Recensione Erik Frost 106

Erik Frost 106 (20 €)

La Erik Frost AB fu fondata a Östnor
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paese a 6 km da Mora, nel 1891 da Frost-Erik Ernström. Originariamente un’azienda produttrice di slitte e di utensili per la loro costruzione, fu poi convertita a fabbrica di coltelli.
Nel 1912 un giovane operaio, Krang-Johan Eriksson, fu buttato fuori, letteralmente, per divergenze di opinioni con la direzione. Per tutta risposta fondò un’azienda competitrice, la KJ Eriksson AB.
Dagli anni ´60 la Frost e la Eriksson, le due più grandi produttrici di coltelli della regione di Dalarna, cominciarono ad inglobare tutti i piccoli laboratori concorrenti, incapaci di reggere la concorrenza.
Nel 2005 la Eriksson inglobò anche la Frost, pur mantenendo le fabbriche separate e cambiò il nome in Mora of Sweden. Nel 2016, dopo il passaggio completo della produzione nella sola fabbrica Eriksson, l’azienda cambiò nome nell’attuale Morakniv.

Il modello #106 fu introdotto dalla Frost all’inizio degli anni ´50. Per i precedenti sessat’anni i modelli da carpentiere con manico verniciato si erano diffusi al punto da soppiantare i tradizionali täljkniv forgiati. Il #106 e il fratello #105, con manico più sagomato, furono poi perfezionati nel corso degli anni collaborando con i locali intagliatori di cavalli Dala e con il “Maestro” Wille Sundqvist.
Fu scelto di produrli in acciaio laminato per facilitare le frequenti riaffilature cui sarebbero andati incontro. I Mora in acciaio monostrato erano stati ampiamente accusati di essere troppo laboriosi e lunghi da riaffilare con le pietre naturali disponibili all’epoca, mentre i laminati, con solo pochi mm di acciaio temprato esposto, opponevano molta meno resistenza.

Il mio esemplare fu prodotto nella primavera del 2015.


lama
lunghezza - 80 mm
larghezza - 15 mm
spessore - 2,7 mm
codolo - 3x2 mm
acciaio - O1 cuore, 1035 guance
biselli - piani
tagliente - 24°
durezza - ~ 59 HRC al tagliente

manico
lunghezza - 109 mm
larghezza - 28 mm max.
spessore - 22 mm max.

peso
coltello - 50 g
con fodero - 70 g


La lama è stata stampata da una barra di acciaio laminato, con cuore in O1 e guance in 1035, bisellata e affilata a macchina. Ha sezione piatta, rastremata in altezza. Tutto il trattamento termico è stato effettuato in forno. I biselli sono portati a 24° ed il filo ha un accenno di microbisello.

Il manico, in betulla comune, è sgrossato e rifinito a macchina, con grana media. Il collare è in alpacca, il rivetto d’acciaio. Il manico, a sezione ovale, rastremato in altezza e spessore in entrambi i sensi, è assemblato a mano da un operaio.

Il fodero, in plastica, è lo stesso utilizzato sui modelli Classic. Perché la ritenzione sia buona è necessario premere forte e a fondo il coltello.

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I cloni

Nel 1990 Wille Sundqvist (1925-2018)
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fece tradurre il proprio libro sullo Slöjd svedese e si imbarcò in regolari seminari educativi al di fuori della Svezia, dove era già consulente per l’artigianato nella contea dello Västerbotten.
Aveva già tenuto seminari anche negli anni ´80, su YouTube esiste un video realizzato nell’82, ma dal 1990 si iniziò a fare sul serio.
Nell’ultimo decennio il rinnovato interesse nella creazione di utensili da cucina in legno ha subito un’ulteriore impennata. Partendo dall’Inghilterra e dagli Stati Uniti si sta diffondendo in tutti i paesi anglofoni e nel resto dell’Occidente.

Per rispondere alla crescente richiesta di utensili, soprattutto da parte di hobbisti, alcune aziende hanno recentemente intrododotto cloni più o meno spudorati, soprattutto del #106 e del #164S.

Dal 2015 al 2017 la Casström, con sede a Lycksele, ha fatto produrre in Cina cloni del #106, del #120 e del #163S, in 1095 temprato a 59 HRC, manico in palissandro e foderi in cuoio.
Dal 2018 l’assemblaggio dei coltelli è stato spostato in Svezia e il palissandro è stato abbandonato in favore della betulla comune.
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Dal 2017 la Beber, con sede a Sheffield e già produttrice di coltelli per chip carving, ha iniziato a produrre anche una serie di coltelli da slöjd in 1095 temprato a 59 HRC, manico in faggio e senza foderi, clonando pari pari tutti i modelli Morakniv.
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Sempre nel 2017 anche la Flexcut, con sede a Erie, Pennsylvania, ha lanciato una serie di coltelli da slöjd, clonando il #106, #163S e il #164S. Del clone Flexcut parlerò in una recensione apposita.


