- Parchi del Lazio
-
- Parco Regionale dei Monti Simbruini
Dati
Data: 26 Giugno 2014
Regione e provincia: Lazio, Frosinone
Località di partenza: valico Serra Sant'Antonio (per Monte Viglio)
Località di arrivo: Monte Viglio
Grado di difficoltà: E
Descrizione delle difficoltà: il Gendarme potrebbe presentare qualche difficoltà se si soffre di vertigini e non si è pratici nell'arrampicata (che comunque ha passaggi di I° livello accessibbili a tutti)
Periodo consigliato: soprattutto primavera, autunno ed inverno, d'estate il caldo e il sole potrebbero causare problemi.
Segnaletica: buona (sentiero 696A)
Dislivello in salita: 500 metri poco più
Dislivello in discesa: come sopra
Quota massima: Monte Viglio 2156
Accesso stradale: parcheggio presso Valico Serra Sant'Antonio, lungo la SP30
Descrizione
Era agosto del 2008 quando arrivai per la prima volta sul Viglio. Giunto alla Madonnina che da sulla Val Roveto vidi in lontananza grossi nuvoloni neri e lampi. Feci appena in tempo a tornare indietro, o quasi visto che mi sorprese un temporale violentissimo e una grandinata.
A distanza di pochi giorni tornai, in compagnia: giunto al Gendarme però questa compagnia non se l’è sentita di proseguire.
Ho atteso 6 anni ma alla fine finalmente ho raggiunto la vetta del Viglio.
Questa è la mia prima recensione e non mi soffermerò tanto sugli aspetti tecnici dell’escursione in sé, ce ne sono diverse di recensioni scritte da gente più brava di me.
È sabato sera e sto preparando lo zaino: è sempre un rituale emozionante, accompagnato dalle solite domande: “mi servirà?”, “ma quanto peserà?”, “e se poi non lo porto?”
Sono consapevole di non avere un allenamento fisico e mentale adeguato: sono fermo da tanto tempo, troppo. Vengo tra l’altro da problemi al disco e pubalgia. E in più questa settimana ho avuto la febbre.
Ma la voglia di montagna è troppa. Non posso più aspettare e domenica è il mio ultimo giorno di ferie.
Lo zaino alla fine risulterà assemblato malino. Spesso mi sento sbilanciato e sul Gendarme avrò qualche problema.
Passo una notte quasi insonne: sembra di essere tornato indietro, a quel giorno in cui mi fu annunciato che mi avrebbero portato per la prima volta in montagna.
Mi sveglio alle 6, faccio una rapida colazione, mi preparo in fretta e sto per uscire: prima però un’ultima carezza alla cucciolotta che avrei tanto voluto portare con me (e che mi ricambia con lo stesso pensiero guardandomi come solo loro sanno fare: soprattutto quando vogliono farti sentire in colpa).
Alle 7 sono già in viaggio.
Accendo il Tom tom giusto per sicurezza: conosco bene la strada, ma ogni volta mi meraviglio e mi chiedo per quale motivo il Tom tom insiste per farmi fare l’A24. Lo ignoro come sempre e alla fine avrò ragione io: guadagno mezz’ora buona sulla tabella di marcia.
Arrivo di buon’ora e la temperatura è piacevolmente fresca. Ci sono solo un paio di macchine, mi sorprende la cosa ma ne sono lieto.
Parcheggio la macchina presso il valico Serra di Sant’Antonio e già parte la prima foto verso il Viglio: certo che da qui sembra davvero lontano.
Prima di avviarmi devo fare la solita telefonata per tranquillizzare chi mi aspetta a casa: non c’è campo. Sono costretto a tornare parecchio indietro perdendo più di mezz’ora.
Mi avvio lungo la sterrata che da inizio al sentiero 696A. Quasi subito intravedo davanti a me un altro escursionista, un signore di una certa età. Dal passo che abbiamo prevedo di raggiungerlo all’altezza di Fonte della Moscosa.
Lungo il primo tratto sento spesso rumori nel sottobosco e tra il fogliame ai lati del sentiero: mi giro sempre con prontezza e dopo qualche tentativo finalmente vengo premiato. Si tratta del Topo Quercino (Elyomis quercinus), un simpaticissimo e piccolo roditore conosciuto anche come “il topo in maschera”. È facile riconoscerlo infatti da questa mascherina nera e bianca sugli occhi e per la buffa coda. Si incontra spesso nei querceti, ma a differenza di altri roditori della stessa famiglia, predilige terreno e rocce.
