Post originale: https://scamparsinelbosco.wordpress.com/2018/09/30/la-tana-delle-fate-e-la-tenda-senza-tenda/
Disclaimer: L’escursione che racconto NON è il percorso classico per arrivare alla Tana delle Fate. Il sentiero ordinario parte da Mioglia, loc. Pianelli, ed in circa 2,5 km si arriva alla Tana, stesso sentiero per tornare indietro, classificabile come T/E.
La presente escursione invece si sviluppa all’80% fuori sentiero, nei boschi, con partenza ed arrivo a Loc. Lago dei Gulli, Sassello.
Ho inserito anche la tag “bambini” solo perchè nell’escursione illustro alcune attività ludiche divertenti per i bambini, che possono essere riproposte in itinerari differenti e più semplici (orientamento senza bussola, studio delle carte, individuazione di ostacoli naturali, analisi del miglior percorso, ecc.).
Se avete intenzione di ripercorrere lo stesso itinerario con dei bambini abbiate sicurezza che i bambini che porterete con voi abbiano sufficienti abilità di cammino ed equilibrio, e siano abituati a percorrere svariati km fuori sentiero, e sospendete e tornate subito indietro se vi rendete conto che non è cosa per loro.
Previsioni del tempo: Sole che spacca, sabato e domenica, cosa di meglio che andare a dormire in tenda?
Stavolta, la meta che abbiamo prefissato è la Tana delle Fate, una grotta naturale nel territorio di Mioglia, al confine con il comune di Sassello. E visto che ci volevamo divertire abbiamo fatto il gioco “dell’esploratore”.
Ho posteggiato direttamente al parcheggio dietro al Lago dei Gulli (quindi non quello che ho indicato l’altra volta), e di buon mattino c’erano ancora 7° e faceva freschetto. Lasciamo in macchina tutta l’attrezzatura pesante per dormire, tenda e sacchi a pelo, e pentolame vario, e partiamo leggeri perchè il percorso sarà un po’ difficile.
Per il “gioco dell’esploratore” avremo bisogno solo di tre elementi essenziali:
Una matita, un righello, e la carta della zona.
Utilizzo in preferenza i CTR 1:5000 della Regione Liguria, sono scaricabili direttamente dal sito della Regione e si possono stampare le singole aree di interesse.
Nel CTR in questione non è segnata la Tana delle Fate, ma è ricavabile da una sovrapposizione con openstreetmap dove invece è segnalata.
Riportiamo l’ubicazione della grotta sul CTR e decidiamo il percorso migliore per raggiungere la stessa dalla posizione dove siamo ora.
Studiando le curve di livello, e raffrontandole con il territorio e gli ostacoli che vediamo intorno a noi, stabiliamo di procedere in direzione della vetta di Monte Bono, per poi tagliare da lì verso la grotta, e successivamente trovare un percorso per tornare al “campo base”.
In nostro aiuto, come orientamento e direzione, notiamo che un cavo elettrico è steso nella stessa identica direzione e potrà essere preso come punto di controllo, sia per seguire la direttrice per la vetta, sia per capire quanto distiamo dall’azimut nel caso il folto del bosco intorno non ci permetta ulteriori riferimenti.
Fissiamo il primo punto al parcheggio, e fissiamo contemporaneamente l’ora di partenza. E’ importante segnare sempre anche l’ora oltre al punto, in modo tale da poter avere una traccia del tempo percorso.
Da subito il “muro” che ci troviamo davanti ci consiglia di procedere per il bosco invece di affrontare il tratto “disboscato” classico che si trova sotto ai cavi elettrici. Torneremo verso il cavo di tanto in tanto lungo il tragitto quando il terreno lo consentirà.
Iniziamo quindi l’ascesa verso il Monte Bono in un fitto bosco e terreno impervio, segnando di tanto in tanto il punto e triangolando con i monti circostanti.
Per l’orientamento della carta, non utilizzando la bussola, sfruttiamo direttamente il sole che quel giorno è splendido in un cielo senza nubi.
Orientamento della carta e punti cardinali
Per l’orientamento della carta si possono utilizzare tre metodi con il sole e tutti e tre estremamente precisi.
Il primo consiste nel piantare un bastoncino, verticalmente, segnare la cuspide dell’ombra proiettata, aspettare 15 minuti e segnare la nuova cuspide. L’unione delle due cuspidi darà la direzione Ovest-Est e da lì ricavate gli altri segni cardinali.
Il raffronto con una bussola vi mostrerà che la direzione rilevata con questo metodo è sufficientemente accurata.
Metodo del bastoncino bis: serve sempre aspettare 15 minuti, ma potete piantare il bastoncino inclinato nella direzione del sole, in modo che non proietti affatto ombra. Dopo 15 minuti lo stesso proietterà un’ombra, la direzione tra la base del bastoncino e la cuspide dell’ombra segna nuovamente la direttrice Ovest-Est.
Il secondo metodo è aspettare il mezzogiorno solare (locale), da noi era alle 13.17 (ora legale+differenza rispetto al meridiano italiano).
L’ombra verrà proiettata direttamente verso Nord, lungo la direttrice Sud-Nord.
Nuovamente, potete controllare con una bussola l’efficacia del metodo.
Il terzo metodo, che non abbiamo utilizzato, è disporre di una bussola solare, ovvero un cartoncino che permetta di orientare la carta grazie alle curve, raggi e direttrici segnati sullo stesso, conosciuta l’ora. Nel caso in cui non si disponga di una bussola solare il metodo è utilizzabile lo stesso con discreta precisione, suddividendo un foglio di carta nelle 12 ore, ma tale metodo “casereccio” è utilizzabile solo nei mesi invernali, indicativamente da ottobre a febbraio.
Durante il corso dell’anno, infatti, vengono introdotti errori di svariate decine di gradi sulla “divisione perfetta in 12” ed il metodo non è più utilizzabile se non disponete delle “curve” del sole ai vari orari.
Triangolazione
Una volta che la carta è orientata, è sufficiente un piccolo righello per traguardare punti noti del territorio e tracciare direttamente gli azimut sulla carta. Una base di appoggio (es uno di quei block notes con retro rigido e clip) facilita l’operazione. Anche in questo caso, non avendo necessità di precisione da topografi, il metodo è sufficientemente preciso, occorre solo assicurarsi di non ruotare la carta mentre la si tiene in mano e si traguardano i punti notevoli sul territorio.
Un trucco, per assicurarsi di questo, è guardare un oggetto vicino (un tronco di un albero, una roccia, ecc) ed assicurarsi che la carta non cambi orientamento rispetto ad esso mentre la teniamo in mano e traguardiamo i punti che ci interessano.
Da subito ci buttiamo nel bosco cercando di sfruttare la pendenza più dolce senza affrontare l’ascesa diretta, con un occhio al sole, uno al cavo quando riusciamo a vederlo, ma soprattutto all’orografia e quindi alla pendenza delle colline che stiamo superando.
Una cosa importante è osservare le ombre mentre camminiamo, a partire dalla nostra stessa ombra. Se abbiamo orientato la carta, e quindi conosciamo come sono orientati i punti cardinali quando siamo partiti, allora ci basterà guardare, anche ogni pochi passi volendo, la nostra ombra e capire se stiamo mantenendo la direzione corretta, oppure in quale direzione stiamo deviando e così via.
Considerate che il sole percorre nel cielo 15° ogni ora, quindi la nostra ombra ci verrà utile per lungo tempo prima di essere costretti a stabilire nuovamente la direzione dei punti cardinali.
Arrivati sulla vetta del Monte Bono si era già fatta l’ora di pranzo, e vista la fatica decidiamo per un buon pasto ristoratore e un po’ di pausa.
Dopodichè “traguardiamo alla rovescia” la Tana delle Fate. La grotta non è visibile dalla cima del monte, sappiamo solo la sua ubicazione grazie alla carta e sappiamo che è “lì sotto da qualche parte”.
Allora con lo stesso metodo visto sopra (righello e carta “all’occhio”) stimiamo il suo azimut sul territorio e prendiamo come riferimenti i monti intorno.
Poichè i boschi continueranno ad essere fitti ci aiuteremo anche con le curve di livello, ovvero l’interpretazione dei pendii e delle rive strette dei rii della zona per orientarci, oltre, naturalmente, al metodo delle nostre ombre quando possibile.
Riusciamo finalmente ad arrivare alla posizione della grotta, un enorme masso verde di muschio è subito di fronte alla stessa, come un guardiano a protezione.
E questo è l’anfratto, non visitabile internamente se non dotati di apposita attrezzatura da speleologia (mi riferisco a corde, non alle torce).
