Escursione Giretto agli Eremi della Valle dell'Orfento e Giumentina

Parchi d'Abruzzo
  1. Parco Nazionale della Majella
Dati

Data: 16 maggio 2017
Regione e provincia:Abruzzo, Pescara
Località di partenza: Decontra
Località di arrivo: Decontra
Tempo di percorrenza: 10h, 17 min
Chilometri: km 34,16 (da Wikiloc ma, secondo me, il segnale GPS, nei pressi degli eremi, è impazzito; più probabile intorno ai km 31)
Grado di difficoltà: E (per l'accuratezza dei sentieri e la quantità dei segnali) EE (per la lunghezza del percorso)
Descrizione delle difficoltà: vista la quantità di pioggia caduta la sera precedente, abbiamo trovato la discesa all'Eremo di San Sebastiano abbastanza infida. Inoltre l'anello intorno all'Eremo di San Giovanni (percorso in senso antiorario) presenta un tratto abbastanza stretto che dà su uno strapiombo che mette pensiero, sconsigliato a chi soffre le altezze. Sarebbe consigliabile una fune o una catena
Periodo consigliato: tarda primavera o autunno
Segnaletica: ottima, complimenti al C.A.I. di zona
Dislivello in salita:1723
Dislivello in discesa:1723
Quota massima:1544
Accesso stradale: da Decontra



Descrizione

Si parte da Roma Est destinazione Decontra (PE) intorno alle 5.00, tempo previsto di arrivo alle ore 7.30.
Tra colazione, "gira e mettete bene" partiamo alle 8.00: l'aria è fresca ma il sole non si vede, non ci sono nuvoloni neri ma il cielo è grigio, le previsioni meteo prevedono sole dopo l'ora di pranzo.
Si vede che la Natura si sta risvegliando dopo l'inverno, il verde della vegetazione è brillante, quasi accecante nonostante manchi il Sole.

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Prima tappa del "giretto": l'Ecomuseo del Paleolitico, curato dal Comune di Abbateggio dove troviamo la ricostruzione dei THOLOS, antiche unità abitative risalenti all'età paleolitica, fedeli riproduzioni di resti archeologici scoperti in zona


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particolare del tetto a volta

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Proseguiamo attraverso la Valle Giumentina per arrivare al primo eremo, quello di San Bartolomeo. All'inizio, in piedi sul limite della forra, non riusciamo a notare la presenza di un qualsiasi manufatto che tradisca l'opera dell'uomo.

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Poi si rivela in tutta la sua capacità di mimetismo quello che fu, per svariate persone ispirate, il rifugio per pregare e trovare la pace.

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Scendiamo, stando molto attenti a non scivolare, cosa molto facile viste le abbondanti piogge del giorno precedente.

Attraversiamo il torrente Capo la Vena superandolo con l'aiuto di un immenso masso, caduto chissà quando

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Entriamo, quasi in punta di piedi per non rompere quell'atmosfera mistica che aleggia nell'aria, ammiriamo il lavoro compiuto con terribili sforzi per ricavare dalla viva pietra un riparo dalle intemperie che, vista la qualità degli attrezzi e conoscenze di allora, non credo reggerebbe il confronto con una tenda di qualità odierna. Inoltre la qualità e varietà di cibo presenti allora, non aiutava di certo a superare agevolmente inverni molto freddi.

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L'unica cosa che di sicuro non mancava era l'acqua...

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Dietro l'oratorio troviamo una stanza con un camino, usato di recente, segno che la struttura viene usata anche per ricovero di fortuna dagli escursionisti. La legnaia è sotto l'oratorio

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Dalla balconata prospiciente l'oratorio notiamo, in basso, quella che, presumibilmente, è la carcassa di un lupo, in avanzato stato di decomposizione, cosa che abbiamo segnalato via email alla Forestale.

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Ritornati in cima alla forra abbiamo ripreso il cammino verso il secondo eremo, quello di S. Spirito a Majella.

Sul percorso incontriamo una coppia di cavalli ed una di asini che, dopo un'annusata al mio zaino, capiscono che i biscotti ai cereali e frutta secca che ho portato per sgranocchiare lungo il tragitto, sono di loro gradimento: il mio errore è stato quello di condividerne un pezzetto con un cavallo e, per un bel pezzo, sono stati nostri compagni di traccia, anche troppo invadenti.

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Attraversiamo una faggeta...

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... e, seguendo il corso di un torrente, arriviamo ad un ponte di legno.

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Dopo averlo percorso, iniziamo la salita che porta all'eremo di S. Spirito a Majella, percorso su un tratto di asfalto che si impenna abbastanza...

