Dati
Data: 09-10/08/2013
Località di partenza e di arrivo: Fujinomiya
Tempo di percorrenza: 3+6 ore
Chilometri: 5+8 km
Grado di difficoltà: EE
Descrizione delle difficoltà: fondo scomodo
Periodo consigliato: luglio ed agosto
Segnaletica: perfetta
Dislivello in salita: 700+800m
Quota massima: 3776m
Accesso: Stazione shinkansen linea Tokaido di Shinfuji + 2 ore di autobus fino alla partenza del Fujinomiya trail
Descrizione
Simbolo di una nazione, luogo sacro dello shintoismo e patrimonio dell'umanità, la sagoma del Fuji è tra le più conosciute in tutto il mondo dato che dalla notte dei tempi è rappresentata in dipinti, fotografie, film, cartoni animati e addirittura videogiochi.
In sé la montagna si presenta come un cono perfetto, molto imponente (parte praticamente dal mare), completamente isolata da altri complessi montuosi e al centro di una delle aree più antropizzate della Terra. Il suo alone di sacralità è accentuato dal fatto che il Fuji, dal basso, molto raramente è visibile nella sua interezza, sempre nascosto da una cortina di foschia e da nuvole, ma è sempre in grado di ricordarci della sua presenza tramite i boati dei suoi fortissimi temporali. Noi stessi siamo transitati lì sotto varie volte (la linea Tokyo-Kyoto passa proprio ai suoi piedi) con il naso appiccicato al finestrino del treno-proiettile ma non siamo riusciti mai a vedere un bel niente.
Invero, si tratta di un quasi 4000 a pochi km dall'Oceano Pacifico e per dieci mesi l'anno la salita è pericolosa se non proibitiva a causa del frequente ed improvviso scatenarsi di veri e propri uragani di neve.
Per tutti questi motivi, nei due mesi di disgelo il Fuji è oggetto di assalto da parte dei giapponesi e dai turisti che, come noi, subiscono il suo fascino. Un famoso adagio recita "se scali il Fuji una volta sei un vero giapponese, se scali il Fuji due volte sei un pazzo". Va da sé che trovandoci per le ferie nella terra del sol levante, io e la prode Flavietta non potevamo assolutamente esimerci da una simile esperienza...
I sentieri di salita al cratere sommitale sono quattro, chiamati "trail", distribuiti in varie località su tre lati della montagna ed ognuno con i suoi pro e contro.
Yoshida trail: il più comodo per chi arriva dalla zona di Tokyo e, di conseguenza, estremamente affollato. A nostro parere da evitare come la peste.
Subashiri trail: meno affollato durante la salita ma condivide l'ultimo tratto con lo Yoshida, quindi anche questo secondo noi è da evitare.
Gotemba trail: il più affascinante nonché il più lungo. A differenza degli altri trail, che partono da circa 2300m di quota, la partenza del Gotemba è a 1400m e permette un'esperienza completa e gratificante (per chi ha tempo e fiato), un po' alla Fara-Monte Amaro per intenderci!
Ovviamente è il meno frequentato ma, per converso, è anche il più povero di rifugi e strutture d'emergenza.
Fujinomiya trail: comodo se (come noi) si proviene dal Kansai, è il trail che prevede il minore dislivello, ma per questo è il secondo più affollato dopo lo Yoshida e, cosa molto importante, sale sul lato sudovest del Fuji e quindi se non si raggiunge per tempo la cima ci si gioca l'alba.
Dopo un attento studio preliminare, la nostra scelta prevede una libera interpretazione dei percorsi istituzionali, senza però uscire dai sentieri segnati (che, manco a dirlo, è severamente proibito e lì, quando dicono severo, c'è da aver paura...
). Si chiama "Prince Trail" e all'ufficio informazioni del Fuji sanno a malapena cos'è. In pratica è un anello che dalla stazione di partenza del Fujinomiya compie un traverso sul vulcano fino al cratere del Mt. Hoei (cono accessorio al principale formatosi di recente), sale fino alla cima dell'Hoei, piega sulle pendici del Fuji e risale quest'ultimo fino ad intercettare il Gotemba (nella cartina, è il percorso evidenziato in verdolino). Si arriva in cima sempre sul Gotemba per poi riscendere invece per il Fujinomiya, che in salita si presenta scomodo e noioso.
Tutta questa tarantella per combinare i vantaggi dei due sentieri: parti dalla stazione più alta in quota (Fujinomiya), ma sali per il trail meno frequentato (Gotemba), visiti la lunare zona dell'Hoei che merita davvero molto e riscendi per un percorso diverso dalla salita. Affare fatto direi!