Non ho il tempo di fotografarlo e nemmeno ci provo, ma quasi a farmi cambiare idea eccolo li che si ferma proprio sull’entrata della tana: una piccola porticina sotto un sasso che ricordo tanto le case degli hobbit.
Ne vedrò altri ed anche al ritorno. Uno dei fattori positivi quando si cammina da soli: si produce meno rumori e il nostro udito è più attento ai tanti rumori che ci circondano.
La fortuna oggi è dalla mia parte e intravedo anche uno scoiattolo che saltellando agevolmente e velocemente, attraversa il sentiero. Ovviamente anche in questo caso, niente fotografia.
Raggiungo Fonte della Moscosa in una mezz’oretta. Arrivo insieme all’escursionista che fino a quel punto mi ha preceduto di una cinquantina di metri. Dice di conoscere molto bene i Simbruini e infatti ne approfitto per fermarmi a parlare e fargli molte domande.
Devo ovviamente bere l’acqua dalla fonte: fatto ciò riprendo il cammino.
Poco più sopra, alla fine di un sentiero che corre più o meno parallelo al mio, scorgo almeno quattro macchine parcheggiate: alcuni escursionisti, quelli che sicuramente più di tutti si fregiano del titolo di “amanti della natura”, hanno deciso di risparmiare un’oretta (tra andata e ritorno) del loro prezioso tempo, parcheggiando comodamente sopra Fonte della Moscosa. Mi cascano le braccia.
Per fortuna questo punto del sentiero offre delle visuali sul bosco davvero belle, con alcuni alberi isolati che sembrano fare da sentinelle lungo il cammino. Così mi distraggo.
Ma giunto poco più avanti mi imbatto in un’altra cosa poco piacevole: vicino ad un recinto (a proposito: ma perché tutti i pastori d’Italia amano usare le reti per materassi per i loro recinti?) ci sono un paio di tende dai colori sgargianti, un forno collegato ad una bombola del gas e altre cose poco inerenti al contesto naturale che le circonda. Proseguo sospirando e facendomi tante domande.
I tipici affioramenti dei Simbruini
Poco dopo in lontananza si sentono dei belati: alzo lo sguardo e intravedo le prime pecore. Pare che un gregge mi attenda lungo il sentiero, devo per forza passarci in mezzo e mi dico che ho fatto bene a non portare la cucciola. Nemmeno il tempo di ultimare il pensiero che alla mia destra sento qualcosa che mi fa girare di scatto:
Per un istante mi si è raggelato il sangue lo ammetto.
Si tratta del cane del gregge, ma vi assicuro che sulle prime ho pensato ad altro.
Rimango fermo e cerco di interpretarne le intenzioni. Mi punta, viene verso di e si ferma a qualche metro. Sta giustamente facendo il suo lavoro e lo fa davvero bene. Lo invito ad avvicinarsi, cosa che lui fa prontamente e mi ringrazia leccandomi delicatamente la mano.
Ha qualche problema agli arti posteriori e sembra avere un po’ di diffidenza verso gli uomini. Decido di concedermi un po’ di tempo per osservarlo. È meraviglioso vederlo in azione mentre svolte i suoi compiti.
Mi accompagna per un po’ lungo il sentiero, ma poi il dovere lo richiama: un piccolo gruppo di pecore si è attardato lungo la strada.
Proseguo dispiaciuto per aver perso questa preziosa compagnia e mi imbatto nel grosso del gregge.
Sono esattamente sul sentiero, in un punto in cui il bosco si stringe proprio sui suoi lati. Al mio arrivo, ad un ordine silenzioso, sembrano formare una falange greca. Sono straordinariamente disciplinate e coordinate: davanti a me ho un muro chiuso e compatto di lana bianca.
Ma la loro spavalderia dura poco e si aprono all’unisono non appena muovo un passo nella loro direzione: sorridendo passo tra loro.
Poco dopo arrivo alla Madonnina: il panorama (cemento a parte..) è sempre interessante da qui.
