Trekking Alta Via dei Silenzi

Data: agosto 2020
Regione e provincia: Friuli Venezia Giulia/Veneto
Località di partenza: Sappada
Località di arrivo: Vittorio Veneto
Tempo di percorrenza: 9 giorni
Chilometri: circa 200 km
Grado di difficoltà: sentieri E/EE/EEA
Periodo consigliato: estate
Dislivello in salita: circa 10.000m
Dislivello in discesa: circa 10.000m
Quota massima: circa 2300m


Descrizione

Buongiorno a tutti!
Presento la mia gita di più giorni fatta nell'estate 2020. Ho scelto appositamente l'Alta Via dei Silenzi, la più solitaria, proprio per stare distante dalle tribolazioni di quest'anno. Le foto fatte con un vecchio cellulare non sono di grande qualità.

Partenza in data 18/08/2020.
Lasciata l'auto a Vittorio Veneto, ho preso un autobus che mi ha portato a Ponte delle Alpi (a causa di lavori sulla ferrovia, la linea era interrotta).
Da qui ho fatto il primo cambio prendendo il treno direzione Calalzo di Cadore.
E poi ho preso la mia seconda coincidenza: nuovo autobus da Calalzo di Cadore a Cima Sappada.
Le coincidenze sono più d'una ma sono abbastanza ravvicinate quindi in 3/4 ore al massimo si riesce dalla fine dell'AV6 a raggiungerne il suo inizio.

Il tracciato originale dell'Alta Via n°6 trovato al rifugio Sorgenti del Piave
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1° giorno: da Cima Sappada al rifugio Sorgenti del Piave - 9 km, 550 D+

Molti saltano la tappa del primo giorno perché il secondo giorno si tornerebbe comunque a Sappada e perché la salita è in gran parte su asfalto, ma non mi pento di averla fatta: la strada è si su asfalto, ma è piacevole e non trafficata ed è un'ottima prima tappa per scaldare i muscoli per le tappe successive e breve il giusto per poterla affrontare anche il pomeriggio. Il rifugio Sorgenti del Piave è accogliente, prezzi onesti e si sta bene. Consigliato.

La partenza sotto la pioggia non è delle migliori
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Però poi il cielo si apre e il Monte Prealba inizia a farsi ammirare. La strada lungo l'asfalto è piacevole e le auto sono rare.
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Le sorgenti del Piave, destinazione della prima tappa
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2° giorno: Da Rifugio Sorgenti del Piave - Laghetti d'Olbe - Sappada - Passo Elbel - Rifugio Fratelli De Gasperi - 23 km, 1500 D+

Il secondo giorno dal rifugio Sorgenti del Piave a quota 1800m si sale ai 2300m del Passo del Mulo per una salita a tratti ripida. Non incontro nessuno, ma è ancora presto e io sono già alto di quota.

Dal Passo del Mulo a nord lo sguardo spazia sul Monte Prealba (a dx) e sul confine austriaco che passa lungo la cresta di quelle montagne verdi e regolari.
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Mentre a sud i bei laghetti d'Olbe luccicano con una chiesetta in posizione panoramica. Più distanti invece le future mete del mio viaggio.
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Dal Passo del Mulo bisogna perdere 1200m di quota per tornare a Sappada e puntare verso sud. La discesa dai laghetti d'Olbe inizia a esser ripida, prima su sentiero e poi su pista da sci lungo una stradina cementata che mette alla prova le gambe a causa della sua rigidità. Via via che mi avvicino a Sappada inizio a trovare sempre più gruppi e famiglie in gita.
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Attraverso Sappada ortogonalmente fra stradine e ciclabili e imbocco il vallone di Enghe all'inizio lungo una strada sterrata di esbosco (danni di Vaia anche qui) e poi lungo un sentiero che si appoggia alle pareti di sinistra della foto.
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Sentiero ripido, ma non difficile. Si raggiunge dapprima una bella cascatella benefica dove riposarsi e poi, superato lo spallone, si raggiunge il circo glaciale di passo Elbel. Foto verso nord, Sappada è laggiù.
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Da qui con qualche saliscendi in mezzo al bosco si raggiunge il rifugio Fratelli de Gasperi da cui la vista spazia sulla Valle di Tolmezzo. Rifugio ottimamente gestito, lo consiglio vivamente.
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3° giorno: Da Rifugio Fratelli De Gasperi - Forcella Lavardet - Rifugio Tenente Fabbro - Casara Doana - Passo del Landro - Albergo Cridola - Rifugio Giaf - 30Km - 1400 D+