Scendiamo dal treno a Shinfuji e parcheggiamo i bagagli superflui negli armadietti automatici. Andando a prendere il pullman, notiamo che questo Fuji è davvero un'ossessione, lo troviamo rappresentato un po' dappertutto, persino sui tombini...
Il pullman attraversa le città assiepate sulle falde del monte e, dopo una serie interminabile di tornanti nella foresta, ci deposita alla partenza del Fujinomiya trail
Si sale per il primo tratto del Fujinomiya, che fin da subito si presenta come un'accozzaglia di rocce laviche instabili e spigolose, che in discesa lavorano ai fianchi il povero escursionista e, secondo le avvertenze che alla partenza un impiegato è obbligato a dare (e noi obbligati a subire), sono fonte di vari infortuni
Dopo 20 minuti arriviamo al primo rifugio, dotato di immancabile distributore automatico di bevande. Da qui lasciamo il Fujinomiya e il suo calvario incenerito per traversare verso la zona del monte Hoei, attraverso il Prince trail
Il nostro piano consiste nel partire di pomeriggio, arrivare al rifugio verso l'ora di cena, dormire un po' e ripartire in piena notte, con lo scopo di vedere l'alba dalla cima, che dalle informazioni raccolte è assolutamente da non perdere. Inoltre così sfruttiamo le ore più fresche dei due giorni, accorgimento davvero benvenuto considerato il caldo micidiale di questa nazione in estate.
Il bel traverso tra piante e fiori mai visti prima sfocia nell'area del cratere e del monte Hoei, piccolo vulcano (si fa per dire, è alto quasi 2700m) sul fianco del gigante, generatosi in conseguenza di un devastante terremoto di tre secoli fa (sai che botto...
).
Il sentiero scende proprio dentro il cratere per poi risalire sul crestone che divide i due vulcani, il tutto su sassolini di cenere alquanto scivolosi
Arrivati sulla sella, finalmente la visione che in tutto questo tempo ci è sempre sfuggita. Il Fuji finora si era sempre nascosto dietro una fitta cortina di nuvole, ma all'improvviso, nella luce del tramonto, eccolo là, di fronte a noi con la sua sagoma perfetta!
Breve passaggio su larga cresta e siamo in cima all'Hoei, la foschia ci nasconde le città sulle pendici e l'oceano, ma si intuisce benissimo che, a parte i monti di Hakone moolto più bassi, in linea retta davanti a noi c'è l'infinito.
La scelta di partire tardi si rivela quantomai azzeccata, dato che siamo praticamente soli su questa montagna che nelle altre ore invece è assaltata con il coltello tra i denti da orde di scalatori più o meno attrezzati. Tornando dalla cima, si prosegue fino a passo Kudari e si continua a traversare in leggera salita il cono fino ad intercettare il Gotemba trail.
Attenzione a non scambiare il Gotemba che sale con quello che scende. Quest'ultimo, destinato appunto agli escursionisti in discesa, è anche chiamato "osunabashiri" (= la grande corsa sulla sabbia), perchè ci si può lanciare giù correndo ghiaione style. Va da sé che, se preso in salita, ci puoi passare anche una giornata e non ne esci.
Tra tornanti e traversi il sole è calato, ma provvidenzialmente una nostalgica bandiera dell'esercito giapponese ci avverte che ormai siamo in vista del Waraji-kan (3110m), il nostro rifugio
Oddio, chiamarlo rifugio... 80 mq per 40 persone, l'ingresso sembra una stalla (non ha pavimento), c'è un mini market a prezzi astronomici (2 lt d'acqua l'equivalente di 13 euro) e si dorme per terra sui futon, ma il personale è simpatico e gentilissimo. Addirittura ci pregano di firmare il librone degli ospiti e di scrivere una dedica: a memoria del gestore più anziano, siamo i primi italiani a pernottare lì nella "storia" del rifugio!
Arriviamo tardi per la cena (riso bollito e un non meglio identificato pappone al curry), ma eravamo preparati dato che avevamo stipato mezzo zaino con degli ottimi onigiri (= palle di riso ripiene di pesce e avvolte in alghe essiccate). Ci accomodiamo quindi in ginocchio al basso tavolino.
Alcune amenità che potreste acquistare per rendere più confortevole la vostra scalata. Stanchi delle Pringles? Per il vostro spuntino non c'è niente di meglio di una bella busta di croccanti pezzi di lisca di pesce

