Il fattore rischio in montagna: quanto si può ridurre?

sacrosanto!
ma un passo sicuro in montagna vuol dire anche sapere dove mettere i piedi, saggiare l'appoggio ed essere pronti a recuperare la perdita di equilibrio data da un appoggio che si muove.
il che ovviamente non vuol dire eliminare i rischi, ma la consapevolezza aiuta a fronteggiare tali situazioni.
 
Se iscriverti al CAI significa andare di più in montagna questo dipende soprattutto dalla famiglia ed in particolare dalla moglie.
Ma no guarda, significherebbe semplicemente trovare qualcuno più esperto di me e disposto a guidarmi in escursioni più difficili, cosa che altrimenti non riuscirei a fare da solo o con la mia cerchia di amici. Per dire, un'uscita che sarebbe semplice ma che non riuscirei ancora a fare insieme alla mia famiglia è il Monte Camicia, che da quello che leggo mi pare non presenti alcun tratto esposto ma che fisicamente ancora non è alla loro portata.
 
sacrosanto!
ma un passo sicuro in montagna vuol dire anche sapere dove mettere i piedi, saggiare l'appoggio ed essere pronti a recuperare la perdita di equilibrio data da un appoggio che si muove.
il che ovviamente non vuol dire eliminare i rischi, ma la consapevolezza aiuta a fronteggiare tali situazioni.

Il rischio zero in montagna non esiste (come in nessuna attività normale nella vita): quello che si può fare è andarci con la consapevolezza del rischio connesso, cercando di fare via via esperienza in modo da ridurlo sempre di più.
 
Secondo me il rischio zero non c'è, ma già evitare di fare grossi errori aiuta.
Per esempio, il Corno Piccolo... io l'ho fatto da giovane, solo, slegato, più volte.
Non è che sia vietato, però non puoi mettere il piede in fallo.
Però, da giovane spensierato, massima forza e concentrazione (non si hanno grosse preoccupazioni) è una cosa, da adulto e più, magari poco in forma è un'altra... ecco che l'errore madornale si avvicina.
Poi, ci sono itinerari che vanno visti di persona, con grande libertà (anche da amici o compagni) di tornare indietro se uno non se la sente.
Alcuni nelle note non prevedono punti esposti, poi li percorri e li trovi.
Altri, vengono classificati in maniera severa, e tutto sommato sono fattibili.
E' utile pensare, quando ci si imbatte in una parte esposta "ok, è esposto ora che sto salendo. In discesa, tra due ore, quando sarò più stanco, come sarà? Come mi troverò?"
E la durata del tratto esposto. 5 minuti? ok. 1 ora? E' un'altra situazione.
 
vedo spesso i video di questi... che spesso sono un po' fuori la mia "confort zone" da diversi punti di vista... ma vabbè, non sono ancora morti :D

 
vedo spesso i video di questi... che spesso sono un po' fuori la mia "confort zone" da diversi punti di vista... ma vabbè, non sono ancora morti :D
Sembra un bel gruppo affiatato, sicuramente avere una "rete sociale" può aiutare molto a superare alcuni scogli. Bello anche il trail del video, se non fosse per quella cengia al minuto 3'04"
 
Bello anche il trail del video, se non fosse per quella cengia al minuto 3'04"
Ora non ricordo TUTTO il video (l'ho visto quando era uscito), nè conosco bene il percorso... però gli avevo lasciato questo commento :biggrin:

Schermata 2022-07-15 alle 09.43.45.png


quei canali innevati a 35-40° non li avrei fatti con i ramponcini, non ho problemi a farli coi ramponi

sentieri stretti su pareti verticali e cengette li faccio abbastanza spesso, alla fine
 
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Ciao, se posso darti un mio parere io valuterei prima se si tratta di paura o timori reverenziali.
la paura ti contagia e la devi superare con tempo, piccoli passi, e meno lo fai e più si trasforma in fobia. il timore invece è soltanto una tua distorta valutazione della situazione che solitamente si risolve come uno schiocco di dita non appena provi e ti accorgi non essere come credevi.

