Escursione La traversata della Majella orientale

Parchi d'Abruzzo
  1. Parco Nazionale della Majella
Dati

Data: domenica 1°settrmbre 2013
Regione e provincia: Abruzzo, Chieti
Località di partenza: Capo le Macchie (Fara S.M.) 650 mt.
Località di arrivo: Madonnina del BlockHaus 2050 mt.
Tempo di percorrenza: 16 ore
Chilometri: 28
Grado di difficoltà: EE+
Descrizione delle difficoltà: Buona parte in salita ripida senza sentiero
Periodo consigliato: estate
Segnaletica: maddove!!!
Dislivello in salita: 3100 mt.
Dislivello in discesa: 1200 mt.
Quota massima: monte Acquaviva 2737 mt.


Descrizione

Non ci siamo fatti mancare proprio niente domenica scorsa sulla Majella.
Una tostissima salita dal sapore vagamente pioneristico, dislivelli e chilometri monstre, una cima importante, discese spaccaginocchia; e poi un grande nevaio, l'errore di percorso, i camosci, i colori del tramonto dal bivacco Fusco, la notturna e perfino le luci della costa croata in fondo all'Adriatico.
Decisamente giornata memorabile, e per quello che mi riguarda l'escursione più faticosa mai fatta.:biggrin:
Ma bella, anzi bellissima, una full immersion nella Majella più vera, quella silenziosa e solitaria dei selvaggi valloni del lato orientale.

Da una idea del solito Francesco Gerifalco
Il gruppo degli avventurosi per l'occasione è composto dal camoscio Ebrune, dai due caterpillar Gerifalco e Fagus 70 e dai due umani Henry Thoreau e Maiellaro.

Accantonata l'idea originaria della traversata, pensiamo ad un percorso con partenza in localita' Capo le Macchie, 200mt. sopra il paese di Fara S. Martino e rientro proprio a Fara presso le gole, una specie di 8 con svincolo centrale a Grotta dei Callarelli.
Partenza un po' tardino (6,45), per il battuto e classico sentiero della Val Serviera che da Capo le Macchie arriva alla Grotta dei Callarelli, attraverso Colle Bandiera, la faggeta del Macchione e varie fonti d'acqua (si puo' tranquillamente partire scarichi di peso e fare il rifornimento decisivo a Fonte Viola poco prima della Grotta).
In questo tratto il sole e' subito alto e contribuisce insieme al ripido sentiero di Colle Bandiera a farmi capire che la mia forma non e' delle migliori (o forse sono le miscele della sera precedente?:p)
Comunque, come da guide, in tre ore siamo ai Callarelli, non prima di esserci gustati il percorso che prevede un bellissimo panorama su buona parte dell'Abruzzo meridionale da quel fantastico balcone che e' Colle Bandiera, e
con l'affascinante Cima della Stretta subito oltre la strapiombante valle del Fossato.
Verso la Fonte Viola appare lontanissimo in alto un altro sogno di due degli avventurosi, il monte Pizzone, per buona parte ricoperto dai pinomughi.
Con le spalle alla Grotta dei Callarelli si intuiscono tre sentieri: a dx la Val Forcone, a sx la Val Serviera che dovremmo prendere per scendere alle Gole di S.Spirito e proprio di fronte a noi si intravvede la spaccatura iniziale della Valle dell'Acquaviva, ed e' lì che inizia la parte più bella e faticosa della giornata.
Subito un contrattempo però, perchè vecchissimi bolli ed omini ci indirizzano a salire a dx della valle dove ci andremo ad arenare in mezzo ad una fittissima ed impenetrabile barriera di mughi, facendoci perdere almeno un'ora; ed allora torniamo giu' di nuovo ed attacchiamo la valle esattamente nella parte più bassa, al centro.
Valle molto lunga, solitaria e selvaggia, non esistono nè sentiero nè vaghe tracce di esso: sono pochissime le persone che la percorrono anche perche' ripidissima e scomoda, si sale ad intuito in mezzo alla vegetazione, alle rocce ed ai tronchi secchi depositati da valanghe e dal torrente che si forma con il disgelo.
Dopo mezzogiorno, con un ritardo che comincia ad essere importante, facciamo il punto della situazione in una grotta a 2050 mt. ed abbandoniamo l'idea della Cima delle Murelle.
Proprio alla dx della grotta ci addentriamo in un bel canale molto ripido(all'inizio erba pietraie e sassi,poi roccette) che ci portera' sulla spianata sommitale dell'Acquaviva.
E saranno passate circa 7h30 dalla partenza, ma non siamo andati affatto piano.
Dopo una meritata sosta ristoratrice via in discesa verso la valle fra Acquaviva e Murelle, la valle del Forcone, quella per la quale torneremo ai Callarelli, dove contiamo di arrivare per le 18/18,30.
Ed e' in questo punto che, complice una nuvola che risale la valle,
noi sbagliamo percorso, anche se continuiamo a seguire la traccia del sentiero 7B delle carte Cai.
Insomma ci gustiamo anche la Val Forcone, anch'essa veramente molto bella e naturalmente scomodissima, fino a circa 2000/2100 mt. dove si restringe fino a diventare un canyon e dove ci blocchiamo davanti ad un salto di una ventina di metri.
Bisogna tornare indietro, cavolo!
Senza perdere la calma facciamo briefing per decidere come affrontare un imprevisto che capiamo subito ci allunghera' la giornata fino a notte, e decidiamo per la soluzione piu' facile e conosciuta, insomma il bel giro ad 8 diventa una traversata.
Ed allora con le ultime forze via di nuovo in salita per altri e non previsti 500 metri, verso il bivacco Fusco, nuova sosta e discesa dal Focalone con le frontali ed infine al BlockHaus dove siamo alle 22,30.

