostro cammino. Da Finnsnes, dove arriveremo, cammineremo due giorni per attaccare il Senja på Langs (linea rossa). Ci occorreranno sei giorni per completarlo, e un giorno per ritornare poi alla civiltà (Skrollsvika), dove prenderemo il battello per Harstad (luogo per rifornimenti alimentari) e da lì un pullman per le Lofoten.
Molto del lavoro a casa è stato organizzare la cambusa. Dovevamo portarci 10 giorni di pasti, per due: un numero di giorni che sulla schiena si incomincia a sentire e può far aumentare molto il peso dello zaino.
D’altro canto a me, ma anche al mio uomo, piace mangiar bene!!!!!! I pasti trekkingsinteticopetrolchimicoenogastronomici diciamo che non fanno per noi, oltre che per una faccenda di costi insostenibili. Alla fine siamo riusciti a stare circa nei 4 kg di cibo a testa, che sommati al resto dell’attrezzatura, acqua, combustibile, e “vizietti” ci facevano portare all’incirca 16 kg di zaino che non è per niente male per 10 giorni in indipendenza.
Finalmente si parte. L’avventura incomincia.
Prendiamo il treno per Francoforte e da lì vari aerei e raggiungiamo Tromso, con un piccolo aereo con le eliche.
La vista dall’alto incomincia a farci preoccupare leggermente: c’è neve, e pure tanta!
Una montagna innevata vista dall’alto
Le ciaspole erano rimaste a casa, e le ghette, dopo qualche esitazione, pure. Ottimo, mi sa che abbiamo fatto male a non portarle. Ma siamo ottimisti: è un’isola e quindi il clima marittimo mitiga, forse. Non badiamo più alla neve e continuiamo a goderci il viaggio e i pensieri annessi.
A Tromso compriamo un litro di alcool, per il nostro fornello, dato che l’alcool nel bagaglio in stiva non si può portare. Da qua prenderemo un battello per Finnsnes, connessa con un ponte a Senja.
Primo giorno di cammino: into the wild
Tempo grigio ma l’entusiasmo lo schiarisce. Ecco che si cammina!!!!
Lo zaino mi pare leggero, strano, dato che non sono granché allenata. Le case son di legno, bianche o rosse, e tutte dotate di trampolino. Sport nazionale? Pure sulle barrette di cioccolato son disegnati trampolini!
Saranno tra le ultime case vere che vedremo per i prossimi otto giorni!
Loneliness:
La natura incomincia a far capolino.
Si vedono le prime montagne bianche, e cerchiamo di capire sulla mappa quale sia l’altitudine della neve. Le prime macchie di neve incominciano all’incirca a 300 metri s.l.m. Bene, il nostro percorso più che altro resterà sui 400-500 metri, ma con una punta a 850 metri. Vorrà dire che dovremo camminare anche su un po’ di neve. A me la neve piace, anche molto, scio nordico!, ma il pensiero degli 850 metri…. 850-350=500. In 500 metri, in un territorio così, la situazione può cambiare, e anche tanto! Non siamo attrezzati e saremo in solitudine totale, probabilmente anche senza la possibilità di controllare il bollettino valanghe perché il telefono potrebbe non prendere. La montagna alta è circa a metà del nostro percorso. Ogni tanto pensiamo a delle alternative di percorso. Abbiamo stabilito che se le condizioni non saranno adeguate ed ottimali, faremo una lunghissima deviazione su strada, poco eccitante ma che ci consentirà di tornare a casa. Siamo riusciti a vedere il bollettino valanghe a Tromso, e dava rischio 2, mentre rischio 3 alle Lofoten. La temperatura abbastanza bassa (occhio e croce sui 5 gradi sulla costa) e stabile fa ben sperare.
Il terreno, spessissimo, è difficoltoso, mette alla prova i polpacci. Sembra di camminare su una spugna intrisa d’acqua! Non troveremo più terreno asciutto se non alla fine.
Vediamo il primo laghetto, ancora vicino alla civiltà, carino:
Filtriamo un po’ d’acqua, dal colore giallognolo.
Ci accorgiamo che son le 11 di sera! La luce è veramente ingannevole in fatto ad orario! Ci vorranno alcuni giorni per capire l’evolversi delle ore del giorno e della notte. E’ veramente fantastico.
Facciamo un pasto veloce con noodles istantanei e cacciatorini e ci addentriamo nel bosco di betulle, alla ricerca di un buon posto per la tenda.
Il tempo minaccia pioggia, per cui, oltre la tenda, montiamo il tarp tra le betulle per tenere un buon comfort e l’attrezzatura asciutta.
Nel cuore della notte le pecore, con i loro campanacci, ci svegliano. Abbiamo lasciato il cibo nei nostri zaini. Controlliamo zaini e scarponi, per evitare di farceli mangiare. Nonostante i loro delicati musetti minacciamo di trasformarle in croccanti arrosticini: alla nostra vista scappano a zampe levate.
Continuiamo a dormire.
Secondo giorno: prime sorprese
I primi due giorni occorsi per l’attacco del sentiero son stati percorsi fuori sentiero. In alcuni punti abbiamo attraversato piste da fondo e strade forestali, ma alcuni tratti son stati percorsi con bussola e carta alla mano. Il mio uomo ha un ottimo senso dell’orientamento. Io un po’ meno, a volte non riesco ad identificare i picchi che corrispondono al territorio sulla mappa, e mi confondo, altre volte invece ho ragione io e lui ha torto: ah!!!! Ma il mio compito principale è da buona massaia, come la tradizione vuole: pensare al cibo, e ai fornelli
Presto il paesaggio si rivela da sogno, “infinito”:
Camminiamo, nel silenzio totale.
Un forte “clo-clo-clo-clo!!!!!” e “pio! pio!! pio!!!” ci sorprende di colpo!!!