Questa sulla carta doveva essere una semplice tappa di trasferimento. Studiando la cartina (in rete non si trovano molte informazioni sull'AV6, figuriamoci una traccia gps), sembrava una tappa non troppo lunga e con dislivelli minimi. E invece non bisogna mai sottovalutare il percorso.

Alba dal rifugio
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Dal rifugio Fratelli De Gasperi ho rifatto il percorso del giorno prima fino a raggiungere Casera Mimoias per poi cambiare strada e risalire la Val Pesarina. Qui in foto i ruderi delle stalle proprio sotto le creste del Mimoias.
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Il percorso si snoda prima su sentiero e poi lungamente per carrarecce e strade sterrate.
Anche qui sono presenti gli schianti avvenuti ad opera di Vaia, ma sono meno insistenti di quelli trovati il giorno prima a Sappada. La strada che fino a questo momento è stata in leggera discesa risale prima per comoda sterrata a Forcella Lavardet e poi scende sempre lungamente per strade sterrate che attraversano boschi silenziosi ed isolati. Non incontro nessuno. Il nome Alta Via dei Silenzi qui acquista il suo perché. Bellissimi posti adatti a facili escursioni e giri in mtb, ma da quanto ho capito la strada statale sul fondo della valle è a traffico limitato, zone quindi difficilmente accessibili.
Si torna quindi a salire sempre per strade sterrate fino al Valico di Cima Ciampigotto dove, dopo 13 km, incrocio una strada asfaltata e le prime persone. Qui se si vuole si può smezzare la tappa. E' presente il Rifugio Tenente Fabbro. Più un alberghetto che un rifugio in realtà.

La Val Pesarina che si costeggia sempre sul versante destro in risalita. I monti rocciosi sullo sfondo sono il Monte Tudaio di Razzo e il Monte Tiarfin. Zone che l'AV6 aggirerà sulla destra scendendo al passo della Mauria.
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Su queste sterrate non si fa troppo fatica e si macinano km
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Posti ameni e bellissimi. Prati sotto il Monte Pupera Valgrande e il Monte Brentoni
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Sotto il Monte Tudaio di Razzo e il Monte Tiarfin in prossimità del Valico di Cima Ciampigotto
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Dal Valico di Cima Ciampigotto bisognerebbe seguire la strada asfaltata in discesa verso est per qualche km e poi risalire la sterrata fino a Casara Doana. Cercando di accorciare la strada, individuo su carta un sentiero che parte dal valico e scende più diretto affiancando l'impluvio di un torrente. Il sentiero in realtà è messo un po' male, squassato da qualche alluvione, ma in breve mi permette di raggiungere il fondo della valle e di prendere l'ennesima sterrata (stavolta più pendente) che mi porta ai 1950 m di quota di Casara Doana, punto più alto della tappa di oggi. Il posto è caratterizzato da uno splendido pascolo con una casara ristrutturata e in funzione. La vista spazia dai monti vicini fino alle Dolomiti Venete.