Fin qui la cronaca, ma prima delle riflessioni un doveroso ringraziamento ai miei compagni di viaggio, e che viaggio, ricordando per sempre la Valle dell'Acquaviva, la Majella autentica , quella che ti aspetti.


Le mie foto Monte Acquaviva 01/09/2013
 
Ultima modifica di un moderatore:
Grandi! A guardare i tempi, i chilometri percorsi e i dislivelli viene il mal di testa:si:
Belle le foto. Congratulazioni e grazie per aver condiviso questa avventura
 
Bellissimo selvaggio itinerario, luoghi da fiaba e foto strepitose!

Praticamente la descrizione "...Se questo è un sentiero" vi ha portato fisicamente in un altro pianeta tanto incantevoli sono i luoghi attraversati!!

Come dissi in MP a Gerifalco: <<La nostalgia di uscire con voi è tanta, sarei stato molto volentieri con voi a perderci in situazioni e luoghi come questi; Leopardi diceva "... e l'naufragar m'è dolce in questo mar", sensazioni condivise con belle persone come voi in ambienti simili sono impagabili!>>

Ancora complimenti a voi per il notevole sforzo fisico e per gli indimenticabili paesaggi attraversati! e grazie per la condivisione!!
 
Ciao Giuseppe e complimenti, anche ai tuoi compagni di avventura

non ho avuto ancora modo di vedere le foto e lo faro da casa, in serata, ma già i numeri della vostra escursione sono eloquenti

Un saluto,

Marco ...
 
Tutti sulla Majella!
Io ci sono stato il Sabato precedente ma nel mondo completamente lunare; a presto metterò le mie foto.
Quando sono passato difronte a Grotta Canosa ho rivolto un pensiero al Maiellaro che si è goduto, in una sua precedente escursione ben illustrata, il cielo stellato da lì dentro e so che un giorno lo farò anche io.

Farò tesoro anche di queste altre foto, grazie.
 
