Data: 08/06/2019
Regione e provincia: Torino
Località di partenza: Villanova
Località di arrivo: Rifugio Barbara Lowrie
Tempo di percorrenza: 4h fino al colle +1 ore 20 fino al rifugio Barbara
Grado di difficoltà: E (ma per il sentiero del Jervis una EE ci sta, a mio parere)
Descrizione delle difficoltà: sentiero ripido in alcuni tratti, piccoli salti di roccia, rocce scivolose
Periodo consigliato: per il rifugio sempre (meglio con condizioni della neve sicure, in inverno)
Segnaletica: discreta
Dislivello in salita: 1200
Dislivello in discesa: 1200
Quota massima: 2400 circa
Accesso stradale: Da Pinerolo imboccare la strada che percorre la Val Pellice e percorrerla fino al fondo
Descrizione
Dopo il solito 'totocima' dei giorni precedenti, dedicato alla scelta del percorso da seguire per l'escursione in base a previsioni/costi/trasporti e varie ed eventuali, alla fine opto per questo itinerario in Val Pellice, fino a ieri a me totalmente sconosciuta. Prendo il treno per Pinerolo e poi il bus che mi porta a Bobbio Pellice con cambio a Torre Pellice. Arrivato a Bobbio alle 10:10, lascio i ragazzi stranieri, studenti del Politecnico, che alla fermata dell'autobus mi hanno chiesto un consiglio su un luogo per camminare. Loro volevano andare al rifugio Barbara, ma consiglio loro di andare invece al Jervis, in quanto il primo è raggiungibile in auto su una strada asfaltata, per cui sarebbe stato sicuramente di scarso interesse naturalistico. Anche io devo andare in quella direzione ma preferisco fare autostop per arrivare subito al sentiero; infatti, per arrivare al punto di partenza mancano 7 km abbondanti e la giornata è calda. Chissà se i ragazzi sono riusciti ad arrivarci al Jervis (anche perchè mi hanno detto che vanno poco a camminare, e avevano delle scarpe da ginnastica), missà che li avrò sulla coscienza
La cascata alla partenza
Lasciata perdere questa digressione, alle 10:45 circa sono alla borgata Villanova, punto di partenza dell'itinerario. C'è un po' di gente ma durante la salita sarò praticamente solo o quasi.
Subito dopo la partenza si attaversa il Pellice su un ponte in legno e si comincia a salire, a tratti con una pendenza moderatamente decisa, in un bosco che rende più gradevole la salita ma che ogni tanto si dirada. Già è possibile scorgere le montagne innevate al fondo della Conca del Prà su cui sorge il rifugio.
La borgata Villanova
A questo punto il sentiero si fa più ripido, e costeggiando il torrente sempre sulla destra orografica (molto belli alcuni scorci sulle vicine e limpidissime acque del torrente) si sale, a tratti anche su facili ma scivolosissime roccette (che pensavo mettessero alla prova solo le scarpe da trail (più o meno..) nuove, ma anche un altro ragazzo ha la stessa impressione). Dopo una sottospecie di 'passo del gatto' e un altro breve strappo il bosco, ora divenuto di larici, si dirada. Il ragazzo davanti a me vede una sorta di piccolo torrione e ci si fionda; io faccio lo stesso anche per mettere un po' alla prova le scarpe, comunque non è difficile e c'è una sottospecie di corda fissa nell'ultimo (breve) salto. Da qui si può ammirare un bel panorama sul torrente, posto qualche decina di metri più in basso.
La placca risalita
Cammino già da un'ora e penso che non manchi molto, considerando che il tempo di percorrenza segnato sui cartello è di 1h e 15, ma in realtà non sono nemmeno a metà; comunque sul percorso mi sono fermato a fare un po' di foto, più del solito visto che spesso ne riservo la maggiore quantità a quote più alte. Se di solito il percorso nel bosco è visto, das me per primo, come la via necessaria per giungere in luoghi più belli e panoramici, qui è stato quasi il contrario.
