Con il ragno mio vicino di casa

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Derrick

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Sto usando IE con le immagini disattivate e ha qualche problema con i pulsanti per le citazioni, rispondo quindi alla rinfusa a vari interventi:

Riguardo la presenza della vedova nera (Latrodectes mactans) in Italia, sull'Enciclopedia Rizzoli-Larousse veniva data come diffusa a macchia di leopardo in tutta Italia. Vedo che Wikipedia dà solo la malmignatta come presente in Italia. L'enciclopedia Rizzoli-Larousse non è più in casa mia, quando vado da mio padre verifico e vi faccio sapere.

La mia memoria può fallire, ma Wikipedia in genere non è una fonte molto affidabile.

Malmignatta o Vedova nera, attenzione ai Latrodectes e quindi alla legna secca o marcia.

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Riguardo gli studi che sembrerebbero confermare la natura "culturale" dell'avversione ai ragni, li vorrei leggere per capire i criteri. Esisono molti studi pseudoscientifici.
Se gli aracnofobi sono 1 su 10, e vuoi avere un campione di 1000 potenziali aracnofobi, il tuo campione di studio deve essere di 10.000 persone. Se fai l'indagine su 10 bambini dell'asilo (esistono pure studi così) allora i risultati non sono significativi.

Nel mio caso, i miei genitori non sono aracnofobi e in casa non c'è cultura aracnofobica. A due anni mia zia mi disse "lo vedi che carino il ragnetto" e mi mostrò un ragno e io scappai via piangendo. Non credo che ci sia stato un influsso culturale.

Poi certo le due cose possono sovrapporsi. Ma anche nelle culture come quella italiana in cui "il ragno porta guadagno" ed è visto come animale carico di valori "positivi" (uccide le mosche, gran lavoratore ecc.) un certo numero di persone sono aracnofobiche senza che lo siano i loro familiari il che mi conferma nella mia ipotesi che vi sia un presupposto genetico.

Aggiungerei che animali come le mosche e le zanzare, che sono molto più fastidiosi dal punto di vista "culturale", non danno luogo a fobie mentre gli aracnofobi sono dappertutto (è l'unica cosa che ho in comune con il Silvio mannaro).

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Riguardo il meccanismo di "educazione" degli animali molesti o predatori da parte di serpenti velenosi, a me pare che l'educazione funzioni alla grande proprio in caso di morte del predatore e non viceversa, strettamente secondo il dettato darwiniano.

Se vi sono esemplari di predatore per i quali il serpente è "cibo" ed esemplari di predatore per i quali il serpente è "non cibo", i predatori per i quali il serpente è "cibo" vengono più facilmente uccisi durante il procacciamento del cibo e, alla lunga, si estinguono o il loro numero diminuisce perché meno frequentemente trasmettono i loro geni incluso quello per cui il serpente appare come "cibo".

I predatori per i quali il serpente è "non cibo" non hanno alcun problema da parte dei serpenti e quindi hanno più probabilità di trasmettere il loro gene per il quale il serpente è "non cibo". Nel lungo periodo l'incidenza del gene che vede nei serpenti "cibo" tenderà a diminuire.

Se invece il serpente si limitasse a "educare" il predatore che lo vede come "cibo" quel predatore si riprodurrebbe e, in media, trasmetterebbe ai discendenti il gene che fa loro vedere i serpenti come "cibo" e la progenie del serpente dovrà trovarsi a "educare" la progenie del predatore cioè la situazione per il serpente predato, inteso come specie, non migliorerebbe mai.

Nella teoria darwiniana della selezione la selezione avviene appunto con la morte del meno adatto. Il "più adatto" (quello che non vede animali pericolosi come "cibo") ha più probabilità di sopravvivere e nel sopravvivere trasmetterà anche questo particolare gene che gli fa vedere i serpenti come "non cibo".

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Nel caso dell'uomo, e dell'aracnofobia, il meccanismo è simile.

Gli uomini preistorici aracnofobici, come a me pare, hanno avuto più probabilità di sopravvivere rispetto a quelli non-aracnofobici e hanno quindi trasmesso più facilmente alla discendenza questo gene per cui da una "mutazione casuale favorevole" apparsa in un singolo individuo in un certo giorno dell'umanità il gene mano a mano si è diffuso ed è ora presente, diciamo, nel 10% della popolazione (per dire un numero a caso).

Ora smetterà di aumentare perché naturalmente viviamo in modo tale che i ragni non possono più essere una causa di selezione del patrimonio genetico dell'Homo sapiens.

Naturalmente spero ora di non dover argomentare su domande tipo "e allora perché ci sono uomini non-aracnofobici che sopravvivono" e "allora perché gli aracnofobici hanno figli non aracnofobici?" "allora perché ci sono serpenti non velenosi?" perché sarebbe lunga ma a me pare che vi sia stato in atto un meccanismo molto chiaro di "selezione" che ha "selezionato" questa caratteristica. Chiaramente in questo lavoro di "selezione" i ragni ci hanno messo la loro. Sono i ragni che hanno "selezionato" nell'uomo l'avversione al ragno ma questa avversione deve essere nata come mutazione casuale.

Naturalmente è anche possibile che il tutto sia frutto di condizionamenti culturali ma a me pare estremamente poco probabile.
 
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Chi lo sa' se e' educazione o genetica... sta' di fatto che il cervello umano e' uno dei migliori del mondo ad eseguire quello che si chiama: Pattern recognition, scusa, non so' il termine in Italiano.

Certamente, il "Lascia stare" o "scappa" detto al bambino puo' diventare anche: "uccidi indiscriminatamente" quando si diventa adolescente, e la possibilita' di successo contro la preda e' maggiore. C'e' anche da dire che vari animali sono piu' o meno utili a culture diverse, ed e' difficile dare un giudizio globale dal punto di vista di una cultura dove certi animali hanno creato piu' danni problemi, reali o percepiti, che vantaggi.

Certe specie sono sopravvisute a dispetto del fatto che l'umano volesse sterminarle, nell'alba dei tempi non eravamo cosi' numerosi, e l'unica cosa che contava, quando uscivi per una battuta di caccia, era il successo.

Mosche e zanzare sono diventate "dannose" quando abbiamo capito che lo erano. Fino al secolo scorso si parlava di : Mala - aria.

Sono d'accordo che e' un tema complesso e pieno di contenuti culturali che variano in giro per il mondo.
 
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Derrick

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Pattern recognition in informatica è "riconoscimento di modelli" o "riconoscimento di strutture" (intelligenza artificiale) ma in psicologia penso che sia semplicemente il concetto di "astrazione" (il meccanismo per cui se vedi un cane di specie A, uno di specie B e uno di specie C, quando poi vedi un cane di specie D anche se non l'hai mai visto prima lo identifichi come "cane" perché hai "astratto" dai cani precedenti delle caratteristiche che te lo fanno identificare come "cane").

L'uccisione del ragno per l'aracnofobo è un evento abbastanza traumatico. L'aracnofobo preferisce sempre che il lavoro lo faccia qualcun altro. Dare un pestone ad un ragno è una cosa per cui si deve vincere la paura.

La vedova nera o malmignatta che fosse che ho ucciso nel mio garage, e che razionalmente avrei potuto pestare con le scarpe, è morta sotto un bottiglione di vetro di quelli da 5 litri vuoto. Non ce l'avrei mai fatta a metterle il piede sopra. All'aracnofobo poi il ragno fa paura anche da morto.
 
Riguardo la presenza della vedova nera (Latrodectes mactans) in Italia, sull'Enciclopedia Rizzoli-Larousse veniva data come diffusa a macchia di leopardo in tutta Italia. Vedo che Wikipedia dà solo la malmignatta come presente in Italia. L'enciclopedia Rizzoli-Larousse non è più in casa mia, quando vado da mio padre verifico e vi faccio sapere.

