Lungo: prendetevi il tempo di leggerlo, se volete...
In attesa di vedere approvato l'album fotografico (
Link all'album), riporto su il post, per raccontare la nostra esperienza...
Dopo un lavoro di incrocio di piani ferie, turni di lavoro, sessioni d'esame universitarie, meteo, imprevisti (miei) di lavoro ed altre n-mila variabili, io con i miei due soliti amici ed un figlio, decidiamo che, per la terza volta (!) tenteremo il giro del postino nei giorni da mercoledì 8 a venerdì 10 agosto.
La mattina il nostro autista passa a prendere me e mio figlio ed insieme andiamo a recuperare l'ultimo membro della nostra comitiva, che "stacca" dal lavoro alle 8. Alle 8 e qualcosa, siamo già per strada, euforici e preoccupati. Un po' perché, per vari motivi, siamo già al terzo tentativo, sinora senza successo, un po' perché per il pomeriggio è prevista pioggia.
Il giro si potrebbe fare anche in un solo giorno, ma noi abbiamo tre giorni, tende, sacchi a pelo ed un po' di viveri, per restare in giro 3 giorni. Acqua sul percorso, ce n'è in abbondanza, anche in agosto, quindi... non resta che arrivare al punto di partenza. La val Boreca è bella, selvaggia, ma... difficile da raggiungere!
Noi abbiamo pianificato di lasciare l'auto ad Artana, quindi da Piacenza sono circa 3 ore di strada, compresa una sosta a Bobbio per prendere i cibi freschi (pane-frutta-verdura) ed una pausa caffé per il nostro amico che ha fatto la notte. Quest'ultima ci vede a Capanne di Cosola, che è il punto in cui tre strade convergono: una che sale dal piacentino, una dal pavese ed una dall'alessandrino. E noi, a piedi, potremmo anche arrivare in provincia di Genova!
Dopo il caffé, via! Si scende sino ad Artana, per una strada infame, stretta, con fondo pessimo, continue frane e curve su curve. Ma tanto, ormai, siamo arrivati. Non stiamo più nella pelle. Appena arrivati al parcheggio all'ingresso del paese, su gli scarponi, zaini in spalla e via!
Il sentiero, assai mal tenuto ed invaso dai rovi, scende in modo continuo (e spesso ripido) nel bosco, sino al Boreca, molte decine di metri più in basso. Dopo un'oretta ci fermiamo nel bosco a consumare un frugale pasto, con caffé caldo finale (mi sono portato la fidata Trangia, che ancora una volta mi stupirà per la sua comodità e frugalità nei consumi). Con un contorno di zanzare davvero fastidioso!
Ripartiamo ed in pochi minuti siamo sul greto del Boreca, di qui si fiancheggia il torrente per circa 500 metri, trovando quindi un ponte stradale, che consente di varcare il fiume. Seguendo quindi la strada arriviamo a Belnome, nostra meta di giornata, non senza aver preso qualche goccia d'acqua. Roba che non ha nemmeno bagnato la strada. Meglio: temevo di essere ancora nel bosco in discesa ripida, con magari un bel temporale a rendere viscido il percorso.
Morale: prima delle 4 siamo in paese. Facciamo una merendina nella zona della fontana nuova, proprio in mezzo al paese e pian pianino arrivano alcuni turisti, residenti nel paese per il mese di agosto e tutti originari di lì.
Ci mettiamo a chiacchierare un po', scoprendo alcune cose interessanti; una delle cose che mi piacciono di più di questo tipo di vacanza: il contatto con gli abitanti del posto. Belnome è un paesino carino, ma ha un (1!!!) residente fisso. In agosto... mah, saranno stati... 20? 30? Peccato. Belle case di pietra, stradine di una volta all'interno, tanta pace ed aria buona. Come tutti e 5 i borghi che toccheremo, del resto. E che, con Zerba (capoluogo, il comune meno abitato d'Italia!) e Vezimo, sono gli unici abitati di tutta la valle, che si estende, grossolanamente, fra i monti Lesima, Alfeo, Cavalmurone e che sfocia nel Trebbia a valle di Ottone.