Casara Doana
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La vista sopra a Casara Doana. Quelli in primo piano dovrebbero essere Monte Schiavon e Monte Pupera Valgrande, mentre in lontananza Tre Cime e Cristallo
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Il percorso da Casara Doana continua in un susseguirsi di saliscendi che avevo sottovalutato. Anche se i sentieri sono facili, la traccia è poco battuta e segnata male. Qualche segno sbiadito, qualche fettuccia da cantiere ogni tanto indicano che il passaggio è veramente rado. Il sentiero spesso non c'è, coperto dall'erba alta.
Bisogna ragionare e cercare la traccia. A volte credo di essere in un punto della cartina, ma le curve di livello o la direzione di una curva del sentiero poi mi smentiscono. La stanchezza poi ci mette del suo.
Finalmente mi ritrovo e individuo un nuovo taglio che mi permette di evitare Passo della Mauria risparmiando qualche Km a fronte di un po' di dislivello in più. La traccia è un po' labile e ripida, ma la direzione è una sola, non si può sbagliare: spunto così dietro l'Albergo Cridola. Da qui attraverso la statale, poi supero il Tagliamento che qui è solo rigagnolo e proseguo verso sud in direzione Forni di Sopra.
Qualche km prima dell'abitato incrocio la strada e poi il sentiero abbastanza ripido che conduce al rifugio Giaf. E' una giornata calda anche a 1000m di quota e sono abbastanza cotto dopo 8 ore di cammino. Fortunatamente trovo all'imbocco del sentiero una fontanella benefica che permette di ristorarmi. Risalgono pigramente il sentiero mentre incrocio parecchie persone in discesa.
Ormai giunto mi concedo una radler osservando i paretoni dei Monfalconi fare bella mostra di sé.

Rifugio carino, nuova gestione simpatica ed entusiasta. Consigliato.

Tratto fatto in discesa con qualche fettuccia appesa agli alberi. Con la nebbia sarebbe stata dura trovare la strada
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Sotto il Rifugio Giaf
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4° giorno: Da Rifugio Giaf - Forcella Scodavacca - rifugio Padova - Fosso degli Elmi - Forcella Spè - Casera Laghet de Sora - 17 km - 1700m D+

Finalmente si entra nel cuore dell'AV6. Il motivo per cui ho scelto questa Alta Via è ammirare questi gruppi montuosi tanto selvaggi e isolati.
Dal rifugio Giaf l'AV6 si divide e presenta alcune varianti che portano o al rifugio Padova o al rifugio Pordenone su due distinti versanti degli Spalti di Toro. Nonostante siamo nel parco delle Dolomiti Friulane molti sentieri sono lasciati a se stessi e l'erosione fa il suo corso rendendoli in molti casi impraticabili. Essendo la prima volta che mi addentro in questi luoghi scelgo la variante più semplice che passa sul versante nord degli Spalti di Toro e affianca il Monte Cridola.
Dal rifugio Giaf parte una salita di 600m abbastanza ripida che si fa sentire sulle gambe ancora intorpidite per scavallare la forcella Scodavacca.
Alte pareti e ghiaie tutt'attorno. Bellissimo posto. In discesa la sassaia cede spazio prima ai mughi e poi a boschi di faggi ed abeti prima di arrivare al rifugio Padova: luogo bucolico pieno di famiglie dove un ristoro è d'obbligo.

Salendo a forcella Scodavacca vista sugli Spalti di Toro da nord
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La sassaia a forcella Scodavacca
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Bivio a forcella Scodavacca. Verso nord si risale il Cridola
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Rifugio Padova
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Dal rifugio Padova il percorso per raggiungere il rifugio Tita Barba si fa ondulato con diversi saliscendi nel caldo del bosco. Più mi allontano dal rifugio più le persone diminuiscono. Saranno i rari segni, sarà la stanchezza o la distrazione, ma nell'attraversamento di un ruscello invece di continuare lungo il sentiero principale vedo un segno bianco-rosso che risale il canale e lo imbocco. In realtà ho sbagliato sentiero, ne ho preso uno più impegnativo che taglia il rifugio Tita Barba e risalendo il Fosso degli Elmi raggiunge comunque la mia prossima meta che è Forcella Spè..
Il sentiero si fa via via più pendente, prima lungo il torrente nel bosco e poi risalendo un canale ghiaioso reso faticoso anche dal sole a picco. Uscito dal canale giungo in un bellissimo lariceto dove mi concedo una siesta in vista di Forcella Spé.

