Due vicende a confronto - l'importanza delle differenze

Riflessione rapida che parte da due notizie simili poste a confronto e che portano a confermare quanto già avevo avuto modo di dire.
La prima, è l'episodio di inizio di luglio scorso sul Monte Rosa, in cui 3 giovani sono rimasti bloccati da una bufera, con esito fatale per le due ragazze e congelamento alle mani per il ragazzo.
La seconda notizia è recente e risale a ieri:
https://www.ilmessaggero.it/italia/alpinisti_monte_bianco_bloccati_bivacco_vallot-6233044.html
https://aostasera.it/notizie/cronaca/tre-alpinisti-bloccati-sul-monte-bianco-uno-e-in-ipotermia/

Il confronto delle due vicende porta a constatare che in entrambi i casi:
- i bollettini meteo avevano largamento previsto la perturbazione, sia nell'arrivo, sia nell'intensità delle sue conseguenze.
- l'intervento diretto ed immediato del soccorso era impossibile, come avviene quasi sempre durante perturbazioni importanti.
- chi si avventura in quota con certe condizioni deve considerare di procedere a proprio pericolo e rischio e di dover contare sulle proprie risorse per cavarsela.

Poi ci sono le differenze fra i due casi, differenze profonde, che hanno di conseguenza portato a un diverso epilogo:
- i 3 alpinisti di ieri erano impegnati su una via impegnativa; erano in possesso di competenze tecniche alpinistiche e di esperienza; avevano dotazione sufficiente ad affrontare i rigori della perturbazione e della quota; sono così stati in grado di riprendere il cammino autonomamente per raggiungere un riparo; hanno saputo dare indicazioni su dove si trovavano ed hanno saputo interagire con il soccorso, riuscendo a farsi aiutare da una semplice telefonata.
- i 3 ragazzi di questa estate erano impegnati su una via facilissima, priva di alcuna difficolta tecnica; erano degli autentici sprovveduti, privi di esperienza e di competenze alpinistiche; erano privi di materiali ed attrezzature e persino di vestiario adeguato; non hanno saputo interagire con i soccorsi, omettendo di chiamarli in tempo, non sapendo dare indicazioni sulla loro posizione, non sapendo rimanere in contatto con loro.

Questo porta a confermare che:
- a creare la situazione di pericolo iniziale è sempre un errore umano che, nei casi in questione, è molto grave, posto che la consultazione di un bollettino meteo è il primo ed imprescindibile passo per organizzare una escursione;
- esporsi ad una perturbazione in quota significa esporsi a pericoli e rischi notevoli;
- andare in alta quota, soprattutto con condizioni meteo non favorevoli, richiede assolutamente il possesso di competenza, esperienza e dotazioni, perchè tramite queste si può prevenire l'insorgere di problemi e/o limitarne le conseguenze e riuscire a cavarsela;
- i meno esperti costituiscono il maggior pericolo per sè stessi e per gli altri (inclusi soccorritori), sia perchè si mettono in pericolo con estrema facilità ed in posti facili, sia perchè non sanno gestire la situazione di pericolo che hanno creato. Gli esperti invece, si cacciano meno frequentemente nei guai e quando accade si trovano sempre in situazioni tecnicamente impegnative; inoltre, hanno comunque le risorse per limitare al minimo le conseguenze del problema. Questa è la ragione per cui, anche percentualmente, i soccorsi in montagna sono rivolti per la massima parte ad escursionisti e non ad alpinisti.

Infatti, i 3 di ieri se la sono cavata, mentre i 3 allegri giovanotti di quest'estate hanno avuto una sorte molto diversa.
 
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Tutto vero, tutto condivisibile. Solo (e credimi con lo spirito collaborativo di chi vuole contribuire ad un pensiero, giammai criticarlo) non li avrei chiamati "allegri giovanotti" perché per loro e le loro famiglie l'allegria è spenta per un bel po'.

Quindi mi chiedo cosa rimane da fare a noi, che se pur non esperti, possiamo tutti dirci "consapevoli", se non promuovere una cultura della montagna.

Il ragazzo e le ragazze della tragedia sono convinto che fossero ben "inconsapevoli" delle loro leggerezze, ed è il sistema che lo consente. Non posso guidare un auto senza patente ma posso andare in montagna con le infradito... Ed avere esperienza per me è solo la conseguenza della fortuna di essere cresciuti nel giusto ambiente, non un merito per cui il demerito è stato punito.

Promuoviamo ciascuno nel nostro piccolo una cultura propositiva e non saccente (Herr, non mi sto assolutamente permettendo di parlare del tuo intervento, dico in generale), io in escursione ho più volte caldamente sconsigliato qualche altro escursionista incontrato nel proseguire e forse la mia barba che diventa bianca e la camicia della Bailo fuori produzione da 20 anni hanno dato della credibilità al consiglio. Se siamo quelli che hanno ben presente il rispetto che si deve alla montagna, condividiamolo il più possibile così ci saranno meno analisi da fare dopo.

Quindi, Herr, grazie della riflessione che mi ricorda che i fatti di luglio sono anche un po' colpa mia.

Non voglio sembrare arrogante, ma questo mi ricorda di cercare di essere un po' più custode e meno giudice.
 