Una specie di gallina, dal colore dell’erba, e suo marito, sono intenti a proteggere la loro nidiata di pulcini. Erano ad un metro da noi, e la mamma continuava ad urlare e a correrci attorno ad ali aperte. Non li abbiamo visti se non all’ultimo istante. Si mimetizzavano perfettamente nel terreno. Che sorpresa! Cerchiamo di fare un video ma abbiamo perso il momento.
Camminiamo e verso sera ci fermiamo per un buon risotto allo zafferano (vero mica buste, che cavoli!). Avevamo il burro in polvere che si rivela un epic-fail: non fonde col calore, per cui non si può usare per il soffritto. Ma di che cosa è fatto questo burro?! Gomma? Per fortuna abbiamo l’olio di oliva, extravergine e italiano, per cui mi rassegno e cucino il risotto con quello, con la faccia affranta.
Un vero risotto chiede il burro! Ecco quello che succede a non sperimentare le nuove cose prima di un lungo viaggio! Mi son fidata cecamente…. Malissimo!!!!!!!!!!!
Il risotto viene comunque ottimo, meno male. Mi sento più sollevata e orgogliosa del mio pentolame, mantenendo con onore il mio status di regina dei fornelli.
Felici e con la pancia piena di cose buone camminiamo per un paio di chilometri lungo una strada, raggiungendo un grande lago, dietro al quale attaccherà il Senja på Langs.
Troviamo una comoda area attrezzata di bracieri dove montare le tende. C’è anche un grande bidone dell’immondizia, per cui approfittiamo di alleggerirci dall’immondizia prodotta nei due giorni, anche se poca. Meglio cento grammi in meno che in più!
Provo a valutare la presenza di pesci ma il lago non mi sembra ricco, a pelle. Siamo armati di canne da spinning e cucchiaini, son molto desiderosa di acchiappare una vera trota norvegese! Alla fine, ancora stanchi dal viaggio (treno, aerei, battelli!!!) e dalla eccitazione, e per via delle noiose zanzare, decidiamo di andare a nanna. Io crollo subito toccato il materassino.
Terzo giorno: alla scoperta dell’umido
Il tic-tic della pioggia sulla tenda mi fa svegliare. La luce non mi dà fastidio, dato che dormiamo sempre con le finestre aperte. Guardo l’ora e son le 5 del mattino, è un po’ presto. Il mio uomo dorme ancora profondamente e non si accorgerà della pioggia fino al risveglio…
Penso che oggi attaccheremo il sentiero. La varietà della natura e dei paesaggi mi attira molto, ma ancora di più l’idea di esplorazione e viaggio selvaggio!
Penso alla “montagnona” da superare, e che voglio riuscire a completare il viaggio. Vorrei prendere una trota, e mi piacerebbe molto riuscire ad avvistare una renna! So che lì ci sono, magari saremo fortunati. Dormicchio ancora un po’.
Finalmente ci alziamo. Pioviggina, ma ogni tanto esce il sole. Eravamo stanchi ma avevamo almeno avvolto i nostri zaini nel tarp per la notte, per fortuna. Tutto è bello asciutto.
Cuciniamo i pancakes e li spalmiamo di burro d’arachidi, per avere una buona dose di energia e affrontare la giornata!!!! Il mio uomo li prepara, è lo specialista in pancakes. Io invece li distruggo ogni volta che tento di girarli, per cui l’uomo preferisce far da solo mentre io resto a guardare, lontana, possibilmente. Il trucco è la pazienza. Io vado in frenesia alimentare, e la voglia di mangiarli me li fa girare troppo presto.
Prepariamo un buon tè in una bella tazza grande. Io metto in infusione la mia solita bustina mattutina di “minze tee”.
Controlliamo il nostro menù di massima per tenere d’occhio il consumo delle risorse, ed iniziamo a depennare quello che abbiamo mangiato. Siamo messi bene, abbiamo anche avanzato un pasto.
Ci incamminiamo ed ecco, dietro ad una piccola centrale idroelettrica (penso da sola riesca a soddisfare il fabbisogno energetico dei quattro gatti che abitano l’isola!) attacca il sentiero vero!
Un bel ponte di legno, costruito recentemente, sorpassa un torrente. Il mio uomo: “Vedi qui al nord? Hanno la cultura del trekking e facilitano i passaggi più difficili con ponticelli di legno”. Non c’è stata frase più inadeguata di tutto il viaggio!!!!!!!!! Sarà l’ultimo ponte che vedremo per un bel po’!!!!!!!!!
Ma, del resto, questa è proprio l’avventura che cercavamo. Un luogo selvaggio significa anche un luogo con poche opere umane. Il percorso non ci ha tradito in questo senso, affatto.
Incrociamo un’area piena di betulle disperse, e qualche pino. Alcune betulle hanno una bellissima corteccia che si stacca a grandi pezzi. Non resisto, e ogni tanto stacco qualche pezzo come si fa con la pelle di chi è ustionato dal sole e me lo metto in tasca. Non c’è esca migliore per il fuoco! Ogni tanto raccogliamo piccole pigne. Serviranno per il nostro fornelletto a legna, per aiutare a risparmiare alcool. Un litro ci deve bastare per dieci giorni, e abbiamo tutto da cucinare. Alcune pigne sono umide, per cui le mettiamo nelle nostre tasche per asciugarle col calore del corpo, come insegna il qui noto Cody Lundin!
Si cammina nel terreno-spugna, come sempre. Scarponi zuppi ma il piede è asciutto.
Passiamo il primo facile guado prestando attenzione a non fare entrare acqua negli scarponi.
Presto si ripresenta un altro guado, breve, ma l’acqua è profonda. Proviamo a salire un po’ a monte, ma la corrente è più forte ed è anche peggio! Va bene, ponticelli non ci sono. Guardiamo sulla mappa e vediamo altri n guadi da fare, Decidiamo di entrare con gli scarponi, dato che li avremmo presto bagnati nei successivi, più grossi, guadi. E attraversare a piedi nudi non è possibile, se ci si tiene a finire il percorso senza finire al pronto soccorso.