Posso portarti un mio esempio. Io non avevo mai dormito fuori, nemmeno un trekking al buio e ho fatto sempre di tutto per evitarli. Lo valuterei quindi come un timore reverenziale. Lo scorso anno sono stato costretto a scendere per bosco in zona chamonix di notte con appena la torcia del telefono e mi son detto mai più. il timore era chiaramente una paura.
Mi son messo pian piano a lavorarci su, ritardando a poco a poco il rientro, poi dormendo in tenda vicino a strutture, fino ad oggi che bivacco anche senza tenda.

In un certo qual modo una paura di un sentiero esposto o una parete puoi controllarla perché dipende anche dalle tue capacità tecniche, quindi hai il vantaggio che cominciando con un CAI, in modo sicuro e graduale, acquisirai maggiori competenze per fronteggiare le situazioni.
L’importante è che cominci a far qualcosa altrimenti la mente va troppo avanti
 
Ciao Davide, il post non è recentissimo e spero che tu e la tua famiglia abbiate avuto modo di approfondire il vostro rapporto con la montagna. Ti scrivo perchè mi sono in parte rivisto nelle tue parole: romano, ho 49 anni ed ho due figli di 13 e 9 anni, ma quando abbiamo iniziato i bambini avevano 6 e 2 anni.
La nostra prima "escursione" (fa un po' sorridere oggi), fu un giretto di 2 km a dire tanto, sulla piana di Campaegli. In pratica un prato.
Il nostro primo "grande" obiettivo? proprio il monte Camicia!
Ci siamo stati 3 volte da allora, ma solo io e il più grande (aveva 10 anni la prima volta).

Per rispondere alla tua domanda "Il fattore rischio in montagna: quanto si può ridurre?", la mia risposta è zero, per quanto riguarda i rischi mortali. Il rischio è oggettivo ed indipendente da te. Se percorri una cengia esposta e friabile, affacciata su un precipizio di 100 metri, se cadi sei morto.
Se, salendo al Camicia, decidi di sporgerti dalle balconate per fare la (millesima) foto dell'anno e cadi, sei morto.
Se percorri la cresta del Monte Elefante e metti male un piede... chiaro no?

Ma il punto è, sempre secondo me, capire che non c'è bisogno di percorrere la cresta del Monte Elefante, nè di sporgersi dalle balconate del Camicia, nè di percorrere proprio quella cresta friabile.

Nel mio essere un escursionista passatello e cittadino, con figli, credo di avere la grandissima fortuna di avere un'infinità di traguardi semplici e sicuri da raggiungere, boschi da esplorare, cime (relativamente) sicure.

Se non puoi ridurre il rischio, puoi però comprenderlo, e questo è un passo importantissimo. Lo comprenderai con l'esperienza, scegliendo con cura i percorsi, studiando molto prima di farli. Capirai che tipo di terreno ti piace, quale ambiente. Capirai, con la tua famiglia, quanto sei disposto a rischiare e a faticare.
L'esperienza poi cambierà completamente la percezione dei luoghi e dei tracciati.
Rischi meno gravi si possono ridurre eccome, con l'allenamento, fisico e mentale.
La distrazione è molto pericolosa.

Io distinguo due livelli di rischio, frattura e morte.
La frattura è in agguato in tutti i percorsi, nessuno escluso. La metto in conto, per me e per i miei familiari. E' un rischio che accettiamo di condividere e che non puoi azzerare.
Mi chiedo spessissimo se faccio bene a portare i miei figli in certi ambienti e su certi sentieri. Mi rispondo (spero non per egoismo accecante) che gli sto consentendo di misurarsi con se stessi, di acquisire fiducia nelle loro possibilità, di sviluppare forza di volontà e determinazione.
 
