- Parchi d'Abruzzo
-
- Parco Nazionale della Majella
Dati
Data: 19/08/10
Tempo di percorrenza: 8h
Grado di difficoltà: EE
Segnaletica: Quasi assente in quota
Quota massima: 2596m slm
Descrizione
La sveglia suona alle 6:30 ed immediatamente spalanco gli occhi e sghignazzo tra me e me. Oggi mi divertirò, ne sono certo! Tutto è pronto e sistemato, tempo di lavarmi, fare colazione e vestirmi e sono sotto casa ad aspettare mia sorella che in quanto donna non manca di farsi aspettare 20 minuti abbondanti...me l'aspettavo. Tra una chiacchiera e un carabiniere quasi investito arriviamo, salendo da Pretoro, al Rifugio Pomilio alle 9.00. Qui lasciamo l'auto e proseguiamo a piedi tagliando per i prati, costeggiando ciò che resta della vecchia strada per arrivare dopo meno di un'ora alla madonnina del Blockhaus. Il cielo è sgombro da nubi, il sole picchia forte già dal mattino e se non fosse per un fastidioso velo di foschia abbastanza accennato si potrebbe dire di aver trovato una giornata splendida.
Ci incamminiamo sul sentiero a sinistra della vetta nella vana speranza di trovare i ruderi del fortino ma ci ricongiungiamo poco dopo al sentiero principale senza aver trovato nulla..il pino mugo copre tutta la vetta e non ci è sembrato saggio avventurarci nell'ammasso di pini, l'abbigliamento è molto estivo e ritrovarsi poco dopo la partenza già pieni di graffi e tagli ci è parso prematuro
Proseguiamo per il sentiero ben visibile ed ormai familiare fino alla fonte sella di Acquaviva dove, dopo aver fatto scorta d'acqua, contempliamo per qualche minuto il sentiero che ci attende.
Ricordo bene l'ascesa al Focalone, l'ultima volta ero carico come un mulo e mi ha completamente prosciugato le energie, ma questa volta ho con me solo lo stretto indispensabile e viaggio decisamente leggero. Ottimista e un po troppo spavaldo mi lancio su per la ripida salita a passo sostenuto e dopo 15 minuti devo dar retta a muscoli e polmoni che sento rivoltarmisi contro...meglio non esagerare.
L'ascesa prosegue lenta ma senza soste fino al bivacco Fusco dove, dopo un paio di snack, ci rendiamo conto che la leggera e piacevole brezzolina che ci ha accompagnato nella mattinata sta lasciando il posto a un vento abbastanza sostenuto..poco male, niente che un giubbino antivento non possa fermare. Ci rendiamo conto di aver fatto i conti senza l'oste solo dopo essere arrivati in cima al Focalone ed esserci affacciati in direzione Ovest verso la valle dell'Orfento. Qui il vento è insostenibile, più volte rischiamo di perdere l'equilibrio e non riusciamo a parlare a più di un metro di distanza! Riscendiamo per qualche decina di metri fino a metterci al riparo dietro una sporgenza rocciosa e facciamo il punto della situazione..così non andiamo da nessuna parte. Siamo venuti sin qui con l'intenzione di arrivare sul M.Amaro ma il percorso che ci attende è completamente esposto ad Ovest e con questo vento, oltre a metterci pericolosamente a rischio cadute, non riusciremmo ad avanzare più di un paio di chilometri. Mia sorella che conosce questa zona meglio di me mi propone di ripiegare allora su qualcosa di meno esposto.. Cima Murelle è quello che fa al caso nostro, per me è sconosciuta e le altre vette la riparano dal forte vento. E' deciso allora! Consultiamo un po le mappe e i sentieri e cominciamo a seguire a grandi linee la direzione in cui dovrebbe passare il sentiero per trovarlo dopo una mezzora di cammino. Risalendo un piccolo crinale ci affacciamo sull'anfiteatro delle Murelle e