Escursione Bivacco Bafile non innevato

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Giovanni52

Guest
Parchi d'Abruzzo
  1. Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga
Dati

Data:
Regione e provincia: Abruzzo; L'Aquila
Località di partenza: Stazione Superiore Funivia del Gran Sasso
Tempo di percorrenza: 3 ore con comodo
Grado di difficoltà: EEA
Descrizione delle difficoltà: v. immagini e testo;
Segnale telefonico scarso o a tratti

Descrizione

Se ad un amico dovessi delineare il Bivacco Bafile sul Gran Sasso d’Italia vorrei dirgli solamente:
E’ il Rifugio delle Ore Liete.
Questa sintesi mi è dettata dalla lunga esperienza di montanaro e scalatore maturata su quella catena di monti in un borgo dei quali sono nato.
Non che io voglia ribattezzarlo, beninteso, vorrei però metter una pulce nell’orecchio a chiunque ama la Montagna e la Natura. Allora, per intenderci meglio spenderò qualche parola circa quel bivacco trattando di alcune cose da esso offerte.
Il piccolo rifugio è veramente esposto a tutti i venti, stando lì l’olezzo di quel venticello fresco, frizzante, chiaro, schietto, allegro, sveglio, gioioso, piacente, insidioso, bizzarro che entra dalle narici del naso e s’allarga in tutto il corpo, raggiunge anche l’anima, corre a svegliare i pensieri più belli e li mette a giocare tra loro a nascondino. E pure il mare da lontano contribuisce in questo gioco mentre tutto il mondo appare diritto e bello. Però, come tutte le cose belle nella vita, il Bafile va guadagnato con volontà e forze fisiche, la buona intenzione non basta. Del resto è l’Inferno ad esser lastricato di buone intenzioni. Il Bafile no perché sta in Paradiso.
A 150 metri a monte del Sassone, il sentiero proveniente dalla sella di monte Aquila per il Corno Grande è scisso in due sotto un grosso roccione il quale, posto tra l’acclive per Campo Pericoli a ponente e la scoscesa e sassosa valle dell’Inferno a oriente, rende ancor più evidente questa biforcazione; la via Direttissima mena a sinistra e il più impegnativo sentiero per la forchetta del Calderone e il Bafile a destra. In inverno la prima via è quasi elementare, quella per il Bafile invece è pericolosa e può risultare difficile anche a chi cresciuto su queste montagne conosce ormai ogni loro sasso, ogni loro forma ogni colore.
In estate, senza neve, il percorso richiede ugualmente un marcato ed equilibrato senso della montagna e pertanto prima ancora di andare sarà bene riflettere anche su quel tal piacevole venticello che molto ispira, ma che potrebbe rivelarsi un’orrenda canaglia, un branco di cani che tormentano da ogni fianco la loro preda e vogliono buttarla giù ad ogni costo, senza stancarsi nel tentar di farlo, scovandola da dentro ogni riparo e anzi impedendo tanto non solo il suo andare ma anche il suo tornare.
Non alludo quì a quel grosso canone nero con cui una volta mi imbattei a qualche decina di metri dalla prima scala. Questi da lontano pareva che contro di me venisse, aveva la testa alta, mi fissava con il suo profondo rigido sguardo mentre io, solo, stavo al suo cospetto. Teneva la sua bocca ben serrata, spesso si leccava i baffi mostrando per un attimo i suoi aguzzi, bianchi agghiaccianti forti denti, non abbaiava perché, pensai che volesse mordere.
Povera bestia, forse s’era perduto o forse era stato abbandonato, stanco, assetato, affamato, disorientato. Mi vide, venne verso di me, lento, calmo, pacato e lungimirante, dignitoso, mi annusò. si acciambellò ai miei piedi, supplicandomi come meglio poteva di fargli bere un po’ d’H2O e mangiar qualcosa, dargli un aiuto e poi se ne sarebbe andato. Mi fermai, lo accarezzai perché in verità aveva bisogno anche di affetto. Da quel mantello, scuro come la pece quelle carezze fluirono fino alla sua anima, scodinzolò.
Ed aveva sacrosante ragione quel grande filosofo nel sostenere che lo scodinzolio di un cane esprime l’amicizia più sincera che un uomo possa ottenere nella sua vita su questo mondo.
Nella targhetta del collare non recava un numero né un simbolo né un nome. Gli detti le mie due fette di pane con pecorino e prosciutto crudo, gli detti la carne di un’intera scatoletta e lo feci bere abbondantemente bagnandogli pure la testa tormentata da un sole rovente. La borraccia si svuotò. Telefonai al 113 che mi passò la Forestale che prese nota, ma tutto finì là banalmente, senza chiedere nemmeno chi io fossi. Dovevano aver avuto il dubbio, l’impressione di una presa in giro …come quella che assalì il dottor Azzecca-garbugli mentre leggeva la grida al povero Renzo. Ma che potevo fare ancora? Da quando non mi accompagnava più, la povera Kelly mi aspettava a casa silenziosa come sempre, nell’appartamento in cui vivo. In quel bel condominio dove quando mi incontrano con Kelly a fianco, già da lontano tutti si irrigidiscono indignati accomodati all’alterigia e al disprezzo, cercano la larga. Ai miei condomini auguro comunque di non aver mai bisogno dall’abbaio del cane.
E così proseguimmo ognuno per le nostre strade, girandoci ogni tanto finchè sparimmo alla vista l’uno dall’altro.
A parte qualche frastagliata roccetta da superare subito dopo l’incrocio, quando si va al Bafile la prima emozione è proposta dalla scaletta di 2 metri fissata contro una paretina verticale esposta nel vuoto sulla profonda valle dell’Inferno. Proprio da qui inizia una entusiasmante sorta di scalata. Colui che tutti i giorni è sottoposto alla monotonia schiacciante e fuorviante della vita quotidiana percepisce la reale sensazione di lasciare tutto e tutti in pochi metri in pochi istanti, mentre lui sale elevandosi verso l’alto, forte rigoglioso e leggero. E in alto si sale, su per la via ferrata che da una cengia all’altra fa superare un balzo di parete fino al belvedere, una roccia spianata e stretta che si affaccia quasi a picco sulla profonda valle sopra nominata.