Perdiamo inutilmente tempo a svuotare gli scarponi.
L’acqua è fredda e mi chiedo se avremo opportunità di asciugare un po’ gli scarponi nella notte. Il tempo si sta rimettendo pure al brutto.
Proseguiamo e incrociamo l’unico bivacco presente sulla via. Un posticino che risveglia il mio immaginario. C’è una stufa a legna, come ho visto nei film di Lars Monsen, legna e attrezzatura per passare al riparo una umida serata.
C’è un diario, proprio oggi son passate due altre persone! Le ultime son passate da queste parti ad aprile! Non è molto frequentato questo sentiero.
Infatti, anche se il sentiero è segnato con bolli rossi sulle betulle, di fatto non c’è. Per terra non è “disegnata” la traccia dovuta al passaggio delle persone. Tra me e me penso che chi mantiene la via abbia un bel da fare per tenerla segnalata, dato che le betulle rinnovano la corteccia spesso! Alcuni bolli erano ormai diventati invisibili. Pochi bolli son dipinti per terra, sulle rocce esposte.
Il sentiero:
Proseguiamo sull’amato terreno-spugna, che succhia pian piano le nostre energie, ci togliamo un po’ di bruchi da dosso, e ci fermiamo ad ammirare una bella cascata.
Andiamo avanti, il rumore d’acqua si fa intenso.
Ad un certo punto, i bolli rossi spariscono. Stiamo un attimo a cercare con lo sguardo. Io ne avvisto uno: è dall’altra parte di un torrente sostenuto!!!!!!
Eccolo là!!!! Lo scorgete? E’ possibile?
Controlliamo la cartina: si, è possibile. Ovviamente niente ponti.
Guardiamo un attimo indietro e l’ultimo bollo segna il passaggio obbligato. Poco sopra si vede la neve in scioglimento. Quell’acqua sarà a 4 gradi! Rassegnati all’idea di bagnarci tutti, incominciamo ad organizzarci.
Sganciamo la cintura dello zaino, per sicurezza, di modo che in caso di caduta ci possiamo facilmente liberare. Mi metto in tasca un multitool, un fischetto e materiale per accendere il fuoco: non si sa mai. Questa è una occasione in cui è possibile veramente perdere lo zaino. Ci aiutiamo con le bacchette da trekking e con calma attraversiamo la corrente forte. L’acqua mi arriva quasi al sedere. Le caviglie fanno male per il freddo.
Passa il mio uomo, passo io, e alla fine guardiamo indietro il torrente, bagnati ma entusiasti! Sicuramente è stato un bel passaggio adrenalinico. Camminiamo, e dopo non molto gli scarponi si scaldano. Penso tra me e me che forse gli ultralight backpackers americani hanno ragione: meglio scarpe da trail running a rapida asciugatura, oppure no? In Italia non siamo abituati a questi frequenti gelidi guadi per cui non ci rendiamo conto delle difficoltà che possono comportare.
Poco più sopra incominciamo ad attraversare i primi nevai.
In alcuni, lo spessore della neve, e la presenza sottostante di ruscelli, non permette un passaggio sicuro, affatto. Decidiamo allora di fare qualche deviazione per evitare i punti più problematici.
Scolliniamo. La prima vallata è conclusa.
Si apre una vista magnifica sulla seconda vallata, che pare quasi non finire mai! E’ un paesaggio magnifico.
Scorgiamo due persone! E’ una coppia di norvegesi. Son partiti dalla costa ovest, dove il sentiero era segnato sulla loro mappa ma era stato inghiottito dalla natura, per raggiungere l’est. Dopo qualche scambio di chiacchiere, ci mettono in guardia a riguardo del duro territorio (nel caso non si fosse già capito!).
Dopo poco, scorgiamo ben un’altra coppia di ragazze! Quatto persone in poco tempo! Saranno le uniche viste per un bel po’! Queste due ragazze finlandesi hanno firmato al bivacco, e sono le uniche presenti in questo periodo che vorranno completare il Senja på Langs, come noi. Sono un pochino preoccupate per il territorio. Ci chiedono se i ragazzi che abbiamo incontrato ci avessero avvertito di cose orribili da attraversare. Noi le avvisiamo che tutto dovrebbe essere fattibile, anche se non sanno nulla a riguardo dello stato della montagna di 850 metri da passare.
Ci salutiamo e ciascuno prosegue per la sua strada. Incomincia a farsi tardi, saranno le nove di sera, per cui cerchiamo un posto adeguato per fare campo. Il terreno è veramente tutto zuppo! E’ impossibile.
Camminiamo per un’altra mezz’ora spostandoci dalla via maestra. Alla fine troviamo un poggio coperto di erica, abbastanza asciutto. Ci accampiamo: è perfetto per la nostra tenda, che per fortuna è piccola!!!
Recuperiamo un po’ di legna zuppa e la apro col coltello. E’ l’unico modo per esporre quel poco di legno asciutto presente.
A fatica accendiamo il fuoco. Menù: tortellini panna e solette:
Asciughiamo un po’ col fuoco scarponi e pantaloni, ma presto, stanchi morti, ci corichiamo.
Quarto giorno: l’amuleto
Ci svegliamo e facciamo una colazione veloce a base di tortillas e cioccolato. Dà molte energie, che ci serviranno, dato che il cammino sarà piuttosto lungo e faticoso.
Smontiamo il campo, riordiniamo gli zaini, e ci infiliamo gli scarponi gelati.
C’è il sole!!!! Il paesaggio è ancora più bello. Il sole mette molta allegria e dà energia.
Ci prepariamo per percorrere la lunga valle. Superiamo vari guadi e terreno marcio, non curandoci più ormai di scarponi e pantaloni bagnati.