Tutti a smadonnare contro i cartinari incompetenti ma poi dopo qualche giorno, a mente fredda, sentendo i partecipanti, prevale la grande soddisfazione per l'escursione in sé e per il finale thriller che ha aggiunto avventura su avventura! Anzi, tripla avventura per me ed Andrea causa il ritorno in un furgone seduti su sedie di plastica da giardino appoggiate sul cassone...:biggrin::biggrin:

Sta di fatto comunque che il sentiero sbagliato segnato sulla cartina del Cai è stato preso da noi, che siamo attrezzati ed allenati e siamo stati in grado di risalire di 700m di dislivello con 2200m già sulle spalle. Altra gente avrebbe dovuto passare la nottata in val Forcone, quindi chi distribuisce mappe con sentieri segnati senza averli percorsi, il forcone dovrebbe vederselo restituito. Nella schiena però...

Complimentissimi a tutti i partecipanti sui quali non nutrivo dubbio alcuno sulla loro affidabilità e soprattutto a Dario, l'utente con l'aspetto e i poteri dell'agente Smith di Matrix :biggrin: dopo Gipsy, il forum ha un altro fuoriclasse!

Grazie in maniera particolare a Giuseppe per la sua proverbiale ospitalità che ci ha resi partecipi di un tour enogastronomico dentro casa sua terminato con il cosiddetto "mischione", ovvero vino bianco, vino rosso, birra chiara, birra scura e liquore di nespola a 50° (grado alpinistico AD :lol:)...
Confermiamo che in montagna una corretta alimentazione è molto importante per la riuscita di un'escursione! :si:


Capo le macchie dopo comoda colazione

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Di fronte a Cima della Stretta (che mi leva il sonno la notte...) all'imbocco dell'impressionante Val Serviera

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Raro esemplare di maiellarus scalans nel suo ambiente naturale

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Bellissimo il sentiero verso i Callarelli, vale da solo un'escursione!

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Da Callarelli in poi il sentiero non c'è più e si va into the wild

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L'evoluzione del labirinto: il labirinto appuntito

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Chi sa che farfalla è?

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Si sale nella Valle dell'Acquaviva, penso sia uno dei luoghi più isolati dell'Appennino

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Grotta x, pausa ristoratrice e punto della situazione

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Man mano che si sale verso il crinale la valle diventa ripida e sassosa. Prendendo un canale a destra della grotta si evita di passare per i mughi, che a quella quota purtroppo orlano le pendici dell'Acquaviva quasi dappertutto, fin sulla cima del Pizzone

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Finalmente raggiungiamo il crinale e una specie di anticima! Sullo sfondo troviamo l'Amarone

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Dalla cima dell'Acquaviva si scende sempre su comodi sassi di gomma verso la val Forcone

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Scenari da un mondo imponenete ed isolato

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Mentre scendiamo, un bel nuvolone denso non ci permette di trovare il taglio sul crinale per raggiungere il passo della carrozza, ma che problema c'è, guardando la cartina siamo su un sentiero non impegnativo e segnatissimo...:-x

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Day after sul nevaio

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Si scende sempre più...

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Cucù! Ma il sorriso si spegnerà presto...:p

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E infatti, il facile sentiero segnato dal Cai sulla cartina termina con un salto di 30m. Siori e siore, ollè! Si risale...

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Il severo anfiteatro delle Murelle

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Nei pressi del bivacco Fusco, l'emozione di un tramonto di fuoco

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:)
 
tutto iniziò così la sera prima
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per finire così
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ma che giornata ragazzi!

Come ho detto a Giuseppe, al di là dell'arrabbiatura del momento per il piccolo inconveniente, dobbiamo ringraziare l'autore del misfatto (i famosi sentieri della carta della majella).

Avremmo fatto la nostra brava, classica e remunerativa escursione, con il suo bel dislivello e sviluppo.

Non avremmo potuto vivere un'esperienza del genere, immersi in una dimensione nuova.
Dire isolato, selvaggio, è riduttivo, tali sono state le emozioni vissute dentro quelle valli bestiali.
E sottolineo la coesione del gruppo e la serenità dimostrata. Ma non avevo dubbi a riguardo.

C'è chi cerca escursioni guidate, con i bollini rossi o gialli o verdi che siano.
La mia opinione è che a volte bisogna guardare oltre il crinaletto, la vallata, il pino mugo.

Ne vale la pena.