Il Fosso degli Elmi all'inizio è un torrentello invitante,...
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Dal basso vista sul Cadin di Toro e sul Cadin degli Elmi
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Il lariceto con magri pascoli e in fondo il prossimo obiettivo: Forcella Spè
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Raggiunta forcella Spé si entra in un altro ambiente. Il silenzio impressiona e un po' intimorisce, nemmeno gli uccellini si fanno sentire. Siamo nel cuore del parco delle Dolomiti Friulane dove la wilderness è prepotente e preponderante. No strade, no impianti, no affollamenti, proprio quello che cercavo e che ormai altre Alte Vie hanno perso.
Il sentiero dalla forcella diventa subito mal messo già all'inizio della discesa: no roccia, no erba bensì si cammina su sabbia. Fortunatamente il tratto sabbioso dura poco, poi si torna a camminare in un sentierino fra i mughi, ma bisogna stare all'occhio per non sbagliare traccia, i segni sono radi e scoloriti. Qualche traverso e attraversamento di canaloni richiedono un po' più di attenzione, ma con il bel tempo non ci sono grossi problemi. Attraverso qualche valletta e qualche forcella in questa maniera (Val Misera, Val di Laris, forcella di Pedescagno) e girato l'angolo individuo finalmente la meta della giornata: Casera Laghet de Sora. In mezz'ora sono lì.
Una serata in bivacco proprio ci voleva: mi godo una meritata cena con tramonto sulle Postegae e sul Pramaggiore e una stellata come non ne vedevo da tanto tempo.

La vista verso sud da Forcella Spé
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L'inizio della discesa da Forcella Spé. Qui una scritta che indica che il sentiero verso il bivacco Gervasutti è chiuso
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Ogni tanto qualche segnale si trova...
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Il ravanamento è d'obbligo qui
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Il percorso fatto a ritroso
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Il traverso sotto Cima dei Frassin non è problematico col bel tempo
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Casera Laghet de Sora con dietro illuminate le pareti di Cima dei Preti
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Cima dei Frassin e un manto di stelle sopra la testa
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5° giorno: Da Casera Laghet de Sora - Val Cimoliana - Ponte Compol - Forcella Duranno - Rif. Maniago - 20 km - 1600m D+

Eccoci arrivati alla tappa clou dell'AV6. Avevo studiato questa tappa a tavolino per ben benino. L'AV6 proseguirebbe infatti in quota partendo da Casera Laghet de Sora e scavallando 3 forcelle: forcella dei Drap, forcella dei Cacciatori e forcella Compol prima di raggiungere il Bivacco Greselin. Il percorso, dalle informazioni recuperate in rete, è degradato e non più mantenuto: segni radi e sentiero eroso mi lasciavano un po' perplesso, ma l'idea era comunque di raggiungere il bivacco Greselin e poi scendere a Ponte Compol e quindi a Cimolais. Si perché dal bivacco Greselin il percorso originale rimarrebbe in quota, scavallerebbe forcella dei Frati e poi raggiungerebbe forcella Duranno. Peccato che questo pezzo sia messo anche peggio e quindi scartato a priori.
Le previsioni meteo però mi tolgono ogni dubbio: sono previsti i tipici temporali estivi dal primo pomeriggio. Cambio quindi al volo il percorso e decido di scendere diretto in Val Cimoliana attraverso il sentiero 390 lungo un sentiero piacevole e che attraversa una diversità di ambienti incredibile. Mi scoccia non aver proseguito nella parte più selvaggia che aggira Cima dei Preti, ma anche il giro B non è affatto male.
La Val Cimoliana in fondo al sentiero è veramente spettacolare. Si cammina per questa stradina asfaltata con il naso letteralmente all'insù catturato da pareti, anfratti, piani inclinati. Una meraviglia per gli occhi!
Dopo qualche km arrivo a Ponte Compol e da lì inizia il salitone di giornata: 1500m fino a forcella Duranno passando per casara Lodina. Salendo, il tempo nel frattempo si annuvola. Quasi in forcella sento i primi brontolii, per fortuna sono quasi in cima. Poi in discesa corricchiando qua e là riesco ad arrivare al rifugio Maniago prima del sopraggiungere del temporale.
Rifugio Maniago che mi sento di sconsigliare per la scortesia dei proprietari. L'avessi saputo sarei sceso di altri 500m al rifugio Casera Mela.
Pochissime foto oggi. Avevo il cell scarico.