Ad un certo punto vediamo i segni rossi sparire. C’è un fiume, ma dalla mappa si nota che il sentiero dovrebbe prendere per un’altra direzione. Scorgo un bollo dall’altra parte del fiume. Ancora un altro river crossing!!!!! Questa volta il torrente è ancora più largo e impetuoso rispetto a quello di ieri.
Ci fermiamo a pensare. Probabilmente il sentiero segnato sulla mappa è stato dismesso ed è stata aperta una nuova via.
Decidiamo di evitare l’attraversamento del torrente, e procedere invece per la vecchia via.
Dopo un po’, capiamo perché il sentiero è stato dismesso. Il sentiero (ma di sentieri o bolli rossi non c’era più traccia) passava sulla costa di una ripida montagna, con vari passaggi difficoltosi. Solo un paio di tratti erano un po’ esposti, per cui cerchiamo di crearci una via migliore.
Abbiamo attraversato una densa foresta, a tratti tenendoci agli alberi, e ogni tanto le alte felci oscuravano il terreno, per cui era difficile capire dove si mettevano i piedi.
Passiamo un paio di canali coperti di pietroni, aiutandoci con le bacchette. Il percorso mette alla prova le energie. Anche se bagnati, meno male che indossavamo buoni scarponi. Ad un certo punto scorgiamo un ometto di pietre distrutto: un segnavia del vecchio sentiero indica che abbiamo preso la direzione corretta. E’ stato un sollievo vederlo.
Ce l’abbiamo quasi fatta, scolliniamo! Dopo un po’ un vento forte ci sorprende. Siamo usciti dalla vallata! Abbiamo raggiunto la costa ovest!!! Felici di questa tappa ci fermiamo un attimo per ammirare le aguzze montagne costiere. Si vedono i fiordi. Un cambio notevole di paesaggio!
Dopo poco avvistiamo la strada costiera. Qui il telefono ricomincia a prendere il segnale meglio, segno di civiltà.
Scendiamo per raggiungere la strada, e il mio uomo trova un corno di renna!
Io son felicissima per questo ritrovamento! Lo voglio portare con me, sarà il nostro portafortuna. Senza pensarci due volte, e noncurante dei grammi aggiuntivi, lo attacco allo zaino, ancor prima che il mio uomo aprisse bocca.
Il potere del corno ci guiderà.
Darà la forza necessaria al mio uomo per interpretare la cartina e ci farà superare i monti innevati.
Questo corno lo voglio portare con me, fino in Germania!
Proseguendo notiamo che ci tocca forse un altro guado. Il torrente è più largo ma meno forte. Miracolo, troviamo un ponte non concluso sulla parte finale, segno di uomini. Sembra che ai norvegesi i ponti non piacciano tanto: o non li fanno, o li lasciano incompleti.
Ci riposiamo sulla spiaggetta del fiume, cucinandoci per pranzo una bella pastasciutta formaggio e chips croccanti di aglio. Ce la godiamo proprio.
Riprendiamo il cammino e notiamo che il sentiero ha preso un’altra deviazione. Anziché seguire il fiume il percorso sale su una ripida montagna. Questa volta lo seguiamo, con la lingua fuori. Arrivati in cima siamo felicissimi. La vista è bellissima, ne è valsa la fatica.
Superando un po’ di ostacoli, neve, e un tratto un po’ esposto, giriamo attorno ad una montagna e ci inoltriamo in una sassosa vallata.
Alla fine della valle ci accampiamo e prepariamo la cena. Apriamo gli scarponi e leviamo le solette, per cercare di farle asciugare. I nostri piedi sono letteralmente cotti, ma al momento non c’è segno di vesciche. Non avevo mai visto i miei piedi conciati in quel modo.
Faccio un po’ fatica ad addormentarmi. Si sente il vento fischiare fortissimo nelle valli vicine. Noi siamo protetti, ma mi chiedevo a quanti km/h fosse.
Domani dovremmo riuscire ad entrare nell’ ånderdalen nasjonalpark! Lo “spauracchio” della montagnona si avvicina, ma mi ripeto che se le condizioni non sono ottimali abbiamo una alternativa possibile, seppur lunga. Siamo molto curiosi e contenti, il parco ci attira e incontreremo numerosi laghi. Spero ci sia modo di pescare!
la descrizione dei giorni successivi, con alcune sorprese, arriverà presto
Data: Giungo/Luglio 2015
Regione e provincia: Norvegia, Troms
Località di partenza: Finnsnes
Località di arrivo: Skrollsvika
Tempo di percorrenza: 9 giorni
Chilometri: circa 115
Grado di difficoltà: turistico-medio-alto
Descrizione delle difficoltà: cammino costante in paludi o su roccioni, attraversamento di fiumi, neve, alcuni punti esposti
Periodo consigliato: estate
Segnaletica: bolli rossi. Il sentiero non è però visibile. E' indicata la "direzione generale"
Quota massima: 850 metri
Descrizione: parte prima, Senja!
Quest’anno abbiamo deciso di fare un bel trekking alla ricerca di zone poco intaccate dall’uomo e soprattutto dal turismo. Purtroppo è difficile trovare zone del genere qui attorno a noi: camminare per giorni in indipendenza totale e senza incontrare nessuno e relativamente poche opere umane non è spesso possibile. Certo, è possibile stare via per un mese attraversando le Alpi, ma sovente i sentieri sono “autostrade” estremamente frequentate, che spesso non danno l’idea di totale indipendenza e libertà.
Il nord Europa nel mio immaginario colma questo desiderio. Inoltre, sono attirata dal modo di vivere della popolazione Sami. Complice anche il fatto del sole di mezzanotte, cosa che attira, tempo fresco e un biglietto aereo gratuito, abbiamo pensato al nord norvegese.
Dapprima ho valutato le Lofoten. Poi, un po’ di ricerche in rete mi fanno presto dire: “Nah!!! Altra meta troppo turistica. E troppo abitata per essere la vera Norvegia”. Le Lofoten son piene di zone selvagge, ma l’impronta del turismo a mio parere è molto forte. Per un trekking “autentico”, con un po’ di esplorazione vera, ho preferito quindi cercare altro.