Dopo un po' vedo gli escursionisti davanti a me attraversare il torrente, io d'istinto faccio lo stesso; sembra che ci sia un sentiero che continui dritto, ma non ci ho nemmeno fatto caso. Quindi mi accingo a percorrere il ponte, vedo che c'è una piccola ferratina. Provo a tastare la presa delle scarpe sulla placchetta in sicurezza, ma è piuttosto liscia. Poi per scendere al ponte ci sono altri due gradini metallici, e...vedo che il ponte mi ricorda un ponte tibetano, per giungere al ponte vero e proprio (molto traballante) devo fare un passo sul filo che lo collega alla placca. Sono alquanto perplesso, è un'esperienza insolita per me. Comunque passo questo tratto e mi collego alla sterrata che sale dal versante opposto.
Dopo alcuni minuti si arriva a una seconda cascata, dopo quella posta al parcheggio. Come la prima, è piuttosto impetuosa e basta avvicinarsi un po' per essere schizzati.
La sterrata continua con pendenza moderata, poi prendo il sentiero che la taglia che, dopo essere salito per un centinaio di metri di dislivello, arriva finalmente al rifugio, raggiunto dopo quasi 2 ore dalla partenza. Da qui si può godere della vista sulla bellissima Conca del Prà, che avevo già visto in foto ma ha superato ogni mia aspettativa. E' un bellissimo anfiteatro naturale circondato da una corona di montagne, tra cui in fondo spicca il Granero. Sarebbe anche un bel posto per fermarsi e riposare, intanto mangio.
La seconda cascata
Sulla piana si sta piuttosto bene, 18 gradi con venticello fresco. Vorrei percorrere la conca fino al suo termine per godere della vista ravvicinata della testata della valle, ma i programmi mi impongono di evitare, è già parecchio tardi. Credo che non ci sia neve verso la mia meta, ma faccio un salto al rifugio per chiedere informazioni; il gestore mi dice che c'è un po' di neve per arrivare al colle e che mi sarei sicuramente bagnato in piedi, mentre nel tratto che dal colle stesso va al rifugio Barbara ci dovrebbe essere un traverso innevato che sbarra la strada. Io quindi parto con l'obiettivo di salire un po', e riscendere qui invece che andare verso il rifugio Barbara, come era mia intenzione. Tuttavia, poco dopo incontro un escursionista straniero che viene dal Barbara e mi dice che non c'è neve.
La strada è lunga, nonostante il sentiero, piuttosto ripido, permetta di evitarne larghi tratti. Come già visibile dal basso, inoltre, più in alto si va a mangiare nebbia (d'altronde ho rimuginato un po' sulla questione relativa al fatto di restare giù alla conca e farmi un giro là o salire verso il colle, ma ho deciso che 500 metri di dislivello erano troppo pochi e volevo sfruttare meglio la giornata). Comunque, alla fine, giungo al giardino botanico Peyronel a 2290 metri (che di botanico secondo me ha ben poco, sarà perchè c'è ancora un po' di neve ma non mi è sembrato niente di che) e, dopo una breve sosta, percorro gli ultimi tornanti della strada, in questo tratto innevata ma solo parzialmente (si riesce a passare nella parte destra senza pestare neve) e, dopo gli ultimi metri in cui sono costretto a passare sulla neve, giungo finalmente al colle Barant, su cui sorge anche l'omonimo rifugio. Questo però è chiuso, si diceva che la sua sfortunata posizione, non molto vicina al fondovalle e senza particolari cime o mete negli immediati dintorni, non ne rende conveniente la gestione.
Rimango parecchio tempo qui in attesa di una schiarita per capire meglio cosa fare, non so se fidarmi più del gestore o dell'escursionista e se quindi scendere verso il rifugio Barbara o verso il Jervis; nel mentre salgo una specie di cima, non indicata sulle carte, appena sopra il rifugio, da cui purtroppo non riesco a fare molte foto vista la nebbia. Alla fine si fa parecchio tardi, e considerando che il ritorno lungo la via di salita sarebbe abbastanza lungo, decido di scendere verso il rifugio Barbara.
