- Parchi del Lazio
-
- Parco Regionale dei Monti Simbruini
Bocchetta del Viglio
Quota 1.936 m
Data 30 dicembre 2024
Sentiero segnato
Dislivello 1.091 m
Distanza 17,45 km
Tempo totale 8:09 h
Tempo di marcia 7:31 h
Cartografia Il Lupo Simbruini
Descrizione Da Filettino (1.007 m) per la Sella di Sant’Onofrio (1.408 m, +1,39 h), Serra Magliano (1.473 m, +17 min.) e la Bocchetta del Viglio (1.936 m, +3,11 h). Ritorno per Colle Albaneti, il Fontanile Casale (1.080 m, +2,06 h) e Filettino (+18 min.). Innevamento sottile e ghiacciato da quota 1.500/1.600 con difficoltà di progressione dopo quota 1.700 e rinuncia alla vetta del Viglio per mancanza di tempo per rientro in sicurezza. Avvistati due lupi nel bosco a quota 1.700.
https://www.montinvisibili.it/bocchetta-del-viglio
Bocchetta del Viglio, 30 dicembre 2024. Parafrasando Adriano Celentano (comunque su parole di Paolo Conte): “Cercavo l’inverno tutto l’anno e all’improvviso eccolo qua”.
In anni giovanili è stata la mia stagione preferita: anelavo il calare dei suoi freddi e delle sue intime atmosfere per lanciarmi per i monti su sentieri non più visibili, con la natura imprigionata nel ghiaccio e il crocchiare dei ramponi sotto gli scarponi. Una stagione che intrappola il mondo in una condizione simile alla morte e che non può non piacere quando la morte sembra solo una remota eventualità.
E me ne sono presi di rischi in quei lontani periodi: da solo in tenda ad alta quota, con lunghe traversate solitarie di più giorni, in bufere senza orientamento e in gelate salite notturne, o fendendo versanti valangosi in barba a bollettini che non arrivavano.
Poi, col far dell’età, l’interesse per il candido elemento è scemato, fino ad apparirmi soprattutto un ostacolo alla libera fruizione della natura. Intendiamoci, adoro ancora i silenzi di un bosco innevato, le incomparabili visioni di vette su vette sotto il manto bianco, la marcia agevole su neve compatta. Ma col tempo questi piaceri si sono attenuati a favore del verde e dei fiori, del tintinnare dei ruscelli e del cinguettio degli uccelli; e della relativa sicurezza delle lunghe percorrenze estive.
Sì, perché la montagna invernale riserva anche un più notevole grado di pericolo, a maggior ragione per un camminatore solitario.
Ma siccome lo scorso inverno mi sono fatto mancare la neve (come la scorsa estate il mare), ora voglio vedere se sono ancora capace di andar per ghiacci. Affardello quindi lo zaino con tutto il necessario e di buon mattino sono nella solitaria piazza di Filettino, con la corona dei monti invernali a fare da cornice.
Arrivando dalla pianura, la montagna interrompe lo sguardo, costringendo a pensare. Già… a pensare. E questo macigno sulle spalle mi fa pensare che, in ossequio alla filosofia che mi guida ormai da molti anni – più sei leggero più ti diverti – questo peso è un’altra delle ragioni che mi ha allontanato dalle nevi. Piccozza, ramponi, ghette, abbigliamento pesante, eventualmente le ciaspole (senza dimenticare che ci vorrebbero anche ARTVA, pala e sonda… ma tanto io sono solo…).
Mi è stato fatto notare che i materiali si sono evoluti e ora si può andare molto più leggeri anche d’inverno. Ma io mica ne sono tanto convinto. Picca e ramponi, sono d’acciaio, anche se con manici in alluminio; gli zaini sono più compatti e leggeri, ma poi non ci entra nulla; le giacche sono sottili, antivento e impermeabili, e ti arrivano però solo alla vita, vanno bene finché ti muovi, ma se ti fermi sei fottuto.
L’incidente di Natale sul Gran Sasso mi ha colpito per due ragioni strettamente connesse: la decisione di partire (e di non rinunciare alla vetta quando le circostanze lo richiedevano) anche se era previsto un peggioramento delle condizioni del tempo; l’inadeguata attrezzatura, a detta proprio dei due che hanno allertato i soccorsi: probabilmente scelta proprio per essere leggeri, veloci e anticipare il maltempo.
La mia vecchia giacca Berghaus Kolyma (dal nome di un gulag siberiano) pesa un accidente ma al limite ci posso dormire dentro; nei pantaloni hardshell a volte sento un po’ caldo, ma non ho bisogno di camminare per tenere calde le gambe; non rinuncerei a portare due paia di guanti e la coperta alluminata fa parte della dotazione standard di sicurezza, insieme a un po’ di vettovaglie in più.
In montagna niente ti mette al sicuro dal rischio, ma il rischio può diventare un elemento da gestire e sottomettere.
Quota 1.936 m
Data 30 dicembre 2024
Sentiero segnato
Dislivello 1.091 m
Distanza 17,45 km
Tempo totale 8:09 h
Tempo di marcia 7:31 h
Cartografia Il Lupo Simbruini
Descrizione Da Filettino (1.007 m) per la Sella di Sant’Onofrio (1.408 m, +1,39 h), Serra Magliano (1.473 m, +17 min.) e la Bocchetta del Viglio (1.936 m, +3,11 h). Ritorno per Colle Albaneti, il Fontanile Casale (1.080 m, +2,06 h) e Filettino (+18 min.). Innevamento sottile e ghiacciato da quota 1.500/1.600 con difficoltà di progressione dopo quota 1.700 e rinuncia alla vetta del Viglio per mancanza di tempo per rientro in sicurezza. Avvistati due lupi nel bosco a quota 1.700.
https://www.montinvisibili.it/bocchetta-del-viglio
Bocchetta del Viglio, 30 dicembre 2024. Parafrasando Adriano Celentano (comunque su parole di Paolo Conte): “Cercavo l’inverno tutto l’anno e all’improvviso eccolo qua”.