Grazie a tutti i compagni di avventura.
 
Complimenti per la mega escursione.

Complimenti per il(.azzo pe'!!!)dislivello.

Complimenti per le foto.

PS

Devo fare ammenda e chiedere scusa a Henry perché dentro di me pensavo che fosse un po' mollaccione,invece è un vero cagnaccio,cioè uno tosto,forte.
 
Dati

Fin qui la cronaca, ma prima delle riflessioni un doveroso ringraziamento ai miei compagni di viaggio, e che viaggio, ricordando per sempre la Valle dell'Acquaviva, la Majella autentica , quella che ti aspetti.


Le mie foto Monte Acquaviva 01/09/2013

Queste le ho già fatte e tanto per camibare sono pure un po' lunghette (infatti ho preferito ricorrere al file da copiare e incollare e mi sa che farò un'aggiunta iniziale: "prendetevi un quarto d'ora e mettetevi comodi" :biggrin::p), però a differenza di tutte le altre volte in diverse parti sono venute fuori simili a qualcosa di "microfonato" dal vivo, stile "Isola dei Famosi" :music:. Purtroppo il file sta sul portatile a casa (lo so, "portatile a casa" dice tutto...") e quindi potrò postare solo più tardi.

Per intanto non ho potuto far altro che stropicciarmi gli occhi :D, della serie "troppa grazia", prima di tutto sotto forma di persone ;):si:

A più tardi!
A.
 
Grazie a tutti dei complimenti:lol:

@Geri & Fagus: propongo di inserire anche la traccia gps, in valle Acquaviva utilissima per non sbagliare e perdere tempo.

@Gipsy: ciao e grazie:D, ma grande tu che ti sei salito mezze Dolomiti in una settimana!

@Augusto: bellissime le tue foto.
 
Scusate, intervengo solo per sottolineare (prima che battendomi sul tempo lo faccia qualcun altro) un esempio a suo modo singolarissimo quanto didascalico del concetto di EFFICIENZA ENERGETICA (probabilmente lo sottoporrò qui al lavoro a qualche collega :D :biggrin:): nella foto dei piatti di pasta - scattata all'inizio, prima di cominciare a mangiare - confrontate quello di Dario, a destra, con quello in primo piano che è di Francesco.

La differenza esprime tutto :biggrin:, è più eloquente di qualsiasi commento.
Eppure il giorno dopo lo sforzo è stato identico per entrambi. Insomma, tutto si traduce in differenza di silhouette, non di prestazioni.:biggrin:
 
Scusate, intervengo solo per sottolineare (prima che battendomi sul tempo lo faccia qualcun altro) un esempio a suo modo singolarissimo quanto didascalico del concetto di EFFICIENZA ENERGETICA (probabilmente lo sottoporrò qui al lavoro a qualche collega :D :biggrin:): nella foto dei piatti di pasta - scattata all'inizio, prima di cominciare a mangiare - confrontate quello di Dario, a destra, con quello in primo piano che è di Francesco.

La differenza esprime tutto :biggrin:, è più eloquente di qualsiasi commento.
Eppure il giorno dopo lo sforzo è stato identico per entrambi. Insomma, tutto si traduce in differenza di silhouette, non di prestazioni.:biggrin:


