Ciao Davide, il post non è recentissimo e spero che tu e la tua famiglia abbiate avuto modo di approfondire il vostro rapporto con la montagna. Ti scrivo perchè mi sono in parte rivisto nelle tue parole: romano, ho 49 anni ed ho due figli di 13 e 9 anni, ma quando abbiamo iniziato i bambini avevano 6 e 2 anni.
La nostra prima "escursione" (fa un po' sorridere oggi), fu un giretto di 2 km a dire tanto, sulla piana di Campaegli. In pratica un prato.
Il nostro primo "grande" obiettivo? proprio il monte Camicia!
Ci siamo stati 3 volte da allora, ma solo io e il più grande (aveva 10 anni la prima volta).
Per rispondere alla tua domanda "Il fattore rischio in montagna: quanto si può ridurre?", la mia risposta è zero, per quanto riguarda i rischi mortali. Il rischio è oggettivo ed indipendente da te. Se percorri una cengia esposta e friabile, affacciata su un precipizio di 100 metri, se cadi sei morto.
Se, salendo al Camicia, decidi di sporgerti dalle balconate per fare la (millesima) foto dell'anno e cadi, sei morto.
Se percorri la cresta del Monte Elefante e metti male un piede... chiaro no?
Ma il punto è, sempre secondo me, capire che non c'è bisogno di percorrere la cresta del Monte Elefante, nè di sporgersi dalle balconate del Camicia, nè di percorrere proprio quella cresta friabile.
Nel mio essere un escursionista passatello e cittadino, con figli, credo di avere la grandissima fortuna di avere un'infinità di traguardi semplici e sicuri da raggiungere, boschi da esplorare, cime (relativamente) sicure.
Se non puoi ridurre il rischio, puoi però comprenderlo, e questo è un passo importantissimo. Lo comprenderai con l'esperienza, scegliendo con cura i percorsi, studiando molto prima di farli. Capirai che tipo di terreno ti piace, quale ambiente. Capirai, con la tua famiglia, quanto sei disposto a rischiare e a faticare.
L'esperienza poi cambierà completamente la percezione dei luoghi e dei tracciati.
Rischi meno gravi si possono ridurre eccome, con l'allenamento, fisico e mentale.
La distrazione è molto pericolosa.
Io distinguo due livelli di rischio, frattura e morte.
La frattura è in agguato in tutti i percorsi, nessuno escluso. La metto in conto, per me e per i miei familiari. E' un rischio che accettiamo di condividere e che non puoi azzerare.
Mi chiedo spessissimo se faccio bene a portare i miei figli in certi ambienti e su certi sentieri. Mi rispondo (spero non per egoismo accecante) che gli sto consentendo di misurarsi con se stessi, di acquisire fiducia nelle loro possibilità, di sviluppare forza di volontà e determinazione.