Concordo pienamente con l' ultimo intervento; vorrei aggiungere che, al netto delle cose che si fanno con la famiglia, il vero rischio è essere attratti dalle emozioni "forti", innescando quel meccanismo che, alla eterna ricerca della emozione della "prima volta", ti fa salire continuamente nella scala delle difficoltà, cercando di fare cose sempre più impegnative (vuoi sul piano fisico, vuoi su quello tecnico, vuoi in termini di "esplorazione" di vie poco o per niente battute...) perché in buona sostanza è il rischio a fare l'emozione e l'unico modo per continuare ad emozionarsi è aumentare il grado di rischio.

Il che non vuol dire che la montagna "noiosamente familiare" sia priva di rischi (anzi la falsa sicurezza derivante dall' abituzine potrebbe far abbassare la guardia), ma, una volta tanto, restare nella propria "comfort zone" di ciò che si sa di saper fare bene e che si è già fatto mille volte potrebbe essere più saggio di quanto non lo sia in altri frangenti della vita.
 
Le attività in montagna presentano dei rischi. Non è una opinione ma piuttosto un dato di fatto. Sicuramente l'essere imprudenti non aiuta, ma a volte basta poco, e senza nemmeno andarsela a cercare troppo. Basta saltare un "omino" per fare un percorso diverso del sentiero che ci porta dieci metri più in alto o in basso su di un passaggio magari molto più esposto ed è un attimo, Così come è un attimo a mettere un piede in fallo e cadere su di un sasso battendo la testa.
Come giustamente ti è stato detto la preparazione, l'esperienza e l'allenamento riducono il rischio, ma comunque senza mai eliminarlo.
Con umiltà e senza spacconeria ti dico che se non sei disposto ad affrontare il rischio lascia perdere. Una giornata con tua moglie ed i tuoi figli ha sicuramente molto valore, anche se al mare.
 
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Parlare di "rischio" senza associarvi una valutazione non ha molto senso.

Anche stando in casa a guardare la Tv "rischio" (che esploda la caldaia del vicino, che il palazzo abbia un cedimento strutturale, che qualcuno per noia incendi le auto nel garage... tutte cose realmente successe!) come pure "rischio" andando in cima all' Everest.

E' chiaro però che nel primo caso la probabilità di perdere la vita è una su diversi milioni, nel secondo è di svariati punti percentuali.

Idem: rischiare cosa? La vita? O magari anche solo di dormire all' addiaccio per una notte?

Io credo che per un TURISTA (perché questo siamo, non lo dimentichiamo mai!) il rischio "accettabile" della vita sia zero assoluto, per rispetto di sé stessi e della convivenza sociale (vedi le numerose discussioni su incidenti in montagna e soccorsi).

Gli altri rischi è ovvio che tutti li accettiamo, d' altro canto, statistiche alla mano, andare in bicicletta causa più morti che andare in montagna (229 vittime (bici+monopattini) nel 2021).
 
Per poter sfogare la mia voglia di montagna sto valutando l'iscrizione al CAI (Sezione di Tivoli) di modo da avere l'opportunità di aggregarmi a qualcuno più esperto di me.
Se posso permettermi ti consiglierei il CAI Roma, prima di trasferirmi ero iscritto lì e sono molto preparati e hanno un programma escursioni molto più ampio e interessante di quello di Tivoli. Anche per i corsi di arrampicata mi ero affidato a loro e non me ne sono pentito. Valuta anche questa opportunità.
 
Che poi seguendo appunto la domanda specifica:

"Il fattore rischio in montagna: quanto si può ridurre?"


È chiaro che non può esistere una risposta assoluta, perché non c'é una regola valida
per chiunque. Teoricamente sì per fare delle liste, ma a livello di realtà pratica no.


