- Parchi del Lazio
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- Parco Nazionale d'Abruzzo Lazio e Molise
Dati
Data: 10/03/2012
Regione e provincia: Lazio (FR)
Località di partenza: Prato di Mezzo
Tempo di percorrenza: 6h
Chilometri: 8
Grado di difficoltà: EEA-rp
Descrizione delle difficoltà: bufera
Dislivello: 800m
Quota massima raggiunta: 2130m
Accesso stradale: A1 - Sora - Atina - Picinisco
Nota: la salita alla Meta è consentita, la cresta tra la Meta e il M.te Tartaro è invece zona a riserva integrale del PNALM, quindi è (purtroppo) interdetto il passaggio.
Descrizione
Alpinismo eroico di altri tempi per il consueto quartetto (io, Maxi, Dany e Bru). Arrivati a Prato di Mezzo, già qualcosa sembrava suonare male vedendo attraverso i finestrini vari oggetti - più o meno identificati - volare per il parcheggio. La conferma è arrivata quando abbiamo provato ad aprire gli sportelli, riuscendo nell’impresa solo usando molta più forza del solito: tirava una tramontana micidiale, continua e velocissima, che ad alta quota raggiungeva verosimilmente i 100 kmh. Dopo un breve consulto abbiamo deciso comunque di provare a salire, osservando metro per metro l’evolversi della situazione, pronti a tornare indietro in ogni momento.
Coperti come mummie con gli occhiali da sole, attraversiamo il pianoro della semiabbandonata località sciistica, in mezzo alla continua burrasca. Avanziamo lentamente, a testa bassa, con una fatica pari ad una salita ripida e a stento riusciamo a non farci abbattere a terra. Lo scopo è quello di percorrere il vallone della Meta che si spiega in direzione nord, fino a passo dei Monaci.
Percorriamo questo vallone sul fondo per avanzare leggermente riparati dal vento, che vediamo invece infuriare senza tregua sulle creste rendendosi visibile sotto forma di tesi turbini di cristalli di neve, come se rosicasse che ci siamo infilati là sotto.
Anche il vallone, comunque, fa del suo meglio per ostacolare il nostro cammino. Ad intervalli regolari si innalzano al suo interno muri di neve perfettamente verticali, alti fino a tre metri, che superiamo dopo attento impiego delle punte frontali dei ramponi, nonché della piccozza menata con goduria sul ciglio del muro stesso.
Oltre i 1800m il vallone si apre, rivelando un panorama caotico di arcigni collinoni di neve. Appena in tempo perché, non contento della nostra strenua avanzata, il vallone ci stava preparando il colpo di grazia con un muro alto una decina di metri, impossibile da affrontare in sicurezza senza corde, chiodi da ghiaccio e compagnia bella.
Usciamo quindi su una crestina e rieccolo qua, il vero flagello odierno, il vento. Tra vortici di neve finalmente scorgiamo in lontananza la Meta, tutta rocciosa perché il vento lassù ha spazzato via pure il ghiaccio, ma prima di lei c’è passo dei Monaci, imbuto per tramontane. Non possiamo di certo decidere lì in mezzo cosa fare, quindi il dado è da trarre ora, tentare o tornare?
Breve scambio di opinioni urlate anche se siamo fianco a fianco, la decisione di non mollare e via di corsa ad attraversare il più velocemente possibile passo dei Monaci, con il vento ormai fortissimo che a tratti sembra di riuscire a sollevare una persona con tutto il suo carico di ferraglia.
La salita normale della Meta si effettua su un fianco del passo, proponibile in queste condizioni solo da un suicida. Pensiamo bene di aggirare la Meta ai suoi piedi per un centinaio di metri e di salire un minimo riparati. Cominciamo con un traverso su pendio molto ripido. Raggiunta una zona rocciosa senza neve saliamo invece dritto per dritto. L’anticima è lì ad un passo, sembra quasi fatta ma la burrasca è ormai diventata insopportabile.
Ormai saliamo carponi, movendo un arto per volta e il solo metterci in piedi significherebbe farci strappare via dal pendio. Siamo a pochi metri l’uno dall’altro ma, tra il rombo del vento e vestiti e cinghie varie che sbattono, non riusciamo neanche a comunicare.
Con l’ultima disperata riunione a ridosso di un masso che dava solo l’impressione di ripararci, prendiamo la saggia decisione: via da qua (e di corsa, anche). Mancava davvero poco, 110m di dislivello, ma in quelle condizioni qualsiasi imprevisto, anche un laccio della scarpa che si rompe, potrebbe significare la fine. Scendiamo in fretta tra i pugni del vento che ormai si prende gioco di noi. Altro rapidissimo attraversamento di passo Monaci e via di corsa in fondo ad una gola dove, per grazia ricevuta, il vento scema un po’ e ci permette di aprire le buste con i panini.
Per la prima volta quest’anno ci siamo trovati davanti ad un vero ambiente invernale. Personalmente sono tornato a casa soddisfattissimo. La mancata conquista della cima non mi turba neanche un po’ perché stavolta abbiamo provato a fondo la nostra volontà, la nostra resistenza, la nostra passione per la montagna (al punto di sfidarla anche in queste condizioni) e soprattutto la nostra saggezza nel tornare indietro a pochi passi dalla cima, il tutto prendendo decisioni in condizioni estreme.
Come dire… due volte grandi: nel provarci e nel desistere!