La ricerca di posticini alternativi ha subito dato i suoi frutti: l’isola di Senja.
Poco o per nulla turistica, è la seconda isola più grossa norvegese, poco più a nord rispetto alle Lofoten, nel circolo polare artico. Ha circa 7000 abitanti localizzati tutti sulla costa. L’interno è estremamente selvaggio e c’è una sola strada costiera attorno e una che l’attraversa da est ad ovest.
Senja è famosa per la varietà dei paesaggi naturali. Racchiude tutta la varietà naturalistica che si può trovare in Norvegia, difatti la chiamano “la Norvegia in miniatura”. Attraversando l’isola, si ha quindi un’idea completa della natura norvegese: colline, prati, foreste, paludi, montagne medio-aguzze, montagne molto aguzze, fiordi, e tanta acqua! Ci è parsa subito una meta ideale!
Abbiamo deciso di spendere la nostra vacanza suddividendo il nostro viaggio in due parti. La prima parte, 10 giorni (poi impiegheremo un giorno in meno), a Senja, percorrendo il sentiero poco battuto che l’attraversa da nord-est a sud-ovest (Senja på Langs). Una volta raggiunto il sud ovest dell’isola, prenderemo una barca ed andremo alle note Lofoten, per qualche giorno di trekking più leggero e pesca.
Prima parte: Senja!
A livello organizzativo, ci siamo studiati a casa il territorio sulle mappe, come suddividere le tappe (circa 15 km al giorno, alcuni poco di più, altri poco di meno), e come raggiungere l’isola.
Ecco qui la mappa di massima del nostro cammino. Da Finnsnes, dove arriveremo, cammineremo due giorni per attaccare il Senja på Langs (linea rossa). Ci occorreranno sei giorni per completarlo, e un giorno per ritornare poi alla civiltà (Skrollsvika), dove prenderemo il battello per Harstad (luogo per rifornimenti alimentari) e da lì un pullman per le Lofoten.
Molto del lavoro a casa è stato organizzare la cambusa. Dovevamo portarci 10 giorni di pasti, per due: un numero di giorni che sulla schiena si incomincia a sentire e può far aumentare molto il peso dello zaino.
D’altro canto a me, ma anche al mio uomo, piace mangiar bene!!!!!! I pasti trekkingsinteticopetrolchimicoenogastronomici diciamo che non fanno per noi, oltre che per una faccenda di costi insostenibili. Alla fine siamo riusciti a stare circa nei 4 kg di cibo a testa, che sommati al resto dell’attrezzatura, acqua, combustibile, e “vizietti” ci facevano portare all’incirca 16 kg di zaino che non è per niente male per 10 giorni in indipendenza.
Finalmente si parte. L’avventura incomincia.
Prendiamo il treno per Francoforte e da lì vari aerei e raggiungiamo Tromso, con un piccolo aereo con le eliche.
La vista dall’alto incomincia a farci preoccupare leggermente: c’è neve, e pure tanta!
Una montagna innevata vista dall’alto
Le ciaspole erano rimaste a casa, e le ghette, dopo qualche esitazione, pure. Ottimo, mi sa che abbiamo fatto male a non portarle. Ma siamo ottimisti: è un’isola e quindi il clima marittimo mitiga, forse. Non badiamo più alla neve e continuiamo a goderci il viaggio e i pensieri annessi.
A Tromso compriamo un litro di alcool, per il nostro fornello, dato che l’alcool nel bagaglio in stiva non si può portare. Da qua prenderemo un battello per Finnsnes, connessa con un ponte a Senja.
Primo giorno di cammino: into the wild
Tempo grigio ma l’entusiasmo lo schiarisce. Ecco che si cammina!!!!
Lo zaino mi pare leggero, strano, dato che non sono granché allenata. Le case son di legno, bianche o rosse, e tutte dotate di trampolino. Sport nazionale? Pure sulle barrette di cioccolato son disegnati trampolini!
Saranno tra le ultime case vere che vedremo per i prossimi otto giorni!
Loneliness:
La natura incomincia a far capolino.
Si vedono le prime montagne bianche, e cerchiamo di capire sulla mappa quale sia l’altitudine della neve. Le prime macchie di neve incominciano all’incirca a 300 metri s.l.m. Bene, il nostro percorso più che altro resterà sui 400-500 metri, ma con una punta a 850 metri. Vorrà dire che dovremo camminare anche su un po’ di neve. A me la neve piace, anche molto, scio nordico!, ma il pensiero degli 850 metri…. 850-350=500. In 500 metri, in un territorio così, la situazione può cambiare, e anche tanto! Non siamo attrezzati e saremo in solitudine totale, probabilmente anche senza la possibilità di controllare il bollettino valanghe perché il telefono potrebbe non prendere. La montagna alta è circa a metà del nostro percorso. Ogni tanto pensiamo a delle alternative di percorso. Abbiamo stabilito che se le condizioni non saranno adeguate ed ottimali, faremo una lunghissima deviazione su strada, poco eccitante ma che ci consentirà di tornare a casa. Siamo riusciti a vedere il bollettino valanghe a Tromso, e dava rischio 2, mentre rischio 3 alle Lofoten. La temperatura abbastanza bassa (occhio e croce sui 5 gradi sulla costa) e stabile fa ben sperare.
Il terreno, spessissimo, è difficoltoso, mette alla prova i polpacci. Sembra di camminare su una spugna intrisa d’acqua! Non troveremo più terreno asciutto se non alla fine.
Vediamo il primo laghetto, ancora vicino alla civiltà, carino:
Filtriamo un po’ d’acqua, dal colore giallognolo.
Ci accorgiamo che son le 11 di sera! La luce è veramente ingannevole in fatto ad orario! Ci vorranno alcuni giorni per capire l’evolversi delle ore del giorno e della notte. E’ veramente fantastico.