Se volete trattarvi poi da principini, ecco la bomboletta tascabile di ossigeno completa di erogatore. Per respirare di nascosto e stupire i propri amici con le proprie prestazioni in montagna!


La sveglia suona alle 2, nessuno vuol perdersi l'alba dalla cima e dal Waraji-kan mancano ancora quasi tre ore. La salita con le frontali su un sentiero nero come l'inchiostro non è particolarmente significativa, se non fosse che alle nostre spalle, tra la luna e il chiarore della ragnatela di città che si estende ai piedi del Fuji, il panorama è quasi diurno fino all'orizzonte, riempito dall'oceano.
Il passaggio sotto un tori ci annuncia che siamo sul bordo del cratere sommitale, un ultimo sforzo e riusciamo a guadagnarci un posto su una vetta secondaria ma esposta perfettamente ad est!
L'alba da quella quota e con l'isolamento del Fuji è puro spettacolo, vale davvero la pena fare la levataccia...
Sorto il sole ci incamminiamo attorno al cratere. Sul bordo si elevano varie alture, la più alta delle quali, la Kengamine peak, si raggiunge dopo un'ultima pettata di una cinquantina di metri
Ed eccoci finalmente sulla cima vera e propria, il punto del Giappone più vicino agli dei. Una volta tanto nessun simbolo cementato ed imposto a tutti ma, chi vuole, shintoista, buddista, cristiano o quellochetipare, può lasciare un piccolo dono o più semplicemente una moneta.
La folla che nel frattempo comincia ad arrivare dai vari trail disturba la nostra contemplazione e, attraverso il tori del Fujinomiya, cominciamo la scomoda discesa tra serpentoni di persone che salgono
Esperienza unica ed indimenticabile, davvero imprescindibile per ogni appassionato di montagna che si rechi a vario titolo da quelle parti. Peccato per l'affollamento in cima (è presente anche un piccolo tempio che, ovviamente, era gremito) ma la possibilità che abbiamo avuto di osservare l'alba con tempo stabile ci ha fatto dimenticare senza problemi ogni difficoltà.
Grazie a tutti!
Data: 09-10/08/2013
Località di partenza e di arrivo: Fujinomiya
Tempo di percorrenza: 3+6 ore
Chilometri: 5+8 km
Grado di difficoltà: EE
Descrizione delle difficoltà: fondo scomodo
Periodo consigliato: luglio ed agosto
Segnaletica: perfetta
Dislivello in salita: 700+800m
Quota massima: 3776m
Accesso: Stazione shinkansen linea Tokaido di Shinfuji + 2 ore di autobus fino alla partenza del Fujinomiya trail
Descrizione
Simbolo di una nazione, luogo sacro dello shintoismo e patrimonio dell'umanità, la sagoma del Fuji è tra le più conosciute in tutto il mondo dato che dalla notte dei tempi è rappresentata in dipinti, fotografie, film, cartoni animati e addirittura videogiochi.
In sé la montagna si presenta come un cono perfetto, molto imponente (parte praticamente dal mare), completamente isolata da altri complessi montuosi e al centro di una delle aree più antropizzate della Terra. Il suo alone di sacralità è accentuato dal fatto che il Fuji, dal basso, molto raramente è visibile nella sua interezza, sempre nascosto da una cortina di foschia e da nuvole, ma è sempre in grado di ricordarci della sua presenza tramite i boati dei suoi fortissimi temporali. Noi stessi siamo transitati lì sotto varie volte (la linea Tokyo-Kyoto passa proprio ai suoi piedi) con il naso appiccicato al finestrino del treno-proiettile ma non siamo riusciti mai a vedere un bel niente.
Invero, si tratta di un quasi 4000 a pochi km dall'Oceano Pacifico e per dieci mesi l'anno la salita è pericolosa se non proibitiva a causa del frequente ed improvviso scatenarsi di veri e propri uragani di neve.
Per tutti questi motivi, nei due mesi di disgelo il Fuji è oggetto di assalto da parte dei giapponesi e dai turisti che, come noi, subiscono il suo fascino. Un famoso adagio recita "se scali il Fuji una volta sei un vero giapponese, se scali il Fuji due volte sei un pazzo". Va da sé che trovandoci per le ferie nella terra del sol levante, io e la prode Flavietta non potevamo assolutamente esimerci da una simile esperienza...

