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Il diritto alla residenza
Nell'ordinamento italiano la disciplina della residenza è contenuta, nella
Carta Costituzionale (artt. 2, 3, 14), nel
codice civile (artt. 43 ss.), nella legge n. 1228 del 24 dicembre 1954, nel D. Lgs. n. 286 del 25 luglio 1998 (art. 29), nel D.P.R. 30/05/1989 n. 223.
Secondo la posizione su cui si è attestata la giurisprudenza, esistono due elementi costitutivi della residenza:
- un elemento oggettivo, dato dalla permanenza abituale della persona in un determinato luogo;[1]
- un elemento soggettivo, dato dalla volontarietà di tale permanenza stabile, e tale volontarietà è desumibile anche dalla condotta della persona.
In presenza dei suddetti elementi, come stabilito dalla Cassazione (Cass. 1081/68), sorge in capo all'interessato un
diritto soggettivo alla residenza, rispetto al quale la legge attribuisce all'autorità amministrativa compiti di mero accertamento, senza alcun margine di discrezionalità.
Non è richiesta la proprietà di un immobile, un regolare contratto di locazione, ovvero una dichiarazione che certifichi l'ospitalità
in modo permanente da parte di una persona che possiede uno dei due precedenti requisiti.
È stato riconosciuto quindi al giudice ordinario il potere di obbligare la pubblica amministrazione al riconoscimento del diritto in capo all'interessato, qualora ne ricorrano i presupposti, e di condannare la stessa al risarcimento dei danni.
[2]
L'iscrizione nei registri anagrafici del
Comune di residenza costituisce presupposto per beneficiare di molti dei diritti riconosciuti dallo Stato, compresi il
diritto di voto e il diritto all'assistenza sanitaria. E ciò rende il diritto alla residenza particolarmente importante.
Senza tetto e senza fissa dimora
I cosiddetti
senza tetto e
senza fissa dimora non soddisfano l'elemento oggettivo della residenza (la permanenza abituale in un luogo) ma mantengono il diritto alla residenza al fine di esercitare i propri diritti civili (voto) e sociali (servizi). La legge impone ai comuni di iscrivere all’anagrafe sia i senza tetto che i senza fissa dimora
[3]
"Senza fissa dimora" è una persona che si muove abitualmente tra più comuni differenti. A tal fine, egli può scegliere un comune di residenza (
elezione della residenza anagrafica), dove avrà diritto a beneficiare del diritto di voto e dell'assistenza sociale. Le persone senza fissa dimora sono solitamente iscritte all'anagrafe sotto un indirizzo fittizio (ad esempio
via della casa comunale,
via del Municipio).
[3]
Per "senza tetto" si intende invece una persona che risiede stabilmente in un Comune, nonostante non abbia un'abitazione. Una persona senza tetto ha diritto all'iscrizione all'anagrafe nel luogo in cui effettivamente dimora (ad esempio
km. 42 della SS 15,
Cavalcavia X), o ad un indirizzo fittizio come per le persone senza fissa dimora.
[3]
A questo riguardo, un'
ordinanza del Tribunale di Bologna
[4] ha stabilito che è possibile per queste persone ottenere la residenza anagrafica presso dormitori o centri di accoglienza.
A Roma, su iniziativa della Comunità di Sant’Egidio, una delibera della giunta comunale
[5] permette alle persone senza fissa dimora di iscriversi ad un indirizzo fittizio, in via Modesta Valenti. L'iscrizione ad un indirizzo fittizio ma plausibile permette a tali persone di non essere immediatamente identificate ed eventualmente discriminate per la propria condizione.
[3]
E questo è lo stato attuale della situazione, che conferma quanto sancito dall'art.43 del CC, tutt'ora in vigore:
come ha precisato la Cassazione, Sezioni Unite Civili, n. 449, del
19.6.2000, l’iscrizione anagrafica non è un provvedimento concessorio, ma èun diritto per il cittadino e un obbligo per l’ufficiale d’anagrafe. Tuttavia,
mentre i normali requisiti per l’iscrizione anagrafica sono di carattere soggettivo,ma soprattutto oggettivo, in quanto la residenza è nel luogo di dimora abituale e nello stesso luogo è obbligatoria l’iscrizione anagrafica, per le persone senza fissa dimora, vale il solo criterio soggettivo che, come detto,si concretizza in una scelta discrezionale dell’interessato.
Il Tribunale di Milano,nella sentenza n. 10257 del 2.6.2003, relativa proprio ad un caso di residenza negata a persona senza fissa dimora, afferma testualmente: “Il Comune,quale ufficiale del Governo, è tenuto esclusivamente a dare applicazione alle norme regolanti la materia, sicchè in capo al cittadino richiedente, qualora ricorrano tutti i presupposti, si configura un vero e proprio diritto soggettivo all’iscrizione”.
@Livre
In quest'ultimo intervento, fai una descrizione un pò diversa dalle precedenti e la tua idea sembra prendere le normali forme di un'azienda cooperativa.
Se così fosse, rimane solo da trovare i membri, i fondi e rimbocarsi le maniche.
Diversamente, sappi che il dPR 380/2001, considera camper, caravan e quant'altro alla stregua di normalissime abitazioni se utilizzate come tali (con infrastrutture e pertinenze tecniche, ma anche senza niente) per cui chiedere la residenza (che farà capo alla piazzola di sosta) significherà dover effettuare un vero e proprio pdl (piano di lottizzazione) su terreno edificabile tipo pip.
Tutto nella norma insomma, ma quanto conveniente o alternativo/sostenibile?
Ci sarebbero la tassa sui rifiuti, l'IMU, le utenze ecc....oltre ai costi di gestione del mezzo.
E chi vorrà operare con attività lavorative di lucro dovrà ovviamente essere in regola.
Un diversivo: prendere il modello di Slab City, vicino a Niland come esempio e unirlo a un sistema di Pit Stop/couchsurfing messo eventualmente a disposizione da membri privati compiacenti su terreni privati e/o camping/aree attrezzate con eventuali convenzioni.
Questo se non volessi fare la cooperativa come mi è parso di capire.
In ogni caso, in bocca al lupo.