Proprio Ottone mi offre l'opportunità di parlare del monte che fronteggia Belnome: il monte Scavon. Su tale monte, è stato rinvenuto il bronzetto che è attualmente esposto ad Ottone e che poi tornerà a Palazzo Farnese a Piacenza, nel museo civico. Non ho ben capito se è cartaginese, etrusco o romano, comunque è un pezzo interessante; secondo abitanti del luogo, sullo Scavon in epoca medioevale c'era un convento, poi franato. Molti forni del paese sono decorati con materiali in porcellana che si dice fossero stati ritrovati proprio sul monte ed originari del convento. Secondo me, una leggenda. Ma comunque, il tutto ci ha portato a conoscere un po' di persone, che sono arrivate ad offrirci la possibilità di una doccia, di usare il loro bagno... molto, molto ospitali, grazie! Nel caso qualcuno fosse interessato: ci sono diverse case in vendita in tutta la valle, da ristrutturare...
Per la sera, su suggerimento degli abitanti del luogo, decidiamo di fare campo alla fontana vecchia di san Marco, appena fuori dal paese, in un bel posto, dove cominciano i boschi e con un bel pratino davanti. Acqua, tavolo, panche, vista magnifica. La sera si rasserena e dopo cena ci scappa anche una bella vista sul cielo quasi completamente sgombro. Qualche pleiade (stella cadente, siamo quasi a san Lorenzo, in fondo...) allieta la nostra sera. Per la notte, stendiamo materassini e sacchi a pelo su panche e tavoli e la notte passa tranquilla, senza il minimo rumore. A parte gli aerei, che da queste parti, complice il radiofaro installato sul Lesima, che si vede perfettamente per lunghi tratti e da molte angolazioni diverse per tutti e tre i giorni, continuano a passare per tutta la notte sopra la nostra testa. Ma sono quasi esclusivamente oggetti con lucine lampeggianti che si muovono: il rombo è davvero molto lontano.
La mattina dopo, ingollata una bella colazione a base di té e cereali ad alta energia, rimettiamo tutto negli zaini, rassettiamo tutta l'area e ripartiamo. Ci sembra doverosa una sosta a dire una preghiera sulla tomba degli ultimi due postini che hanno fatto questo percorso "per dovere di servizio": che tempra, ragazzi! E, sempre secondo i locali, erano due privilegiati, che dovevano lavorare meno degli altri per vivere...
Comunque sia, dopo un po' siamo impegnati nell'erta salita del sentiero che ci porta verso Pizzonero. Ad un certo punto, il mio naso comincia a sentire odore di funghi: la pioggerella di ieri pomeriggio ha scatenato il sotto bosco. I miei compagni cominciano a trovare funghi, quasi tutti boletus satanas (porcino tossico), finché... un bel boletus edulis, secondo me di non meno di 500 gr per una circonferenza di 20-30 cm. Sbocconcellato da qualche animaletto da una parte, ma ancora perfetto per il resto. Ce lo portiamo fino a quando non vediamo un'area picnic: "merenda?" - "Merenda!". Quindi, stop. Pulisco bene il fungo, rifilo le parti mangiate, elimino le parti più coriacee del gambo e poi lo faccio a fettine sottili. Olio, sale e... la merenda è servita!
Molto contenti, ripartiamo. Il sentiero spiana e nel giro di una mezzoretta siamo a Pizzonero, per i miei gusti il più bello ed intatto dei 5 paesini visitati. E' abitato da una decina, forse più, di persone, in questo periodo. E' abbarbicato su un lato piuttosto scosceso di montagna, per cui le case, tutte abbastanza distanziate, non si coprono a vicenda la vista davvero impressionante sulla val Boreca. Una cosa notevole è che difficilmente si vede più di un paese alla volta, quindi la valle risulta davvero selvaggia ed assai poco antropizzata. Anzi: ormai troppo poco antropizzata. Lasciamo Pizzonero e prendiamo la strada a fondo naturale, che con poche salite e discese ci porta al cancello che la separa dalla Passo Maddalena-Suzzi. Ma prima di arrivare al cancello, abbiamo ancora la possibilità di ammirare il bell'oratorio di san Bernardo, posto alla fine di un bel prato, con la sua cinta di mura e camposanto proprio davanti, in perfetto stile alpino. La strada, a fondo naturale e non particolarmente ben tenuta (gli abitanti di Pizzonero immagino che viaggino tutti in fuoristrada!), sfocia, come accennato, su una strada asfaltata. Percorriamo un pezzo di quest'ultima in discesa, per lasciarla al primo tornante, in favore di uno scomodo e ripido sentiero che in breve ci conduce a Suzzi. Paesino tranquillo (non incontreremo nessuno, né a Pizzonero, né a Suzzi!). Di qui i miei compagni premono per raggiungere le cascate: arrivati alla chiesa (anche lei con vicino il cimitero), si prende un sentiero ricco di frane nel primo tratto, che poi scende ripido verso il Boreca, di molti metri sottostante. Poco prima di arrivare al fiume, una deviazione a sinistra ci porta in breve ai ruderi del mulino di Suzzi, con adiacente una bella cascatella. Qui facciamo pausa ed incontriamo un gruppo di pavesi in gita. Dopo un po' ci salutano e riprendono la loro strada, mentre noi consumiamo il pranzo.
