Spero che la domanda non sia troppo ciclica, ma la discussione “qual è la vostra montagna del cuore?” mi ha portato a riflettere, a chiedermi se fossi davvero consapevole del perché vado in montagna, di cosa per me sia irrinunciabile.
Tre anni fa avrei detto l’attrazione per la vetta, il fascino dell’essere lassù in cima, quello che mi ha spinto sul Bernina così come sul Campanil Basso…ora mi accorgo che pur restando attratto dalla sfida (a me stesso, non ho mai sfidato la montagna) ciò a cui non potevo e non posso rinunciare è la pace, quel senso di appartenenza totale all’ambiente che mi circonda, così difficile da spiegare, ma tanto facile da capire per chi lo vive. Non scambierei mai le sensazioni che mi da una salita in solitaria in una valle secondaria delle dolomiti con quelle di una salita a un prestigioso, e affollato, quattromila. Parlo per me e con cognizione avendo provato varie volte entrambe…il punto d’arrivo (che sia la vetta, il rifugio, il termine della ferrata) non è più lo scopo, ma il mezzo e a volte che ci sia o meno un arrivo ben definito nemmeno è importante.
Tre anni fa avrei detto l’attrazione per la vetta, il fascino dell’essere lassù in cima, quello che mi ha spinto sul Bernina così come sul Campanil Basso…ora mi accorgo che pur restando attratto dalla sfida (a me stesso, non ho mai sfidato la montagna) ciò a cui non potevo e non posso rinunciare è la pace, quel senso di appartenenza totale all’ambiente che mi circonda, così difficile da spiegare, ma tanto facile da capire per chi lo vive. Non scambierei mai le sensazioni che mi da una salita in solitaria in una valle secondaria delle dolomiti con quelle di una salita a un prestigioso, e affollato, quattromila. Parlo per me e con cognizione avendo provato varie volte entrambe…il punto d’arrivo (che sia la vetta, il rifugio, il termine della ferrata) non è più lo scopo, ma il mezzo e a volte che ci sia o meno un arrivo ben definito nemmeno è importante.