I sentieri di salita al cratere sommitale sono quattro, chiamati "trail", distribuiti in varie località su tre lati della montagna ed ognuno con i suoi pro e contro.
Yoshida trail: il più comodo per chi arriva dalla zona di Tokyo e, di conseguenza, estremamente affollato. A nostro parere da evitare come la peste.
Subashiri trail: meno affollato durante la salita ma condivide l'ultimo tratto con lo Yoshida, quindi anche questo secondo noi è da evitare.
Gotemba trail: il più affascinante nonché il più lungo. A differenza degli altri trail, che partono da circa 2300m di quota, la partenza del Gotemba è a 1400m e permette un'esperienza completa e gratificante (per chi ha tempo e fiato), un po' alla Fara-Monte Amaro per intenderci!
Fujinomiya trail: comodo se (come noi) si proviene dal Kansai, è il trail che prevede il minore dislivello, ma per questo è il secondo più affollato dopo lo Yoshida e, cosa molto importante, sale sul lato sudovest del Fuji e quindi se non si raggiunge per tempo la cima ci si gioca l'alba.
Dopo un attento studio preliminare, la nostra scelta prevede una libera interpretazione dei percorsi istituzionali, senza però uscire dai sentieri segnati (che, manco a dirlo, è severamente proibito e lì, quando dicono severo, c'è da aver paura...

Tutta questa tarantella per combinare i vantaggi dei due sentieri: parti dalla stazione più alta in quota (Fujinomiya), ma sali per il trail meno frequentato (Gotemba), visiti la lunare zona dell'Hoei che merita davvero molto e riscendi per un percorso diverso dalla salita. Affare fatto direi!

Scendiamo dal treno a Shinfuji e parcheggiamo i bagagli superflui negli armadietti automatici. Andando a prendere il pullman, notiamo che questo Fuji è davvero un'ossessione, lo troviamo rappresentato un po' dappertutto, persino sui tombini...

Il pullman attraversa le città assiepate sulle falde del monte e, dopo una serie interminabile di tornanti nella foresta, ci deposita alla partenza del Fujinomiya trail

Si sale per il primo tratto del Fujinomiya, che fin da subito si presenta come un'accozzaglia di rocce laviche instabili e spigolose, che in discesa lavorano ai fianchi il povero escursionista e, secondo le avvertenze che alla partenza un impiegato è obbligato a dare (e noi obbligati a subire), sono fonte di vari infortuni


Dopo 20 minuti arriviamo al primo rifugio, dotato di immancabile distributore automatico di bevande. Da qui lasciamo il Fujinomiya e il suo calvario incenerito per traversare verso la zona del monte Hoei, attraverso il Prince trail

Il nostro piano consiste nel partire di pomeriggio, arrivare al rifugio verso l'ora di cena, dormire un po' e ripartire in piena notte, con lo scopo di vedere l'alba dalla cima, che dalle informazioni raccolte è assolutamente da non perdere. Inoltre così sfruttiamo le ore più fresche dei due giorni, accorgimento davvero benvenuto considerato il caldo micidiale di questa nazione in estate.

Il bel traverso tra piante e fiori mai visti prima sfocia nell'area del cratere e del monte Hoei, piccolo vulcano (si fa per dire, è alto quasi 2700m) sul fianco del gigante, generatosi in conseguenza di un devastante terremoto di tre secoli fa (sai che botto...

Il sentiero scende proprio dentro il cratere per poi risalire sul crestone che divide i due vulcani, il tutto su sassolini di cenere alquanto scivolosi


Arrivati sulla sella, finalmente la visione che in tutto questo tempo ci è sempre sfuggita. Il Fuji finora si era sempre nascosto dietro una fitta cortina di nuvole, ma all'improvviso, nella luce del tramonto, eccolo là, di fronte a noi con la sua sagoma perfetta!