In uso

Con ogni probabilità il coltello da slöjd più diffuso al mondo, grazie alla indiscutibile praticità e al prezzo accessibile a chiunque. Tuttavia, prima di iniziare a lavorare efficacemente, è necessario affilare il coltello diverse volte, personalmente una decina di volte, a causa della lucidatura di fabbrica, effettuata su una ruota di feltro fatta ruotare ad alta velocità che “ustiona” il filo, ammorbidendolo. Durante le prime settimane il filo avrà un certa tendenza alle sbeccature e alle schiacciatura; dopo aver asportato il metallo troppo surriscaldato, il problema diminuirà sensibilmente.

Prima di iniziare l’ho stroppato con paste Bark River nera (#3000) verde (#6000) e bianca (#12000), quindi su cuoio nudo.

Cominciamo dai soliti spikkentroll in platano stagionato sei mesi.
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Il mordente è rimasto consistente tagliando sia in favore sia in senso contrario alle fibre. Dopo il primo troll il mordente era calato, percepibile ma non al punto di disturbare. Ho percepito un poco di resistenza solo al momento di spianare le basi. Manico comodo e immediato.
A fine lavoro il filo aveva una microchiacciatura, ma radeva ancora, seppur meno pulito che all’inizio. Ripristinato tutto con cinque passate su pasta verde, quattro su bianca e quattro su cuoio nudo.

Preseguiamo con il mago in pioppo stagionato tre mesi.
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Ho sentito già all’inizio un pochino di resistenza durante i primi tagli fatti per creare le due sfaccettature e un poco di resistenza c’è stata anche a intagliare i due incavi degli occhi. Non male per incidere il profilo laterale del naso, ma già dopo di questo ho cominciato a sentire un calo del mordente e ho visto un calo di precisione nei tagli. Il filo vicino la punta, usato per scavare tutti gli incavi, non aveva più molto da dare e infatti non è andato particolarmente bene per lavorare attorno al labbro, lasciano una finitura piuttosto sporca. La parte di filo vicino al manico, al contrario, ha mantenuto abbastanza aggressività per staccare il mago dal ramo e spianare la base senza troppe difficoltà.
A fine lavoro il filo è intonso, ma rade solo nella parte centrale che non ho utilizzato. Ripristinato il mordente con cinque passate su pasta nera, dieci su verde, dieci su bianca e dieci su cuoio nudo.
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Concludiamo con la spatola in abete bianco stagionato un anno.
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Ho percepito resistenza durante la lavorazione della parte anteriore della spatola, tagliando in senso tangenziale. Lo scalino fra il manico in legno e il collare in alpacca era, in questo caso, particolarmente palese, soprattutto mentre sgrossavo il legno per liberare la spatola e il manico, tirando il coltello verso di me. Non è diventato fastidioso, ma intagliando legni più duri dell’abete può sicuramente diventarlo. Verso la fine della sgrossatura ho percepito anche un calo del mordente. Piallare i lati per portare la spatola allo spessore finale e tutte le finiture sono andate bene e senza nulla di particolare da segnalare, ma si sentiva che il coltello non aveva la mordacità che sarebbe stata ottimale. La superficie dei tagli è comunque rimasta abbastanza lucida. Di nuovo lo scalino si è sentito bene.
A fine lavoro Il filo è intonso, ma il mordente a rasoio è completamente andato dalla prima metà di filo. Solo gli ultimi tre centimetri radono ancora. Dieci passate su pasta verde, dieci su bianca e dieci su cuoio nudo.
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Conclusioni

Pratico ed efficace, ma più a suo agio nell’intaglio della spatola. Su legno secco paga decisamente la tenuta del filo non particolarmente lunga, che molti concordano essere l’unico vero lato negativo del coltello. Il manico è in linea di massima comodo, molto veloce e naturale, lo scalino che porta al collare, però, potrebbe diventare un problema.
Tutte queste cose, naturalmente, sono molto meno percepibili se si lavora solo legno verde e lo scalino è carteggiabile senza problemi. Indubbio rapporto qualità/prezzo.
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Ottima recensione, come sempre! Confermo il discorso dell'affilatura e della pulizia dei biselli di fabbrica: prima di utilizzarlo con piacere ha bisogno di una bella affilata approfondita, come minimo.. Il mio aveva anche la punta sbeccata.. E poi, sì, soffre i legni duri
 
Grazie per le splendide recensioni, sono davvero informative.
Data la tua grande esperienza, volevo chiederti un consiglio. Ho comprato un #106 usato per avvicinarmi all'intaglio. Ritieni che il manico vada levigato maggiormente e trattato in qualche modo? O forse la grana media con cui è rifinito aiuta a non farselo "scappare" di mano?
 
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