La pausa è breve, giusto il tempo di fare qualche foto alle vette che si lasciano scorgere da qui. Tra queste:
Ora il sentiero devia bruscamente verso SW e comincia forse uno dei tratti più faticosi e noiosi: devo per forza tagliare un pendio, prenderlo di petto è troppo faticoso. In più sono esposto ad un vento piuttosto fastidioso che mi costringe ad indossare la giacca da pioggia.
Cominciano i tanti incontri con i vari gruppi di escursionisti che incontrerò fino a fine giornata: sono molti di più di quelli che pensavo e temevo.
Mi volto verso la valle sottostante e non posso fare a meno di lamentarmi nuovamente per questa visuale:
Forse è meglio girarsi dall’altra parte:
I bastioni rocciosi che danno verso l’Abruzzo sono sempre uno spettacolo magnifico e c’è anche un piccolo nevaio:
Superato questo tratto, il sentiero torna ad essere più interessante e piacevole.
Fanno la loro comparsa gruppi di cavalli, ce ne sono davvero tanti questa volta.
E la vetta comincia a farsi sempre più vicina. Sento che questa è la volta buona e accelero un po’ il passo: per ora sto meglio di quel che temevo.
Ed eccoli qui il Gendarme: ormai è vicino, sembra quasi di poterlo toccare.
Non vedo l’ora di raggiungerlo, perché so che questa volta lo supererò.
Passato il Gendarme proseguo speditamente ormai. La vicinanza della vetta mi stimola ad andare più veloce e la sicurezza di arrivare alla meta mi rinvigorisce.
Più avanzo più noto quanta gente è già su: sono davvero tanti, alla fine ci saranno fisse una cinquantina di persone. Impossibile contare quante saranno nel totale comprendendo anche quelle di passaggio e quelle che mano mano riprendono il loro cammino. Ma la vetta è davvero affollata, tanto che nonostante sia da solo faccio fatica a trovarmi un posto in cui fermarmi e finalmente mangiare qualcosa.
Il pianoro dietro la croce è affollato anche dai cavalli: sicuramente molto più piacevoli degli escursionisti che ahimé stanno davvero facendo troppo baccano. Capita anche che girandomi verso di loro vedo buste di plastica compiere magnifici volteggi sulle loro teste: ma non ci dovrebbero essere i gracchi al loro posto? No. Anche loro devono essere infastiditi dalla nostra presenza. Infatti si trovano a parecchi metri più in basso. Non trovo nemmeno un punto decente per fotografarli: non c’è letteralmente posto.
Trovato un posto, pessimo a dire il vero, finalmente mangio.
Vorrei anche dare un senso al pesante poncho che mi sono portato dietro: è un ottimo cuscino senza dubbio. Ma è impossibile appisolarsi. Ok che quando si è impossibile pretende il silenzio: altro però sono le urla, escursionisti che parlano qualche decina di metri di distanza (cavolo avvicinatevi), il padrone che richiama istericamente e ripetutamente il proprio cane che giustamente non lo ascolta, ecc
Decido di impiegare il poco tempo che mi è rimasto girando il pianoro e le zone che danno sull’altro versante da cui sale un sentiero diverso da quello che ho percorso (e che mi riprometto un giorno farò).
Scopro delle strane pietre con dei simboli e dei numeri.
Un vecchietto che ho più volte incrociato lungo l’ascesa, mi dice che si tratta di pietre che un tempo indicavano il confine dello Stato Pontificio. Mi dice anche che il gruppo CAI di Sora ha fatto delle ricerche in merito (devo vedere se trovo qualcosa).
Ne trovo due, una è questa:
Dopo un’ora circa riprendo il cammino: si torna indietro, mi decido ad evitare il Gendarme in discesa e lo aggiro con un sentiero facile e veloce.
Farò un paio di pause: la stanchezza comincia a farsi sentire e il forte sole mi ha procurato qualche problema.
Prima della Madonnina incontro parecchi escursionisti, con due cani e tre bambini. Non posso non pensare che hanno scelto davvero un pessimo momento per salire: sono visibilmente in difficoltà per il gran caldo che fa e per giunta stanno affrontando quel maledetto pendio.
Da qui in poi non farò nessun altro incontro.
Scendo abbastanza velocemente e torno alla macchina.