Cima dei Preti quasi dal fondo della Val Cimoliana
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Tramonto post temporale dal rifugio Maniago
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6° giorno: Da rif. Maniago - Val Zemola - Erto - Cimolais - 16 km - 300m D+

Oggi meritata tappa relax. :)
Dal rifugio Maniago l'AV6 discende la Val Zemola. Me la prendo con molta calma. Il percorso anche qui è molto bello prima per boschi rilassanti, poi il fondo ghiaioso del torrente Zemola e poi dove la valle si stringe e diventa forra ci si accosta alle pareti prima su strada sterrata e poi su asfalto. Arrivo a Erto, il caldo è arrivato anche qui. Faccio un po' di provviste in un negozietto e poi inizio a cercare un posto dove dormire,
Dopo qualche chiamata trovo posto solo a Cimolais. Ci sarei dovuto arrivare il giorno dopo, ma poco male, ho il pomeriggio per farmi con calma gli 8 km di statale che separano Erto da Cimolais. Sapevo che le difficoltà di questa alta via risiedevano anche nei trasferimenti.

Dalle Giare in Val Zemola vista sul Duranno (a destra forcella Duranno)
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L'alta via è anche questa. Trasferimenti logistici un po' pallosi.
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Cimolais
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7° giorno: Da Cimolais - Val Chialedina - Forcella Valbona - Alpago - Rif. Dolada - 26 km - 2300m D+

Nella guida che sto usando, l'AV6 si biforca. Si può superare il massiccio del Col Nudo da ovest partendo da Erto, oppure da est partendo da Cimolais. Io scelgo la seconda variante un po' perché logisticamente è più conveniente e un po' perché sulla carta questo tracciato mi ispira di più.
Partenza di buon mattino. Dal pomeriggio sono segnalati temporali e di strada oggi ce n'è da fare parecchia.
Infatti, il punto di arrivo per la tappa di oggi indicato nella guida è in una caverna poco sotto forcella Valbona, ma non ho nessuna voglia di passare la notte in una caverna poco invitante. Preferisco fare un po' più di strada, uscire leggermente dall'AV6 e raggiungere il rif. Dolada.
Lasciato il paese in direzione sud e dopo aver raggiunto il cimitero si prosegue lungo una ciclabile asfaltata in leggera discesa. Per 5 km si costeggia il torrente Cimoliana, ora un rigagnolo, ma dalla larghezza del letto del torrente si capisce che quando s'incattivisce anche questo torrente può far paura. La ciclabile sbuca sulla statale in prossimità del confluire del torrente Cimoliana nel torrente Cellina. Bisogna proseguire per circa 1,5 km lungo la statale stando attenti a non farsi stirare da auto e camion fino a raggiungere l'abitato di Cellino di Sopra.
Nonostante la statale, il paesaggio qui è affascinante. Acque turchesi in basso e alte pareti che puntano verso l'alto. Con un occhio si tiene d'occhio il traffico e con l'altro si ammira il paesaggio.

Un inizio riposante immerso nella nebbia
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Il torrente Cellina ed in fondo Cima dei Preti
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A Cellino di Sopra s'imbocca la solitaria Val Chialedina. Dai 500m di quota bisogna raggiungere i 2100m di Passo Valbona. Mi metto l'animo in pace, per le prossime ore ci sarà da sudare. L'inizio in realtà è facile: si prosegue per una lunga strada sterrata con poca pendenza. Incontro credo l'unica persona presente in valle: un cacciatore venuto a controllare dove si appostano i camosci.
Dopo qualche km la strada lascia posto al sentiero e ci si avvicina sempre più alla muraglia che cinge tutta la valle: il Crep Nudo e il M. Teverone a sud e il Col Nudo a Ovest. La sguardo verso l'alto mette un po' soggezione.
Il sentiero inizia a impennarsi per superare alcuni risalti rocciosi: alcuni facili tratti attrezzati permettono di superare i tratti più pendenti.
Superati gli ultimi canalini, si cambia scenario e fra rocce e prati si prosegue in salita. Qui con la nebbia sarebbe un casino, i segni sono rari e sbiaditi; devo fare attenzione a non sbagliare percorso.
Finalmente dopo 3h30' di salita raggiungo Passo Valbona.
Poco sotto il passo si nota la caverna dove avrei dovuto passare la notte.