Sono d'accordo sul fatto che non si debba dileggiare alcuno, che non si debba mancare di rispetto, però è anche giusto chiamare le cose con il loro nome.
Se a scuola sbagli, prendi 5 o 4, cioè "insufficiente" o "gravemente insufficiente"; bisogna però ricordare bene che insufficiente non è la persona, bensì il solo suo rendimento. E' una cosa ben diversa.
L'importante è continuare ad avere rispetto delle persone e cercare di aiutarle, senza però falsare la realtà. In questo modo, si cresce e si matura, mentre il c.d. "6 politico" è una rovina, come il pietismo.
I 3 ragazzi di questa estate oggettivamente hanno compiuto una serie notevole di errori gravissimi, aggravati dall'inesperienza e ricordarlo non è mancare loro di rispetto e, anzi, rende possibile imparare dalla vicenda ed usarla proprio per quell'azione di responsabilizzazione e formazione di cui tu stesso parli.
Il ragazzo e le ragazze della tragedia sono convinto che fossero ben "inconsapevoli" delle loro leggerezze, ed è il sistema che lo consente. Non posso guidare un auto senza patente ma posso andare in montagna con le infradito...
Ecco, qui però non sono più d'accordo: la colpa non è del sistema. Vorresti introdurre il patentino per andare in montagna? No dai, non si può pensare ad uno stato che castra totalmente la libertà degli individui in nome di un paternalismo iperprotettivo, che deresponsabilizza e delegittima la persona.
Bisogna invece recuperare il senso del limite e, soprattutto, usare il buon senso, prima ancora che cognizioni tecniche. Nessuno ti vieta di andare in montagna in infradito, come nessuno può impedirti di tentare la traversata dell'Atlantico in kayak gonfiabile. Puoi anche avere la patente, ma decidere di metterti alla guida ubriaco, oppure correre con la nebbia. Quindi, puoi istituire tutti i patentini che vuoi, ma se le persone non usano il buon senso, non raccogli comunque il risultato voluto.
Ed avere esperienza per me è solo la conseguenza della fortuna di essere cresciuti nel giusto ambiente, non un merito per cui il demerito è stato punito.
Anche qui no, non sono d'accordo. Quanti nella vita hanno imparato a fare sport impegnativi senza essere cresciuti in una famiglia o in un ambiente dove venivano praticati?
Serve la coscenza socratica dello "scio nescire", vecchia più di 2500 anni: bisogna avere l'umiltà e la pazienza di imparare.
Serve tempo, certamente.
Quindi, Herr, grazie della riflessione che mi ricorda che i fatti di luglio sono anche un po' colpa mia.
Il CAI, le Guide Alpine ed il Soccorso Alpino è da 10 anni ormai che fanno attività di pubblico convincimento tramite "montagna amica-montagna sicura".
Mediaticamente inoltre, il risalto agli incidenti in montagna ed all'importanza della formazione, dell'esperienza e del senso del limite sono riportati ormai allo sfinimento ogni volta.
Quindi, trovo difficile colpevolizzarsi per errori altrui che oggi possono e devono essere evitati.
 
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più che altro perchè se avessi dovuto rinunciare a ogni uscita quando abbaiavano due gocce e poi non ne cadeva manco una a quest'ora ci sarebbero molti meteorologi mitragliati.

Poi ovvio che dipende dove vai ,se la montagna "non ti vuole" perchè è scura e brontola non sali fino in punta al "capitano" (altezza 3841) ma ti accontenti di andare a vedere il vecio della punto blu con le frisone (se va bene 1700)

Con lo stare a casa e in casa hanno rotto i maroni.
 
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Ma io sono d'accordo, capiamoci.

I patentini li odio, ci mancherebbe altro, però se per l'inadeguatezza di qualcuno, come giustamente sottolineavi, rischiano la vita anche i ragazzi del soccorso alpino... proprio proprio essere liberi di fare tutto quello che si vuole è relativo.

E lo stesso vale in mare comunque!
Però lì per mettersi nei guai seri forse una patente serve già.

Ovviamente non ho una risposta ad un problema così variegato.

Le scuole però... se ci fosse uno spazio dedicato alle responsabilità ed i pericoli, assieme naturalmente alle meraviglie, dello stare in natura... questo potrebbe valere più di tante materie inutili che si sono inventati.

Che poi l'attenzione ai pericoli è semplicemente l'atteggiamento di pensare prima a quello che si va a fare... insomma "pensare" potrebbe essere materia scolastica, mi sembra.

Ecco, io ho figli e i miei cerco di educarli come sono stato educato io, ma mi accorgo mentre scrivo con voi, che non mi sono mai posto il problema di chiedere alla scuola di organizzare una giornata con istruttori CAI, piuttosto che la giornata dell'introduzione al tennis, in questo senso mi sentivo responsabile, perché contento (a ragione o torto) di quello che faccio per i miei non ho mai pensato ai figli degli altri...

Domani sarà la prima mail che manderò, almeno ci provo ora che mi è venuto in mente.
 
Per le patenti: basta andare un po' per strada per rendersi conto che non basta!
Siamo un po'nella società del tutto x tutti e subito, i mass media NON fanno buona informazione come abbiamo visto nel caso del Rosa.
Però ad es la radio locale che ascolto io tutte le volte fa o fa fare appelli. Qualcosa conta IMHO
 
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