Concludo la giornata con:
- Una vescica al tallone sinistro: le scarpe nuove mi hanno martoriato i talloni. In salita ho sofferto davvero tanto
- Scottature: ho quasi preso un’insolazione
- Un simpatico ricordo da parte di un’ortica che ho inavvertitamente (ovvio) accarezzato al ritorno presso la Fonte
Pensieri:
Non solo era molto che non facevo un’escursione, ma ancora di più che non la facevo in solitaria.
Ho sempre pensato che andare da soli ha il suo fascino e se ogni escursione è diversa anche quando si ripete più volte lo stesso sentiero, questo vale ancora di più quando si è da soli.
Progetti e idee per il futuro:
Vorrei provare il sentiero che sale dall’altro versante.
Inoltre non mi dispiacerebbe salire in notturna per aspettare l’alba dalla vetta.
Note:
La prima volta che arrivai presso il Valico di Serra Sant’Antonio, ho avuto dei dubbi se effettivamente il percorso iniziasse proprio da lì: non è bello sbagliare all’inizio ed essere assalito dai dubbi durante il sentiero. All’epoca poi non c’era il cartello vicino alla torretta elettrica che indicava la direzione per il Viglio (o almeno io non lo ricordo).
Così ho deciso di fare qualche foto per aiutare a trovare l’attacco del 696A.
Questo è il piazzale dove si può anche parcheggiare: si deve procedere oltre il traliccio e il divieto di transito, dove parte la sterrata che poi si trasforma in sentiero vero e proprio poco più avanti.
Alternativamente per il parcheggio, se questa piazzola non vi convince, potete in alternativa lasciare il vostro mezzo davanti all’albergo che si incontra poco prima sulla destra salendo da Filettino. Appena vedete l’impianto di risalita (che d’estate credo non funzioni, ma a giudicare dal suo stato mi chiedo se è in funzione d’inverno e soprattutto perché..) troverete una piccola discesa sulla destra che porta al parcheggio antistante l’albergo.
Si chiude qui questo mio racconto.
Chiedo scusa se mi sono dilungato troppo e spero di non aver messo troppe foto (alla fine ne ho scattate 150)
Ringrazio tutti quelli che sono giunti al termine della lettura che spero abbiate trovato piacevole ed utile.
Data: 26 Giugno 2014
Regione e provincia: Lazio, Frosinone
Località di partenza: valico Serra Sant'Antonio (per Monte Viglio)
Località di arrivo: Monte Viglio
Grado di difficoltà: E
Descrizione delle difficoltà: il Gendarme potrebbe presentare qualche difficoltà se si soffre di vertigini e non si è pratici nell'arrampicata (che comunque ha passaggi di I° livello accessibbili a tutti)
Periodo consigliato: soprattutto primavera, autunno ed inverno, d'estate il caldo e il sole potrebbero causare problemi.
Segnaletica: buona (sentiero 696A)
Dislivello in salita: 500 metri poco più
Dislivello in discesa: come sopra
Quota massima: Monte Viglio 2156
Accesso stradale: parcheggio presso Valico Serra Sant'Antonio, lungo la SP30
Descrizione
Era agosto del 2008 quando arrivai per la prima volta sul Viglio. Giunto alla Madonnina che da sulla Val Roveto vidi in lontananza grossi nuvoloni neri e lampi. Feci appena in tempo a tornare indietro, o quasi visto che mi sorprese un temporale violentissimo e una grandinata.
A distanza di pochi giorni tornai, in compagnia: giunto al Gendarme però questa compagnia non se l’è sentita di proseguire.
Ho atteso 6 anni ma alla fine finalmente ho raggiunto la vetta del Viglio.
Questa è la mia prima recensione e non mi soffermerò tanto sugli aspetti tecnici dell’escursione in sé, ce ne sono diverse di recensioni scritte da gente più brava di me.
È sabato sera e sto preparando lo zaino: è sempre un rituale emozionante, accompagnato dalle solite domande: “mi servirà?”, “ma quanto peserà?”, “e se poi non lo porto?”
Sono consapevole di non avere un allenamento fisico e mentale adeguato: sono fermo da tanto tempo, troppo. Vengo tra l’altro da problemi al disco e pubalgia. E in più questa settimana ho avuto la febbre.
Ma la voglia di montagna è troppa. Non posso più aspettare e domenica è il mio ultimo giorno di ferie.
