Eccolo qua, l'assassino torna sempre sul luogo del delitto.
Dopo gli sfortunati tentativi del 2016 si torna al Grampa, chissà se quest'anno la fortuna arriderà ai nostri eroi.
Il primo grosso miglioramento è nella compagnia sono passato da quei finocchioni del
@Gaijin e
@kima a due fanciulle:
@eleutheria e Doriana.
Partiamo domenica pomeriggio tardi all'arrivo il meteo ci arride, pure troppo, fa un caldo soffocante, ecco la Becca di Monciair che ci guarda da lontano.
Percorriamo il famoso sentiero lastricato e passiamo vicino a delle belle cascate, ma il caldo non ci da tregua.
Camminiamo con passo regolare, nel tragitto Serena si ricorda di tutte le cose che ha dimenticato a casa o in macchina
:
nell'ordine i bastoncini, l'imbraco e la testa
, ma quella per fortuna è attaccata al collo e alla fine se l'è portata dietro.
Dopo circa due ore raggiungiamo il rifugio.
Che manco a dirlo è pieno di gente, per lo più stranieri, non c'è posto per noi nel dormitorio e ci mettono in un costruzione a parte con una famigliola straniera di semi-merenderos, che non hanno nessuna intenzione di andare a dormire presto, e ovviamente ci hanno lasciato i letti all'ultimo piano
. L'unico vantaggio è il bagno a parte praticamente sempre libero.
Per la cena causa affollamento bisogna fare i turni. Ceno con tre alpinisti di Roma, che il giorno prima erano saliti al Monviso.
Dopo cena, ci fermiamo a regolare i ramponi e a medicare i piedi di Doriana vittima di bolle sui talloni, ho visto scene
che ER al confronto sembrava il piccolo chirurgo.
Andiamo a dormire presto, la sveglia è alla 4:10, il sonno è alterno
, ma in qualche modo ci riposiamo.
Al mattino ci svegliamo al buio, ma c'è già fermento, mentre andiamo a fare colazione c'è la fila di frontali che sale nel buio. La colazione è classica da rifugio, così così.
Finito di prepararci partiamo anche noi, ormai ha iniziato a fare chiaro, le frontali non servono più; Serena non ha dimenticato più nulla, si può partire, sono le 5:15.
Ancora intontiti raggiungiamo la morena, seguiamo il percorso vecchio, dopo breve tempo raggiungiamo i primi nevai.
Non mettiamo ancora i ramponi, si procede senza problemi, troviamo un piccolo salto di roccia (I+) tutta bagnata, che superiamo agevolmente.
Girandoci indietro vediamo un mare di nuvole verso valle.
Continuiamo per nevai, quando la pendenza aumenta è ora di metterci i ramponi e legarci in cordata.
Non c'è crosta portante, ma una specie di granita, comunque il fondo tiene e non si sprofonda. Subito nel primo tratto troviamo un po' di ghiaccio vivo.
Siamo all'ombra, fa freschino, ma neanche troppo, si sale abbastanza decisi, si alternano nevai a tratti di misto.
Saliamo con discreto passo, superando le cordate più lente e arriviamo in prossimità della schiena d'asino. Sullo sfondo appare la nostra meta.
Ci fermiamo un attimo per permetterci di acclimatarci all'altitudine e mangiare una barretta. Siamo a 3.800 circa, non manca molto.
Davanti a noi c'è l'ultimo strappo prima del falsopiano finale.
Non ci sono crepacci aperti, ma l'altitudine si fa sentire, raggiungiamo una cordata più lenta ma non la superiamo, ci accodiamo per non bruciare le ultime energie rimaste.
Memore dell'anno scorso mi chiedo come sarà la terminale, è aperta ma fortunatamente c'è un solido ponte di neve che l'attraversa.
Dopo pochi passi siamo alle roccette finali, purtroppo affollatissime
Siamo arrivati qua in 4,5 ore dal rifugio.
Qui ci blocchiamo peggio che in tangenziale rimaniamo in coda per 1 ora
In particolare, poco prima della famigerata cengetta, ci sono 2 russi un po' titubanti, che ci fanno perdere un sacco di tempo.