Un cordino attorno al corpo e due moschettoni rilasseranno il miocardio di tutti, anche di quelli a cui l’emozione fa promettere di non tornarci mai più. Un cordino sarà utile anche ai già collaudati alpinisti dilettanti. Per amor di sincerità lo scrivente sottolinea che egli pure allontana spesso la tentazione di voler superare la paretina su per l’antica traccia che egli seguiva quando la corda fissa non c’era. Si sa, per gli scalatori non tutti i giorni sono uguali e una svista, generalmente causata da un eccesso di quella disinvoltura sovente manifesta in chi ormai conosce la roccia da decenni e anzi quasi parla con essa, può costar cara. Insomma se si vuol sicuramente campare altri cent’anni è bene godersi quell’emozione ignorando le persone stolte e i loro stupidi atteggiamenti beffardi. Costoro non sanno che la montagna sa aspettare e che solo le donne in amore sono gli unici ospiti da non far attendere. In montagna non si occorre arrivare per primi, si deve solo arrivare.
La paretina scivolosa ed esposta sopra la valle dell’Inferno è documentata insieme alla ferrata nei frame 3-7, il Belvedere è nel frame 8.
Dal Belvedere il paesaggio è squarciato verso sud, da ponente a levante spiccano monte Aquila, campo Imperatore, monte Bolza, Brancastello-Torri di Casanova-Infornace-Prena-Camicia, vetta Centrale e comba sottostante il Bafile, il quale si staglia quasi puntiforme nel cielo su una piazzola a metà altezza di un profilo di strati che precipita a sud nella valle dell’Inferno e a nord attraverso un tratto alpinistico porta quasi diritto verso il torrione Cambi e sulla vetta Centrale.
E così di salto in salto, afferrati a qualche altra breve ferrata e superati altri passaggi che richiedono attenzione, sarà bene voltarsi per imprimere meglio nella mente qualche dettaglio della via per il ritorno perché, in caso di nebbia fitta, alla prima si potrebbe restar disorientati.
Percorrere quei passi attrezzati è dilettevole e tanto soddisfacente che non tutti notano la targa inchiodata in alto nella roccia subito dopo una svolta, a ricordo di un giovane che lì dovette soffrire molto. E certo che egli era tutt’altro che sprovveduto giacché militava nel Reggimento “Tuscanica” dei Carabinieri Paracadutisti. Di fronte alla targa di questo ragazzo mi chiedo perché mai desiderio vigore ed entusiasmo a volte mascherano le cattive intenzioni della montagna.
Il percorso si fa ora quasi orizzontale a la missiva sul Bafile diventa più facile. Sulla comba la lingua di neve, se ancora resiste, non è molto scivolosa e non è difficile tagliarla. Qualche salto di roccia non esposto e non attrezzato si supera muovendo un arto per volta ma solo dopo aver individuato con sicurezza l’appoggio e l’appiglio. Di frequente una cordata si stende verticalmente sulla parete meridionale del Corno Grande o lungo una delle sue cenge e dà spettacolo all’escursionista in transito. Presso l’inizio della salita lungo la cengia inclinata che mena dritta per il Bafile, gruppetti di escursionisti ben attrezzati diretti al Calderone possono star a riprender fiato, fermi come pelandroni accovacciati. Dopo cinque minuti il Bafile è vicino! Lo dicono le pietre, lo dice l’aere, lo indica il sole, lo dice il cielo livido o azzurro con le bianchissime nuvole, lo confermano le corde d’acciaio che lo vincolano su quel pianoro fatto di pietre biancheggianti le quali già anticipano la lieta accoglienza. Il pianerottolo antistante il bivacco nulla invidia alla cima più alta su cui si intravedono allegre comitive di persone che hanno occupato quasi ogni sasso su cui potersi poggiare, e dove nemmeno un quadro può cogliersi libero per fotografare il paesaggio senza intrusi e sconosciuti.
Dal Bafile sembra che il canalone centrale istiga ad esser percorso per giungere sulla vicina cima. L’avventura è però scoraggiata dalla frequente caduta non solo di pietre ma di massi, causata spesso da inesperti che si allontanano dalla vetta occidentale spinti “a vedere cosa c’è” e così si infilano in quel ripido canale.
Può darsi che arrivando sul pianerottolo si é tratti subito a guardar lontano, poi ad un tratto sul sommo della porta si legge il suo nome. Lo spazio interno è proprio piccolo ma in ogni sua parte è ben ripartito e trattato, come ben ripartito e sapientemente trattato deve essere l’amore offerto a una donna quando la si ama per davvero. Forse il progettista del Bafile dovette essere un eccellente amatore.
Ad un fianco del casotto una cengia non attrezzata (solo chiodi) conduce fino al Paretone della vetta orienatele. Tutti sanno che quel percorso è proprietà di chi conosce bene il fatto suo. Del resto il Bafile è già qua, vispo saltellante e allegro come un cucciolo di cane che vuol giocare col suo padrone o di un gatto che va solo combinando guai.
Il resto, stupore meraviglia spensieratezza e astrazione ascetica che dal Bafile sgorgano è solo da prenderlo e riportarselo a casa magari celato, e a sera allorché tutto imbruna raccontarselo in silenzio prima di prender sonno, dal ricordo del Bafile affiorerà l’augurio di una buona notte e di un buon riposo.
 

