Dunque ieri sera sono stato all'iniziativa che avevo segnalato qualche post fa alla sede dell'ente parchi alpi cozie che si trova presso la sede del Gran bosco di Salbertrand, durante la serata si presentava il libro "Custodi Erranti: uomini e lupi a confronto", uno studio del biologo/fotografo/escursionista Matteo Luciani che per tre anni ha studiato i lupi fra Lazio e Abruzzo tra l'altro vivendo per un periodo assieme a tre pastori e condividendo con loro lavoro quotidiano nonché impressioni ed esperienze con il lupo, in una zona che da sempre convive con questo grande carnivoro. La serata era introdotta da un altro studioso di lupi sul campo, il guardiaparco dell'Orsiera Luca Giunti, l'iniziativa era patrocinata da LifeWolvesAlps.
Che dire, l'introduzione di Giunti è stata molto interessante, siamo passati dalla demografia lupina dal 1973 ad oggi
I numeroi ci raccontano che in italia erano presenti, nei 70, 100 esemplari circa con diffusione solo nel centro sud italia, Abruzzo e Calabria.
Ad oggi la presenza stimata è di circa 2000 esemplari stanziati sull'appennino da nord a sud e sulle alpi occidentali (cuneese e Valle di Susa in particolare).
Il Lupo è mancato dalle alpi per circa 100 anni, l'ultimo esemplare fu abbattuto a Mondovì nel 1921
Il ritorno del lupo sulle alpi, che geneticamente discende direttamente dal lupo abruzzese, è del 1995.
Le popolazioni lupine sono in crescita (rimando a questo link per tutti i dati del caso su diffusione e quant'altro:
http://www.lifewolfalps.eu/download/) ma è interessante notare come queste oscillino in base direttamente proporzionale alle presenze delle sue prede naturali.
La ripopolazione delle aree montane è stata resa possibile sia dall'abbandono delle alture da parte degli uomini che alla reintroduzione di cervi, cinghiali e caprioli -praticamente estinti sulle alpi e non solo per causa umana- a partire dal 1956 (nelle slides c'era un'interessante foto di una liberazione di caprioli proprio a salbertrand a fine anni 50). Un aneddoto a proposito di ciò: al museo di Susa recentemente ristrutturato è presente un documento che attesta come eccezionale e sorprendente l'avvistamento di un cinghiale in alta valle (oggi più che comune) nel 1919.
Si è fatto poi notare come il lupo sia importante per il calmieraggio degli ungulati e quindi per la salvaguardia della biodiversità montana ma anche per il mantenimento in salute delle popolazioni predate, poiché il lupo seleziona naturalmente gli esemplari più forti predando vecchi, malati ed inabili.
Come già detto spesso non ci sono attacchi da parte del lupo documentati da almeno 100 anni, ci sono 2 casi presunti in Spagna nei 50 e nei 70 ed è ancora in fase di accertamento il presunto attacco di Giaveno perché le modalità di reperimento dna sono dubbie e da approfondire, questo detto direttamente da chi sta seguendo a livello istituzionale la questione.
Ultimo dato interessante (vi risparmio quelli sulla diffusione del lupo in Piemonte) è come il numero dei danni alle greggi sia diminuito contestualmente con l'aumento delle popolazioni lupine, dato che ci fa capire come negli anni gli allevatori si siano sempre più abituati e tutelati nei confronti dei branchi di lupi.
Venendo a ciò che interessa questo post si è parlato anche dei possibili pericoli per l'uomo ma più o meno si è detto ciò che io e altri abbiamo già scritto qui riguardo l'atteggiamento del lupo verso l'uomo, specificando ovviamente che il rischio zero non esiste e che in particolari frangenti il lupo può attaccare l'uomo non per predare ma per difendersi qualora si sentisse minacciato e senza via di fuga, se percepisse minacciati i cuccioli e così via, insomma un atteggiamento quasi complanare a quello del cinghiale. Ovviamente non è escludibile nemmeno la possibilità di un esemplare con le p...scatole girate. Detto ciò le probabilità rimangono bassissime.
Riguardo ad un cambiamento di atteggiamento nei confronti dell'uomo anch'esso non è escludibile ma è più probabile che in caso di drastico ridimensionamento dei cacciabili anche le popolazioni lupine si ridurrebbero mantenendo basse, ma non nulle, le possibilità d'attacco.
Venendo all'intervento di Luciani che dire, molto interessante e denso, così come sono interessanti i dati raccolti da quest'ultimo riguardo le predazioni di greggi in Abruzzo e le vive esperienze direttamente raccolte dalle voci degli allevatori. Non mi dilungherò su questo intervento perché molto lungo e articolato, basti però sapere che nelle zone dove il lupo è sempre esistito l'esperienza dei pastori e del loro cani fa si che le perdite siano veramente minime, uno dei pastori intervistati asseriva che il lupo non era un problema e che in quasi 50 anni di pastorizia aveva perso per colpa sua solo 4 pecore, mentre il suo vicino di alpeggio non aveva mai subito perdite.
I problemi Nascono dove il lupo si è inserito in un tipo di pastorizia non abituata e strutturata per la sua presenza, come in Toscana e Piemonte ad esempio, dove le perdite sono più consistenti e dove la soluzione più semplice, abbattimenti, è preferita a quella del cambio di abitudini (recinti elettrificati, cani da pastore). Peccato che studi hanno dimostrato che l'abbattimento controllato dei lupi non ridurrebbe il problema ma lo acuirebbe perché lo sfaldamento dei branchi provocherebbe una diffusione incontrollata sul terreno di individui solitari stressati e più aggressivi.
Questo in soldoni un breve report della serata, consiglio a chi potesse di partecipare ad una presentazione del libro se ce ne fosse una nelle vicinanze di non perdersela, merita, sia per la questione centrale, il rapporto uomo-lupo, sia per le belle foto di Luciani.
Chiudo con questa immaginetta sempre "rubata" alla presentazione: