D
Derrick
Guest
Sto usando IE con le immagini disattivate e ha qualche problema con i pulsanti per le citazioni, rispondo quindi alla rinfusa a vari interventi:
Riguardo la presenza della vedova nera (Latrodectes mactans) in Italia, sull'Enciclopedia Rizzoli-Larousse veniva data come diffusa a macchia di leopardo in tutta Italia. Vedo che Wikipedia dà solo la malmignatta come presente in Italia. L'enciclopedia Rizzoli-Larousse non è più in casa mia, quando vado da mio padre verifico e vi faccio sapere.
La mia memoria può fallire, ma Wikipedia in genere non è una fonte molto affidabile.
Malmignatta o Vedova nera, attenzione ai Latrodectes e quindi alla legna secca o marcia.
***
Riguardo gli studi che sembrerebbero confermare la natura "culturale" dell'avversione ai ragni, li vorrei leggere per capire i criteri. Esisono molti studi pseudoscientifici.
Se gli aracnofobi sono 1 su 10, e vuoi avere un campione di 1000 potenziali aracnofobi, il tuo campione di studio deve essere di 10.000 persone. Se fai l'indagine su 10 bambini dell'asilo (esistono pure studi così) allora i risultati non sono significativi.
Nel mio caso, i miei genitori non sono aracnofobi e in casa non c'è cultura aracnofobica. A due anni mia zia mi disse "lo vedi che carino il ragnetto" e mi mostrò un ragno e io scappai via piangendo. Non credo che ci sia stato un influsso culturale.
Poi certo le due cose possono sovrapporsi. Ma anche nelle culture come quella italiana in cui "il ragno porta guadagno" ed è visto come animale carico di valori "positivi" (uccide le mosche, gran lavoratore ecc.) un certo numero di persone sono aracnofobiche senza che lo siano i loro familiari il che mi conferma nella mia ipotesi che vi sia un presupposto genetico.
Aggiungerei che animali come le mosche e le zanzare, che sono molto più fastidiosi dal punto di vista "culturale", non danno luogo a fobie mentre gli aracnofobi sono dappertutto (è l'unica cosa che ho in comune con il Silvio mannaro).
***
Riguardo il meccanismo di "educazione" degli animali molesti o predatori da parte di serpenti velenosi, a me pare che l'educazione funzioni alla grande proprio in caso di morte del predatore e non viceversa, strettamente secondo il dettato darwiniano.
Se vi sono esemplari di predatore per i quali il serpente è "cibo" ed esemplari di predatore per i quali il serpente è "non cibo", i predatori per i quali il serpente è "cibo" vengono più facilmente uccisi durante il procacciamento del cibo e, alla lunga, si estinguono o il loro numero diminuisce perché meno frequentemente trasmettono i loro geni incluso quello per cui il serpente appare come "cibo".
I predatori per i quali il serpente è "non cibo" non hanno alcun problema da parte dei serpenti e quindi hanno più probabilità di trasmettere il loro gene per il quale il serpente è "non cibo". Nel lungo periodo l'incidenza del gene che vede nei serpenti "cibo" tenderà a diminuire.
Se invece il serpente si limitasse a "educare" il predatore che lo vede come "cibo" quel predatore si riprodurrebbe e, in media, trasmetterebbe ai discendenti il gene che fa loro vedere i serpenti come "cibo" e la progenie del serpente dovrà trovarsi a "educare" la progenie del predatore cioè la situazione per il serpente predato, inteso come specie, non migliorerebbe mai.
Nella teoria darwiniana della selezione la selezione avviene appunto con la morte del meno adatto. Il "più adatto" (quello che non vede animali pericolosi come "cibo") ha più probabilità di sopravvivere e nel sopravvivere trasmetterà anche questo particolare gene che gli fa vedere i serpenti come "non cibo".
***
Nel caso dell'uomo, e dell'aracnofobia, il meccanismo è simile.
Gli uomini preistorici aracnofobici, come a me pare, hanno avuto più probabilità di sopravvivere rispetto a quelli non-aracnofobici e hanno quindi trasmesso più facilmente alla discendenza questo gene per cui da una "mutazione casuale favorevole" apparsa in un singolo individuo in un certo giorno dell'umanità il gene mano a mano si è diffuso ed è ora presente, diciamo, nel 10% della popolazione (per dire un numero a caso).
Ora smetterà di aumentare perché naturalmente viviamo in modo tale che i ragni non possono più essere una causa di selezione del patrimonio genetico dell'Homo sapiens.
Naturalmente spero ora di non dover argomentare su domande tipo "e allora perché ci sono uomini non-aracnofobici che sopravvivono" e "allora perché gli aracnofobici hanno figli non aracnofobici?" "allora perché ci sono serpenti non velenosi?" perché sarebbe lunga ma a me pare che vi sia stato in atto un meccanismo molto chiaro di "selezione" che ha "selezionato" questa caratteristica. Chiaramente in questo lavoro di "selezione" i ragni ci hanno messo la loro. Sono i ragni che hanno "selezionato" nell'uomo l'avversione al ragno ma questa avversione deve essere nata come mutazione casuale.