sentiamo quello che all'inizio ci sembra il verso di un rapace, scopriamo invece dopo pochi secondi che a una cinquantina di metri di distanza c'è una coppia di camosci che ci osserva incuriosita e vigile. Di nuovo quel verso e questa volta non ci sono dubbi sulla sua origine.. divertiti e affascinati proseguiamo lungo il tragitto che si infrange dopo poco su un lastrone di ghiaccio e neve solidissima, riuscita a mantenersi nonostante la stagione al riparo dell'ombra di un grosso sperone roccioso..aggirarlo ci ruberebbe troppo tempo, a valle per la distanza da percorrere, a monte per l'asperità del passaggio. Mi faccio prestare una bacchetta da trekking da mia sorella e puntellandoci proseguiamo lentamente sulla grossa lastra in pendenza, aiutandoci scavando gradini con la punta del piede. Dopo tanti gradini e un paio di spaventi raggiungiamo il punto dove la lastra, a causa dello sciogliemento, si è staccata dalla parete rocciosa creando un canale di mezzo metro di larghezza e più di un metro e mezzo di profondità. Qui proseguire è meno estenuante e con la dovuta accortezza dopo poco superiamo l'ostacolo. Continuando a tenerci sulle pareti dell'anfiteatro ci fermiamo qualche minuto ad osservare le numerose formazioni fossili tutto intorno a noi, ogni pietra, dalla più piccola alla più grande, ha incastonata in sè ciò che resta di una antica forma di vita, conservata negli anni e per migliaia di anni ancora. Decisamente affascinante. Qualche foto qua e la e ripartiamo per fermarci dopo neanche 10 minuti, a bocca aperta ad osservare un branco di camosci, che mangiano tranquilli e accudiscono la prole. Che spettacolo, peccato solo non avere a portata di mano una macchina fotografica che possa definirsi tale, dovrò accontentarmi di foto in bassa qualità, peccato!
Superiamo silenziosi i camosci e dopo l'ultimo tratto di risalita siamo all'inizio della cresta rocciosa che porta a Cima Murelle. La pendenza è minima ma proseguendo il terreno diventa sempre più roccioso e impegnativo e l'ultimo tratto lo facciamo letteralmente a quattro zampe, non avendo trovato un sentiero da percorrere. Il vento si sente ma è sopportabile, basta fare la dovuta attenzione a dove si mettono i piedi e non farsi trovare senza appigli in caso di folate improvvise. Stanchi e sudati ci riposiamo dopo qualche foto sotto l'insegna di Cima Murelle e ci concediamo una mezz'ora per rifocillarci. Alle 14 riprendiamo gli zaini e ci buttiamo nel parco giochi del ghiaione che in ripida pendenza ci fa scivolare a valle per almeno 400mt di dislivello. L'esperienza è esaltante, punto i talloni saldamente e mi bilancio con le braccia in questo surf roccioso che dopo le prime incertezze procede a velocità sostenuta per tutto il tragitto. Arrivati a valle siamo costretti a fermarci 10 minuti per togliere le pietre dalle scarpe e dai vestiti e nel fare questo scorgiamo un altro branco di camosci poco distanti da noi. Si rincorrono, alcuni si prendono a craniate tra loro e sembrano non accorgersi di noi finchè l'intero branco si sposta velocissimo ed uniforme risalendo una pendenza rocciosa un po come fanno i banchi di pesce in mare aperto, mai visti così tanti camosci, questa zona ne è veramente piena! Dopo qualche foto di rito ripartiamo, aggirando le creste del Focalone a valle verso Est in quanto risalire per il bivacco Fusco dalla nostra posizione sarebbe massacrante, siamo molto più in basso e la distanza e la pendenza sono decisamente eccessive. Prendere la strada più lunga si rivelerà