Metto la descrizione della gita con
@kima e
@Gaijin qua per non aprire una nuova discussione.
Dati
Data: 11/09/2016
Regione e provincia: Valle d’Aosta
Località di partenza: Pont Valsavarenche (1.960 m)
Località di arrivo: Pont Valsavarenche
Tempo di percorrenza: 6,5 h + 4 h
Grado di difficoltà: PD (nuovo percorso)
Descrizione delle difficoltà: ghiacciaio, crepacci, seracchi
Periodo consigliato: primavera, estate
Segnaletica: ometti
Dislivello in salita: 2.100
Dislivello in discesa: 2.100
Quota massima: 4.020 (non abbiamo raggiunto la cima
)
Accesso stradale: da Aosta prendere la strada fino a Pont, lasciare la macchina al parcheggio al fondo della strada
Descrizione
Ecco il nostro assalto al Gran Paradiso, molto più tribolato del previsto.
Per evitarci la levataccia partiamo da Torino dopo cena e giunti al parcheggio di Pont, bivacchiamo da perfetti merenderos
nel prato davanti al parcheggio: in breve montiamo le nostre tre tende (praticamente senza picchettarle)
e approfittiamo dell’ottimo bagno pubblico lì presente.
Il sonno è disturbato dalla luce dei lampioni e dall’infernale irrigatore
che bagnerà i prati per tutta la notte senza pietà. C’era anche qualcuno che dormiva in macchina.
Dormo nella lightent del Gaijin
, sopra un materassino (tappetino) da palestra e il sacco pelo del Deca mai usato prima, sono in bermuda e maglietta di cotone; nella tenda entra un po’ d’aria ma non sento freddo e in qualche modo riesco a dormire un pochino.
Alle 4:30 sveglia
, ci tiriamo su e disfiamo le tende, e intanto grazie al mio nuovo fornellino cinese in titanio ultraleggero, nonostante avessi dimenticato l’accendino, grazie kima, riusciamo a prepararci un caffè, io esagero e mi faccio caffellatte con cereali. Finita la colazione e rifatti i bagagli siamo pronti per partire, sono le 5:30 è buio e siamo sotto un fantastico cielo stellato.
Alla luce delle frontali partiamo, il sentiero all’inizio è una comoda sterrata, poi diventa un sentiero autostradale, lastricato in alcuni tratti che sale a tornanti, con un sacco di tracce per tagliare che useremo in discesa. All’inizio si passa nel bosco, poi si esce all'aperto, inizia a fare chiaro.
Dopo circa due ore di comodo sentiero raggiungiamo il rifugio Vittorio Emanuele II (2.735 m)
Dal rifugio ci godiamo le montagne nei dintorni.
Facciamo una pausa dentro al rifugio, c’è ancora parecchia gente, soprattutto stranieri, ma non saliranno al Grampa. Qui troviamo una foto con l’indicazione dei due percorsi vecchio e nuovo, dove sul vecchio ci sono una serie di no e sul nuovo una serie di yes, decidiamo quindi di fare il nuovo.
Dopo il rifugio si passa per una pietraia e si guada molto agevolmente il torrente e si sale sulla sponda sinistra (con faccia a monte) della morena la traccia è evidente e ci sono parecchi ometti, fa’ freschino e il sole non è ancora spuntato.
Risalita la sponda della morena si raggiunge una pietraia, prima c’è un breve tratto con alcuni passi di arrampicata, sicuramente aggirabili, ma il kima ha visto una placchetta di III- e non ha saputo resistere. Il percorso è segnato da ometti ma ci sono più tracce presenti, non ci si perde ma c’è un po’ di confusione. Qui il kima si riscalda al sole.
La pietraia è instabile si muove tutto, ma a parte un minimo di attenzione, non ci sono difficoltà. E sullo sfondo esce il Grampa.
Arrivati al ghiacciaio Laveciau incontriamo un francese che scende con il figlio, che non ci da’ notizie incoraggianti, lui scendeva dalla ferrata, ma ci consiglia di passare dal ghiacciaio.
Il ghiacciaio è veramente in pessime condizioni.
Si vede la traccia attraversare poco rassicuranti crepacci. Dopo un attimo di titubanza decidiamo di passare dal ghiacciaio, poi in discesa valuteremo se passare dalla ferrata o di nuovo dal ghiacciaio. Siamo a circa 3.300 metri e ci armiamo di coraggio, e indossati i ramponi e legati in cordata partiamo. Ci sono ampi crepacci e qualche seracco, alcuni dei quali vengono attraversati su ponti di neve non sempre rassicuranti, questo è decisamente il ghiacciaio più brutto e rischioso che ho affrontato fino adesso e credo che lo rimarrà per lungo tempo.
La salita del ghiacciaio Laveciau è lunga, difficoltosa e travagliata,
ma finalmente raggiungiamo la “Schiena d’Asino”, dopo aver superato la terminale.
Qui ci ricongiungiamo con il percorso vecchio, siamo davanti alla becca di Moncorvé, il tempo purtroppo si è guastato dall’altra vallata sono salite un sacco di nuvole.
Qui c’è un tratto di piano in curva (siamo intorno a 3.700 metri) e poi si riprende a salire, anche qui il ghiacciaio è così così, ghiaccio vivo a tratti e qualche piccolo crepaccio, superato questo tratto ci dirigiamo finalmente verso la nostra punta.
Qui ci attende un’amara sorpresa la terminale è aperta e non ci sono ponti di neve agibili per l’attraversamento, il ghiaccio è abbastanza vivo, ci sarebbero due punti utili per attraversare, ma in entrambi i casi la difficoltà è tutt’altro che semplice. Io vorrei rischiare ma i miei compagni di cordata non se la sentono, quindi decidiamo a malincuore di desistere, siamo a circa 4.020 metri la madonnina è poco distante, ma niente sarà per un’altra volta, un gruppo di polacchi passa, ma ci sono da fare qualche metro di arrampicata su ghiaccio quasi verticale non proteggibile per il primo.
Facciamo una pausa pranzo, qualche foto, e poi prendiamo la via del ritorno.
Il kima si gode la sua prima volta sopra 4.000 metri
La neve tiene nonostante il caldo e anche al ritorno passiamo per il ghiacciaio del Laveciau, in discesa è più scorrevole, ma rimangono sempre 4 o 5 punti dove preferiresti non passare, qui capisci veramente cosa vuol dire crepaccio e la profondità che possono raggiungere.
Passato il ghiacciaio, raggiungiamo rapidamente il rifugio, con un minimo di attenzione solo nel tratto dove c’era qualche passo di arrampicata.
Al rifugio altra pausa da merenderos, hanno solo birra Moretti, va bene così, qui è pieno di gente quasi tutti stranieri.
Dopo il rifugio si scende rapidamente sfruttando le scorciatoie e si raggiunge il parcheggio di Pont.
Che dire dalle relazioni pensavo a una salita meno difficoltosa, il ghiacciaio di Laveciau è veramente una brutta bestia, peccato per la terminale, ma non si può sempre arrivare in vetta, ogni tanto bisogna avere il coraggio di rinunciare.
La buona notizia è che ho la scusa per tornare, ma sicuramente prima e con condizioni migliori.