Proposta Escursione al monte Pellecchia sabato 12 febbraio 2011

Parchi del Lazio
  1. Parco Regionale dei Monti Lucretili
Partenza: Monteflavio (RM)(811 m)
Mèta: Monte Pellecchia(1368 m)
Catena Montuosa: Lucretili
Dislivello: 500 m
Tempi: 3h30’' per l'andata e 2h' per il ritorno.
Difficoltà: Media

Come arrivare

Da Roma si percorre la via Nomentana, proseguendo poi sulla via Palombarese. Prima di arrivare a Palombara Sabina si devia a sinistra in direzione di Stazzano-Moricone. Arrivati a Moricone, si svolta a destra per il paese di Monteflavio. Una volta giunti dentro al paese, si gira a destra imboccando via di Monte Pellecchia. Qui conviene parcheggiare nel primo tratto in cui la strada è ancora asfaltata (811 s.l.m.), dove già si scorgono i caratteristici segni bianco-rossi.

Appuntamento

Ore 7:30 obelisco di piazzale del Verano. Ore 8.00 partenza

Il luogo

Il monte Pellecchia è la cima più alta dei Lucretili, che costituiscono le prime montagne dell’Appennino che si possono raggiungere da Roma ed ha la particolarità di ospitare il nido d’aquila in assoluto più vicino a Roma.


Il luogo di partenza dell’itinerario è la pineta di Monte Flavio.

In breve si raggiunge fonte Nocella dove potremo rifornirci di acqua potabile. La prima parte del percorso si svolge su strada sterrata e può essere un po’ noiosa, ma ci dà la possibilità di arrivare sul versante più selvaggio della montagna che è pure quello dove nidifica la coppia di aquile. Da debita distanza potremo ammirare la parete di roccia dove si trova il nido dell’aquila. Nella seconda metà di aprile, in genere si schiude l’uovo ed in questo periodo la femmina sta al nido a covare l’uovo e poi, successivamente, a vegliare il pulcino, mentre il padre cerca da mangiare per tutta al famiglia. La valle dell’aquila e la sua tutela è stata uno dei primi luoghi del Lazio in cui ambientalisti e cacciatori si sono scontrati. Negli anni 70/80 il rispetto degli animali selvatici e la sensibilità ambientale erano all’inizio e pochi pionieri ambientalisti si accampavano con la tenda sotto il nido dell’aquila per evitare che qualcuno potesse arrecare disturbo.

Una volta saliti sulla cima del Pellecchia, chi vuole può sostare sulla cima, ma è molto bello fare un tratto della lunga cresta fino al Pizzo per poi ritornare indietro alla cima (un’ora e un quarto, andata e ritorno). Dopo di che si ridiscende verso le macchine.


Il percorso

Lasciata l’auto, si prosegue a piedi lungo la strada bianca costeggiata da steccati e recinti per gli animali. IL tratto compreso tra il paese e l' attacco del sentiero di montagna, pur sviluppandosi su una strada sterrata, presenta da un punto di vista storico un notevole interesse. L' intero percorso proposto è parte della famosa "strada della Neve",
una via che congiungeva queste aree montane con la via Salaria e quindi con Roma permettendo lo svolgimento di una delle attività cardine dell' antica economia locale imperniata sulla raccolta, la conservazione e il commercio della neve. Attività nota sin dall' età romana, sicuramente attestata nella non lontana Villa Adriana a Tivoli, fu fortemente incrementata durante i sec XVII e XVIII da parte delle autorità papali attraverso veri e propri bandi di gara pubblici per l' affidamento del commercio. La neve veniva raccolta e costipata in pozzi - pozzi della neve - che si trovano dislocati sulla dorsale del Pellecchia per poi essere caricata su carri e trasportata fino a Roma. L' attività perse valore quando la tecnologia della seconda metà dell' ottocento permise di produrre nelle città il ghiaccio. Questa tratto opzionale percorribile in circa cinquanta minuti permette di osservare un paesaggio agro-silvo-pastorale impostato su quote medio-alte (800-1000 m) nel quale prevale un' economia legata in larga parte all' allevamento semi brado dei cavalli. Stazzi lignei (recinti per gli animali), covoni e vallecole coltivate sono inframezzati da pascoli cespugliati in abbandono con prugnolo, maggiociondolo e rovo e limitati lembi di cedui matricinati a carpino, orniello e cerro.
A circa due chilometri dal borgo sulla sinistra della strada sorgono i resti della chiesetta della Madonna delle Carbonere. Siamo alla base del Monte Mozzone, sul tracciato dell' antica strada della neve. I resti della chiesetta campestre sono probabilmente da mettere in relazione proprio al commercio di questo "prodotto". E' stato ipotizzato che in origine la struttura potesse essere una madonella dedicata alla Madonna della Neve a cui venivano attribuite funzioni magico-religiose e di protezione dell' attività economica di commercializzazione di un prodotto "effimero", legato agli eventi atmosferici da cui dipendeva una parte rilevante dell' economia locale. Una volta venuto a mancare il mercato della neve, il culto venne rifunzionalizzato a protezione della attività del carbone, da cui il toponimo locale di Madonna delle Carbonere.