una scelta azzeccata, questo tratto di sentiero è poco battuto ma regala degli scorci che lasciano senza fiato, il tratto più orientale del sentiero girando intorno al massiccio si affaccia sul vallone di Selvaromana permettendo il passaggio su roccia larga 40cm al massimo a strapiombo per decine e decine di metri. Per fortuna il passaggio è facilitato da un cavo d'acciaio fissato alla roccia, l'altezza e il senso di vuoto in quel tratto mi ha provocato giramenti di testa pur non avendo mai sofferto di vertigini prima d'ora! Il sentiero prosegue risalendo dolcemente fino a una ferrata che permette di scavalcare agevolmente uno sperone roccioso che ostacola il passaggio, poco impegnativa e abbastanza sicura la ferrata regala comunque emozioni da alpinista, perlomeno a chi come me non ne aveva mai fatta una
Da lì in poi il sentiero si fa strada tra i pini mughi passando affianco alla grotta del Cavone per risalire poi a fonte sella di Acquaviva. Qui poggiamo gli zaini a terra e ci prendiamo un po di tempo per chiacchierare sui passaggi e paesaggi finora incontrati. La giornata è ancora calda e sarà per la quota ma ora il vento è totalmente assente. Ci rammarichiamo un po per non essere riusciti ad arrivare sul M. Amaro ma il giro fatto lascia ben pochi rimpianti, ritenteremo la prossima volta sperando che il tempo ce lo permetta, se c'è una cosa che ho imparato è che la montagna va rispettata e temuta al tempo stesso, sopravvalutarsi e sottovalutare l'ambiente circostante può avere conseguenze drammatiche e bisogna sempre sapere quando fermarsi.
Ripartiamo a passo lento e un po stanchi e solo alle 18 raggiungiamo l'auto al Pomilio. Ci fermiamo per un caffè al bar dell'albergo Mammarosa e alle 20 siamo a casa.
Consiglio questo percorso a chiunque non l'abbia mai fatto, la diversità nei paesaggi che si incontrano e la varietà dei passaggi da affrontare è unica e il senso di appagamento che ne deriva è forte.
Grazie Majella, alla prossima!
Data: 19/08/10
Tempo di percorrenza: 8h
Grado di difficoltà: EE
Segnaletica: Quasi assente in quota
Quota massima: 2596m slm
Descrizione
La sveglia suona alle 6:30 ed immediatamente spalanco gli occhi e sghignazzo tra me e me. Oggi mi divertirò, ne sono certo! Tutto è pronto e sistemato, tempo di lavarmi, fare colazione e vestirmi e sono sotto casa ad aspettare mia sorella che in quanto donna non manca di farsi aspettare 20 minuti abbondanti...me l'aspettavo. Tra una chiacchiera e un carabiniere quasi investito arriviamo, salendo da Pretoro, al Rifugio Pomilio alle 9.00. Qui lasciamo l'auto e proseguiamo a piedi tagliando per i prati, costeggiando ciò che resta della vecchia strada per arrivare dopo meno di un'ora alla madonnina del Blockhaus. Il cielo è sgombro da nubi, il sole picchia forte già dal mattino e se non fosse per un fastidioso velo di foschia abbastanza accennato si potrebbe dire di aver trovato una giornata splendida.
Ci incamminiamo sul sentiero a sinistra della vetta nella vana speranza di trovare i ruderi del fortino ma ci ricongiungiamo poco dopo al sentiero principale senza aver trovato nulla..il pino mugo copre tutta la vetta e non ci è sembrato saggio avventurarci nell'ammasso di pini, l'abbigliamento è molto estivo e ritrovarsi poco dopo la partenza già pieni di graffi e tagli ci è parso prematuro
Proseguiamo per il sentiero ben visibile ed ormai familiare fino alla fonte sella di Acquaviva dove, dopo aver fatto scorta d'acqua, contempliamo per qualche minuto il sentiero che ci attende.
