per terreno consideri la parte che calpestiamo...o quella dove scavano le talpe (per intenderci) suppongo la seconda; nel caso fosse la prima questo è ovvio in quanto la superficie del terreno boschivo è quasi sempre invasa da resti vegatali.
Intendo proprio il terreno, non la superficie, chiamiamolo substrato se è più chiaro. In materiale di cui è composto il fondo di un bosco, lo stesso materiale in cui tu dici di scavarci un buco, in pratica. Ecco, questo è il primo errore, considerare cosa ovvia che solo la superficie del terreno boschivo sia composta di vegetali. In realtà il terreno boschivo è formato di strati vegetali che si sovrappongono di anno in anno, strati morti, in via di decomposizione e decomposti, con spessori diversi a seconda dell'orografia, della vegetazione che c'è sopra, del clima di quel particolare anno... Il terreno del bosco non è (o meglio non sempre è) uno strato di foglie con sotto "terra" intesa come materiale minerale, che quindi non brucia. E' talvolta un considerevole strato di materiali organici (foglie, rametti, muschi...) con sotto altri strati di materiali organici in varie fasi di decomposizione. In alcune zone sono strati sottili (pensiamo alle zone spazate dal vento, in cui le foglie che cadono vengono quasi tutte spazzate via), in altri sono strati molto fondi (pensiamo ai boschi di castagni). Questi strati sono infiammabili in quanto appunto vegetali. E questi strati possono essere fondi parecchie spanne.
Il vigile non considera la "terra" (dove scavano le talpe) un combustibile si capisce in questo "periodo":
Mentre il terreno boschivo, il cosiddetto humus (non la "terra", qui non si parla di terra, cioè di minerale, si parla di humus, cioè di materiale vegetale accumulato, si sta parlando di bosco, non di spiaggia) è combustibile, è il mezzo di propagazione degli incendi sotterranei.
Poi il discorso del contatto è strano, detto da una persona che dovrebbe essere informata. Intanto il concetto di "contatto" nei sistemi di trasmissione del calore non viene citato. Gli stessi manuali dei VVF (vedi per esempio "Chimica e fisica degli incendi", edito dallo stesso corpo dei Vigili del Fuoco), e le nozioni di fisica che tutti abbiamo studiato alle medie, parlano dei tre fattori di trasmissione del calore (se n'è parlato spesso anche qui, in relazione all'ipotermia): conduzione, convezione e radiazione. Parlare esclusivamente di contatto intendendo erroneamente la conduzione, oltre che essere una imprecisione perdonabile ma non in bocca a un esperto, esclude una considerevole fetta di fattori di rischio. Non serve necessariamente il "contatto" con la fiamma per innescare un fuoco, basta il calore radiante. Il punto di combustione dei materiali vegetali è attorno ai 200°!!! E il calore radiante è proprio quello che si ottiene con il buco nel terreno boschivo ad alto contenuto vegetale e basso contenuto minerale: esporre a calore uno strato di materiali infiammabili (che per il fatto di essere a forma di conca aumentano la superficie di esposizione), che si asciugano, poi rilasciano i gas e alla fine carbonizzano. Una volta carbonizzati basta poco per innescare la combustione.
Come si sviluppa la fiamma credo che lo sappiano tutti. La prima fase (preriscaldamento con perdita di acqua e fino alla temperatura di innesco e scissione con rilascio di gas - anche sotto i 200°, quindi con temperature non particolarmente elevate) avviene tranquillamente per irraggiamento.
Forse può aiutare il pensare come si produceva il carbone ancora secoli fa: si dava fuoco a una pila di legna e poi la si copriva di terra, con un buco al centro. La combustione all'interno continuava, ma a temperature non molto alte e con un apporto di ossigeno ridotto, e il calore permetteva al materiale vegetale di carbonizare, di superare cioè le fasi di asciugatura e di "scissione" per arrivare all'inizio della fase di combustione solida, senza però generare l'accensione dei gas e quindi il riscaldamento a temperature tanto elevate da accendere il carbone stesso. Se durante questo processo viene introdotto ossigeno allora si genera la fiamma, e il carbone diventa cenere. Ecco, il concetto di fuoco sotterraneo è questo: i materiali vegetali di cui è composto il terreno di un bosco, se esposti al calore (senza il bisogno di "contatto", basta il calore radiante del fuoco acceso nella buca che riscalda le superfici) si asciugano, poi la temperatura provoca il rilascio di gas combustibili, che non necessariamente prendono fuoco, e alla fine si genera il carbone, con un processo a catena, che interessa via via aree di materiale adiacenti. Se non c'è ossigeno il carbone si spegne, altrimenti propaga il calore, a temperature molto elevate (mi sembra di ricordare che mentre la temperatura di accensione del legno è di circa 200° il carbone brucia a più di 400 gradi). Questa propagazione può avvenire nel sottosuolo poroso, in quanto l'apporto di ossigeno necessario è ridotto. Nel momento in cui questa brace, che come ho detto si propaga in un reticolo arancione caldissimo e puzzolente ma senza fiamma, viene all'aperto e quindi viene in contatto con l'ossigeno, allora innesca un incendio di superficie.