Facciamo un pasto veloce con noodles istantanei e cacciatorini e ci addentriamo nel bosco di betulle, alla ricerca di un buon posto per la tenda.
Il tempo minaccia pioggia, per cui, oltre la tenda, montiamo il tarp tra le betulle per tenere un buon comfort e l’attrezzatura asciutta.
Nel cuore della notte le pecore, con i loro campanacci, ci svegliano. Abbiamo lasciato il cibo nei nostri zaini. Controlliamo zaini e scarponi, per evitare di farceli mangiare. Nonostante i loro delicati musetti minacciamo di trasformarle in croccanti arrosticini: alla nostra vista scappano a zampe levate.
Continuiamo a dormire.
Secondo giorno: prime sorprese
I primi due giorni occorsi per l’attacco del sentiero son stati percorsi fuori sentiero. In alcuni punti abbiamo attraversato piste da fondo e strade forestali, ma alcuni tratti son stati percorsi con bussola e carta alla mano. Il mio uomo ha un ottimo senso dell’orientamento. Io un po’ meno, a volte non riesco ad identificare i picchi che corrispondono al territorio sulla mappa, e mi confondo, altre volte invece ho ragione io e lui ha torto: ah!!!! Ma il mio compito principale è da buona massaia, come la tradizione vuole: pensare al cibo, e ai fornelli
Presto il paesaggio si rivela da sogno, “infinito”:
Camminiamo, nel silenzio totale.
Un forte “clo-clo-clo-clo!!!!!” e “pio! pio!! pio!!!” ci sorprende di colpo!!!
Una specie di gallina, dal colore dell’erba, e suo marito, sono intenti a proteggere la loro nidiata di pulcini. Erano ad un metro da noi, e la mamma continuava ad urlare e a correrci attorno ad ali aperte. Non li abbiamo visti se non all’ultimo istante. Si mimetizzavano perfettamente nel terreno. Che sorpresa! Cerchiamo di fare un video ma abbiamo perso il momento.
Camminiamo e verso sera ci fermiamo per un buon risotto allo zafferano (vero mica buste, che cavoli!). Avevamo il burro in polvere che si rivela un epic-fail: non fonde col calore, per cui non si può usare per il soffritto. Ma di che cosa è fatto questo burro?! Gomma? Per fortuna abbiamo l’olio di oliva, extravergine e italiano, per cui mi rassegno e cucino il risotto con quello, con la faccia affranta.
Un vero risotto chiede il burro! Ecco quello che succede a non sperimentare le nuove cose prima di un lungo viaggio! Mi son fidata cecamente…. Malissimo!!!!!!!!!!!
Il risotto viene comunque ottimo, meno male. Mi sento più sollevata e orgogliosa del mio pentolame, mantenendo con onore il mio status di regina dei fornelli.
Felici e con la pancia piena di cose buone camminiamo per un paio di chilometri lungo una strada, raggiungendo un grande lago, dietro al quale attaccherà il Senja på Langs.
Troviamo una comoda area attrezzata di bracieri dove montare le tende. C’è anche un grande bidone dell’immondizia, per cui approfittiamo di alleggerirci dall’immondizia prodotta nei due giorni, anche se poca. Meglio cento grammi in meno che in più!
Provo a valutare la presenza di pesci ma il lago non mi sembra ricco, a pelle. Siamo armati di canne da spinning e cucchiaini, son molto desiderosa di acchiappare una vera trota norvegese! Alla fine, ancora stanchi dal viaggio (treno, aerei, battelli!!!) e dalla eccitazione, e per via delle noiose zanzare, decidiamo di andare a nanna. Io crollo subito toccato il materassino.
Terzo giorno: alla scoperta dell’umido
Il tic-tic della pioggia sulla tenda mi fa svegliare. La luce non mi dà fastidio, dato che dormiamo sempre con le finestre aperte. Guardo l’ora e son le 5 del mattino, è un po’ presto. Il mio uomo dorme ancora profondamente e non si accorgerà della pioggia fino al risveglio…
Penso che oggi attaccheremo il sentiero. La varietà della natura e dei paesaggi mi attira molto, ma ancora di più l’idea di esplorazione e viaggio selvaggio!
Penso alla “montagnona” da superare, e che voglio riuscire a completare il viaggio. Vorrei prendere una trota, e mi piacerebbe molto riuscire ad avvistare una renna! So che lì ci sono, magari saremo fortunati. Dormicchio ancora un po’.
Finalmente ci alziamo. Pioviggina, ma ogni tanto esce il sole. Eravamo stanchi ma avevamo almeno avvolto i nostri zaini nel tarp per la notte, per fortuna. Tutto è bello asciutto.
Cuciniamo i pancakes e li spalmiamo di burro d’arachidi, per avere una buona dose di energia e affrontare la giornata!!!! Il mio uomo li prepara, è lo specialista in pancakes. Io invece li distruggo ogni volta che tento di girarli, per cui l’uomo preferisce far da solo mentre io resto a guardare, lontana, possibilmente. Il trucco è la pazienza. Io vado in frenesia alimentare, e la voglia di mangiarli me li fa girare troppo presto.
Prepariamo un buon tè in una bella tazza grande. Io metto in infusione la mia solita bustina mattutina di “minze tee”.
Controlliamo il nostro menù di massima per tenere d’occhio il consumo delle risorse, ed iniziamo a depennare quello che abbiamo mangiato. Siamo messi bene, abbiamo anche avanzato un pasto.
Ci incamminiamo ed ecco, dietro ad una piccola centrale idroelettrica (penso da sola riesca a soddisfare il fabbisogno energetico dei quattro gatti che abitano l’isola!) attacca il sentiero vero!
Un bel ponte di legno, costruito recentemente, sorpassa un torrente. Il mio uomo: “Vedi qui al nord? Hanno la cultura del trekking e facilitano i passaggi più difficili con ponticelli di legno”. Non c’è stata frase più inadeguata di tutto il viaggio!!!!!!!!! Sarà l’ultimo ponte che vedremo per un bel po’!!!!!!!!!