Fatta un’altra sosta, merenda, e godendo del verdissimo boschetto nel quale ci troviamo, identifichiamo la “via d’uscita” per passare dalla grotta e tornare verso il torrente dove dovremmo incrociare un sentiero a valle che ci riporterà alla macchina.
Aggiriamo il Bric Rianoz, estremamente scosceso, e scendiamo in una strettissima valletta, estremamente suggestiva. Di fronte e molto più a valle scorre il torrente, e di tanto in tanto il vento ci porta la sua musica.
Intercettiamo infine il sentiero che a mezza costa segue il corso del torrente e rapidamente torniamo verso l’auto. L’avventura è andata benissimo, siamo stanchi ma felici, ed in fondo, come diceva sempre mio nonno, per non perdersi basta sapere dove ci si trova
Il tempo di prendere tenda e sacchi a pelo ci spostiamo verso la radura grande di cui vi ho già parlato e dove passeremo la notte. Una buona zuppa di legumi per rinfrancarci dalle fatiche della giornata e poi a nanna.
La notte la temperatura scende a 4 gradi, le vallate del sassellese sono sempre piuttosto fredde, anche d’autunno, ma la mattina ci accoglie con un’altra giornata di sole radioso.
Fatta colazione con il fornelletto concepito da paiolo (ottimo fornelletto @paiolo!), facciamo asciugare la condensa dal sopratelo della tenda e intanto monto l’incerata per fare alcune foto per un amico del forum avventurosamente.it.
Incerata montata a tenda con catino (Il Fagiolone)
Questo metodo me lo hanno insegnato alcuni amici anni fa, loro lo chiamano “il fagiolone” perchè gli ricordava un vecchio film ancora in bianco e nero su degli alieni che entravano nel corpo degli umani e… ma insomma non la sto a fare lunga, il metodo è molto semplice:
Io utilizzo un 4×3 e questo mi permette di avere un catino completo, è fattibile anche con un 3×3 ma in quel caso il catino copre solo un lato.
Lo stendo e lo rendo “quadrato” (così chi ha un 3×3 può visualizzare meglio il metodo).
Per un 4×3 potete sia ripiegarlo come da foto che lasciarlo completamente steso, in ogni caso i picchetti vanno inseriti nella forma quadrata.
Una volta sistemati a terra i tre picchetti vi sarà sufficiente prendere il telo dall’altra parte, a metà e portarlo sul primo picchetto. Lo fissate ad un palo ed avrete già la struttura definitiva.
Perchè, però, possa reggere al vento, occorre sistemare altri due tiranti, che partono dal palo e scendono verso gli spigoli. Io uso sempre dei cordini lunghi per l’incerata, questo mi permette con lo stesso cordino sia di fissare il palo che farlo passare per lo spigolo lungo e fissarlo al picchetto già posizionato. Con un “nodo da picchetti” infine lo posso regolare e in questo modo regolo tutta la tensione dello spigolo.
Stessa identica cosa dal lato corto.
Senza questi tiranti regge lo stesso, ma in caso di vento li consiglio fortemente.
A questo punto chi ha un 3×3 ha finito, avrà un semi-catino su di un lato, un telo su cui sdraiarsi, e la possibilità di fissare le due pareti laterali a terra.
Chi ha un 4×3 e lo ha piegato come ho mostrato all’inizio ha un’altra possibilità:
distende il lato che aveva lasciato piegato sul fondo:
Ne lega una estremità in verticale al palo e “appende” quello che resta sul tirante longitudinale che corre fino allo spigolo lontano.
In questo modo avrà un catino completo, un telo, e un sopratelo che potrà scaricare a terra e fuori dalla “tenda” buona parte della condensa. E’ sufficiente ancorare il sopratelo pochi cm verso fuori e si avrà un effetto molto simile ad una tenda vera.
L’impermeabilità ai piedi è garantita dalle pieghe del telo e del sopratelo che gli casca sopra, se siete in dubbio potete anche “chiudere” completamente la parte finale con un cordino ed un nodo.
Per una areazione maggiore potete sempre tenere aperta l’apertura con un bastoncino messo di traverso e regolabile a seconda delle esigenze. Inoltre con il 4×3 potete avere anche uno spazio più ampio “calpestabile” con i lati aperti.
Terminato questo piccolo giochino, e imballata tenda e ammenicoli e riportato tutto all’auto abbiamo dedicato il resto della giornata all’esplorazione di un luogo “segreto” nei dintorni.