Lo zaino alla fine risulterà assemblato malino. Spesso mi sento sbilanciato e sul Gendarme avrò qualche problema.
Passo una notte quasi insonne: sembra di essere tornato indietro, a quel giorno in cui mi fu annunciato che mi avrebbero portato per la prima volta in montagna.
Mi sveglio alle 6, faccio una rapida colazione, mi preparo in fretta e sto per uscire: prima però un’ultima carezza alla cucciolotta che avrei tanto voluto portare con me (e che mi ricambia con lo stesso pensiero guardandomi come solo loro sanno fare: soprattutto quando vogliono farti sentire in colpa).
Alle 7 sono già in viaggio.
Accendo il Tom tom giusto per sicurezza: conosco bene la strada, ma ogni volta mi meraviglio e mi chiedo per quale motivo il Tom tom insiste per farmi fare l’A24. Lo ignoro come sempre e alla fine avrò ragione io: guadagno mezz’ora buona sulla tabella di marcia.
Arrivo di buon’ora e la temperatura è piacevolmente fresca. Ci sono solo un paio di macchine, mi sorprende la cosa ma ne sono lieto.
Parcheggio la macchina presso il valico Serra di Sant’Antonio e già parte la prima foto verso il Viglio: certo che da qui sembra davvero lontano.
Prima di avviarmi devo fare la solita telefonata per tranquillizzare chi mi aspetta a casa: non c’è campo. Sono costretto a tornare parecchio indietro perdendo più di mezz’ora.
Mi avvio lungo la sterrata che da inizio al sentiero 696A. Quasi subito intravedo davanti a me un altro escursionista, un signore di una certa età. Dal passo che abbiamo prevedo di raggiungerlo all’altezza di Fonte della Moscosa.
Lungo il primo tratto sento spesso rumori nel sottobosco e tra il fogliame ai lati del sentiero: mi giro sempre con prontezza e dopo qualche tentativo finalmente vengo premiato. Si tratta del Topo Quercino (Elyomis quercinus), un simpaticissimo e piccolo roditore conosciuto anche come “il topo in maschera”. È facile riconoscerlo infatti da questa mascherina nera e bianca sugli occhi e per la buffa coda. Si incontra spesso nei querceti, ma a differenza di altri roditori della stessa famiglia, predilige terreno e rocce.
Non ho il tempo di fotografarlo e nemmeno ci provo, ma quasi a farmi cambiare idea eccolo li che si ferma proprio sull’entrata della tana: una piccola porticina sotto un sasso che ricordo tanto le case degli hobbit.
Ne vedrò altri ed anche al ritorno. Uno dei fattori positivi quando si cammina da soli: si produce meno rumori e il nostro udito è più attento ai tanti rumori che ci circondano.
La fortuna oggi è dalla mia parte e intravedo anche uno scoiattolo che saltellando agevolmente e velocemente, attraversa il sentiero. Ovviamente anche in questo caso, niente fotografia.
Raggiungo Fonte della Moscosa in una mezz’oretta. Arrivo insieme all’escursionista che fino a quel punto mi ha preceduto di una cinquantina di metri. Dice di conoscere molto bene i Simbruini e infatti ne approfitto per fermarmi a parlare e fargli molte domande.
Devo ovviamente bere l’acqua dalla fonte: fatto ciò riprendo il cammino.
Poco più sopra, alla fine di un sentiero che corre più o meno parallelo al mio, scorgo almeno quattro macchine parcheggiate: alcuni escursionisti, quelli che sicuramente più di tutti si fregiano del titolo di “amanti della natura”, hanno deciso di risparmiare un’oretta (tra andata e ritorno) del loro prezioso tempo, parcheggiando comodamente sopra Fonte della Moscosa. Mi cascano le braccia.
Per fortuna questo punto del sentiero offre delle visuali sul bosco davvero belle, con alcuni alberi isolati che sembrano fare da sentinelle lungo il cammino. Così mi distraggo.
Ma giunto poco più avanti mi imbatto in un’altra cosa poco piacevole: vicino ad un recinto (a proposito: ma perché tutti i pastori d’Italia amano usare le reti per materassi per i loro recinti?) ci sono un paio di tende dai colori sgargianti, un forno collegato ad una bombola del gas e altre cose poco inerenti al contesto naturale che le circonda. Proseguo sospirando e facendomi tante domande.