Ma, del resto, questa è proprio l’avventura che cercavamo. Un luogo selvaggio significa anche un luogo con poche opere umane. Il percorso non ci ha tradito in questo senso, affatto.
Incrociamo un’area piena di betulle disperse, e qualche pino. Alcune betulle hanno una bellissima corteccia che si stacca a grandi pezzi. Non resisto, e ogni tanto stacco qualche pezzo come si fa con la pelle di chi è ustionato dal sole e me lo metto in tasca. Non c’è esca migliore per il fuoco! Ogni tanto raccogliamo piccole pigne. Serviranno per il nostro fornelletto a legna, per aiutare a risparmiare alcool. Un litro ci deve bastare per dieci giorni, e abbiamo tutto da cucinare. Alcune pigne sono umide, per cui le mettiamo nelle nostre tasche per asciugarle col calore del corpo, come insegna il qui noto Cody Lundin!
Si cammina nel terreno-spugna, come sempre. Scarponi zuppi ma il piede è asciutto.
Passiamo il primo facile guado prestando attenzione a non fare entrare acqua negli scarponi.
Presto si ripresenta un altro guado, breve, ma l’acqua è profonda. Proviamo a salire un po’ a monte, ma la corrente è più forte ed è anche peggio! Va bene, ponticelli non ci sono. Guardiamo sulla mappa e vediamo altri n guadi da fare, Decidiamo di entrare con gli scarponi, dato che li avremmo presto bagnati nei successivi, più grossi, guadi. E attraversare a piedi nudi non è possibile, se ci si tiene a finire il percorso senza finire al pronto soccorso.
Perdiamo inutilmente tempo a svuotare gli scarponi.
L’acqua è fredda e mi chiedo se avremo opportunità di asciugare un po’ gli scarponi nella notte. Il tempo si sta rimettendo pure al brutto.
Proseguiamo e incrociamo l’unico bivacco presente sulla via. Un posticino che risveglia il mio immaginario. C’è una stufa a legna, come ho visto nei film di Lars Monsen, legna e attrezzatura per passare al riparo una umida serata.
C’è un diario, proprio oggi son passate due altre persone! Le ultime son passate da queste parti ad aprile! Non è molto frequentato questo sentiero.
Infatti, anche se il sentiero è segnato con bolli rossi sulle betulle, di fatto non c’è. Per terra non è “disegnata” la traccia dovuta al passaggio delle persone. Tra me e me penso che chi mantiene la via abbia un bel da fare per tenerla segnalata, dato che le betulle rinnovano la corteccia spesso! Alcuni bolli erano ormai diventati invisibili. Pochi bolli son dipinti per terra, sulle rocce esposte.
Il sentiero:
Proseguiamo sull’amato terreno-spugna, che succhia pian piano le nostre energie, ci togliamo un po’ di bruchi da dosso, e ci fermiamo ad ammirare una bella cascata.
Andiamo avanti, il rumore d’acqua si fa intenso.
Ad un certo punto, i bolli rossi spariscono. Stiamo un attimo a cercare con lo sguardo. Io ne avvisto uno: è dall’altra parte di un torrente sostenuto!!!!!!
Eccolo là!!!! Lo scorgete? E’ possibile?
Controlliamo la cartina: si, è possibile. Ovviamente niente ponti.
Guardiamo un attimo indietro e l’ultimo bollo segna il passaggio obbligato. Poco sopra si vede la neve in scioglimento. Quell’acqua sarà a 4 gradi! Rassegnati all’idea di bagnarci tutti, incominciamo ad organizzarci.
Sganciamo la cintura dello zaino, per sicurezza, di modo che in caso di caduta ci possiamo facilmente liberare. Mi metto in tasca un multitool, un fischetto e materiale per accendere il fuoco: non si sa mai. Questa è una occasione in cui è possibile veramente perdere lo zaino. Ci aiutiamo con le bacchette da trekking e con calma attraversiamo la corrente forte. L’acqua mi arriva quasi al sedere. Le caviglie fanno male per il freddo.
Passa il mio uomo, passo io, e alla fine guardiamo indietro il torrente, bagnati ma entusiasti! Sicuramente è stato un bel passaggio adrenalinico. Camminiamo, e dopo non molto gli scarponi si scaldano. Penso tra me e me che forse gli ultralight backpackers americani hanno ragione: meglio scarpe da trail running a rapida asciugatura, oppure no? In Italia non siamo abituati a questi frequenti gelidi guadi per cui non ci rendiamo conto delle difficoltà che possono comportare.
Poco più sopra incominciamo ad attraversare i primi nevai.
In alcuni, lo spessore della neve, e la presenza sottostante di ruscelli, non permette un passaggio sicuro, affatto. Decidiamo allora di fare qualche deviazione per evitare i punti più problematici.
Scolliniamo. La prima vallata è conclusa.
Si apre una vista magnifica sulla seconda vallata, che pare quasi non finire mai! E’ un paesaggio magnifico.
Scorgiamo due persone! E’ una coppia di norvegesi. Son partiti dalla costa ovest, dove il sentiero era segnato sulla loro mappa ma era stato inghiottito dalla natura, per raggiungere l’est. Dopo qualche scambio di chiacchiere, ci mettono in guardia a riguardo del duro territorio (nel caso non si fosse già capito!).
Dopo poco, scorgiamo ben un’altra coppia di ragazze! Quatto persone in poco tempo! Saranno le uniche viste per un bel po’! Queste due ragazze finlandesi hanno firmato al bivacco, e sono le uniche presenti in questo periodo che vorranno completare il Senja på Langs, come noi. Sono un pochino preoccupate per il territorio. Ci chiedono se i ragazzi che abbiamo incontrato ci avessero avvertito di cose orribili da attraversare. Noi le avvisiamo che tutto dovrebbe essere fattibile, anche se non sanno nulla a riguardo dello stato della montagna di 850 metri da passare.