Grazie ragazzi!
Data: 10/03/2012
Regione e provincia: Lazio (FR)
Località di partenza: Prato di Mezzo
Tempo di percorrenza: 6h
Chilometri: 8
Grado di difficoltà: EEA-rp
Descrizione delle difficoltà: bufera
Dislivello: 800m
Quota massima raggiunta: 2130m
Accesso stradale: A1 - Sora - Atina - Picinisco
Nota: la salita alla Meta è consentita, la cresta tra la Meta e il M.te Tartaro è invece zona a riserva integrale del PNALM, quindi è (purtroppo) interdetto il passaggio.
Descrizione
Alpinismo eroico di altri tempi per il consueto quartetto (io, Maxi, Dany e Bru). Arrivati a Prato di Mezzo, già qualcosa sembrava suonare male vedendo attraverso i finestrini vari oggetti - più o meno identificati - volare per il parcheggio. La conferma è arrivata quando abbiamo provato ad aprire gli sportelli, riuscendo nell’impresa solo usando molta più forza del solito: tirava una tramontana micidiale, continua e velocissima, che ad alta quota raggiungeva verosimilmente i 100 kmh. Dopo un breve consulto abbiamo deciso comunque di provare a salire, osservando metro per metro l’evolversi della situazione, pronti a tornare indietro in ogni momento.
Coperti come mummie con gli occhiali da sole, attraversiamo il pianoro della semiabbandonata località sciistica, in mezzo alla continua burrasca. Avanziamo lentamente, a testa bassa, con una fatica pari ad una salita ripida e a stento riusciamo a non farci abbattere a terra. Lo scopo è quello di percorrere il vallone della Meta che si spiega in direzione nord, fino a passo dei Monaci.
Percorriamo questo vallone sul fondo per avanzare leggermente riparati dal vento, che vediamo invece infuriare senza tregua sulle creste rendendosi visibile sotto forma di tesi turbini di cristalli di neve, come se rosicasse che ci siamo infilati là sotto.
Anche il vallone, comunque, fa del suo meglio per ostacolare il nostro cammino. Ad intervalli regolari si innalzano al suo interno muri di neve perfettamente verticali, alti fino a tre metri, che superiamo dopo attento impiego delle punte frontali dei ramponi, nonché della piccozza menata con goduria sul ciglio del muro stesso.
Oltre i 1800m il vallone si apre, rivelando un panorama caotico di arcigni collinoni di neve. Appena in tempo perché, non contento della nostra strenua avanzata, il vallone ci stava preparando il colpo di grazia con un muro alto una decina di metri, impossibile da affrontare in sicurezza senza corde, chiodi da ghiaccio e compagnia bella.
Usciamo quindi su una crestina e rieccolo qua, il vero flagello odierno, il vento. Tra vortici di neve finalmente scorgiamo in lontananza la Meta, tutta rocciosa perché il vento lassù ha spazzato via pure il ghiaccio, ma prima di lei c’è passo dei Monaci, imbuto per tramontane. Non possiamo di certo decidere lì in mezzo cosa fare, quindi il dado è da trarre ora, tentare o tornare?
Breve scambio di opinioni urlate anche se siamo fianco a fianco, la decisione di non mollare e via di corsa ad attraversare il più velocemente possibile passo dei Monaci, con il vento ormai fortissimo che a tratti sembra di riuscire a sollevare una persona con tutto il suo carico di ferraglia.
La salita normale della Meta si effettua su un fianco del passo, proponibile in queste condizioni solo da un suicida. Pensiamo bene di aggirare la Meta ai suoi piedi per un centinaio di metri e di salire un minimo riparati. Cominciamo con un traverso su pendio molto ripido. Raggiunta una zona rocciosa senza neve saliamo invece dritto per dritto. L’anticima è lì ad un passo, sembra quasi fatta ma la burrasca è ormai diventata insopportabile.
Ormai saliamo carponi, movendo un arto per volta e il solo metterci in piedi significherebbe farci strappare via dal pendio. Siamo a pochi metri l’uno dall’altro ma, tra il rombo del vento e vestiti e cinghie varie che sbattono, non riusciamo neanche a comunicare.
Con l’ultima disperata riunione a ridosso di un masso che dava solo l’impressione di ripararci, prendiamo la saggia decisione: via da qua (e di corsa, anche). Mancava davvero poco, 110m di dislivello, ma in quelle condizioni qualsiasi imprevisto, anche un laccio della scarpa che si rompe, potrebbe significare la fine. Scendiamo in fretta tra i pugni del vento che ormai si prende gioco di noi. Altro rapidissimo attraversamento di passo Monaci e via di corsa in fondo ad una gola dove, per grazia ricevuta, il vento scema un po’ e ci permette di aprire le buste con i panini.
Per la prima volta quest’anno ci siamo trovati davanti ad un vero ambiente invernale. Personalmente sono tornato a casa soddisfattissimo. La mancata conquista della cima non mi turba neanche un po’ perché stavolta abbiamo provato a fondo la nostra volontà, la nostra resistenza, la nostra passione per la montagna (al punto di sfidarla anche in queste condizioni) e soprattutto la nostra saggezza nel tornare indietro a pochi passi dalla cima, il tutto prendendo decisioni in condizioni estreme.
Come dire… due volte grandi: nel provarci e nel desistere!
Grazie ragazzi!
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