Ultimi tornanti per il colle
La conca emerge dalla nebbia
Verso la Punta Barant, mia meta originario, sarei dovuto salire dal giardino botanico
Anche qui un sentiero taglia la strada, all'inizio prendo la traccia sbagliata ma comunque riesco senza difficoltà a riagganciarla più in basso. Dopo questo tratto abbastanza deciso di discesa si ripercorre la strada per qualche centinaio di metri, fino al punto in cui è presente l'accumulo da valanga menzionato dal gestore. Ho fatto però bene a fidarmi dell'escursionista incontrato, visto che l'accumulo è tagliato proprio nel punto in cui avrebbe invaso la strada.
Il tratto incriminato, si diceva che fosse stato tagliato appositamnente per sgomberare la strada, si vede
Così, seguendo sempre la strada, dopo un po' si entra in un bel bosco di larici e dopo una mezz'ora abbondante si giunge alla strada del rifugio Barbara. Qui, con qualche decina di metri di salita, faccio un salto al rifugio e aspetto che esca qualcuno, raccattando poi un passaggio verso valle. Un po' rischioso come approccio, rischia di farmi rimanere appiedato, i ma se voglio girare senza troppi vincoli è l'unica soluzione; i mezzi non arrivano praticamente mai ai sentieri, quindi se è fattibile posso decidere di salire a piedi, o altrimenti questa è l'unica soluzione, non il massimo però.
Il Rifugio Barbara, ormai a sera inoltrata
In definitiva, percorso più bello nella parte bassa fino al rifugio, peccato che il pendio in fondo alla conca fosse abbastanza innevato a partire da una certa quota, altrimenti sarei potuto andare al Rifugio Granero, sempre a 2300 metri, che sarebbe stato più bello. D'altronde, il percorso che ho fatto io è una classica per la mountain bike e non propriamente per l'escursionismo, e a dire il vero avrei dovuto salire la Punta Barant, a cui ho rinunciato per l'orario e per la nebbia.
Alla prossima.
Regione e provincia: Torino
Località di partenza: Villanova
Località di arrivo: Rifugio Barbara Lowrie
Tempo di percorrenza: 4h fino al colle +1 ore 20 fino al rifugio Barbara
Grado di difficoltà: E (ma per il sentiero del Jervis una EE ci sta, a mio parere)
Descrizione delle difficoltà: sentiero ripido in alcuni tratti, piccoli salti di roccia, rocce scivolose
Periodo consigliato: per il rifugio sempre (meglio con condizioni della neve sicure, in inverno)
Segnaletica: discreta
Dislivello in salita: 1200
Dislivello in discesa: 1200
Quota massima: 2400 circa
Accesso stradale: Da Pinerolo imboccare la strada che percorre la Val Pellice e percorrerla fino al fondo
Descrizione
Dopo il solito 'totocima' dei giorni precedenti, dedicato alla scelta del percorso da seguire per l'escursione in base a previsioni/costi/trasporti e varie ed eventuali, alla fine opto per questo itinerario in Val Pellice, fino a ieri a me totalmente sconosciuta. Prendo il treno per Pinerolo e poi il bus che mi porta a Bobbio Pellice con cambio a Torre Pellice. Arrivato a Bobbio alle 10:10, lascio i ragazzi stranieri, studenti del Politecnico, che alla fermata dell'autobus mi hanno chiesto un consiglio su un luogo per camminare. Loro volevano andare al rifugio Barbara, ma consiglio loro di andare invece al Jervis, in quanto il primo è raggiungibile in auto su una strada asfaltata, per cui sarebbe stato sicuramente di scarso interesse naturalistico. Anche io devo andare in quella direzione ma preferisco fare autostop per arrivare subito al sentiero; infatti, per arrivare al punto di partenza mancano 7 km abbondanti e la giornata è calda. Chissà se i ragazzi sono riusciti ad arrivarci al Jervis (anche perchè mi hanno detto che vanno poco a camminare, e avevano delle scarpe da ginnastica), missà che li avrò sulla coscienza
La cascata alla partenza
Lasciata perdere questa digressione, alle 10:45 circa sono alla borgata Villanova, punto di partenza dell'itinerario. C'è un po' di gente ma durante la salita sarò praticamente solo o quasi.