I tipici affioramenti dei Simbruini
Poco dopo in lontananza si sentono dei belati: alzo lo sguardo e intravedo le prime pecore. Pare che un gregge mi attenda lungo il sentiero, devo per forza passarci in mezzo e mi dico che ho fatto bene a non portare la cucciola. Nemmeno il tempo di ultimare il pensiero che alla mia destra sento qualcosa che mi fa girare di scatto:
Per un istante mi si è raggelato il sangue lo ammetto.
Si tratta del cane del gregge, ma vi assicuro che sulle prime ho pensato ad altro.
Rimango fermo e cerco di interpretarne le intenzioni. Mi punta, viene verso di e si ferma a qualche metro. Sta giustamente facendo il suo lavoro e lo fa davvero bene. Lo invito ad avvicinarsi, cosa che lui fa prontamente e mi ringrazia leccandomi delicatamente la mano.
Ha qualche problema agli arti posteriori e sembra avere un po’ di diffidenza verso gli uomini. Decido di concedermi un po’ di tempo per osservarlo. È meraviglioso vederlo in azione mentre svolte i suoi compiti.
Mi accompagna per un po’ lungo il sentiero, ma poi il dovere lo richiama: un piccolo gruppo di pecore si è attardato lungo la strada.
Proseguo dispiaciuto per aver perso questa preziosa compagnia e mi imbatto nel grosso del gregge.
Sono esattamente sul sentiero, in un punto in cui il bosco si stringe proprio sui suoi lati. Al mio arrivo, ad un ordine silenzioso, sembrano formare una falange greca. Sono straordinariamente disciplinate e coordinate: davanti a me ho un muro chiuso e compatto di lana bianca.
Ma la loro spavalderia dura poco e si aprono all’unisono non appena muovo un passo nella loro direzione: sorridendo passo tra loro.
Poco dopo arrivo alla Madonnina: il panorama (cemento a parte..) è sempre interessante da qui.
La pausa è breve, giusto il tempo di fare qualche foto alle vette che si lasciano scorgere da qui. Tra queste:
Ora il sentiero devia bruscamente verso SW e comincia forse uno dei tratti più faticosi e noiosi: devo per forza tagliare un pendio, prenderlo di petto è troppo faticoso. In più sono esposto ad un vento piuttosto fastidioso che mi costringe ad indossare la giacca da pioggia.
Cominciano i tanti incontri con i vari gruppi di escursionisti che incontrerò fino a fine giornata: sono molti di più di quelli che pensavo e temevo.
Mi volto verso la valle sottostante e non posso fare a meno di lamentarmi nuovamente per questa visuale:
Forse è meglio girarsi dall’altra parte:
I bastioni rocciosi che danno verso l’Abruzzo sono sempre uno spettacolo magnifico e c’è anche un piccolo nevaio:
Superato questo tratto, il sentiero torna ad essere più interessante e piacevole.
Fanno la loro comparsa gruppi di cavalli, ce ne sono davvero tanti questa volta.
E la vetta comincia a farsi sempre più vicina. Sento che questa è la volta buona e accelero un po’ il passo: per ora sto meglio di quel che temevo.
Ed eccoli qui il Gendarme: ormai è vicino, sembra quasi di poterlo toccare.
Non vedo l’ora di raggiungerlo, perché so che questa volta lo supererò.
Passato il Gendarme proseguo speditamente ormai. La vicinanza della vetta mi stimola ad andare più veloce e la sicurezza di arrivare alla meta mi rinvigorisce.
Più avanzo più noto quanta gente è già su: sono davvero tanti, alla fine ci saranno fisse una cinquantina di persone. Impossibile contare quante saranno nel totale comprendendo anche quelle di passaggio e quelle che mano mano riprendono il loro cammino. Ma la vetta è davvero affollata, tanto che nonostante sia da solo faccio fatica a trovarmi un posto in cui fermarmi e finalmente mangiare qualcosa.
Il pianoro dietro la croce è affollato anche dai cavalli: sicuramente molto più piacevoli degli escursionisti che ahimé stanno davvero facendo troppo baccano. Capita anche che girandomi verso di loro vedo buste di plastica compiere magnifici volteggi sulle loro teste: ma non ci dovrebbero essere i gracchi al loro posto? No. Anche loro devono essere infastiditi dalla nostra presenza. Infatti si trovano a parecchi metri più in basso. Non trovo nemmeno un punto decente per fotografarli: non c’è letteralmente posto.