ooopppsss!!! m'era scappata questa...
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Come diceva Giuseppe, questa è una di quelle esperienze dove, finita la cronaca, è doveroso lasciar spazio alle riflessioni, perché lasciano veramente il segno. Nel corpo e nello spirito. E allora, premessa: se mi si vuol leggere, ci si metta pure comodi un quarto d'ora, perché non è cosa breve da liquidare in due battute. Se non potete farlo, rimandate oppure soprassedete del tutto...non mi offendo mica, in fondo sono solo un impenitente scribacchino ! :D
Tre escursioni in una, in successione: la prima, quella canonica, fino alle 17, il momento dell’imprevisto. Poi quella dominata dall’incertezza, fino alle 20. Infine quella successiva al reperimento dei soccorsi, fino alle 22.
Un breve incipit sui numeri. Per quanto facciano impressione (prima di tutto a noi stessi che pur li abbiamo realizzati) non riescono neppure a raccontarla tutta. Distanze e dislivelli non si misurano solo in modo quantitativo, ma vanno ponderati per parametri di difficoltà che sono qualitativi. Le pietraie moltiplicano la pesantezza dello sforzo per vari motivi: sollecitano oltremodo le articolazioni; dove sono instabili si sale 50 cm. e si riaffonda per 30; anche le discese diventano equiparabili alle salite; e infine lo sforzo non è lineare, ma è reso esponenziale dalla stanchezza: ovvero salire gli ultimi 100 metri avendone già sul groppone 3000 è faticoso quanto salire i primi 1000.
Non c’è assolutamente paragone tra qualsiasi cosa organizzata e pianificata (che si tratti di survival, training autogeno o qualsiasi altra cosa per quanto estrema) in grado di reggere il confronto con quello che è l’imprevisto allo stato puro. C’è imprevisto e imprevisto: quello che uno mette nel conto (anzi, lo va a cercare) e quello che invece compare all’improvviso nel senso più genuino e ortodosso del termine, lasciandoti di sasso. E noi, è il caso di dire, più che di sasso ci ha lasciato “sui” sassi, nel senso letterale della parola: una delle infinite tortuose curve di un vero e proprio canyon dietro la quale, a tradimento, si frappone uno strapiombo. In quel momento è come quando scompare l’immagine dal televisore, magari proprio mentre si è sul più bello, appiccicati a seguire il momento topico del programma preferito. Buio. Buio nella mente prim’ancora di quello che, inesorabile, provvederà presto a calare anche tutt’intorno.
Intendiamoci subito: nel suo complesso non è accaduto nulla di tragico e trascendentale, nessun incidente fisico, nessun contrattempo meteo tranne paradossalmente la cosa più innocua, la nebbia improvvisa e passeggera sufficiente quel tanto che bastava per confondere, indurre in errore e cambiare così il corso degli eventi. Insomma una cosa che a un pronto soccorso sarebbe classificata tutt’al più come un codice verde: credo che la stanchezza fosse tale per cui alla fine perfino buttandoci esausti per terra a casaccio su un letto di pietre acuminate ci saremmo addormentati all’istante, e l’indomani sarebbe stato un altro giorno…
E pur tuttavia lo spessore della tensione emotiva è stato importante. La testa comincia a ruminare un turbinìo di pensieri svolazzanti, in una promiscua confusione tra i più razionali quelli più bizzarri. Nonostante siano il distillato del cervello e quindi appaiano come l’essenza della razionalità, in realtà anche i pensieri hanno una loro radice emotiva, irrazionale: nel senso che sono ingovernabili, non vengono a comando. Il filtro della razionalità subentra solo quando si decide se e come esternarli agli altri; ma a noi stessi, nella nostra mente, vengono così, nudi e crudi. A volte martellanti, insistenti, invadenti, al punto che non si riesce neppure a scacciarli.