Breve passaggio su larga cresta e siamo in cima all'Hoei, la foschia ci nasconde le città sulle pendici e l'oceano, ma si intuisce benissimo che, a parte i monti di Hakone moolto più bassi, in linea retta davanti a noi c'è l'infinito.


La scelta di partire tardi si rivela quantomai azzeccata, dato che siamo praticamente soli su questa montagna che nelle altre ore invece è assaltata con il coltello tra i denti da orde di scalatori più o meno attrezzati. Tornando dalla cima, si prosegue fino a passo Kudari e si continua a traversare in leggera salita il cono fino ad intercettare il Gotemba trail.

Attenzione a non scambiare il Gotemba che sale con quello che scende. Quest'ultimo, destinato appunto agli escursionisti in discesa, è anche chiamato "osunabashiri" (= la grande corsa sulla sabbia), perchè ci si può lanciare giù correndo ghiaione style. Va da sé che, se preso in salita, ci puoi passare anche una giornata e non ne esci.



Tra tornanti e traversi il sole è calato, ma provvidenzialmente una nostalgica bandiera dell'esercito giapponese ci avverte che ormai siamo in vista del Waraji-kan (3110m), il nostro rifugio

Oddio, chiamarlo rifugio... 80 mq per 40 persone, l'ingresso sembra una stalla (non ha pavimento), c'è un mini market a prezzi astronomici (2 lt d'acqua l'equivalente di 13 euro) e si dorme per terra sui futon, ma il personale è simpatico e gentilissimo. Addirittura ci pregano di firmare il librone degli ospiti e di scrivere una dedica: a memoria del gestore più anziano, siamo i primi italiani a pernottare lì nella "storia" del rifugio!


Arriviamo tardi per la cena (riso bollito e un non meglio identificato pappone al curry), ma eravamo preparati dato che avevamo stipato mezzo zaino con degli ottimi onigiri (= palle di riso ripiene di pesce e avvolte in alghe essiccate). Ci accomodiamo quindi in ginocchio al basso tavolino.

Alcune amenità che potreste acquistare per rendere più confortevole la vostra scalata. Stanchi delle Pringles? Per il vostro spuntino non c'è niente di meglio di una bella busta di croccanti pezzi di lisca di pesce

Se volete trattarvi poi da principini, ecco la bomboletta tascabile di ossigeno completa di erogatore. Per respirare di nascosto e stupire i propri amici con le proprie prestazioni in montagna!

La sveglia suona alle 2, nessuno vuol perdersi l'alba dalla cima e dal Waraji-kan mancano ancora quasi tre ore. La salita con le frontali su un sentiero nero come l'inchiostro non è particolarmente significativa, se non fosse che alle nostre spalle, tra la luna e il chiarore della ragnatela di città che si estende ai piedi del Fuji, il panorama è quasi diurno fino all'orizzonte, riempito dall'oceano.

Il passaggio sotto un tori ci annuncia che siamo sul bordo del cratere sommitale, un ultimo sforzo e riusciamo a guadagnarci un posto su una vetta secondaria ma esposta perfettamente ad est!



L'alba da quella quota e con l'isolamento del Fuji è puro spettacolo, vale davvero la pena fare la levataccia...

Sorto il sole ci incamminiamo attorno al cratere. Sul bordo si elevano varie alture, la più alta delle quali, la Kengamine peak, si raggiunge dopo un'ultima pettata di una cinquantina di metri


Ed eccoci finalmente sulla cima vera e propria, il punto del Giappone più vicino agli dei. Una volta tanto nessun simbolo cementato ed imposto a tutti ma, chi vuole, shintoista, buddista, cristiano o quellochetipare, può lasciare un piccolo dono o più semplicemente una moneta.

La folla che nel frattempo comincia ad arrivare dai vari trail disturba la nostra contemplazione e, attraverso il tori del Fujinomiya, cominciamo la scomoda discesa tra serpentoni di persone che salgono

Esperienza unica ed indimenticabile, davvero imprescindibile per ogni appassionato di montagna che si rechi a vario titolo da quelle parti. Peccato per l'affollamento in cima (è presente anche un piccolo tempio che, ovviamente, era gremito) ma la possibilità che abbiamo avuto di osservare l'alba con tempo stabile ci ha fatto dimenticare senza problemi ogni difficoltà.
Grazie a tutti!
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