La prima parte della Val Chialedina
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La muraglia del M.Teverone ma la foto non rende giustizia
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Strane formazioni rocciose sotto il Col Nudo
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La freccia indica l'ipotetico punto tappa di oggi :D
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Ma siamo a mezzogiorno e ho ancora tempo per allungare il percorso fino al rif. Dolada dove troverò un ben più invitante letto.
Il tracciato che avevo intenzione d'intraprendere prevede di lasciare l'AV6 e innestarsi sull'AV7 visto che al passo Valbona s'incrociano per fare le creste del Col Mat e poi scendere al rifugio Dolada.
Quelle nubi minacciose che si vedono in foto mi mettono un po' di apprensione, quindi preferisco scendere in Alpago, continuare per strade sterrate fino a prendere l'ultima salita di 500m per giungere al rif. Dolada. Fra l'altro sarò poi beffato perchè non vi sarà nessun temporale e il meteo volgerà al sereno.

In primo piano il Col di Piero e in secondo piano il Col Mat con le sue creste
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Il lago di Santa Croce dal rifugio
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8° giorno: Da rif. Dolada - Alpago - rif. Semenza - 27 km - 1600m D+

Partenza di primo mattino con un bel cielo terso. Scendo di 500m di quota dal rifugio Dolada per altro sentiero rispetto a quello fatto all'andata il giorno prima. Raggiungo il rifugio Carota e poi prendo strade sterrate comode e rilassanti che mi permettono di ricongiungermi dopo 6 km con l'AV6 e ritornare nel tracciato originario.
Attraverso strade sterrate e poi asfaltate, ma sempre molto tranquille e senza traffico e raggiungo il primo centro abitato: San Martino, fornito di un provvidenziale minimarket dove fare rifornimento di generi alimentari. Dopo una settimana a mangiare pastin, frico e polenta ho proprio bisogno di qualcosa di estivo! Il caldo in questi giorni di agosto si fa sentire parecchio anche a 1000m di quota.
L'ambiente attorno non è proprio montano, sembra di camminare in collina fra piccole frazioni e casette trasformate in seconde case.
Le montagne si stagliano poco distanti a nord. Sopra quelle creste passa l'AV7 intersecato il giorno prima.

Le fontane fortunatamente non mancano
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Il lago di Santa Croce
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Seconde case un po' ovunque
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Anche in questa zona l'AV6 è segnata male, non c'è il pericolo di perdersi, ma di allungare di lunghezza e dislivello il percorso, quello si.
Per cui cammino con la cartina in mano in un dedalo di sentieri e mulattiere cercando sempre la strada più breve in questo attraversamento dell'Alpago da ovest verso est. A volte, nonostante la cartina, imbocco qualche sentiero che non porta da nessuna parte, ma in qualche modo raggiungo le varie frazioni di Funes, Irrighe, Mont: tutte fornite di preziosa fontana.
Dopo 20km finalmente arrivo all'agriturismo Malga Cate. Non è la destinazione finale di oggi perché l'agriturismo da quest'anno è chiuso. Ahimè sarebbe stato un ottimo punto tappa. E invece.... dopo 20 km di saliscendi manca ancora da fare la salita finale al rifugio Semenza.