Ricordo bene l'ascesa al Focalone, l'ultima volta ero carico come un mulo e mi ha completamente prosciugato le energie, ma questa volta ho con me solo lo stretto indispensabile e viaggio decisamente leggero. Ottimista e un po troppo spavaldo mi lancio su per la ripida salita a passo sostenuto e dopo 15 minuti devo dar retta a muscoli e polmoni che sento rivoltarmisi contro...meglio non esagerare.
L'ascesa prosegue lenta ma senza soste fino al bivacco Fusco dove, dopo un paio di snack, ci rendiamo conto che la leggera e piacevole brezzolina che ci ha accompagnato nella mattinata sta lasciando il posto a un vento abbastanza sostenuto..poco male, niente che un giubbino antivento non possa fermare. Ci rendiamo conto di aver fatto i conti senza l'oste solo dopo essere arrivati in cima al Focalone ed esserci affacciati in direzione Ovest verso la valle dell'Orfento. Qui il vento è insostenibile, più volte rischiamo di perdere l'equilibrio e non riusciamo a parlare a più di un metro di distanza! Riscendiamo per qualche decina di metri fino a metterci al riparo dietro una sporgenza rocciosa e facciamo il punto della situazione..così non andiamo da nessuna parte. Siamo venuti sin qui con l'intenzione di arrivare sul M.Amaro ma il percorso che ci attende è completamente esposto ad Ovest e con questo vento, oltre a metterci pericolosamente a rischio cadute, non riusciremmo ad avanzare più di un paio di chilometri. Mia sorella che conosce questa zona meglio di me mi propone di ripiegare allora su qualcosa di meno esposto.. Cima Murelle è quello che fa al caso nostro, per me è sconosciuta e le altre vette la riparano dal forte vento. E' deciso allora! Consultiamo un po le mappe e i sentieri e cominciamo a seguire a grandi linee la direzione in cui dovrebbe passare il sentiero per trovarlo dopo una mezzora di cammino. Risalendo un piccolo crinale ci affacciamo sull'anfiteatro delle Murelle e sentiamo quello che all'inizio ci sembra il verso di un rapace, scopriamo invece dopo pochi secondi che a una cinquantina di metri di distanza c'è una coppia di camosci che ci osserva incuriosita e vigile. Di nuovo quel verso e questa volta non ci sono dubbi sulla sua origine.. divertiti e affascinati proseguiamo lungo il tragitto che si infrange dopo poco su un lastrone di ghiaccio e neve solidissima, riuscita a mantenersi nonostante la stagione al riparo dell'ombra di un grosso sperone roccioso..aggirarlo ci ruberebbe troppo tempo, a valle per la distanza da percorrere, a monte per l'asperità del passaggio. Mi faccio prestare una bacchetta da trekking da mia sorella e puntellandoci proseguiamo lentamente sulla grossa lastra in pendenza, aiutandoci scavando gradini con la punta del piede. Dopo tanti gradini e un paio di spaventi raggiungiamo il punto dove la lastra, a causa dello sciogliemento, si è staccata dalla parete rocciosa creando un canale di mezzo metro di larghezza e più di un metro e mezzo di profondità. Qui proseguire è meno estenuante e con la dovuta accortezza dopo poco superiamo l'ostacolo. Continuando a tenerci sulle pareti dell'anfiteatro ci fermiamo qualche minuto ad osservare le numerose formazioni fossili tutto intorno a noi, ogni pietra, dalla più piccola alla più grande, ha incastonata in sè ciò che resta di una antica forma di vita, conservata negli anni e per migliaia di anni ancora. Decisamente affascinante. Qualche foto qua e la e ripartiamo per fermarci dopo neanche 10 minuti, a bocca aperta ad osservare un branco di camosci, che mangiano tranquilli e accudiscono la prole. Che spettacolo, peccato solo non avere a portata di mano una macchina fotografica che possa definirsi tale, dovrò accontentarmi di foto in bassa qualità, peccato!