Per arrivare alla cengetta c'è da superare un masso obliquo, facile ma l'esposizione non è banale, poi la cengetta sono due metri ad elevatissima esposizione con due spit con cordoncino a fornire un minimo di protezione, il primo passo sarà largo 20 cm con qualche centinaio di metri di vuoto sotto, se dovete aiutare qualcuno portatevi due rinvii, in realtà se non guardate sotto non è terribile
. L'unica difficoltà è data dai ramponi ai piedi.
Serena si vorrebbe fermare ma purtroppo per lei è intruppata nella coda e spintaneamente passa oltre, dopo aver perso qualche anno di vita
. Doriana invece è già un'alpinista provetta, non solo passa senza battere ciglio, ma aiuta pure Serena. Passata la cengia, l'ultimo saltino di roccia (I+ o II-) e siamo finalmente in vetta.
@Spinoza ecco la madonnina
passiamo 5 minuti a goderci la vetta prima di lasciare posto ad altri.
Il Monviso si vede anche da qua
Per scendere abbiamo due strade: o per la via di salita, o calarci dall'intaglio dietro la madonnina; vorremmo calarci ma Serena non l'ha mai fatto ed è un po' titubante, non se la sente molto. Ma proprio in quel momento arriva una guida francese che le mostra come fare e si convince.
In loco c'è una sosta fatta da due maillon, con un cordoncino e una corda a nodi per scendere, per evitare problemi calo Doriana e Serena con il mezzo barcaiolo, mi ricordassi come si fa
. Finalmente al quarto tentativo mi riesce e calo Serena, e subito dopo Doriana, eccole ai piedi dell'intaglio.
Io sono indeciso se scendere con la corda o fare una doppia, ma nel mentre arriva un ragazzo che mi chiede se si può calare con la mia corda, allora approntiamo una doppia, io ho la piastrina Gi-gi, ma non la longe, poco male uso un rinvio, mi calo su un pezzo strapiombante e finisco nel vuoto, ma dolcemente scendo al suolo; poi a mezza costa torniamo al punto di partenza.
E iniziamo il lungo, eterno ritorno
.
Serena non si fida del ponte di neve sulla terminale e ne vuole testare la consistenza.
Purtroppo il ponte resiste
e continuiamo, iniziare a fare caldo, la neve molla un po'.
Sulla schiena d'asino scorrono torrentelli d'acqua sotto la neve.
Ci fermiamo dove si incontrano i ghiacciai del Gran Paradiso e del Laveciau, su alcune rocce con vista Ciarforon, dove mangio il mio lauto pasto
Vabbeh il cibo è così così, ma l'ambiente è meraviglioso.
Finita la pausa pranzo riprendiamo, la neve ha mollato del tutto è diventata scivolosissima, i ramponi non fanno presa e infatti qualcuno
scivola.
La discesa è eterna e con la neve così molle si fa il triplo della fatica
.
Arrivati alla morena non ne possiamo più di neve, ci spostiamo quindi sulla spalla a destra dove, dopo aver messo la divisa da merenderos
, finalmente tocchiamo roccia.
Il percorso è sconosciuto, ma ci sono ometti a guidarci, non ci sono difficoltà di sorta ed in breve raggiungiamo il fondo della morena, dove guadato il torrente arriviamo in vista del rifugio.
Qui i piedi di Doriana alzano bandiera bianca
, lei imperturbabile si toglie gli scarponi e si fa la strada fino al rifugio a piedi nudi
.
Arrivati al rifugio andiamo al laghetto a mettere i piedi a mollo, per ristorarci meglio prendiamo anche una buona birra.
Notare la picca di Serena che si è fatta il Grampa con le etichette ancora attaccate.
L'acqua è fredda, ma molto ristoratrice, ecco i piedi doloranti delle due fanciulle.
Stiamo un'oretta a fare i merenderos, e poi ripartiamo.
Prima però ci facciamo una foto di gruppo.
La discesa dell'ultimo tratto, nonostante prendiamo tutte le scorciatoie, è sempre interminabile, ma alla fine tristi che la gita sia finita torniamo alla macchina.
Che dire, a parte la soddisfazione di aver chiuso il conto, una gita veramente fantastica in un ambiente meraviglioso e in ottima compagnia, che non si è lasciata abbattere dalle difficoltà.
Alla prossima conquista.