- Parchi d'Abruzzo
-
- Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga
Data: 12 luglio 2019… Alba delle 5:38.
Grado di difficoltà: EE con tempo clemente
Periodo consigliato: tarda primavera (senza neve), estate, autunno se non ghiaccia.
Partenza/ritorno: piazzale di Campo Imperatore.
Dati non disponibili: abbiamo fatto la via estiva da Campo Imperatore.
Descrizione:
La notte. La notte ha il fascino della paura, dell’ignoto, dell’incertezza dell’incedere. Il cielo non è affatto limpido ma la luna e il suo chiarore riesce a farsi spazio tra i nembi grigi e ci regala subito brividi di bellezza appena iniziamo l’ascesa verso la sella del Monte Aquila. “Ella”tramonta dietro il Pizzo Cefalone con raggi bianchi che cercano di farsi strada tra l’orizzonte e le nuvole nere, infine soccombe e i nostri passi si fanno più bui. Io preferisco andare più lentamente, senza luci e cercando di abituare gli occhi alla condizione esterna, Ciccio ha la frontale accesa dietro di me e la sua luce rimbalza sulla schiena e crea ombre e forme non decifrabili e la vista non si abitua, cosi lascio sfilare il socio avanti, sparisce la sua torcia e l’ombra di una sempre sgambettante Zoe. Linda è felice con questa temperatura ma sembra frenare gli entusiasmi come avesse capito che oggi la sua arrampicata sarà di quelle sfiancanti per un cane della sua taglia e di dieci anni.
Alla sella la visuale dei colossi del Gran Sasso impressiona, Intermesoli appare più nero della notte, il suo skyline ci ipnotizza per più di qualche minuto, un grosso cumulo nembo invece avvolge la nostra meta in un grigio quasi lucente, alcuni cirri sovrastano di qualche metro anche le altre punte, ma solo sua maestà risulta sempre più impenetrabile già da sopra il brecciaio che iniziamo a salire quasi al galoppo .Il Grande Sasso ci avvolge dapprima nel buio e poi stende la sua coperta ricamata di gocce fino alla Conca degli Invalidi. I cirri sopra le altre vette e sul Corno Piccolo appaiono chiari nel cielo scuro della notte, i colori e luci si invertono nelle tenebre e sembra quasi di guardare dei negativi fotografici di foto panoramiche. Quasi come in un quadro di De Chirico, l’ambiente dove bolle il the stanotte mi diventa sempre più metafisico, le chiazze di neve risplendono di cristalli ma i nostri animi sono turbati dalla spessa coltre sopra le teste e siamo così sudati, dal buon passo tenuto, che dobbiamo cambiarci le maglie ma coprirci per il freddo a cui andremo esposti da adesso fino in cima. Ci consultiamo se proseguire senza la soddisfazione del panorama o rimediare con Monte Aquila, ma i passi non hanno i nostri dubbi e tirano dritti verso l’alto.
Linda inizia a soffrire il calcare aguzzo sotto le zampe mature e non prova più i suoi famosi salti ma mi guarda aspettando un aiutino di tanto in tanto. Saliamo per vie vicine ma diverse, Ciccio più interno e io più esposto possibile in esterno, perché le pietre paiono più lisce alla mia lupa e dove la sensazione opprimente di questa nuvola mi pare meno soffocante. Finalmente ci affacciamo in un malinconico e vuoto ghiacciaio, si vede qualcosina verso il basso ma la vetta e le crode del calderone appaiono chiuse da un grigio ancora impenetrabile. Mancano solo 4 minuti all’alba cosi che accelerando il passo spacco il secondo per trovarmi in vetta dove, a uno sguardo deluso, si vede solo la croce e tanto grigio. Fa freddo e quasi vogliamo scappar giù subito ma io ho portato la moka e comincio ad armeggiare con il fornello.
La caffettiera pare sia tappata, il caffè par non vuole uscire se non con qualche goccia scura. Meno male che impiega tanto per borbottare, e per farlo a rate, così che, quando mi arrendo alla sola mezza tazzina, una potente luce gialla e arancio sbuca dalla vetta orientale perforando il cumulonembo, illuminandoci come un faro su di un palcoscenico nebbioso. Per qualche minuto la luce evapora ogni grigio e finalmente si intravede qualche dipinto ad olio dell’Abruzzo sotto le nostre zampe. Dieci minuti di apertura a chiazze variopinte, cattedrali verticali, anfiteatri rocciosi da ammirare, per un attimo anche il miraggio del mare e qualche tela di acquerelli appesa nella bruma, hanno pienamente appagato tanta fatica…e lo spettacolo diurno è solo alla prima scena.
La discesa inizia con un cielo che ci ingloba nel suo umido grigiore opaco. Par scendere di nuovo la notte a tratti per la poca visibilità o per un sole ancora radente tra la nebbia e l’ombra imponente di sua Maestà. Preziosi momenti nel nulla e nel silenzio ci quasi attraversano dentro, con vapori di nuvole, ci rende ciechi ma quando schiarisce improvvisamente è splendore, è maestosità, è poesia.
Il mattino è appena sorto,
come quattro spettri
ci aggiriamo leggeri,
con la testa tra le nuvole e
i nasi dei cani come guide.
Adesso schiarisce ed il tetto dell’appennino
diventa una stretta al cuore possente.
A volte tremo ma non è paura,
semplicemente si apre ancora e
si vede chiaramente.
Siamo in bilico tra il cielo e la terra,
fortunati o maledetti,
di sicuro soli:
noi, le nuvole e
sua maestà il Gran Sasso.