Allegati

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Giovanni52

Guest
Mex, grazie del complimento, ma sono un solitario.
Cmq non sono bravo, ho anche commesso dei refusi.
Ciao
 
A

Andreatv

Guest
Impressionanti quei passaggi, bravo e grazie per averceli mostrati.

:)
 
Grazie davvero per la condivisione di queste immagini...:biggrin: hai scelto delle inquadrature ottimali per rendere l'idea del percorso :)
 
ciao Giovanni,
molto belle le foto! ho fatto recentemente il Bafile, avrei una domanda da porti.
Le ultime 3 foto riguardano la cengia obliqua, so solo che e' chiodata in alcuni punti e che porta, aggirando la vetta orientale, alle grandi vie di arrampicata sul paretone..hai maggiori informazioni su questo percorso?
Grazie in anticipo
 
Bella escursione!
Dalle immagini sembra che non tutti abbiano il kit da ferrata, una ascensione di quel tipo , in tutta onestà, deve essere intrapresa con tutte le precauzioni necessarie (casco e imbragatura).
Saluti prudenti!
 
"...l’olezzo di quel venticello fresco, frizzante, chiaro, schietto, allegro, sveglio, gioioso, piacente, insidioso, bizzarro che entra dalle narici del naso e s’allarga in tutto il corpo..."

A quanto pare la montagna ti ispira la scrittura aulica! :p

Beh il testo merita quasi quanto l'impresa escursionistica non so se farti i complimenti per questo o per quella! :)
 
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