Ma questa è un’altra storia.
Alla prossima.
Disclaimer: L’escursione che racconto NON è il percorso classico per arrivare alla Tana delle Fate. Il sentiero ordinario parte da Mioglia, loc. Pianelli, ed in circa 2,5 km si arriva alla Tana, stesso sentiero per tornare indietro, classificabile come T/E.
La presente escursione invece si sviluppa all’80% fuori sentiero, nei boschi, con partenza ed arrivo a Loc. Lago dei Gulli, Sassello.
Ho inserito anche la tag “bambini” solo perchè nell’escursione illustro alcune attività ludiche divertenti per i bambini, che possono essere riproposte in itinerari differenti e più semplici (orientamento senza bussola, studio delle carte, individuazione di ostacoli naturali, analisi del miglior percorso, ecc.).
Se avete intenzione di ripercorrere lo stesso itinerario con dei bambini abbiate sicurezza che i bambini che porterete con voi abbiano sufficienti abilità di cammino ed equilibrio, e siano abituati a percorrere svariati km fuori sentiero, e sospendete e tornate subito indietro se vi rendete conto che non è cosa per loro.
Previsioni del tempo: Sole che spacca, sabato e domenica, cosa di meglio che andare a dormire in tenda?
Stavolta, la meta che abbiamo prefissato è la Tana delle Fate, una grotta naturale nel territorio di Mioglia, al confine con il comune di Sassello. E visto che ci volevamo divertire abbiamo fatto il gioco “dell’esploratore”.
Ho posteggiato direttamente al parcheggio dietro al Lago dei Gulli (quindi non quello che ho indicato l’altra volta), e di buon mattino c’erano ancora 7° e faceva freschetto. Lasciamo in macchina tutta l’attrezzatura pesante per dormire, tenda e sacchi a pelo, e pentolame vario, e partiamo leggeri perchè il percorso sarà un po’ difficile.
Per il “gioco dell’esploratore” avremo bisogno solo di tre elementi essenziali:
Una matita, un righello, e la carta della zona.
Utilizzo in preferenza i CTR 1:5000 della Regione Liguria, sono scaricabili direttamente dal sito della Regione e si possono stampare le singole aree di interesse.
Nel CTR in questione non è segnata la Tana delle Fate, ma è ricavabile da una sovrapposizione con openstreetmap dove invece è segnalata.
Riportiamo l’ubicazione della grotta sul CTR e decidiamo il percorso migliore per raggiungere la stessa dalla posizione dove siamo ora.
Studiando le curve di livello, e raffrontandole con il territorio e gli ostacoli che vediamo intorno a noi, stabiliamo di procedere in direzione della vetta di Monte Bono, per poi tagliare da lì verso la grotta, e successivamente trovare un percorso per tornare al “campo base”.
In nostro aiuto, come orientamento e direzione, notiamo che un cavo elettrico è steso nella stessa identica direzione e potrà essere preso come punto di controllo, sia per seguire la direttrice per la vetta, sia per capire quanto distiamo dall’azimut nel caso il folto del bosco intorno non ci permetta ulteriori riferimenti.
Fissiamo il primo punto al parcheggio, e fissiamo contemporaneamente l’ora di partenza. E’ importante segnare sempre anche l’ora oltre al punto, in modo tale da poter avere una traccia del tempo percorso.
Da subito il “muro” che ci troviamo davanti ci consiglia di procedere per il bosco invece di affrontare il tratto “disboscato” classico che si trova sotto ai cavi elettrici. Torneremo verso il cavo di tanto in tanto lungo il tragitto quando il terreno lo consentirà.
Iniziamo quindi l’ascesa verso il Monte Bono in un fitto bosco e terreno impervio, segnando di tanto in tanto il punto e triangolando con i monti circostanti.
Per l’orientamento della carta, non utilizzando la bussola, sfruttiamo direttamente il sole che quel giorno è splendido in un cielo senza nubi.
Orientamento della carta e punti cardinali
Per l’orientamento della carta si possono utilizzare tre metodi con il sole e tutti e tre estremamente precisi.
Il primo consiste nel piantare un bastoncino, verticalmente, segnare la cuspide dell’ombra proiettata, aspettare 15 minuti e segnare la nuova cuspide. L’unione delle due cuspidi darà la direzione Ovest-Est e da lì ricavate gli altri segni cardinali.