Superiamo silenziosi i camosci e dopo l'ultimo tratto di risalita siamo all'inizio della cresta rocciosa che porta a Cima Murelle. La pendenza è minima ma proseguendo il terreno diventa sempre più roccioso e impegnativo e l'ultimo tratto lo facciamo letteralmente a quattro zampe, non avendo trovato un sentiero da percorrere. Il vento si sente ma è sopportabile, basta fare la dovuta attenzione a dove si mettono i piedi e non farsi trovare senza appigli in caso di folate improvvise. Stanchi e sudati ci riposiamo dopo qualche foto sotto l'insegna di Cima Murelle e ci concediamo una mezz'ora per rifocillarci. Alle 14 riprendiamo gli zaini e ci buttiamo nel parco giochi del ghiaione che in ripida pendenza ci fa scivolare a valle per almeno 400mt di dislivello. L'esperienza è esaltante, punto i talloni saldamente e mi bilancio con le braccia in questo surf roccioso che dopo le prime incertezze procede a velocità sostenuta per tutto il tragitto. Arrivati a valle siamo costretti a fermarci 10 minuti per togliere le pietre dalle scarpe e dai vestiti e nel fare questo scorgiamo un altro branco di camosci poco distanti da noi. Si rincorrono, alcuni si prendono a craniate tra loro e sembrano non accorgersi di noi finchè l'intero branco si sposta velocissimo ed uniforme risalendo una pendenza rocciosa un po come fanno i banchi di pesce in mare aperto, mai visti così tanti camosci, questa zona ne è veramente piena! Dopo qualche foto di rito ripartiamo, aggirando le creste del Focalone a valle verso Est in quanto risalire per il bivacco Fusco dalla nostra posizione sarebbe massacrante, siamo molto più in basso e la distanza e la pendenza sono decisamente eccessive. Prendere la strada più lunga si rivelerà una scelta azzeccata, questo tratto di sentiero è poco battuto ma regala degli scorci che lasciano senza fiato, il tratto più orientale del sentiero girando intorno al massiccio si affaccia sul vallone di Selvaromana permettendo il passaggio su roccia larga 40cm al massimo a strapiombo per decine e decine di metri. Per fortuna il passaggio è facilitato da un cavo d'acciaio fissato alla roccia, l'altezza e il senso di vuoto in quel tratto mi ha provocato giramenti di testa pur non avendo mai sofferto di vertigini prima d'ora! Il sentiero prosegue risalendo dolcemente fino a una ferrata che permette di scavalcare agevolmente uno sperone roccioso che ostacola il passaggio, poco impegnativa e abbastanza sicura la ferrata regala comunque emozioni da alpinista, perlomeno a chi come me non ne aveva mai fatta una
Da lì in poi il sentiero si fa strada tra i pini mughi passando affianco alla grotta del Cavone per risalire poi a fonte sella di Acquaviva. Qui poggiamo gli zaini a terra e ci prendiamo un po di tempo per chiacchierare sui passaggi e paesaggi finora incontrati. La giornata è ancora calda e sarà per la quota ma ora il vento è totalmente assente. Ci rammarichiamo un po per non essere riusciti ad arrivare sul M. Amaro ma il giro fatto lascia ben pochi rimpianti, ritenteremo la prossima volta sperando che il tempo ce lo permetta, se c'è una cosa che ho imparato è che la montagna va rispettata e temuta al tempo stesso, sopravvalutarsi e sottovalutare l'ambiente circostante può avere conseguenze drammatiche e bisogna sempre sapere quando fermarsi.
Ripartiamo a passo lento e un po stanchi e solo alle 18 raggiungiamo l'auto al Pomilio. Ci fermiamo per un caffè al bar dell'albergo Mammarosa e alle 20 siamo a casa.
Consiglio questo percorso a chiunque non l'abbia mai fatto, la diversità nei paesaggi che si incontrano e la varietà dei passaggi da affrontare è unica e il senso di appagamento che ne deriva è forte.
Grazie Majella, alla prossima!
Allegati
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