Trovato un posto, pessimo a dire il vero, finalmente mangio.
Vorrei anche dare un senso al pesante poncho che mi sono portato dietro: è un ottimo cuscino senza dubbio. Ma è impossibile appisolarsi. Ok che quando si è impossibile pretende il silenzio: altro però sono le urla, escursionisti che parlano qualche decina di metri di distanza (cavolo avvicinatevi), il padrone che richiama istericamente e ripetutamente il proprio cane che giustamente non lo ascolta, ecc
Decido di impiegare il poco tempo che mi è rimasto girando il pianoro e le zone che danno sull’altro versante da cui sale un sentiero diverso da quello che ho percorso (e che mi riprometto un giorno farò).
Scopro delle strane pietre con dei simboli e dei numeri.
Un vecchietto che ho più volte incrociato lungo l’ascesa, mi dice che si tratta di pietre che un tempo indicavano il confine dello Stato Pontificio. Mi dice anche che il gruppo CAI di Sora ha fatto delle ricerche in merito (devo vedere se trovo qualcosa).
Ne trovo due, una è questa:
Dopo un’ora circa riprendo il cammino: si torna indietro, mi decido ad evitare il Gendarme in discesa e lo aggiro con un sentiero facile e veloce.
Farò un paio di pause: la stanchezza comincia a farsi sentire e il forte sole mi ha procurato qualche problema.
Prima della Madonnina incontro parecchi escursionisti, con due cani e tre bambini. Non posso non pensare che hanno scelto davvero un pessimo momento per salire: sono visibilmente in difficoltà per il gran caldo che fa e per giunta stanno affrontando quel maledetto pendio.
Da qui in poi non farò nessun altro incontro.
Scendo abbastanza velocemente e torno alla macchina.
Concludo la giornata con:
- Una vescica al tallone sinistro: le scarpe nuove mi hanno martoriato i talloni. In salita ho sofferto davvero tanto
- Scottature: ho quasi preso un’insolazione
- Un simpatico ricordo da parte di un’ortica che ho inavvertitamente (ovvio) accarezzato al ritorno presso la Fonte
Pensieri:
Non solo era molto che non facevo un’escursione, ma ancora di più che non la facevo in solitaria.
Ho sempre pensato che andare da soli ha il suo fascino e se ogni escursione è diversa anche quando si ripete più volte lo stesso sentiero, questo vale ancora di più quando si è da soli.
Progetti e idee per il futuro:
Vorrei provare il sentiero che sale dall’altro versante.
Inoltre non mi dispiacerebbe salire in notturna per aspettare l’alba dalla vetta.
Note:
La prima volta che arrivai presso il Valico di Serra Sant’Antonio, ho avuto dei dubbi se effettivamente il percorso iniziasse proprio da lì: non è bello sbagliare all’inizio ed essere assalito dai dubbi durante il sentiero. All’epoca poi non c’era il cartello vicino alla torretta elettrica che indicava la direzione per il Viglio (o almeno io non lo ricordo).
Così ho deciso di fare qualche foto per aiutare a trovare l’attacco del 696A.
Questo è il piazzale dove si può anche parcheggiare: si deve procedere oltre il traliccio e il divieto di transito, dove parte la sterrata che poi si trasforma in sentiero vero e proprio poco più avanti.
Alternativamente per il parcheggio, se questa piazzola non vi convince, potete in alternativa lasciare il vostro mezzo davanti all’albergo che si incontra poco prima sulla destra salendo da Filettino. Appena vedete l’impianto di risalita (che d’estate credo non funzioni, ma a giudicare dal suo stato mi chiedo se è in funzione d’inverno e soprattutto perché..) troverete una piccola discesa sulla destra che porta al parcheggio antistante l’albergo.
Si chiude qui questo mio racconto.
Chiedo scusa se mi sono dilungato troppo e spero di non aver messo troppe foto (alla fine ne ho scattate 150)
Ringrazio tutti quelli che sono giunti al termine della lettura che spero abbiate trovato piacevole ed utile.
Allegati
Ultima modifica di un moderatore: