Trekking Courmayeur - Lago e Tete de Licony - Bivacco L. Pascal

Caro Andrea, verrà il giorno in cui farò una breve vacanza fuori stagione sulle Alpi soltanto per avere il piacere di gustarmi le prime nevi che contrastano con i larici dorati. Purtroppo per un inguaribile romantico del cavolo come me, non ci sono speranze e la montagna non riuscirò mai ad affrontarla con la "necessaria" rudezza di un vero montanaro.
Soffermarmi sempre su certe sfumature e particolari per me è necessario. Che ce posso fà? E poi mi piace così.

Scusa, e vieni a dire "che ce posso fa" a me ?
Stiamo sullo stesso versante, quello di chi in generale ha un approccio per il quale cerca di dare carezze, sperando di riceverle (compresa la montagna). L'altro approccio è quello di chi invece preferisce assestare montanti (intesi come cazzotti) sperando di NON riceverli, o almeno di schivarli.
E allora son io che dico : che ce posso fa ?
Son già contento che i rifugi di non altissima quota siano "schifezzati" da coloro che preferiscono e concepiscono solo la rudezza dei montanti, i quali per fortuna, se proprio devono per i loro scopi, si rassegnano ad ammassarsi nei rifugi dormitorio con una latrina per 100 dove al massimo si finge di dormire. Meglio così, ad ognuno il suo.
 
Caro Andrea, verrà il giorno in cui farò una breve vacanza fuori stagione sulle Alpi soltanto per avere il piacere di gustarmi le prime nevi che contrastano con i larici dorati. Purtroppo per un inguaribile romantico del cavolo come me, non ci sono speranze e la montagna non riuscirò mai ad affrontarla con la "necessaria" rudezza di un vero montanaro.
Soffermarmi sempre su certe sfumature e particolari per me è necessario. Che ce posso fà? E poi mi piace così.

Mi correggo su quanto ti ho risposto sull'altro thread : sarò io ad avvisare te.:)

Però mi sorge il dubbio che qui se si fanno troppi proseliti, a un certo punto toccherà dire che è una stagionaccia per andare in giro...:p
 
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Vorrei scrivere qualche cosa anche io ma non so bene cosa. In fondo potrei non dire nulla, visto che ha già detto tutto (e bene) Andrea e che le fotografie sono esaurienti, per quello che possono (per quello che invece non possono, bisognava stare là). Inoltre la discussione ha preso binari quasi filosofeggianti, continuando però a toccare argomenti più che mai concreti e validi.

Ho vissuto due anni e un po' in Valle d'Aosta e mi ritengo un privilegiato. Ho camminato a lungo su sentieri celebri e non, in compagnia ma più spesso da solo, con pioggia, neve, nebbia e sole, al buio o di giorno, tra bestie selvatiche al pascolo o in deserti pietrosi. Ogni istante vissuto lo reputo inestimabile, così come dovrebbe essere ogni istante della nostra vita, a prescindere dalla nostra condizione. Però, effettivamente, riuscire a dare valore ad un minuto speso nel traffico è più difficile che riuscire a darne ad un minuto speso in un ambiente naturale gradevole, e questa è una colpa. Forse perché l'uomo è fatto per quest'ultima condizione e non per la prima. Gli ambienti artificiali, benché creati da noi, non sempre sono fatti apposta per noi, per le nostre necessità d'animo le quali, checché se ne dica oggi, contano ancora di più delle altre necessità.
Ecco, in Valle d'Aosta questo problema non si pone. Tutto è a misura, tutto calza a pennello, ci si sente perfettamente inseriti nel mondo, ci si sente sempre al posto giusto. Per questo il passaggio che forse più sento mio del discorso di Andrea è

"Momenti che con nessuna cifra si potrebbe mai comprare. Nei quali ci si sente incredibilmente soli e, allo stesso tempo, in simbiosi con qualsiasi altro essere vivente di questo pianeta. Legati in un unico destino come su un'astronave della quale, da qui, si intuisce allo stesso tempo la grandezza ma anche la limitatezza. Un senso di infinito pur sempre "finito"

perché è esattamente ciò che ho provato sulla mia pelle infinite volte: in quel tramonto del 31 ottobre 2015, nell'alba del 9 aprile 2016, quando me ne andavo sotto la pioggia con l'ombrello ad esplorare vecchi villaggi semi-abbandonati in valli lontane, ogni volta che volgevo lo sguardo verso orizzonti che sapevo mi avrebbero restituito la risposta giusta. È incredibile quanto ciò sia vero, quanto questa solitudine sia così fortemente cercata e ottenuta ma allo stesso tempo (per quel che mi riguarda) divenga quasi un peso insopportabile che grava sul proprio animo, fino al punto che sembra di svenire. Forse perché ci si rende una volta per tutte conto delle reali proporzioni che sussistono tra le nostre dimensioni minuscole (in ogni senso, reale ed astratto) e quelle del mondo, in cui dominano lo spazio e il tempo, con tutte le loro qualità. Ed è proprio in questi momenti che si fa sempre più tangibile, quasi evidente, quella sensazione che ci sia dell'Altro.

L'autunno, con tutto ciò che si porta appresso e che Andrea ha magistralmente saputo descrivere alla lettera, riesce - se possibile - ad esaltare ancor di più la bontà di questa situazione umana. E, ve lo potrei giurare su qualunque cosa, lo stesso effetto fa l'inverno, carico di freddo, vento e neve.

Ho migliaia di fotografie della Valle d'Aosta ma riuscire a cristallizzare l'emozione vissuta in ogni scatto è davvero impossibile. Quella rimane mia e, pur volendo, non posso passarla ad altri. Però ringrazio Andrea perché lui è in grado di spostare molto in là, più di chiunque altro, il confine che corre tra il descrivibile e l'inenarrabile, arrivando a coinvolgere sentimenti di intima umanità e di amicizia profonda.
 
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