Naturalmente è anche possibile che il tutto sia frutto di condizionamenti culturali ma a me pare estremamente poco probabile.
Riguardo la presenza della vedova nera (Latrodectes mactans) in Italia, sull'Enciclopedia Rizzoli-Larousse veniva data come diffusa a macchia di leopardo in tutta Italia. Vedo che Wikipedia dà solo la malmignatta come presente in Italia. L'enciclopedia Rizzoli-Larousse non è più in casa mia, quando vado da mio padre verifico e vi faccio sapere.
La mia memoria può fallire, ma Wikipedia in genere non è una fonte molto affidabile.
Malmignatta o Vedova nera, attenzione ai Latrodectes e quindi alla legna secca o marcia.
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Riguardo gli studi che sembrerebbero confermare la natura "culturale" dell'avversione ai ragni, li vorrei leggere per capire i criteri. Esisono molti studi pseudoscientifici.
Se gli aracnofobi sono 1 su 10, e vuoi avere un campione di 1000 potenziali aracnofobi, il tuo campione di studio deve essere di 10.000 persone. Se fai l'indagine su 10 bambini dell'asilo (esistono pure studi così) allora i risultati non sono significativi.
Nel mio caso, i miei genitori non sono aracnofobi e in casa non c'è cultura aracnofobica. A due anni mia zia mi disse "lo vedi che carino il ragnetto" e mi mostrò un ragno e io scappai via piangendo. Non credo che ci sia stato un influsso culturale.
Poi certo le due cose possono sovrapporsi. Ma anche nelle culture come quella italiana in cui "il ragno porta guadagno" ed è visto come animale carico di valori "positivi" (uccide le mosche, gran lavoratore ecc.) un certo numero di persone sono aracnofobiche senza che lo siano i loro familiari il che mi conferma nella mia ipotesi che vi sia un presupposto genetico.
Aggiungerei che animali come le mosche e le zanzare, che sono molto più fastidiosi dal punto di vista "culturale", non danno luogo a fobie mentre gli aracnofobi sono dappertutto (è l'unica cosa che ho in comune con il Silvio mannaro).
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Riguardo il meccanismo di "educazione" degli animali molesti o predatori da parte di serpenti velenosi, a me pare che l'educazione funzioni alla grande proprio in caso di morte del predatore e non viceversa, strettamente secondo il dettato darwiniano.
Se vi sono esemplari di predatore per i quali il serpente è "cibo" ed esemplari di predatore per i quali il serpente è "non cibo", i predatori per i quali il serpente è "cibo" vengono più facilmente uccisi durante il procacciamento del cibo e, alla lunga, si estinguono o il loro numero diminuisce perché meno frequentemente trasmettono i loro geni incluso quello per cui il serpente appare come "cibo".
I predatori per i quali il serpente è "non cibo" non hanno alcun problema da parte dei serpenti e quindi hanno più probabilità di trasmettere il loro gene per il quale il serpente è "non cibo". Nel lungo periodo l'incidenza del gene che vede nei serpenti "cibo" tenderà a diminuire.
Se invece il serpente si limitasse a "educare" il predatore che lo vede come "cibo" quel predatore si riprodurrebbe e, in media, trasmetterebbe ai discendenti il gene che fa loro vedere i serpenti come "cibo" e la progenie del serpente dovrà trovarsi a "educare" la progenie del predatore cioè la situazione per il serpente predato, inteso come specie, non migliorerebbe mai.
Nella teoria darwiniana della selezione la selezione avviene appunto con la morte del meno adatto. Il "più adatto" (quello che non vede animali pericolosi come "cibo") ha più probabilità di sopravvivere e nel sopravvivere trasmetterà anche questo particolare gene che gli fa vedere i serpenti come "non cibo".
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Nel caso dell'uomo, e dell'aracnofobia, il meccanismo è simile.
Gli uomini preistorici aracnofobici, come a me pare, hanno avuto più probabilità di sopravvivere rispetto a quelli non-aracnofobici e hanno quindi trasmesso più facilmente alla discendenza questo gene per cui da una "mutazione casuale favorevole" apparsa in un singolo individuo in un certo giorno dell'umanità il gene mano a mano si è diffuso ed è ora presente, diciamo, nel 10% della popolazione (per dire un numero a caso).
Ora smetterà di aumentare perché naturalmente viviamo in modo tale che i ragni non possono più essere una causa di selezione del patrimonio genetico dell'Homo sapiens.
Naturalmente spero ora di non dover argomentare su domande tipo "e allora perché ci sono uomini non-aracnofobici che sopravvivono" e "allora perché gli aracnofobici hanno figli non aracnofobici?" "allora perché ci sono serpenti non velenosi?" perché sarebbe lunga ma a me pare che vi sia stato in atto un meccanismo molto chiaro di "selezione" che ha "selezionato" questa caratteristica. Chiaramente in questo lavoro di "selezione" i ragni ci hanno messo la loro. Sono i ragni che hanno "selezionato" nell'uomo l'avversione al ragno ma questa avversione deve essere nata come mutazione casuale.
Naturalmente è anche possibile che il tutto sia frutto di condizionamenti culturali ma a me pare estremamente poco probabile.
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