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L'Eremo è chiuso, vi stanno facendo dei lavori di restauro e questo ci ha aiutati in quanto gli operai lasciano aperto il cancello di accesso, cosa che ci ha permesso di entrare almeno nel cortile.
E' l'ora di pranzo, approfittiamo delle panchine e delle due fonti d'acqua freschissima per recuperare un po' di energie, sciacquarci ed asciugarci dal sudore.
Cominciamo a mangiare porgendo un occhio al cielo che, intanto, ha cominciato ad "imbrogliarsi". Cade qualche goccia d'acqua e ci affrettiamo a recuperare pile stesi ad asciugare, zaini, bastoncini per metterci sotto la volta di pietra che costituisce il lato Nord dell'Eremo, sulla destra del portone d'ingresso alla chiesa.

Esce un operaio per recuperare qualche attrezzo nel furgone e gli chiediamo se, visto che veniamo da lontano, fosse possibile dare una veloce sbirciata alla Cappella ma è inutile, ci nega questa possibilità. Appena si allontana, però, ci infiliamo nel corridoio che ha usato lui e, la prima stanzetta a sinistra che troviamo ci svela un sarcofago bianco, posto sotto il pavimento, ricoperto da una lastra trasparente tipo cristallo o plexiglass: dentro ci sono delle ossa. Andiamo subito via, in preda ad una strana sensazione, come di aver violato qualcosa di sacro...

Rientrati nella faggeta arriviamo a Piana Grande, da dove, in 40 minuti, si può arrivare all'Eremo di San Giovanni attraverso un giro ad anello che, dietro consiglio di@montinvisibili, effettuiamo in senso antiorario.

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Siamo stanchi, i km e gli anni cominciano a farsi sentire, le ginocchia dolgono e i piedi sono bollenti a causa di una fascite plantare che non mi molla.
Siamo dubbiosi, consapevoli che una volta scesi tocca anche risalire ma, ormai siamo qui, e che facciamo? Torniamo indietro?

Le escursioni, secondo me, sono una metafora della vita: non c'è discesa (quando va tutto bene) senza una salita (le difficoltà ed i problemi) e viceversa ma, spesso, la salita (le difficoltà) è sopravvalutata, nel senso che ce la immaginiamo peggio di quello che è, specie se veniamo da un periodo negativo (problemi precedenti).

Decidiamo di scendere e ci troviamo a scendere anche abbastanza, i dubbi aumentano ma la distanza dall'eremo diminuisce. Rompiamo gli indugi, f.....o la stanchezza: vogliamo portare a termine l'escursione, raggiungere l'obiettivo...

Arriviamo in un tratto veramente da brivido: davanti abbiamo il monte Rotondo, il monte Pescofalcone, il Focalone e, dietro loro, il monte Amaro, ancora innevati, le cime piene di nuvole, illuminati quà e là dal sole che comincia a fare capolino.

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Di sotto al sentiero si apre un baratro che non so quanto sia profondo ma penso... troppo. La cengia è stretta. Il mio socio d'escursioni è più intrepido di me e va, io lo seguo ma sto molto attento, mi tengo aderente alla parete, non sto per niente tranquillo ma procedo. Passo, e mi sembra di aver compiuto un'impresa eroica tanto ero preoccupato.

Consiglio al C.A.I. di competenza di fornire un ancoraggio, una catena od una fune per permettere che persone sensibili alle altezze possano tranquillamente passare di lì.


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Arriviamo all'eremo anzi, lo passiamo senza accorgerci della sua presenza. Torniamo indietro ricercando il waypoint indicato dal GPS e, alzando lo sguardo, lo vediamo.


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Una rapida visita ed affrontiamo il ritorno a Piana Grande attraverso l'altra parte dell'anello. Siamo stupiti, il dislivello a salire è lo stesso di quello a scendere ma, complice una lunghezza più estesa, è meno pesante del previsto, sarà anche la consapevolezza di essere riusciti nell'intento ma la salita è... dolce!

Riprendiamo il cammino che ci porterà a terminare l'escursione dove l'abbiamo cominciata, a Decontra.

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Lungo il cammino da Piana Grande a Decontra ci sono tre punti d'acqua freschissima e buonissima (senza parafrasare la pubblicità!!).

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Abbiamo trovato anche delle "fatte", credo di volpe, di lupo forse sono più grandi...

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In conclusione: escursione che, per quanto mi riguarda, rappresenta, in termini di lunghezza di percorso, credo il mio limite giornaliero. E, per quel che riguarda il lato culturale, forse la più bella escursione che ho mai fatto.
 
Che fascino gli eremi!! Questi poi sono davvero splendidi:incastonati perfettamente,non invadenti e in un ambiente davvero selvaggio e meditativo. Complimenti e grazie di aver condiviso.
 
Che fascino gli eremi!! Questi poi sono davvero splendidi:incastonati perfettamente,non invadenti e in un ambiente davvero selvaggio e meditativo. Complimenti e grazie di aver condiviso.

Grazie per i complimenti ma non è stato un grandissimo sacrificio (a parte la fatica:si:).
Eh si, quegli uomini cercavano l'isolamento e c'erano proprio riusciti!!
 
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