Secondo me, decisioni simili da parte di enti locali o parchi regionali sono pericolosissime, perché fanno passare il messaggio che la natura sia un lusso e un privilegio, da regolamentare e concedere, e non un diritto sacrosanto.
Inoltre, rotto l'argine, potremmo attenderci una cascata di simili provvedimenti liberticidi: divieti di bivacco anche in quota e per lunghi tragitti, obbligo di assicurazione personale o iscrizione al Cai, obbligo di equipaggiamento prestabilito, divieto di accesso in caso di maltempo o stagioni avverse, obbligo di 'denunciare' alle autorità la prossima escursione programmata per motivi di sicurezza (manco fosse un'arma) e permessi riservati ai soli residenti, così se vivi a Roma o Milano, oltre a pagare il doppio per ogni spesa, ti toccherà sborsare pure per un una sgambata nel parco naturale! E, per finire, ci attenderanno le telecamere sotto i segnavia e Carabinieri Forestali ai parcheggi per la selezione all'ingresso
E, tutto questo, quando ai margini di molte città ci sono campi nomadi dove spesso si tollera una illegalità diffusa e completa da decenni, perché intervenire sarebbe troppo complicato e politicamente incorretto!
Insomma, rischiamo una sorta di 'Grande Fratello' che, in accoppiata col più moderno 'Grande Borsello', renderebbe le aree naturali un appannaggio di pochi fortunati. Questo, quando dovrebbe essere esattamente l'opposto: ecologia, scienze naturali e pratica degli sport outdoor andrebbero piuttosto insegnati a scuola, per risollevare le teste di molti adolescenti da tablet e cellulari e aumentare il livello di consapevolezza e sensibilità verso le risorse naturali.
Già ho notato che, nelle regioni più densamente popolate o 'business oriented' del Nord, come in Trentino, Alto Adige, Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, ma anche in Toscana, i comuni fanno ormai a gara per farti pagare la sosta ovunque, persino se lasci la macchina nel nulla, lungo la provinciale fra le sterpaglie giusto per scendere al fiume o per imboccare un sentiero, tassando così la fruizione della natura pure in luoghi poco turistici. E questa tassa occulta da anni mi fa arrabbiare.
Piuttosto, come accennato, userei altri metodi per regolamentare e contingentare gli accessi alle aree naturali, scremando così buona parte degli sprovveduti, che purtroppo non mancano mai:
- Informare e mettere in 'allerta' circa i rischi e la necessitò di equipaggiamento adeguato e preparazione minima, con dépliant e cartellonistica
- far pagare i soccorsi, come già accade in Lombardia, a chi chiede un 'recupero' in montagna o luoghi impervi senza avere il minimo equipaggiamento adatto (senza scordarsi che slogarsi una caviglia e chiedere soccorso è un diritto sacrosanto, però).
- organizzare minicorsi nei centri del parco su pericoli, se reali e gravi
- magari, se i sentieri e le attività sono davvero molto pericolosi, vincolare all'accompagnamento di una guida ma solo per la prima volta: a quel punto si potrà essere registrati dal parco quali fruitori 'consapevoli'
- alla peggio, far firmare piuttosto liberatorie in caso di passaggi davvero a rischio (possibili frane, smottamenti, percorsi attrezzati vecchi e non manutenuti) o attività sportive diciamo estreme
- Infine, come investimento a lungo termine, educare alla montagna fin dalle elementari!
Aggiungo. Se simili ordinanze che limitano la libertà si diffondessero, propongo raccolte di firme e mobilitazione nonché 'sensibilizzazione' della stampa per tutelare il nostro diritto alla natura, alla salute e alla bellezza!