Purtroppo anche l'enciclopedia Rizzoli-Larousse non è affidabile in questo caso.
Innanzi tutto, per essere precisi, il nome scientifico del genere è Latrodectus.
Detto questo, non è questione di fonti: la vedova nera (Latrodectus mactans) non è presente in Italia. Punto. Indifferentemente dalla tua memoria o dalla Rizzoli-Larousse.
L'unica specie di Latrodectus in Italia è Latrodectus tredecimguttatus (malmignatta) che è altra cosa.

Riguardo il meccanismo di "educazione" degli animali molesti o predatori da parte di serpenti velenosi, a me pare che l'educazione funzioni alla grande proprio in caso di morte del predatore e non viceversa, strettamente secondo il dettato darwiniano.

Se vi sono esemplari di predatore per i quali il serpente è "cibo" ed esemplari di predatore per i quali il serpente è "non cibo", i predatori per i quali il serpente è "cibo" vengono più facilmente uccisi durante il procacciamento del cibo e, alla lunga, si estinguono o il loro numero diminuisce perché meno frequentemente trasmettono i loro geni incluso quello per cui il serpente appare come "cibo".

I predatori per i quali il serpente è "non cibo" non hanno alcun problema da parte dei serpenti e quindi hanno più probabilità di trasmettere il loro gene per il quale il serpente è "non cibo". Nel lungo periodo l'incidenza del gene che vede nei serpenti "cibo" tenderà a diminuire.

Se invece il serpente si limitasse a "educare" il predatore che lo vede come "cibo" quel predatore si riprodurrebbe e, in media, trasmetterebbe ai discendenti il gene che fa loro vedere i serpenti come "cibo" e la progenie del serpente dovrà trovarsi a "educare" la progenie del predatore cioè la situazione per il serpente predato, inteso come specie, non migliorerebbe mai.

Nella teoria darwiniana della selezione la selezione avviene appunto con la morte del meno adatto. Il "più adatto" (quello che non vede animali pericolosi come "cibo") ha più probabilità di sopravvivere e nel sopravvivere trasmetterà anche questo particolare gene che gli fa vedere i serpenti come "non cibo".

Con tutto il rispetto, il tuo discorso è opinabile, in particolar modo l'ultimo paragrafo. I serpenti velenosi esistono da centinaia di migliaia di anni, se funzionasse come scrivi tu i serpenti non dovrebbero più avere nemici naturali ed essere in cima alla piramide alimentare, ma non è così.
L'evoluzione funziona in modo diverso: dota i predatori di particolari animali di caratteristiche che li rendono più o meno immuni al veleno o di caratteristiche che rendono difficile o impossibile l'avvelenamento.
 
All'aracnofobo poi il ragno fa paura anche da morto.


Derrick, questa e' una tua conclusione personale...rispettabilissima.

In Texas, dove le vedove nere te le tirano dietro e le trovi negli stivali la mattina, la Standard operating procedure in campagna e' di farle secche, e lo fanno anche quelli che hanno paura, e' un segno di rispetto al prossimo, se no gli altri, inclusi i figli bambini, se le troverebbero tra i piedi tutto il giorno.

Certo, a suggellare il tuo punto, ecco che le menti acute del marketing vengono fuori con queste cose :) :)

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Derrick

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Con tutto il rispetto, il tuo discorso è opinabile, in particolar modo l'ultimo paragrafo. I serpenti velenosi esistono da centinaia di migliaia di anni, se funzionasse come scrivi tu i serpenti non dovrebbero più avere nemici naturali ed essere in cima alla piramide alimentare, ma non è così. L'evoluzione funziona in modo diverso: dota i predatori di particolari animali di caratteristiche che li rendono più o meno immuni al veleno o di caratteristiche che rendono difficile o impossibile l'avvelenamento.

Non capisco perché da quello che scrivo trai quella conclusione.
Tutte le specie sono in "lotta" e tutte "evolvono" continuamente. Quindi tutta l'evoluzione di tutte le specie è una sorta di misura e contromisura (dove sia "misura" che "contromisura" è una mutazione genetica casuale che "si afferma" in quanto adatta all'ambiente).

Quindi mentre è vantaggioso per la specie "serpente velenoso" predata uccidere il predatore (anziché "ammonirlo" per così dire) è vantaggioso per la specie predatrice non essere uccisa e quindi l'eventuale successiva mutazione genetica che favorisce il "non essere uccisa" (ad es. la maggiore resistenza al veleno, oppure una conformazione di muso zampe ecc. che renda più difficile essere morsi ecc.) avrà "successo" in quella specie, ma prima o poi un'altra mutazione casuale potrebbe produrre, nella specie serpente predato, un veleno più efficace - o un dente più efficace ecc. - e ciò ridurrebbe il numero di esemplari della specie predatrice finché non interviene un'altra mutazione che sia una valida contromisura.

Il "balletto" va avanti finché una specie subisce uno scacco talmente forte da estinguerla (in natura c'è una lenta e continua estinzione di specie come pure una lenta e continua creazione di nuove specie).

Naturalmente le mutazioni essendo del tutto casuali l'evoluzione della specie predatrice, in "risposta" ad una evoluzione della specie predata, può indirizzarsi verso il "non-cibo" come verso un altro tipo di "contromisura". E' anzi perfettamente possibile che entrambe le mutazioni casuali sorgano e si sviluppino, nel corso delle generazioni, dal momento che il corredo genetico degli esemplari di ogni specie non è mai identico, e alla lunga possano sovrapporsi e generalizzarsi.

Ad esempio nell'uomo alcuni sono aracnofobi e altri no ;) . Alcuni sono glabri e altri barbuti ecc. Questo da un punto di vista genetico è possibilissimo. Alcuni esemplari hanno questo tipo di "contromisura" altri hanno forse altri tipi di contromisura (ad es. non vedere i ragni come "cibo" in ogni caso).

Non è scontato da un punto di vista strettamente biologico che tutti gli esemplari di Homo sapiens abbiano lo stesso tipo di reazione di fronte ad un ragno. Gli "esperimenti scientifici" tendono a considerare gli uomini come identici geneticamente e quindi se osservano un comportamento pensano che sia attribuibile alla specie.

Sarebbe come fare un esperimento scientifico e prendere un bambino che non ama i dolci e desumere che i dolci siano un "bisogno culturale" del bambino. Molto semplicemente alcuni bambini nascono senza particolare attrazione per il sapore dolce. Magari saranno il 2% ma manifestano questa caratteristica prima di qualsiasi condizionamento culturale. (leva "dolce" e metti qualsiasi altra cosa).

Si potrebbero fare tantissimi esempi di variazioni nella stessa specie. Visti dal punto di vista della specie si tratta anzi di una raffinata strategia di sopravvivenza.

Se anche - per fare un esempio famoso - delle falene sono molto mimetiche su una corteccia di un certo colore, diciamo chiara, è "conveniente" per la specie che un certo numero di falene sia comunque in livrea "scura" anche se quegli esemplari hanno meno capacità di sopravvivere in quell'ambiente.

Se e quando le condizioni ambientali cambiano e le falene si ritrovano in un ambiente con prevalenza di corteccia scura, le falene chiare saranno facile preda dei predatori ma vi saranno alcune falene con corteccia scura che stavolta saranno quelle con maggiori probabilità di sopravvivere e quindi la specie sopravviverà più facilmente perché, per così dire, ha la "mutazione genetica pronta" anziché "aspettare" che venga una mutazione casuale a cavarla d'impaccio dopo che si è verificato il "problema".

E' probabile che vi siano in ogni specie molte varianti casuali, neutre o leggermente sfavorevoli, in alcuni esemplari, "pronte" per la circostanza avversa, oppure nel caso specifico si può anche ipotizzare che la circostanza avversa ("ragni molto velenosi e diffusi") sia forse stata più frequente in passato che oggi e che la presenza del gene dell'avversione al ragno, in alcuni esemplari della specie, sia un relitto di quella necessità (ora la necessità è passata e quindi quel gene non è più determinante, ma è sempre presente in alcuni esemplari).

Il patrimonio genetico di una specie è fatto da "ventagli di opzioni" cioè nel grande tavolo da poker dell'evoluzione le specie "giocano su più tavoli" e se da una parte perdono dall'altra vincono.

Per fare un altro esempio basta osservare come popolazioni diverse di uccelli della stessa specie siano alcune migratrici, e altre non migratrici, oppure alcune facciano la migrazione "verticale" e altre la facciano verso lidi lontani. Hanno "istinti" diversi eppure appartengono alla stessa specie (vabbé qui c'è da chiedersi quanto la migrazione sia "istinto" e quanto "cultura" ma le due cose secondo me non sono mai "contrapposte", vedi sotto).

Se una delle due popolazioni viene colpita da qualche circostanza avversa che magari l'estingue pure, l'altra popolazione perpetua la specie e forse la specie ha dei meccanismi tali che nel lungo periodo entrambi i comportamenti riprendano ad essere tenuti.

L'esperimento di prendere un bambino "non condizionato" e di farlo giocare coi serpenti (non velenosi) non mi sembra molto significativo:

la ragione è che viene escluso il comportamento di protezione della madre che allontanerebbe il serpente o il ragno e che può benissimo avere natura genetica come tanti altri comportamenti protettivi che il bambino, da solo, non adotterebbe ma che la madre adotta perché a ciò spinta anche dall'istinto (oltre che dalla trasmissione culturale e dal ragionamento ecc.). Per intenderci il bambino potrebbe giocare con la stessa infantile fiducia anche con un leone ma questo non significa che, nell'uomo, non sia insita la paura del leone.

C'è una componente "culturale" e una componente "genetica" ma queste due non si escludono a vicenda.

Anche l'amore materno o paterno ha una forte componente "culturale" ma questo non significa che non abbia anche una componente genetica. Il dibattito "nurture vs culture" mi pare mal posto perché in genere i due fattori si condizionano l'un l'altro (per l'aracnofobia quando c'è, per l'istinto migratorio quando c'è, per l'amore materno quando c'è ecc.).

Comunque se l'aracnofobia è genetica è evidente che è presente solo in alcuni individui (erpetofobia, claustrofobia ecc.). Quindi un esperimento che analizzi il comportamento di solo alcuni bambini non serve a negare l'ipotesi.

Sarebbe più interessante (ma nessuno lo finanzierebbe!) un esperimento che mette molti diversi individui (almeno molte centinaia) in tenerissima età in contatto con ragni e vede come reagiscono. Ma l'avversione al ragno può forse pure svilupparsi solo oltre una certa età e non prima. Magari insorge tra i due o i tre anni ma questo non significa per certo che sia "culturale".

Naturalmente è probabile che i molti bambini reagirebbero in modo diverso e il ricercatore non avrebbe nulla da pubblicare ;) (vabbé pubblicherebbe che è appunto un fattore genetico, ma presente solo in alcuni esemplari della specie).

Il fatto che qualcosa sia presente solo in alcuni individui non è certo motivo sufficiente per pensare che sia "culturale".

(giusto Latrodectus vado a memoria e vedo che la memoria falla! e ti ringrazio della correzione, e avevo sbagliato anche il nome della malmignatta).
 
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Fabrizio, dai tuoi discorsi sembra tu abbia una certa preparazione etologica, quello che non so è se derivi da competenze specifiche o da un tuo interesse personale.
Io ho scritto di quell'esperimento come un esempio per far comprendere il discorso che stavo facendo, non ho mai detto che è l'unico.
Allo stesso modo non mi pronuncio sull'aracnofobia perchè non l'ho mai studiata e non ho competenze a riguardo.;)
E' evidente che qualcuno possa essere erpetofobico, pensa che conosco ben due persone che sono terrorizzate dai piccioni :lol:, Quello che volevo confutare è la teoria a cui molti credono, che la paura dei serpenti sia ancestrale e innata in tutti gli esseri umani: questo semplicemente non è vero.
Io studio i serpenti da trent'anni e da più di venti sono consulente del centro antiveleni di Niguarda per i serpenti velenosi, ho pubblicato un libro (spero due tra un po'), ho tenuto e tengo conferenze sull'argomento (protezione civile, enti vari, associazioni, scuole).
Difficilmente mi vedrai contestare come accendere un fuoco o montare un campo perchè dalla maggior parte della gente che scrive qui posso solo imparare, ma sui serpenti qualcosina la so. :)
 
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Derrick

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Siamo senz'altro d'accordo che la paura dei serpenti non sia innata in tutti gli esseri umani, la mia affermazione iniziale intendeva essere che secondo me certe fobie (ragni, serpenti) sono - quanto presenti - innate cioè hanno una base genetica "favorita" dalla selezione perché ragni e serpenti fanno male. Però "innate" non significa "presenti in tutti" perché il corredo genetico di ciascuno è diverso.

Poi naturalmente l'atteggiamento delle persone varia enormemente come varia l'atteggiamento delle culture.

Una mia amica era volontaria in Guinea quasi vent'anni fa e aveva come "vicino di casa" un pitone! (lo chiamava anche lei così). Io qualche problema l'avrei avuto.
 
Giusto questa sera, prima di uscire di casa, ho aperto la porta d'ingresso che da' sul mio cortiletto e mi sono trovato davanti ai piedi questo mostro..
Nella natura, cosi' come in montagna, non ci faccio piu' di tanto caso, so che ci sono e non mi disturba la cosa piu' di tanto..ma quando vedo ragni del genere a casa o nelle vicinanze mi prende un colpo :biggrin:

PS
la foto non l'ho fatta io, l'ho trovata su internet
 

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Derrick

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Ah, meno male che questa discussione la seguo con le immagini disattivate. Identificato il mostro?

Oggi ero dai miei e ho dato un'occhiata all'enciclopedia Rizzoli-Larousse.

Mi ricordavo bene che il nome del Genere viene scritto, nella Rizzoli-Larousse, Latrodectes, con la e, anziché Latrodectus. Questo sia alla voce vedova nera, che alla voce malmignatta, che alla voce Latrodectes.

Invece mi ricordavo male di aver letto in quell'enciclopedia che la vedova nera si trova in Italia insieme alla malmignatta. Anche il fatto che ha abitudini notturne, che predilige la legna marcia, che entra in contatto con l'uomo proprio tipicamente "grazie" alle cataste di legna, sono cose che ero convinto di avere letto nell'enciclopedia, e invece non c'erano. Le avrò lette da qualche altra parte.

A questo punto deduco che il ragnaccio che ho incontrato e ucciso personalmente era una malmignatta di sicuro.

C'è però qui nel Forum una discussione in cui si cita un ragno sardo, che dovrebbe essere un Latrodectus (o Latrodectes che sia) e di cui ricordo di avere visto la foto e aveva dei punti rossi grandi sul dorso (invece che bianchi e piccoli, com'è il caso della malmignatta, e anche della vedova nera). Se contiamo anche quello, i Latrodectus in Italia dovrebbero essere due.

Riguardo il ritrovarsi i ragni in casa, con il freddo i bastardi cominciano a cercare il caldo e a voler entrare nelle case riscaldate anziché accontentarsi dei ripari esistenti in natura, e naturalmente molti di questi gradiscono molto stare nella legna (non solo le malmignatte), che è anche frequentata da altri insetti.

Consiglio di abbassare le zanzariere (a chi le ha) e magari di stendere un bel nastro di ragnicida in polvere sotto l'ingresso della legnaia, e di raccogliere la legna con i guanti. Io lancio ogni ciocco in aria e lo faccio ricadere con violenza a terra. L'eventuale ragno sarà disturbato e comincerà a cercare di svignarsela, ma invano (inserire ghigno satanico).
 
Fabrizio, basta cercare un po' di immagini su Google per scoprire che i ragni con le macchie bianche sono i maschi, mentre quelli con le macchie rosse sono le femmine.
Continui a insistere, ma di specie in Italia ce n'è una sola.
 
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Derrick

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Fabrizio, basta cercare un po' di immagini su Google per scoprire che i ragni con le macchie bianche sono i maschi, mentre quelli con le macchie rosse sono le femmine.
Continui a insistere, ma di specie in Italia ce n'è una sola.

E' che io sono aracnofobo e quindi queste ricerche per me sono molto faticose, cioè non le faccio. Se leggo qualcosa memorizzo quello che leggo e mi fermo perché su internet è pieno di immagini ributtanti ;)

Non sapevo proprio che maschio e femmina fossero diversi, sorry! Siccome i conti non tornavano, ho chiesto lumi.
 
C'è poi un terzo Latrodectes in Sardegna.
I Latrodectes però sono molto pericolosi.

L'ho visto in Sardegna, a Sant'Antioco in particolare. Avevo messo la tenda in una zona rocciosa al limite del campeggio e una notte me lo sono ritrovato agganciato alla zanzariera della tenda. Meno male che essendo aracnofobico controllo sempre la zanzariera prima di aprirla...... se fosse entrato in tenda non sarebbe stata una notte tranquilla.
Era veramente grosso....... :(
 
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Derrick

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E a proposito di ragni, forse non tutti sanno che seppure in generale i ragni abbiano occhi piccoli e poco significativi (i ragni vivono in un mondo fatto di "tatto") vi sono specie di ragni che hanno invece ottima vista e grandi occhi, i "ragni-lupo", Lycosidae - Wikipedia.

La voce di Wikipedia dice "Uscendo di notte con una pila è possibile scorgerli nel buio in quanto i loro occhi riflettono ottimamente la luce. Il loro tipo di caccia fa sì che abbiano una colorazione alquanto mimetica e con colori poco vivaci."

Nella mia casa di campagna di questi mostri ce ne sono tanti, ma anche di notte non avevo mai notato questo effetto.

Ieri invece camminando con la lampada su un sentiero ho visto degli "occhi di gatto" che brillavano sul sentiero. Memore di avere letto questa cosa, sono andato a vedere e porcapupazza, era proprio un ragnone, un ragno-lupo.

Magari per molti di voi questa è una cosa scontatissima ma per me è stata una rivelazione. Può darsi che l'effetto sia dato dalla sola lampada frontale (in modo che il fascio di luce sia allineato con l'asse occhi miei - occhi del ragno) e che con le normali lampade a torcia, tenute all'altezza della vita, non sia possibile notarlo.

Segnalo perché ciò che è banale per uno può essere molto interessante per un altro.
 
Era veramente grosso.......
la Latrodectus tredecimguttatus (per via delle sue 13 macchie rosse) arriva al massimo al centimetro e mezzo, non è tanto grande dai :p

apparte gli scherzi, confermo quanto detto da Bitis, vi è solo una Latrodectus in Italia.. molte fonti portano ancora nozioni sbagliate..

è mediamente diffusa sul territorio, ma per esperienza vi posso dire che non è tanto facile trovarla e neppure vederla, al contrario dell'immaginario comune le dimenzioni sono molto ridotte, ed è un'esemplare molto schivo il quale morso è esclusivamente accidentale..

per quanto riguarda la sua diffusione prediligge terreni secchi e pratosi, in luoghi molto umidi e quasi impossibile ritrovarla, ed escludo i legni marcescenti.. costruisce le sue tele sotto sassi e tra i muretti a secco, habbitat occupato da molti araneidi. inoltre è difficile trovare un solo esemplare isolato, molto spesso vi sono intere colonie.

insomma difficile trovarla per boschi, con piu frequenza in radure e terreni carsici..

OT.
volevate la terapia d'urto?? :p
mechalla.jpg
 
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