Ci salutiamo e ciascuno prosegue per la sua strada. Incomincia a farsi tardi, saranno le nove di sera, per cui cerchiamo un posto adeguato per fare campo. Il terreno è veramente tutto zuppo! E’ impossibile.
Camminiamo per un’altra mezz’ora spostandoci dalla via maestra. Alla fine troviamo un poggio coperto di erica, abbastanza asciutto. Ci accampiamo: è perfetto per la nostra tenda, che per fortuna è piccola!!!
Recuperiamo un po’ di legna zuppa e la apro col coltello. E’ l’unico modo per esporre quel poco di legno asciutto presente.
A fatica accendiamo il fuoco. Menù: tortellini panna e solette:
Asciughiamo un po’ col fuoco scarponi e pantaloni, ma presto, stanchi morti, ci corichiamo.
Quarto giorno: l’amuleto
Ci svegliamo e facciamo una colazione veloce a base di tortillas e cioccolato. Dà molte energie, che ci serviranno, dato che il cammino sarà piuttosto lungo e faticoso.
Smontiamo il campo, riordiniamo gli zaini, e ci infiliamo gli scarponi gelati.
C’è il sole!!!! Il paesaggio è ancora più bello. Il sole mette molta allegria e dà energia.
Ci prepariamo per percorrere la lunga valle. Superiamo vari guadi e terreno marcio, non curandoci più ormai di scarponi e pantaloni bagnati.
Ad un certo punto vediamo i segni rossi sparire. C’è un fiume, ma dalla mappa si nota che il sentiero dovrebbe prendere per un’altra direzione. Scorgo un bollo dall’altra parte del fiume. Ancora un altro river crossing!!!!! Questa volta il torrente è ancora più largo e impetuoso rispetto a quello di ieri.
Ci fermiamo a pensare. Probabilmente il sentiero segnato sulla mappa è stato dismesso ed è stata aperta una nuova via.
Decidiamo di evitare l’attraversamento del torrente, e procedere invece per la vecchia via.
Dopo un po’, capiamo perché il sentiero è stato dismesso. Il sentiero (ma di sentieri o bolli rossi non c’era più traccia) passava sulla costa di una ripida montagna, con vari passaggi difficoltosi. Solo un paio di tratti erano un po’ esposti, per cui cerchiamo di crearci una via migliore.
Abbiamo attraversato una densa foresta, a tratti tenendoci agli alberi, e ogni tanto le alte felci oscuravano il terreno, per cui era difficile capire dove si mettevano i piedi.
Passiamo un paio di canali coperti di pietroni, aiutandoci con le bacchette. Il percorso mette alla prova le energie. Anche se bagnati, meno male che indossavamo buoni scarponi. Ad un certo punto scorgiamo un ometto di pietre distrutto: un segnavia del vecchio sentiero indica che abbiamo preso la direzione corretta. E’ stato un sollievo vederlo.
Ce l’abbiamo quasi fatta, scolliniamo! Dopo un po’ un vento forte ci sorprende. Siamo usciti dalla vallata! Abbiamo raggiunto la costa ovest!!! Felici di questa tappa ci fermiamo un attimo per ammirare le aguzze montagne costiere. Si vedono i fiordi. Un cambio notevole di paesaggio!
Dopo poco avvistiamo la strada costiera. Qui il telefono ricomincia a prendere il segnale meglio, segno di civiltà.
Scendiamo per raggiungere la strada, e il mio uomo trova un corno di renna!
Io son felicissima per questo ritrovamento! Lo voglio portare con me, sarà il nostro portafortuna. Senza pensarci due volte, e noncurante dei grammi aggiuntivi, lo attacco allo zaino, ancor prima che il mio uomo aprisse bocca.
Il potere del corno ci guiderà.
Darà la forza necessaria al mio uomo per interpretare la cartina e ci farà superare i monti innevati.
Questo corno lo voglio portare con me, fino in Germania!
Proseguendo notiamo che ci tocca forse un altro guado. Il torrente è più largo ma meno forte. Miracolo, troviamo un ponte non concluso sulla parte finale, segno di uomini. Sembra che ai norvegesi i ponti non piacciano tanto: o non li fanno, o li lasciano incompleti.
Ci riposiamo sulla spiaggetta del fiume, cucinandoci per pranzo una bella pastasciutta formaggio e chips croccanti di aglio. Ce la godiamo proprio.
Riprendiamo il cammino e notiamo che il sentiero ha preso un’altra deviazione. Anziché seguire il fiume il percorso sale su una ripida montagna. Questa volta lo seguiamo, con la lingua fuori. Arrivati in cima siamo felicissimi. La vista è bellissima, ne è valsa la fatica.
Superando un po’ di ostacoli, neve, e un tratto un po’ esposto, giriamo attorno ad una montagna e ci inoltriamo in una sassosa vallata.
Alla fine della valle ci accampiamo e prepariamo la cena. Apriamo gli scarponi e leviamo le solette, per cercare di farle asciugare. I nostri piedi sono letteralmente cotti, ma al momento non c’è segno di vesciche. Non avevo mai visto i miei piedi conciati in quel modo.
Faccio un po’ fatica ad addormentarmi. Si sente il vento fischiare fortissimo nelle valli vicine. Noi siamo protetti, ma mi chiedevo a quanti km/h fosse.
Domani dovremmo riuscire ad entrare nell’ ånderdalen nasjonalpark! Lo “spauracchio” della montagnona si avvicina, ma mi ripeto che se le condizioni non sono ottimali abbiamo una alternativa possibile, seppur lunga. Siamo molto curiosi e contenti, il parco ci attira e incontreremo numerosi laghi. Spero ci sia modo di pescare!
la descrizione dei giorni successivi, con alcune sorprese, arriverà presto
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