L' itinerario prosegue seguendo una costante leggera salita che permette di raggiungere la quota di 1000 m circa e il superamento del Colle della Caparnassa, inizio del percorso per la dorsale montuosa. La località si trova nella parte meridionale del costone delle Serre dei Ricci, area destinata a rimboschimento con specie alloctone che raggiunge un' estensione di circa 60 ettari. Dominano le conifere come il pino nero, il cipresso e il cipresso dell' Arizona; il rimboschimento abbastanza ben sviluppato nella porzione nord-occidentale risulta invece fortemente compromesso nell' area sommitale dall' eccessivo pascolo e dall' esposizione ad agenti atmosferici avversi. La dubbia scelta di impiantare specie arboree non autoctone è in parte attenuata dal fatto che il bosco artificiale rappresenta un buon "catalizzatore" per lo scoiattolo (Sciurus vulgaris meridionalis) qui facilmente osservabile grazie alle conifere che forniscono il nutrimento. Si prosegue lungo la cresta del Colle di Caparnassa da dove si può ammirare il versante occidentale del Monte Pellecchia profondamente solcato da impluvi e vallecole erosive mentre, in contrasto con il paesaggio brullo e fortemente pascolato, sono le estese formazioni forestali dei boschi di transizione tra querceto misto e faggeto che ricoprono il versante meridionale del Monte Mozzone e tutto lo spartiacque settentrionale del Fosso del Cerreto. Il toponimo del Colle del Castagnone tradisce la presenza di particelle isolate di castagno (Castanea sativa). Il pascolo, eccessivo nel settore attraversato ed in particolare nelle pendici del Pellecchia, rappresenta tuttora un forte fattore limitativo all' espansione e allo sviluppo delle formazioni forestali. Il suolo, già di per sé poco evoluto, si presenta fortemente lisciviato e dilavato con la cotica erbosa percorsa da innumerevoli piste che il bestiame allo stato brado si apre nei pascoli cespugliati. Le deiezioni degli animali acidificando il terreno favoriscono lo sviluppo localizzato di una flora nitrofila favorita dalla presenza di azoto che concorre ad un mancato rinnovamento del bosco.

Il versante occidentale del Monte Pellecchia è interessato da pascoli cespugliati e pascoli xerici a Bromus erectus, Eryngium amethystinum ecc. Superata la testata della Valle Sancrico, un' incisione parallela alla dorsale del Pellecchia, inizia il tratto di itinerario che conduce in breve tempo (ore 1.20) e senza particolare difficoltà sulla cima del Monte Pellecchia. Il dislivello di circa trecento metri viene superato attraverso un sentiero ben evidente che piega nettamente verso nord con una piccola serie di tornanti. Il paesaggio vegetale muta con la transizione tra i pascoli cespugliati e boscaglie a carpino nero e cerro verso le formazioni forestali dominate dall' associazione dell' Aquifolio-fagetum, tuttavia anche l' assetto di questi boschi denota una attività di ipersfruttamento trattandosi di cedui con rare e sporadiche fustaie invecchiate di faggio inframezzate da acero di monte e d' Ungheria con isolati macchioni di agrifoglio. Superata la salita che conduce alla cresta si giunge alla quota 1273 m e in breve tempo alla cima del Monte Pellecchia (1368 m); il percorso in quota è interessato dapprima da una serie di piccole ondulazioni che divengono sempre meno evidenti man mano che si procede verso il Pizzo di Pellecchia (1325 m), ultima elevazione meridionale del gruppo.