Grado di difficoltà: EE con tempo clemente
Periodo consigliato: tarda primavera (senza neve), estate, autunno se non ghiaccia.
Partenza/ritorno: piazzale di Campo Imperatore.
Dati non disponibili: abbiamo fatto la via estiva da Campo Imperatore.
Descrizione:
La notte. La notte ha il fascino della paura, dell’ignoto, dell’incertezza dell’incedere. Il cielo non è affatto limpido ma la luna e il suo chiarore riesce a farsi spazio tra i nembi grigi e ci regala subito brividi di bellezza appena iniziamo l’ascesa verso la sella del Monte Aquila. “Ella”tramonta dietro il Pizzo Cefalone con raggi bianchi che cercano di farsi strada tra l’orizzonte e le nuvole nere, infine soccombe e i nostri passi si fanno più bui. Io preferisco andare più lentamente, senza luci e cercando di abituare gli occhi alla condizione esterna, Ciccio ha la frontale accesa dietro di me e la sua luce rimbalza sulla schiena e crea ombre e forme non decifrabili e la vista non si abitua, cosi lascio sfilare il socio avanti, sparisce la sua torcia e l’ombra di una sempre sgambettante Zoe. Linda è felice con questa temperatura ma sembra frenare gli entusiasmi come avesse capito che oggi la sua arrampicata sarà di quelle sfiancanti per un cane della sua taglia e di dieci anni.
Alla sella la visuale dei colossi del Gran Sasso impressiona, Intermesoli appare più nero della notte, il suo skyline ci ipnotizza per più di qualche minuto, un grosso cumulo nembo invece avvolge la nostra meta in un grigio quasi lucente, alcuni cirri sovrastano di qualche metro anche le altre punte, ma solo sua maestà risulta sempre più impenetrabile già da sopra il brecciaio che iniziamo a salire quasi al galoppo .Il Grande Sasso ci avvolge dapprima nel buio e poi stende la sua coperta ricamata di gocce fino alla Conca degli Invalidi. I cirri sopra le altre vette e sul Corno Piccolo appaiono chiari nel cielo scuro della notte, i colori e luci si invertono nelle tenebre e sembra quasi di guardare dei negativi fotografici di foto panoramiche. Quasi come in un quadro di De Chirico, l’ambiente dove bolle il the stanotte mi diventa sempre più metafisico, le chiazze di neve risplendono di cristalli ma i nostri animi sono turbati dalla spessa coltre sopra le teste e siamo così sudati, dal buon passo tenuto, che dobbiamo cambiarci le maglie ma coprirci per il freddo a cui andremo esposti da adesso fino in cima. Ci consultiamo se proseguire senza la soddisfazione del panorama o rimediare con Monte Aquila, ma i passi non hanno i nostri dubbi e tirano dritti verso l’alto.
Linda inizia a soffrire il calcare aguzzo sotto le zampe mature e non prova più i suoi famosi salti ma mi guarda aspettando un aiutino di tanto in tanto. Saliamo per vie vicine ma diverse, Ciccio più interno e io più esposto possibile in esterno, perché le pietre paiono più lisce alla mia lupa e dove la sensazione opprimente di questa nuvola mi pare meno soffocante. Finalmente ci affacciamo in un malinconico e vuoto ghiacciaio, si vede qualcosina verso il basso ma la vetta e le crode del calderone appaiono chiuse da un grigio ancora impenetrabile. Mancano solo 4 minuti all’alba cosi che accelerando il passo spacco il secondo per trovarmi in vetta dove, a uno sguardo deluso, si vede solo la croce e tanto grigio. Fa freddo e quasi vogliamo scappar giù subito ma io ho portato la moka e comincio ad armeggiare con il fornello.
La caffettiera pare sia tappata, il caffè par non vuole uscire se non con qualche goccia scura. Meno male che impiega tanto per borbottare, e per farlo a rate, così che, quando mi arrendo alla sola mezza tazzina, una potente luce gialla e arancio sbuca dalla vetta orientale perforando il cumulonembo, illuminandoci come un faro su di un palcoscenico nebbioso. Per qualche minuto la luce evapora ogni grigio e finalmente si intravede qualche dipinto ad olio dell’Abruzzo sotto le nostre zampe. Dieci minuti di apertura a chiazze variopinte, cattedrali verticali, anfiteatri rocciosi da ammirare, per un attimo anche il miraggio del mare e qualche tela di acquerelli appesa nella bruma, hanno pienamente appagato tanta fatica…e lo spettacolo diurno è solo alla prima scena.
La discesa inizia con un cielo che ci ingloba nel suo umido grigiore opaco. Par scendere di nuovo la notte a tratti per la poca visibilità o per un sole ancora radente tra la nebbia e l’ombra imponente di sua Maestà. Preziosi momenti nel nulla e nel silenzio ci quasi attraversano dentro, con vapori di nuvole, ci rende ciechi ma quando schiarisce improvvisamente è splendore, è maestosità, è poesia.
Il mattino è appena sorto,
come quattro spettri
ci aggiriamo leggeri,
con la testa tra le nuvole e
i nasi dei cani come guide.
Adesso schiarisce ed il tetto dell’appennino
diventa una stretta al cuore possente.
A volte tremo ma non è paura,
semplicemente si apre ancora e
si vede chiaramente.
Siamo in bilico tra il cielo e la terra,
fortunati o maledetti,
di sicuro soli:
noi, le nuvole e
sua maestà il Gran Sasso.
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