Il raffronto con una bussola vi mostrerà che la direzione rilevata con questo metodo è sufficientemente accurata.
Metodo del bastoncino bis: serve sempre aspettare 15 minuti, ma potete piantare il bastoncino inclinato nella direzione del sole, in modo che non proietti affatto ombra. Dopo 15 minuti lo stesso proietterà un’ombra, la direzione tra la base del bastoncino e la cuspide dell’ombra segna nuovamente la direttrice Ovest-Est.
Il secondo metodo è aspettare il mezzogiorno solare (locale), da noi era alle 13.17 (ora legale+differenza rispetto al meridiano italiano).
L’ombra verrà proiettata direttamente verso Nord, lungo la direttrice Sud-Nord.
Nuovamente, potete controllare con una bussola l’efficacia del metodo.
Il terzo metodo, che non abbiamo utilizzato, è disporre di una bussola solare, ovvero un cartoncino che permetta di orientare la carta grazie alle curve, raggi e direttrici segnati sullo stesso, conosciuta l’ora. Nel caso in cui non si disponga di una bussola solare il metodo è utilizzabile lo stesso con discreta precisione, suddividendo un foglio di carta nelle 12 ore, ma tale metodo “casereccio” è utilizzabile solo nei mesi invernali, indicativamente da ottobre a febbraio.
Durante il corso dell’anno, infatti, vengono introdotti errori di svariate decine di gradi sulla “divisione perfetta in 12” ed il metodo non è più utilizzabile se non disponete delle “curve” del sole ai vari orari.
Triangolazione
Una volta che la carta è orientata, è sufficiente un piccolo righello per traguardare punti noti del territorio e tracciare direttamente gli azimut sulla carta. Una base di appoggio (es uno di quei block notes con retro rigido e clip) facilita l’operazione. Anche in questo caso, non avendo necessità di precisione da topografi, il metodo è sufficientemente preciso, occorre solo assicurarsi di non ruotare la carta mentre la si tiene in mano e si traguardano i punti notevoli sul territorio.
Un trucco, per assicurarsi di questo, è guardare un oggetto vicino (un tronco di un albero, una roccia, ecc) ed assicurarsi che la carta non cambi orientamento rispetto ad esso mentre la teniamo in mano e traguardiamo i punti che ci interessano.
Da subito ci buttiamo nel bosco cercando di sfruttare la pendenza più dolce senza affrontare l’ascesa diretta, con un occhio al sole, uno al cavo quando riusciamo a vederlo, ma soprattutto all’orografia e quindi alla pendenza delle colline che stiamo superando.
Una cosa importante è osservare le ombre mentre camminiamo, a partire dalla nostra stessa ombra. Se abbiamo orientato la carta, e quindi conosciamo come sono orientati i punti cardinali quando siamo partiti, allora ci basterà guardare, anche ogni pochi passi volendo, la nostra ombra e capire se stiamo mantenendo la direzione corretta, oppure in quale direzione stiamo deviando e così via.
Considerate che il sole percorre nel cielo 15° ogni ora, quindi la nostra ombra ci verrà utile per lungo tempo prima di essere costretti a stabilire nuovamente la direzione dei punti cardinali.
Arrivati sulla vetta del Monte Bono si era già fatta l’ora di pranzo, e vista la fatica decidiamo per un buon pasto ristoratore e un po’ di pausa.
Dopodichè “traguardiamo alla rovescia” la Tana delle Fate. La grotta non è visibile dalla cima del monte, sappiamo solo la sua ubicazione grazie alla carta e sappiamo che è “lì sotto da qualche parte”.
Allora con lo stesso metodo visto sopra (righello e carta “all’occhio”) stimiamo il suo azimut sul territorio e prendiamo come riferimenti i monti intorno.
Poichè i boschi continueranno ad essere fitti ci aiuteremo anche con le curve di livello, ovvero l’interpretazione dei pendii e delle rive strette dei rii della zona per orientarci, oltre, naturalmente, al metodo delle nostre ombre quando possibile.
Riusciamo finalmente ad arrivare alla posizione della grotta, un enorme masso verde di muschio è subito di fronte alla stessa, come un guardiano a protezione.
E questo è l’anfratto, non visitabile internamente se non dotati di apposita attrezzatura da speleologia (mi riferisco a corde, non alle torce).