La prima sensazione: pensi alla cartina farlocca e ti senti turlupinato, preso in giro. Per riprendere la battuta di Francesco, vorresti davvero prendere il Forcone che dà il nome alla valle e infilarlo nella schiena dell’ignoto incosciente buontempone che ti ci ha fatto infilare. Il primo pensiero: bisogna tornare indietro. C’è un moto di stizza, di ribellione a quest’idea. Realizzi che almeno un paio d’ore di cammino, dure, toste, rompi gambe, si stanno rivelando perfettamente inutili, una vera e propria deviazione che – razionalmente – mai e poi mai ci si sarebbe sognati di fare. Quella fatica inutile, che anzi percepisci come un boomerang, la vedi sfumare simile a una sorta di investimento sbagliato. E non solo quelle due ore in discesa: ma anche le altrettante che dovrai rifare per ripercorrere all’inverso, e stavolta in salita, il tratto “inutile”.
Al fastidio (ancora abbastanza “razionale” perché sta lì a gigioneggiare sul concetto di utilità/inutilità/perdita di tempo), subentra presto lo sgomento, ben più emotivo. 2+2 fa 4 (ore); 400+400 fanno 800 (metri). E le forze ? Sono quelle che sono. Calibrate per fare il percorso programmato. Mai prima testate, né verificate “oltre” quei fatidici confini che sono i nostri limiti. Già…i nostri limiti. Capita di entrare in paranoia quando si accende la spia di riserva della macchina e non c’è un distributore all’orizzonte; figurarsi quando si accende quella del nostro corpo e c’è la certezza che “distributori” (di energie; di sonno; di serenità) purtroppo non ne esistono. I pensieri turbinano. Saltano tutti i parametri della nostra inconscia sicurezza; si sgretolano tutte le certezze, più o meno solide, più o meno posticce.
Ma ecco almeno un colpo di reni; uno strattone: no, non ci si può abbandonare al panico. Calma. Adesso la ribellione è all’inverso, votata al recupero della razionalità. Abbiamo bisogno di mostrarci sicuri; a noi stessi ! Diamoci un contegno, perdinci ! Tiriamo fuori le nostre brave carte, proprio quelle che ci hanno tradito, i gps, discutiamo, avviamo un bel conciliabolo, facciamo finta di trovarci in un bell’ufficio per una riunione di lavoro dove ognuno a turno alla lavagna illustra le sue idee, tutte le possibili opzioni, i pro, i contro e quant’altro, raschiando il fondo del barile di tutta la sua lucidità. Sì, è questo quello che ci vuole ! Affrontare l’emergenza con lo stesso spirito razionale con cui lo faremmo di fronte a una situazione altrettanto complessa ma del tutto tranquilla: appunto come a una riunione di lavoro !
Peccato che questo rigurgito di lucida consapevolezza duri poco. Come un falò un po’ troppo improvvisato si spegne presto. Il tempo che serve affinchè l’esame analitico e razionalissimo di tutte le possibile alternative, proprio perché analitico e razionale, mostri in pieno quanto siano gelidamente lontane tutte le possibilità di salvezza. Nessuna opzione offre sconti. Nessuna prevede una qualche “comprensione” per i malcapitati. Tutte contemplano sforzi che, magari normali partendo da zero, assumono invece sembianze sovrumane partendo da quelli già compiuti fin lì, i quali si fanno sentire in tutta la loro lancinante, tremenda, plumbea pesantezza. Sovrumane le ulteriori salite; sovrumane le ulteriori distanze (e quindi i tempi); sovrumano il carattere accidentato del percorso; sovrumana l’incertezza. E poco importa se e quanto questo aspetto così “spaventoso” sia frutto immaginifico della fantasia e dell’emotività più che dell’oggettiva asettica razionalità: poco importa perché a quel punto ogni cosa, ogni sforzo, ogni prospettiva la si comincia ormai a vedere trasfigurata, ciascuno attraverso le lenti della propria personalissima immaginazione. Ogni alternativa sembra una rosa fatta di sole spine. La montagna, e la Maiella in particolare, si mostrano in tutta la loro crudeltà: chi sbaglia paga. Senza appelli. Scolpito nella pietra, è il caso di dire. Ed inciso nei corpi.