In anni giovanili è stata la mia stagione preferita: anelavo il calare dei suoi freddi e delle sue intime atmosfere per lanciarmi per i monti su sentieri non più visibili, con la natura imprigionata nel ghiaccio e il crocchiare dei ramponi sotto gli scarponi. Una stagione che intrappola il mondo in una condizione simile alla morte e che non può non piacere quando la morte sembra solo una remota eventualità.
E me ne sono presi di rischi in quei lontani periodi: da solo in tenda ad alta quota, con lunghe traversate solitarie di più giorni, in bufere senza orientamento e in gelate salite notturne, o fendendo versanti valangosi in barba a bollettini che non arrivavano.
Poi, col far dell’età, l’interesse per il candido elemento è scemato, fino ad apparirmi soprattutto un ostacolo alla libera fruizione della natura. Intendiamoci, adoro ancora i silenzi di un bosco innevato, le incomparabili visioni di vette su vette sotto il manto bianco, la marcia agevole su neve compatta. Ma col tempo questi piaceri si sono attenuati a favore del verde e dei fiori, del tintinnare dei ruscelli e del cinguettio degli uccelli; e della relativa sicurezza delle lunghe percorrenze estive.
Sì, perché la montagna invernale riserva anche un più notevole grado di pericolo, a maggior ragione per un camminatore solitario.
Ma siccome lo scorso inverno mi sono fatto mancare la neve (come la scorsa estate il mare), ora voglio vedere se sono ancora capace di andar per ghiacci. Affardello quindi lo zaino con tutto il necessario e di buon mattino sono nella solitaria piazza di Filettino, con la corona dei monti invernali a fare da cornice.
Arrivando dalla pianura, la montagna interrompe lo sguardo, costringendo a pensare. Già… a pensare. E questo macigno sulle spalle mi fa pensare che, in ossequio alla filosofia che mi guida ormai da molti anni – più sei leggero più ti diverti – questo peso è un’altra delle ragioni che mi ha allontanato dalle nevi. Piccozza, ramponi, ghette, abbigliamento pesante, eventualmente le ciaspole (senza dimenticare che ci vorrebbero anche ARTVA, pala e sonda… ma tanto io sono solo…).
Mi è stato fatto notare che i materiali si sono evoluti e ora si può andare molto più leggeri anche d’inverno. Ma io mica ne sono tanto convinto. Picca e ramponi, sono d’acciaio, anche se con manici in alluminio; gli zaini sono più compatti e leggeri, ma poi non ci entra nulla; le giacche sono sottili, antivento e impermeabili, e ti arrivano però solo alla vita, vanno bene finché ti muovi, ma se ti fermi sei fottuto.
L’incidente di Natale sul Gran Sasso mi ha colpito per due ragioni strettamente connesse: la decisione di partire (e di non rinunciare alla vetta quando le circostanze lo richiedevano) anche se era previsto un peggioramento delle condizioni del tempo; l’inadeguata attrezzatura, a detta proprio dei due che hanno allertato i soccorsi: probabilmente scelta proprio per essere leggeri, veloci e anticipare il maltempo.
La mia vecchia giacca Berghaus Kolyma (dal nome di un gulag siberiano) pesa un accidente ma al limite ci posso dormire dentro; nei pantaloni hardshell a volte sento un po’ caldo, ma non ho bisogno di camminare per tenere calde le gambe; non rinuncerei a portare due paia di guanti e la coperta alluminata fa parte della dotazione standard di sicurezza, insieme a un po’ di vettovaglie in più.
In montagna niente ti mette al sicuro dal rischio, ma il rischio può diventare un elemento da gestire e sottomettere.
Allegati
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000 Gran Sasso Valle del Chiarino.jpg143,9 KB · Visite: 27
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000 Gran Sasso verso la sella di Monte Aquila.jpg186,1 KB · Visite: 26
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000 Notturna al Monte Velino.JPG181,3 KB · Visite: 27
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000 Russia Monte Elbrus verso Garabashi.jpg170,4 KB · Visite: 26
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001 Filettino.JPG312,2 KB · Visite: 23
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002 Verso Sella di Sant'Onofrio.JPG251,2 KB · Visite: 22
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004 Sella di Sant'Onofrio.JPG296,9 KB · Visite: 22
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005 Sella di Sant'Onofrio.JPG349,1 KB · Visite: 22
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006 Serra Magliano.JPG375,8 KB · Visite: 20
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007 Da Serra Magliano.JPG368,5 KB · Visite: 24
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008 Verso la Bocchetta.JPG485,6 KB · Visite: 21
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010 Verso la Bocchetta.JPG479,5 KB · Visite: 21
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011 Verso la Bocchetta.JPG244,7 KB · Visite: 19
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012 Bocchetta del Viglio.JPG226,4 KB · Visite: 22
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013 Filettino e Altopiano del Faito.JPG264,5 KB · Visite: 22
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014 Verso Colle Albaneti.JPG523,8 KB · Visite: 22
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015 Verso Colle Albaneti.JPG461,5 KB · Visite: 19
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016 Fontanile Casale.JPG324,9 KB · Visite: 21
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017 Filettino birra.jpg245 KB · Visite: 22