Dalla dorsale si apprezza un vastissimo colpo d' occhio sui gruppi preappenninici e appenninici in primo piano i Monti Ruffi che celano in parte i Simbruini versosud-est, i Prenestini e il Vulcano Laziale verso sud; a oriente si stagliano nettamente gli elevati massicci abruzzesi del Velino-Sirente, del Gran Sasso e in lontananza della Maiella, parzialmente celati dai rilievi del Monte Navegna e Monte Cervia soprastanti i laghi del Turano e del Salto. Verso nord/nord-est la vista spazia in direzione della cima di Monte Casarene, mentre a settentrione si apprezza la dorsale dei Monti Sabini con l' imponente gruppo del Terminillo sullo sfondo. La visuale verso occidente rivela la movimentata morfologia costituita da incisioni vallive, vallecole, pascoli e piani carsici dei Lucretili sulla quale domina la piramide carbonatica del Monte Gennaro. Questo è il punto di vista preferenziale dal quale si apprezza la tormentata storia geologica della tettonica orogenetica. Le superfici di sovrascorrimento che segnano le falde di cui sono costituiti i Lucretili (cfr. parte generale) si sovrappongono nel corrugamento ovest-est con allineamento appenninico, una sull' altra come se fossero ondate; il Monte Pellecchia rientra nella linea tettonica che delinea alla base l' Unità strutturale 3 che precede verso ovest l' ultima sovrapposizione dei sedimenti marini del Dominio Sabino su quelli della piattaforma carbonatica-abruzzese (linea Antrodoco-Olevano). L' aspetto vegetale è caratterizzato da un pascolo xerico fortemente diradato con una cotica erbosa che risente del dilavamento dei suoli e delle avversità atmosferiche. Le pendici orientali contrastano nettamente con il resto del gruppo per gli aspetti di elevata naturalità in termini di conservazione delle associazioni forestali. Le faggete, più estese, lasciano il posto nella successione a quote inferiori ad una fitta vegetazione con copertura che arriva al 100%, costituita dall' associazione tra acero d' Ungheria, carpino nero, orniello. Gli aspetti rupicoli di questo settore come i bruschi salti di roccia, costituiscono il luogo di nidificazione di una coppia di aquila reale (Aquila chrysaetos), una delle sei che nidifica nel Lazio.

Lungo la dorsale tra la linea di cresta e il versante settentrionale è frequentemente osservabile nelle ore del tardo pomeriggio mentre volteggia a notevole altezza cacciando su un vasto territorio che comprende il Monte Pellecchia. Tra la linea di cresta e il versante settentrionale si notano alcuni avvallamenti con caratteristiche di veri e propri pozzi, uno dei quali si trova in una vallecola-impluvio appena pronunciata tra la cima del Pellecchia e il Pizzo di Pellecchia. Si tratta di doline riadattate e scavate artificialmente allo scopo di raccogliere e conservare la neve per il già ricordato commercio; è ancora ben evidente la traccia di un percorso che si snoda sul pascolo dello spartiacque occidentale poco al di sotto della cresta sommitale e che rappresenta, con tutta probabilità, il tratto iniziale della "strada della neve". Belle fioriture tardo primaverili dell' orchidea Dactylorhiza latifolia di colore giallo localizzata anche su questi pascoli d' altura unitamente alla fioritura rosa-violacea dell' Orchis x colemanii, un ibrido tra le specie di Orchis pauciflora e Orchis mascula. Giunti al Pizzo di Pellecchia estremità meridionale del gruppo, si torna indietro per lo stesso tragitto che sicuramente rivelerà aspetti differenti e "nuovi" per l' osservatore in relazione alla diversa insolazione dell' andata.


Contatti

Il mio cellulare è 349/3133861 e la mia mail è luca.caparrelli@gmail.com chi è interessato a venire è pregato a contattarmi nei prossimi giorni.

La gita è gratuita!

Luca Caparrelli
 

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ciao ragazzi mi spiace nessuno abbia risposto..io cmq vado siamo un gruppo di 5:) se qualcuno ci pensa e vuole raggiungerci questo è il mio cell
Luca 349/3133861

ciaooo:)
 
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