Fatta un’altra sosta, merenda, e godendo del verdissimo boschetto nel quale ci troviamo, identifichiamo la “via d’uscita” per passare dalla grotta e tornare verso il torrente dove dovremmo incrociare un sentiero a valle che ci riporterà alla macchina.
Aggiriamo il Bric Rianoz, estremamente scosceso, e scendiamo in una strettissima valletta, estremamente suggestiva. Di fronte e molto più a valle scorre il torrente, e di tanto in tanto il vento ci porta la sua musica.
Intercettiamo infine il sentiero che a mezza costa segue il corso del torrente e rapidamente torniamo verso l’auto. L’avventura è andata benissimo, siamo stanchi ma felici, ed in fondo, come diceva sempre mio nonno, per non perdersi basta sapere dove ci si trova
Il tempo di prendere tenda e sacchi a pelo ci spostiamo verso la radura grande di cui vi ho già parlato e dove passeremo la notte. Una buona zuppa di legumi per rinfrancarci dalle fatiche della giornata e poi a nanna.
La notte la temperatura scende a 4 gradi, le vallate del sassellese sono sempre piuttosto fredde, anche d’autunno, ma la mattina ci accoglie con un’altra giornata di sole radioso.
Fatta colazione con il fornelletto concepito da paiolo (ottimo fornelletto @paiolo!), facciamo asciugare la condensa dal sopratelo della tenda e intanto monto l’incerata per fare alcune foto per un amico del forum avventurosamente.it.
Incerata montata a tenda con catino (Il Fagiolone)
Questo metodo me lo hanno insegnato alcuni amici anni fa, loro lo chiamano “il fagiolone” perchè gli ricordava un vecchio film ancora in bianco e nero su degli alieni che entravano nel corpo degli umani e… ma insomma non la sto a fare lunga, il metodo è molto semplice:
Io utilizzo un 4×3 e questo mi permette di avere un catino completo, è fattibile anche con un 3×3 ma in quel caso il catino copre solo un lato.
Lo stendo e lo rendo “quadrato” (così chi ha un 3×3 può visualizzare meglio il metodo).
Per un 4×3 potete sia ripiegarlo come da foto che lasciarlo completamente steso, in ogni caso i picchetti vanno inseriti nella forma quadrata.
Una volta sistemati a terra i tre picchetti vi sarà sufficiente prendere il telo dall’altra parte, a metà e portarlo sul primo picchetto. Lo fissate ad un palo ed avrete già la struttura definitiva.
Perchè, però, possa reggere al vento, occorre sistemare altri due tiranti, che partono dal palo e scendono verso gli spigoli. Io uso sempre dei cordini lunghi per l’incerata, questo mi permette con lo stesso cordino sia di fissare il palo che farlo passare per lo spigolo lungo e fissarlo al picchetto già posizionato. Con un “nodo da picchetti” infine lo posso regolare e in questo modo regolo tutta la tensione dello spigolo.
Stessa identica cosa dal lato corto.
Senza questi tiranti regge lo stesso, ma in caso di vento li consiglio fortemente.
A questo punto chi ha un 3×3 ha finito, avrà un semi-catino su di un lato, un telo su cui sdraiarsi, e la possibilità di fissare le due pareti laterali a terra.
Chi ha un 4×3 e lo ha piegato come ho mostrato all’inizio ha un’altra possibilità:
distende il lato che aveva lasciato piegato sul fondo:
Ne lega una estremità in verticale al palo e “appende” quello che resta sul tirante longitudinale che corre fino allo spigolo lontano.
In questo modo avrà un catino completo, un telo, e un sopratelo che potrà scaricare a terra e fuori dalla “tenda” buona parte della condensa. E’ sufficiente ancorare il sopratelo pochi cm verso fuori e si avrà un effetto molto simile ad una tenda vera.
L’impermeabilità ai piedi è garantita dalle pieghe del telo e del sopratelo che gli casca sopra, se siete in dubbio potete anche “chiudere” completamente la parte finale con un cordino ed un nodo.
Per una areazione maggiore potete sempre tenere aperta l’apertura con un bastoncino messo di traverso e regolabile a seconda delle esigenze. Inoltre con il 4×3 potete avere anche uno spazio più ampio “calpestabile” con i lati aperti.
Terminato questo piccolo giochino, e imballata tenda e ammenicoli e riportato tutto all’auto abbiamo dedicato il resto della giornata all’esplorazione di un luogo “segreto” nei dintorni.
Ma questa è un’altra storia.
Alla prossima.