Subito dopo la partenza si attaversa il Pellice su un ponte in legno e si comincia a salire, a tratti con una pendenza moderatamente decisa, in un bosco che rende più gradevole la salita ma che ogni tanto si dirada. Già è possibile scorgere le montagne innevate al fondo della Conca del Prà su cui sorge il rifugio.
La borgata Villanova
A questo punto il sentiero si fa più ripido, e costeggiando il torrente sempre sulla destra orografica (molto belli alcuni scorci sulle vicine e limpidissime acque del torrente) si sale, a tratti anche su facili ma scivolosissime roccette (che pensavo mettessero alla prova solo le scarpe da trail (più o meno..) nuove, ma anche un altro ragazzo ha la stessa impressione). Dopo una sottospecie di 'passo del gatto' e un altro breve strappo il bosco, ora divenuto di larici, si dirada. Il ragazzo davanti a me vede una sorta di piccolo torrione e ci si fionda; io faccio lo stesso anche per mettere un po' alla prova le scarpe, comunque non è difficile e c'è una sottospecie di corda fissa nell'ultimo (breve) salto. Da qui si può ammirare un bel panorama sul torrente, posto qualche decina di metri più in basso.
La placca risalita
Cammino già da un'ora e penso che non manchi molto, considerando che il tempo di percorrenza segnato sui cartello è di 1h e 15, ma in realtà non sono nemmeno a metà; comunque sul percorso mi sono fermato a fare un po' di foto, più del solito visto che spesso ne riservo la maggiore quantità a quote più alte. Se di solito il percorso nel bosco è visto, das me per primo, come la via necessaria per giungere in luoghi più belli e panoramici, qui è stato quasi il contrario.
Dopo un po' vedo gli escursionisti davanti a me attraversare il torrente, io d'istinto faccio lo stesso; sembra che ci sia un sentiero che continui dritto, ma non ci ho nemmeno fatto caso. Quindi mi accingo a percorrere il ponte, vedo che c'è una piccola ferratina. Provo a tastare la presa delle scarpe sulla placchetta in sicurezza, ma è piuttosto liscia. Poi per scendere al ponte ci sono altri due gradini metallici, e...vedo che il ponte mi ricorda un ponte tibetano, per giungere al ponte vero e proprio (molto traballante) devo fare un passo sul filo che lo collega alla placca. Sono alquanto perplesso, è un'esperienza insolita per me. Comunque passo questo tratto e mi collego alla sterrata che sale dal versante opposto.
Dopo alcuni minuti si arriva a una seconda cascata, dopo quella posta al parcheggio. Come la prima, è piuttosto impetuosa e basta avvicinarsi un po' per essere schizzati.
La sterrata continua con pendenza moderata, poi prendo il sentiero che la taglia che, dopo essere salito per un centinaio di metri di dislivello, arriva finalmente al rifugio, raggiunto dopo quasi 2 ore dalla partenza. Da qui si può godere della vista sulla bellissima Conca del Prà, che avevo già visto in foto ma ha superato ogni mia aspettativa. E' un bellissimo anfiteatro naturale circondato da una corona di montagne, tra cui in fondo spicca il Granero. Sarebbe anche un bel posto per fermarsi e riposare, intanto mangio.
La seconda cascata
Sulla piana si sta piuttosto bene, 18 gradi con venticello fresco. Vorrei percorrere la conca fino al suo termine per godere della vista ravvicinata della testata della valle, ma i programmi mi impongono di evitare, è già parecchio tardi. Credo che non ci sia neve verso la mia meta, ma faccio un salto al rifugio per chiedere informazioni; il gestore mi dice che c'è un po' di neve per arrivare al colle e che mi sarei sicuramente bagnato in piedi, mentre nel tratto che dal colle stesso va al rifugio Barbara ci dovrebbe essere un traverso innevato che sbarra la strada. Io quindi parto con l'obiettivo di salire un po', e riscendere qui invece che andare verso il rifugio Barbara, come era mia intenzione. Tuttavia, poco dopo incontro un escursionista straniero che viene dal Barbara e mi dice che non c'è neve.