Quindi partendo dal presupposto che senza rinunciare a praticare certe attività, basta semplicemente organizzare quelle attività nella loro forma più "sicura" in base alle proprie caratteristiche, soprattutto psicologiche. Mentre facendo un discorso oggettivo, quindi minimizzando le possibilità di imprevisti, pericoli, per esempio: tralasciando luoghi in cui una caduta non si arresta sicuramente nell'immediato. Evitando luoghi in cui ci sono pendii/pareti da cui potrebbero arrivare detriti. Evitando percorsi disconnessi, ecc... NB: sempre nell'ottica di quanto si possa ridurre senza rinunciare all'attività. Ma questo comporta sempre, in via teorica, l'estremizzare tutto e spesso é più per consapevolezza personale, per teorizzare, ecc... che per concretezza. È chiaro che non avrebbe senso voler portare all'estremo tutte le possibilità nelle attività concrete.

Tutto il resto é soggettivo, và in base alla propria personalità, ambizioni, ecc... ed anche del lato "biologico" é stato provato che ci sono persone che sembrano non percepire pericoli, rischi, paura, ecc e a cui il cervello funziona diversamente, se non sbaglio l'Ipotalamo, che lavora in maniera atipica.

D'altra parte i ragionamenti oggettivi sono quelli che si usano quando si lavora in certi contesti, si é istruiti per farlo, si é predisposti per farlo e quindi si cerca di capire, valutare, ecc... tutti i possibili imprevisti, eventi, ecc... Come dicevo sopra più per stilare liste teoriche, consapevolezze, ecc... Piuttosto che per applicare il tutto ai fatti, alle proprie attività.

Ma poi la realtà della vita é che ogni singolo individuo interviene, vive, ragiona, interpreta il tutto a modo suo. Comprese le abitudini. Ma soprattutto ognuno decide cosa accettare e cosa no, in che forma, fino a che limiti.

Non esiste qualcosa di assoluto nella realtà pratica. Ognuno deve giustamente farlo secondo le proprie visioni, filosofie, convinzioni. Nessuno sbaglia, nessuno ha ragione, ecc... Non bisogna compiacere stereotipi, modelli, ambizioni altrui, ecc... Ma bisogna essere a proprio agio e quindi seguire se stessi.

Infatti poi ognuno ha le proprie emozioni, ciò che emoziona uno potrebbe non emozionare un altro, anche se il primo crede di aver fatto qualcosa di assolutamente straordinario per chiunque. Come il secondo, che facendo qualcosa di minimale potrebbe provare super emozioni.

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D'altra parte non c'é cosa più pericolosa, in certe attività più che in altre, che fare cose solo per compiacere gli altri, esibirsi, farsi notare, far vedere di fare come fanno gli altri,... invece di rispettare se stessi, le proprie capacità, preferenze, ecc... ecc... Non é un caso infatti che spesso, tra le persone che vengono aiutate/recuperate, una gran percentuale dice sempre, prima o poi: "infatti non ero tanto sicuro/a di fare quella cosa. Non ero proprio a mio agio. L'ho fatto solo perché tutti volevano, ecc....". Tra quelli "vivi".
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Vien da sé quindi che qualsiasi discorso che si fà é soggettivo e riguarda la persona che lo espone, nessuna regola assoluta. A meno che non si é ottusi convinti che il proprio modo di vedere sia l'assoluto, oro colato. Altrimenti "nada". Cosa palesemente insensata, presuntuosa.

Quindi la cosa migliore é che "TU" ti metta a valutare cosa ti và, vi fà sentire a vostro agio. Và da sé che poi ci vuole maturità, responsabilità, ecc... ed in base a quello che si vuole o non si vuole evitare, rischiare.


Per il resto non esiste nulla di sicuro al 100%,... il compagno di mia mamma gli é morto nel letto in piena notte. Dopo una giornata normale di lavoro, dopo una super mega cena godutissima, dopo l'esser sempre stato super attivo a livello sportivo, ecc... anche ad ottimi livelli. Insomma,... si basa tutto sulle proprie volontà, visioni,... per il resto tutto può accadere a chiunque ed ovunque.
 
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