Ora, si tratta di distinguere il terreno su cui dovrò accendere il fuoco. Se è terreno minerale (terra, ghiaia, sabbia...), non è infiammabile. Quindi scavarci una buca dentro non aumenta la sicurezza, al limite può aiutare a schermare dal vento. Se invece il terreno è un terreno ad alta componente vegetale, come alcuni terreni boschivi, scavarci un buco dentro non fa che aumentare la superficie di contatto fra la radiazione calda e il materiale combustibile. Da qui il consiglio, credo unanime, di tenere invece il fuoco lontano dal terreno, e non dentro il terreno.
Vabbè, questo è quello che la mia esperienza (ripeto che ho visto ancora la brace espandersi nel terreno, sotto il primo strato di foglie) mi dice. Poi chiunque può trarre le sue conclusioni, esperienza diretta in primis e conoscenza dei tipi di suolo e dei fenomeni fisici della combustione mi rendono sicuro di quanto affermo.
Quindi
dove si accende un fuoco veramente sicuro, secondo la mia esperienza e le mie conoscenze teoriche? Su terreno con bassa componente vegetale (ci sono anche nei boschi, basta osservare l'orografia, la densità della vegetazione, le pendenze... - se il terreno è soffice contiene vegetali e ossigeno, va evitato), lontano da qualsiasi elemento combustibile come arbusti, erbacce, rami sopra la testa, e in luogo protetto dal vento, in piano. E
come si accende un fuoco sicuro? Dopo aver scelto un posto adatto - protetto dal vento, piano, pulito da materiali infiammabili e con un terreno meno soffice possibile, minerale e non vegetale - si circonda di pietre alte (non sassolini, non si deve fare un fortino per giocare con i soldatini, ma creare una barriera) e si accende un fuoco adeguato alle esigenze. Per cuocere non serve un falò, basta poca brace spostata di lato, mentre all'altro lato si terranno alcuni legni grossi come un pollice che continuano a bruciare per produrne di nuova. E
come si spegne un fuoco sicuro (se non c'è acqua come succede quasi sempre a me, naturalmente)? Si lascia spegnere da solo (più piccolo il fuoco, più veloce lo spegnimento, cioè l'esaurimento dei materiali). Spesso un fuoco per cucinare si spegne prima di aver finito di lavare la popote. Poi si tolgono le pietre e si smuove con un legno allontanando la cenere, verificando con la mano che non ci sia calore, sia su eventuali carboni rimasti che sul terreno sottostante e sotto le pietre. Se ci sono parti calde (che scottano) vanno spente meglio. Si può spegnere anche per soffocamento, con terra (terra, non humus) pressata con i piedi in modo da eliminare il più possibile l'ossigeno e ridurre il calore. Ma anche in questo caso è necessario verificare con il tatto che il calore sia tale da non provocare dolore alla mano.
Il fondo di sassi (sassi, non rocce, pietre grandi come mezzo pugno) è utile sulla neve o sul fango dove l'acqua forma rigagnoli (ma sulla neve a volte servono dei legni grossi sotto, e delle pietre belle grandi sopra, perchè il calore forma un laghetto che riempie il fondo del buco e se non è tenuto lontano dalla fiamma la spegne, soprattutto se non si riesce a fare un canaletto per drenare l'acqua). Le rocce calcaree, che possono aver assorbito umidità, si possono spaccare con il calore, quindi ognuno si regoli come meglio crede. Personalmente è un sistema che trovo a volte non solo utile, ma addirittura indispensabile, quindi lo adotto ogni volta ritengo sia necessario, solo in caso di reale bisogno perchè mettermi a cercare sassi per niente non mi piace, mi fa perdere tempo.
Ecco, seguendo queste banali indicazioni non si rischierà di dar fuoco a niente, in maniera molto semplice e veloce. Tutto il resto non l'ho mai verificato, magari funziona, ma se una cosa funziona ed è semplice e veloce personalmente non credo valga la pena cambiarla. Comunque imparare cose nuove è sempre utile, ma credo che prima di fare esperimenti sia necessario riflettere attentamente su quello che si sta facendo. Ho letto varie note in rete riguardo ai fuochi accesi nei buchi, ma sempre in riferimento a tecniche come il Dakota Pit. Non ne ho trovare riguardo alla sicurezza, in italiano e in inglese. La maggior parte delle indicazioni non parlano affatto del terreno su cui si accende, alcune invece dicono di accenderlo sui sassi, ma "dentro" la terra mai, per motivi di sicurezza. La novità di questa indicazione è quello che mi lascia perplesso. Se fosse un sistema più sicuro degli altri due credo che sarebbe descritto, invece non riesco a trovarne traccia. Questa novità dell'indicazione mi ha portato a rifletterci, perchè prima non mi ero mai posto il problema, ho sempre seguito le indicazioni banali e universali che ho citato poco sopra e ho visto realmente che seguendole diventa impossibile accendere un incendio. Magari qui stiamo aprendo una nuova strada, ma tutte le riflessioni sul terreno e sul fuoco che ho fatto mi lasciano alquanto perplesso. Ecco, il mio intervento è dettato proprio da questa novità, di cui onestamente non avevo mai sentito parlare. Che magari alla fine si rivelerà la soluzione al problema degli incendi colposi. Ma che definire "il modo più sicuro" mi lascia personalmente alquanto perplesso, anche perchè il modo più sicuro è descritto in centinaia di altre autorevoli pubblicazioni. I motivi li ho ampiamente descritti.