L’ambiente tutt’intorno sembra assumere in ogni suo dettaglio contorni scorbutici, ostili, quasi maligni; sembra acquisire un aspetto avverso e feroce anche nelle sue espressioni normalmente più amichevoli e bucoliche. La luce va via via scemando. Quei raggi obliqui del tardo pomeriggio, in genere così intriganti nel conferire colori saturi e nitidezza ai contorni tante volte ammirati nelle foto, ora invece sferzano con perfida malizia ogni pausa, quasi a voler ricordare che il buio incombe, con esso la notte, ed è quindi interdetto ogni semplice accenno di fisiologica rilassatezza, bisogna muoversi e basta! Ci troviamo in basso nell’ampia conca di un anfiteatro, e tutt’intorno i profili delle creste, scuri in controluce, altissimi, ci chiudono ogni orizzonte, quasi a rammentarci che in ogni caso ogni possibile salvezza sta “oltre”. E questo intimorisce, intimidisce, scoraggia.
La paura del buio. Cavolo ! ma da quant’è che – sotto sotto non la si provava ? Vabbè, derubrichiamolo a “timore” più che paura, giusto per darci un contegno e mentire a noi stessi che forse stanno riaffiorando sensazioni che si provano solo da bambini. Il buio, l’orco, il rapimento.
Sì, ci si comincia a sentire rapiti dagli eventi. Non li controlliamo più. Quel canyon, una sorta di rapida torrentizia in versione assolutamente asciutta, ci ha in realtà ingoiato fin dal momento in cui ci si è parata dinanzi la forra. E allora via, via le carte, via i gps, via i conciliaboli, via a fare l‘unica cosa che si può e si deve, l’unica in comune tra tutte le alternative: risalire. Salire e ancora salire. Se le creste ci ricordano che la salvezza sta comunque oltre di loro, ebbene affrontiamole e cerchiamo il punto più basso dove scavallarle.
Si raccolgono le forze, che stanno scemando. E intanto si affaccia all’orizzonte della mente un altro pensiero: la consapevolezza che bisognerà chiedere soccorso.
Altra botta! E già. L’amor proprio, l’orgoglio sono difficili da domare. Diciamolo francamente: escursioni come queste nella Maiella più selvaggia sono in fondo in fondo lo sberleffo più altezzoso che l’avventuroso può inviare al mondo civilizzato. Una sonora pernacchia. Come dire: voi umani laggiù in fondo, accalcatevi pure sulle spiagge, nei centri commerciali, nelle città, nelle strade ed autostrade, in incolonnamenti ed intruppamenti assortiti, nei gozzovigliamenti più dissennati e più o meno comandati, impiccatevi pure ai vostri “doveri” familiari, insomma, rovinatevi pure le vostre vite che noi….noi…noi…vi lasciamo ben volentieri rosolare nella vostra civiltà e ce ne andiamo a ristorare i nostri nobili animi. Eh eh…nessuno ammetterà mai questa snobistica puzzetta sotto il naso , ma è così. Ma questo presuppone un’altrettanto altezzosa e orgogliosa autonomia. E invece ? Chiedere aiuto è come passare sul proprio stesso cadavere. Ma come ? Prima si manda al mondo una pernacchia e poi a quella stessa irrisa, vituperata civiltà si va chiedere aiuto ? E’ proprio così !
Figurarsi quindi il livello di sublime tragicità shakespeariana quando, ad uno ad uno, i vari tentativi di richiesta di aiuto vanno a vuoto, cadendo uno dopo l’altro come birilli ostacolati pure, a intermittenza, dall’altrettanto simbolico mutismo dei cellulari. Era come sentir risuonare l’eco di un’altra pernacchia, quella “di ritorno”: uno sghignazzo che il mondo con somma perfidia sembrava volerci restituire, a noi e alle nostre velleità e paturnie di avventurieri solitari. Disperante.
Intanto continuano inesorabilmente ad aumentare i chilometri percorsi, il dislivello, il tempo trascorso. Ma c’è un limite, una soglia, oltre la quale questi diventano numeri quasi soprannaturali, che perdono di senso.
La fatica psicologica avanza e si guadagna in modo prepotente tutto lo spazio rispetto a quella fisica. Il buio ormai calato prima dirada e poi annulla le forme, i contorni, la sostanza dell’ambiente. A mano a mano che fuori non c’è più nulla da guardare, gli occhi iniziano in modo sempre più intenso a guardare dentro. Lo sguardo esterno diventa assente: quando la fatica, l’incertezza, la percezione della vulnerabilità diventano così pressanti , allora cuore e cervello si confondono, diventano un tutt’uno, un unico grande indefinibile organo in cui siamo concentrati e fagocitati tutti noi stessi. In quei momenti i soli e veri orizzonti che interessano, gli unici strapiombi, crepacci, dislivelli da superare sono quelli interiori: quelli delle proprie residue forze, della residua resistenza, del grado di tenacia, di autocontrollo, di autostima. Tutte cose di cui si stanno veramente testando limiti mai esplorati prima, perché assolutamente inedite sono le condizioni che lo impongono. Con lo sfondo dell’unica vera grande inconfessata paura: quella della resa.