Da qui si ritorna a pestare sentieri di montagne, s'imbocca infatti la Val Salatis, bellissima valle delimitata dai monti Messer e Sestier con le loro creste e ghiaioni. Fa parecchio caldo, ma basta girare l'angolo, salire un po' di quota e vedere il sole scomparire fra le nubi, che è necessario indossare l'antipioggia.
Nella parte finale la Val Salatis lascia il posto alla Val Sperlonga. Ultimi metri di dislivello piuttosto ripidi e si scavalla forcella Laste per giungere brevemente al rifugio Semenza. L'idea era salire al Cimon del Cavallo, son solo 100m di dislivello, ma sono arrivato abbastanza cotto, non ho ancora smaltito la tappa di ieri e anche quella di oggi, forse complice il caldo, non è stata una passeggiata.
Ma una birra, una cena e una chiaccherata col rifugista e mi sento già meglio. Vengo a sapere che sono il terzo a passare per l'AV6 quest'anno.
Un'alta via decisamente sottovalutata, ma forse bella anche per questo.

La Val Salatis
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La Val Sperlonga da Forcella Laste
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Cimon di Palantina
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Tramonto dal rifugio Semenza, vista sul Cansiglio
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9° giorno: Da rif. Semenza - Alpago - M.Pizzocco - Vittorio Veneto - 41 km - 800m D+

So che sarà una lunga tappa se voglio completare l'AV6 in giornata, quindi chiedo al rifugista di anticipare la colazione.
Mi sento abbastanza riposato e sapendo che il percorso si snoda per facili strade e sentieri, per di più in discesa, penso riuscirò ad anticipare i tempi previsti. In realtà ho sottovalutato il percorso: non pensavo di dover macinare tutti quei km!

Inizio una ripida discesa dal rifugio Semenza nel vallone che costeggia il Cimon di Palantina e in breve prima su sentiero sassoso e poi in un bosco di larici ed abeti raggiungo Casera Palantina. Posto idlliaco dove faccio già una pausa veloce per mangiare qualcosa e studiarmi la cartina. Si prosegue poi per un lungo sentiero rettilineo in discesa dentro un bellissimo bosco di faggi fino a raggiungere la contrada di Canaie.
Qui si iniziano a vedere i danni di Vaia ed anche una strana cosa: i segni bianco/rossi sugli alberi sono frequentissimi e ad un bivio trovo i segni in entrambe le direzioni! (troppi informazioni = nessuna informazione). Fortunatamente con l'aiuto della cartina trovo il sentiero corretto e inizio a scendere per un vallone incassato nel bosco. Più mi addentro, più devo scavalcare alberi caduti e fare contorsionismi fino a quando mi rendo conto che di questo passo non vado da nessuna parte. Un po' incazzato risalgo al bivio che avevo preso un'ora prima e decido di proseguire lungo la strada asfaltata per percorso più noioso, ma sicuro. I danni di Vaia in queste zone sono imponenti. Versanti completamente spogli di alberi, rimangono solamente distese di ceppi (mi chiedo se verranno mai rimossi o rimarranno lì per sempre a marcire) e le macchine per l'esbosco al lavoro.
Dopo qualche km arrivo a Campon dove cambio strada rispetto a quella prevista dall'AV6 onde evitare nuove sorprese con sentieri chiusi. Così prendo la strada asfaltata che va ad attraversare il Pian del Cansiglio: una grande piana erbosa contornata da boschi. In realtà questo pezzo è parecchio noioso e gli scarponi con l'asfalto non vanno molto d'accordo.
Arrivo in fondo alla piana erbosa e prendo a destra nel bosco l'unica salita di giornata: quella verso il Monte Pizzocco.
I faggi lungo il percorso sono tutti pennellati di bianco/rosso. Ormai c'ho rinunciato ad usare la segnaletica; mi affido alla cartina che fortunatamente è piuttosto precisa e permette di utilizzare anche sentieri secondari. Dopo un'oretta raggiungo fra la nebbia la cima del Pizzocco con il rifugio Vittorio Veneto. Ho fatto 25 km inizio a essere un po' stanco, ma credo di aver fatto la maggior parte della fatica: dalla cima si vede la pianura e Vittorio Veneto 1500 m più in basso. Rinvigorito da quella visione inizio a scendere per il ripido sentiero. La visuale sulla pianura è costante, cambia solo lo scenario a fianco, dai pascoli, al bosco più rado ed infine a quello più fitto.
Però ad un certo punto forse per la distrazione, forse per la stanchezza sbaglio sentiero e ne prendo uno che scende sul versante est invece che ovest. Me ne accorgo 15 minuti dopo, ma la voglia di tornare indietro non c'è, quindi decido di proseguire per la strada ormai intrapresa. Sbuco a Fregona e scendo a Vittorio Veneto su strada asfaltata. Gli scarponi e il caldo mi hanno soffrire nella parte finale; sono cucinato a puntino, ma soddisfatto di aver terminato.
Mega gelato + pizza sono la ricompensa.
E così si conclude la mia alta via dei silenzi.