La strada è lunga, nonostante il sentiero, piuttosto ripido, permetta di evitarne larghi tratti. Come già visibile dal basso, inoltre, più in alto si va a mangiare nebbia (d'altronde ho rimuginato un po' sulla questione relativa al fatto di restare giù alla conca e farmi un giro là o salire verso il colle, ma ho deciso che 500 metri di dislivello erano troppo pochi e volevo sfruttare meglio la giornata). Comunque, alla fine, giungo al giardino botanico Peyronel a 2290 metri (che di botanico secondo me ha ben poco, sarà perchè c'è ancora un po' di neve ma non mi è sembrato niente di che) e, dopo una breve sosta, percorro gli ultimi tornanti della strada, in questo tratto innevata ma solo parzialmente (si riesce a passare nella parte destra senza pestare neve) e, dopo gli ultimi metri in cui sono costretto a passare sulla neve, giungo finalmente al colle Barant, su cui sorge anche l'omonimo rifugio. Questo però è chiuso, si diceva che la sua sfortunata posizione, non molto vicina al fondovalle e senza particolari cime o mete negli immediati dintorni, non ne rende conveniente la gestione.
Rimango parecchio tempo qui in attesa di una schiarita per capire meglio cosa fare, non so se fidarmi più del gestore o dell'escursionista e se quindi scendere verso il rifugio Barbara o verso il Jervis; nel mentre salgo una specie di cima, non indicata sulle carte, appena sopra il rifugio, da cui purtroppo non riesco a fare molte foto vista la nebbia. Alla fine si fa parecchio tardi, e considerando che il ritorno lungo la via di salita sarebbe abbastanza lungo, decido di scendere verso il rifugio Barbara.
Ultimi tornanti per il colle
La conca emerge dalla nebbia
Verso la Punta Barant, mia meta originario, sarei dovuto salire dal giardino botanico
Anche qui un sentiero taglia la strada, all'inizio prendo la traccia sbagliata ma comunque riesco senza difficoltà a riagganciarla più in basso. Dopo questo tratto abbastanza deciso di discesa si ripercorre la strada per qualche centinaio di metri, fino al punto in cui è presente l'accumulo da valanga menzionato dal gestore. Ho fatto però bene a fidarmi dell'escursionista incontrato, visto che l'accumulo è tagliato proprio nel punto in cui avrebbe invaso la strada.
Il tratto incriminato, si diceva che fosse stato tagliato appositamnente per sgomberare la strada, si vede
Così, seguendo sempre la strada, dopo un po' si entra in un bel bosco di larici e dopo una mezz'ora abbondante si giunge alla strada del rifugio Barbara. Qui, con qualche decina di metri di salita, faccio un salto al rifugio e aspetto che esca qualcuno, raccattando poi un passaggio verso valle. Un po' rischioso come approccio, rischia di farmi rimanere appiedato, i ma se voglio girare senza troppi vincoli è l'unica soluzione; i mezzi non arrivano praticamente mai ai sentieri, quindi se è fattibile posso decidere di salire a piedi, o altrimenti questa è l'unica soluzione, non il massimo però.
Il Rifugio Barbara, ormai a sera inoltrata
In definitiva, percorso più bello nella parte bassa fino al rifugio, peccato che il pendio in fondo alla conca fosse abbastanza innevato a partire da una certa quota, altrimenti sarei potuto andare al Rifugio Granero, sempre a 2300 metri, che sarebbe stato più bello. D'altronde, il percorso che ho fatto io è una classica per la mountain bike e non propriamente per l'escursionismo, e a dire il vero avrei dovuto salire la Punta Barant, a cui ho rinunciato per l'orario e per la nebbia.
Alla prossima.
Allegati
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