Fatto un breve pisolino, riprendiamo la strada: stasera vogliamo dormire a Bogli. Torniamo quindi sui nostri passi, scendiamo fino al ponte sul Boreca, che usiamo per l'attraversamento e poi risaliamo fino a Bogli. Percorso che ci richiede di riprende la quota di mezza costa, con conseguente fatica. Ma a metà pomeriggio arriviamo anche a Bogli: che la val Boreca, finalmente, si arrenda, al nostro terzo tentativo?
Cominciamo quindi a chiacchierare con i locali, che ci indicano la casa della famiglia del nonno del celebre direttore d'orchestra Arturo Toscanini. E' ancora di proprietà degli eredi del Maestro e tenuta piuttosto bene, oltre che molto grande. Inoltre ha adiacente una cappellina privata.
Dopo qualche incomprensione, decidiamo di consumare la cena, più abbondante del solito, per far fuori le provviste, in un luogo un po' strano. E' un tavolo da picnic, coperto da una tettoia, quindi nel luogo adatto, ma vicino ad una serie di giochi per bambini. Sempre su indicazioni (plurime ed in contraddizione fra loro) degli abitanti del luogo, decidiamo che qui ci staremmo stretti e quindi optiamo per piantare le tende (finalmente, ce le stiamo portando in spalla da 2 giorni!) nel prato che c'è sotto alla chiesa principale del paese. La notte scorre tranquilla, io e mio figlio ci siamo piazzati nella mia tenda da 2 un po' discosto ai miei amici (che russano) e quindi la mattina prima dell'alba, riposato e fresco come una rosa (dormo sempre bene, in tenda!), esco e... un'alba radiosa, dorata, si dispiega davanti ai miei occhi. Una meraviglia!
Fatta colazione, come sempre calda (grazie Trangia!), raccogliamo tutto (sono un capogita esigente, non voglio che si lasci niente per terra!) e ripartiamo. Abbiamo ancora il tragitto che da Bogli ci riporterà alla macchina ad Artana ed ho ingolosito i miei amici con una mega-mangiata in un ristorante in val Trebbia, quindi dobbiamo essere alla macchina a metà mattina. MA è prestissimo, non sono ancora le 8 quando ci mettiamo in moto e quindi abbiamo tutto il tempo di gustare il percorso, con qualche saliscendi ma abbastanza facile e per la maggior parte a mezza costa. Passiamo per una cappellina isolata, di proprietà di un signore che abbiamo conosciuto a Bogli, poi alla cascina Mangiagalli, in ristrutturazione, dove i miei amici avrebbero voluto pernottare, ma dove non c'è acqua. Però una sosta per un caffé caldo la facciamo!
Poi, in breve, arriviamo ad Artana, passando per la splendida fontana vecchia del paese.
L'auto ci attende. E' ora di ri-civilizzarsi, dopo tre giorni passati per boschi, dormendo dove capita ed in tenda. Ci siamo lavati alle fontane, ma insomma... il caldo era abbastanza intenso, le salite e la fatica anche e la barba è di tre giorni. Recuperata l'auto ripartiamo verso Capanne di Cosola, Vesimo, Zerba ed Ottone. Ma a Zerba, sosta aperitivo, che devo pagare io. In compenso ci serve la Signora Sindaco in persona! E poi chiacchierando con i villeggianti salta fuori tutta questa bella storia...
Via, si riparte. Ridiscesi sulla SS45 di val Trebbia, invece di svoltare subito per Piacenza risaliamo per qualche km verso Genova. Superata Ottone, dopo il ponte sul Trebbia, sulla destra a Rocca Corvi c'è il ristorante che corona, con un'omerica mangiatona, tre giorni davvero memorabili.
Prosit, ragazzi!