Casera Palantina
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Attraversando Pian del Cansiglio
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I boschi del Cansiglio
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Pascoli
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..e radure
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Vista sulla pianura dal Pizzocco
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L'ultimo segnale che ho incontrato scendendo... poi mi son perso
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Materiale usato per documentarmi

In rete ho trovato:
- questa guida abbastanza dettagliata, propone anche alcune varianti di varia difficoltà. Attenzione a non prenderla troppo alla lettera; la guida è del 2005 e nel frattempo alcuni sentieri sono stati dismessi o sono in cattivo stato di conservazione.

- questi video di una coppia di danesi che l'hanno percorsa di recente (poverini sono stati un po' sfigati con il meteo)

Inoltre nel mercato dell'usato ho trovato anche questo libricino della Tamari Editore del 1979 anch'esso ormai superato per quanto riguarda lo stato dei sentieri, ma io l'ho trovato utile ed interessante. Permette di capire le caratteristiche e la storia dei luoghi che si stanno percorrendo.
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Cartine tabacco utilizzate: 01-02-12-21

Per il resto che dire... è un'alta via diversa dalle altre alte vie più classiche delle Dolomiti.
Passa per luoghi meno rinomati e famosi, se vogliamo anche un po' più sfigati. Dal punto di vista logistico è anche più incasinata:
non sempre c'è un rifugio ad attenderci a fine giornata a meno di non fare delle belle scammellate; inoltre ogni tanto bisogna pestare l'asfalto.
Però si è anche fuori dal grosso del flusso turistico per la gran parte del tempo. Anche a metà agosto.
In certi luoghi si respira quel poco di wilderness rimasta in Italia. E la solitudine potenzia le emozioni che si vivono.
Dal punto di vista tecnico nella variante più semplice ho trovato solo qualche cavo attrezzato. Si può aumentare la tecnicità del percorso scegliendo altre varianti nel gruppo dei Monfalconi e se si prosegue lungo il tracciato originale sotto Cima dei Preti.
Spesso invece è una costante la mancanza di una segnaletica adeguata, cosa da tener presente soprattutto in caso di maltempo o nebbia.
Se cercate però qualcosa di un po' wild non posso che consigliarvela.
 
Ultima modifica:
Grazie in anticipo per il resoconto, stasera lo leggerò bene.
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Bellissima relazione, molto dettagliata ed esaustiva. È un'altavia che vorrei fare anche io, ma che purtroppo è stata lasciata al suo infelice destino di abbandono.
 
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Vi ringrazio molto.

Vi lascio una foto presa dal libretto che ho linkato e che a me aveva impressionato nelle sere in cui mi studiavo il percorso. Questo è il tratto in abbandono che passa sotto Cima dei Preti. Peccato che tutti questi sentieri siano ormai lasciati a sé stessi, vuoi per scarso interessamento vuoi perché comunque la Natura fa il suo corso.

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Grazie @jegger per questo resoconto!!!

Bazzico da 30 anni queste zone, e nei miei giri in giornata ho incrociato moltissimi tratti dell'AV6.... direi quassi tutti i rifugi. Ho letto quindi con moltissimo interesse questo resoconto che li collega uno dietro l'altro!

Purtroppo ho avuto anch'io modo di vedere molti tratti di sentiero abbandonati a loro stessi...e non ho mai avuto difficoltà a comprendere come mai si chiamasse "Altavia dei silenzi"!
 
Che meraviglia!!! Grazie mille per il tuo eccellente foto-racconto!
Sono molto affezionato a queste cime… la mia palestra outdoor :wub:
 
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