Volendo aggiungere in riscontro personale confermo che i problemi dietologici - mi riferisco anche alle normali intolleranze - hanno una forte componente soggettiva di cui è difficile venire a capo se non sperimentando.
Eh, proprio così... i problemi che ho avuto e che accuso ancora me li sono risolti o almeno, ho trovato la maniera di risolverli da solo, ricercando, leggendo, studiando. Se stavo ad ascoltare i medici che ho incontrato, a quest'ora, non voglio immaginare...
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Esempio: non so se sono intollerante al lattosio, nessun medico è stato in rado di diagnosticarlo, so però che eliminando prodotti contenenti latte (se non quello appunto "senza lattosio" o formaggio molto grassi o stagionati ecc) spariscono reflussi e disagi vari al mio apparato digestivo.
La questione latticini è spesso ingannevole perché ci si sofferma sull'intolleranza al lattosio e non sulle componenti proteiche e grasse del latticino, soprattutto la caseina che stanno scoprendo essere un omologo del glutine in termini di potere infiammatorio sia nei soggetti celiaci che non, oltre che condividere gli stessi effetti psicoattivi. C'è differenza fra la caseina a1, a2 e a1a2 a seconda del tipo genetico della mucca, cosi come fra i latticini di pecora e di capra...
Un paio di note su verdure e carboidrati. La prima: alcuni prodotti come i legumi richiedono un adattamento della flora intestinale, negli individui senza problemi patologici gli "effetti collaterali" dei legumi dopo un po' spariscono (chiedere a qualsiasi vegetariano).
Certo, ma la questione è più articolata perché la flora intestinale è un ecosistema di enorme complessità che non dipende soltanto dalla storia dietetica dell'individuo, dalle malattie contratte e dall'ambiente in cui si è sviluppato ma anche dalle caratteristiche somatotipiche individuali e dalla storia pregressa dei genitori. Talvolta la flora non può adattarsi per caratteristiche intrinseche del fisico della persona. Esempio: il pH. Diversi gruppi e specie batteriche richiedono uno specifico range di pH per crescere. Larga parte del pH dipende da quanto l'organismo è in grado di secernere gli acidi predisposti alla digestione, determinando un'ambiente basale più o meno acido, che favorisce certi ceppi rispetto ad altri. C'è uno studio interessantissimo riguardo la diversità della flora intestinale, il concetto "occidentale" di flora sana con una dieta standard a base di carboidrati (cereali e legumi) e gli impatti sulla salute.. lascio il link: http://humanfoodproject.com/about-the-human-food-project/
La seconda: la assunzione dei carboidrati diviene problematica a causa del cosiddetto picco glicemico, che risulta ridotto in presenza di cibi complessi (con presenza di fibre, grassi e proteina piuttosto che di solo carboidrati) più lenti da digerire, mentre una ricarica glicemica (con prodotti zuccherini di digestione immediata come uvetta ecc) si può fare abbastanza impunemente subito prima o durante un impegno fisico "straordinario", come appunto fanno alcuni escursionisti (ma anche ciclisti) che ad un certo punto si "ricaricano" se sentono che l'organismo ne ha bisogno.
Sì ma il picco glicemico è la punta dell'iceberg. Il carboidrato è problematico sotto diversi aspetti. Anche cibi privi di o con pochi zuccheri possono avere gli effetti di un picco glicemico in base al proprio potere insulinogenico (la capacità di stimolare l'insulina), come ad esempio la carne rossa in grandi quantità oppure ancor di più i formaggi. C'è l'impatto digestivo a livello di stomaco e intestino: l'ambiente è abbastanza acido per far avvenire la digestione? Gli enzimi sono funzionanti e attivi? Ci sono i ceppi batterici predisosti a digerire la diversità di fibre e zuccheri presenti nell'alimento? La densità nutritiva dell'alimento è tale da permetterne un corretto e sostenibile assorbimento (ciò vale soprattutto per i cibi elaborati, ovvero non presenti in natura, dal pane integrale di lievito madre al succo di frutta alla barretta di cioccolato)? C'è l'impatto a livello ormonale (non soltanto gli ormoni inerenti l'assunzione di cibo, grelina, oressina, leptina) perché i carboidrati sono piante e quindi piene zeppe di ormoni vegetali con possibili effetti negativi o positivi su organismi non-self (estranei), così come di molecole e composti potenzialmente tossici per gli animali, dato che ogni pianta è dotata di meccanismi di difesa dalla predazione, quindi dagli animali e microrganismi, compresi batteri tipici della flora umana (lascio altro link di un sito interessantissimo, qui parla di broccoli e dintorni: https://www.diagnosisdiet.com/is-broccoli-good-for-you/ ). C'è l'impatto a livello nervoso, ovvero sull'azione dei sistemi simpatico e parasimpatico e sull'equilibrio dei livelli dei neurotrasmettitori, che può essere alterato dalla dieta con conseguenze anche importanti sul funzionamento del cervello e su ciò che ne consegue, a livello mentale come fisico (neuromuscolare). E poi, e ancora...
È un casino