E infine, la salvezza. La sensazione liberatoria dell’approdo è indescrivibile. Sembra davvero di essere naufraghi che toccano una riva dopo un’estenuante interminabile traversata, anche se in questa nostra traversata il mare non era d’acqua bensì composto solo ed esclusivamente di una infinita miriade di pietre.
Un pulmino sgangherato ma che a suo modo aveva comunque un aspetto un po’ selvaggio, partito dall’albergo Mamma Rosa (un nome, un programma), praticamente l’alter ego maiellistico di quello di Campo Imperatore. Una discesa ripida e interminabile di 15-20 km, quasi a motore spento, e poi altri 60 per le strade del posto, per una distanza complessiva in termini stradali (da dove eravamo partiti a piedi) che ha dell’incredibile e dimostra in modo “geometrico” quanto il nostro intero itinerario si sia addentrato nel cuore più interno e sconosciuto del massiccio. Anche questo dettaglio contribuisce a dare il senso e la misura fuori del comune dell’esperienza.
Voglio dedicare le ultime riflessioni al nostro comportamento, che rappresenta uno dei più grandi motivi di…vorrei dire “viva e vibrante soddisfazione” (se non fosse per il ben noto tono macchiettistico che ha assunto quest’espressione da quando Crozza ne ha fatto il format del nostro presidente). Di fronte a una situazione di forte tensione emotiva, la compostezza è stata esemplare. La reazione classica, quella dell’arrabbiatura, è sfumata molto presto. Dopodichè non c’è stata ombra di quelle incrinature che così spesso emergono appena le cose, come suol dirsi, si mettono male. Recriminazioni, critiche, dissociazioni, e così via. Siamo stati come gli spicchi di una mela, oserei dire perfino l’esempio didascalico di quello che dovrebbe essere, sempre in circostanze analoghe, il comportamento di un vero gruppo escursionistico. Ognuno attento a barcamenarsi in un sottile equilibrio, cercando di contribuire a risolvere la situazione, ad essere d’aiuto agli altri ma, prim’ancora, a cercare di non essere di peso. Raschiando davvero il fondo del barile delle proprie forze fisiche e psicologiche. Insomma, magari non cuor di leoni, ma neppure lontanamente dei pusillanimi.
E a questo proposito mi viene spontaneo sottolineare una stringa di numeri: 50-44-44-44-32. Non sono i numeri del lotto, ma le età dei partecipanti. Non proprio sbarbatelli. Tutti con le spalle gravate da acciacchi i quali, a chi più a chi meno, sotto sforzo si sono puntualmente fatti sentire, aggravando quindi il peso dello sforzo stesso. Eppure nonostante questo sono usciti fuori numeri che – se pure in quei momenti, come detto, erano l’ultimo dei pensieri – rivisitati a mente fredda in momenti postumi fanno impressione. Sono il frutto della ribellione a quella che ho definito come la più radicale e interiore delle paure, la paura della resa. E mi viene anche spontaneo riflettere che a quelle età non si tirano fuori con successo certe ribellioni a mo’ di coniglio dal cilindro, così “d’amblè”; certe capacità non s’improvvisano; bensì, evidentemente, sono risorse che possono solo essere il frutto nonché la dimostrazione di un approccio alla vita coltivato per anni con le giuste dosi di diligenza, assennatezza, rigore, amor proprio.
Le ultime righe vorrei dedicarle a Dario e Giuseppe.
Il primo è un essere umano che sembra sfidare le leggi naturali, quella di gravità in primis. Per fare un paragone, se le persone normali fossero dei treni, ebbene lui sarebbe un treno a levitazione magnetica. Capace di camminare toccando il suolo dieci volte di meno. Se lo Stretto di Messina fosse punteggiato da appena qualche centinaio di scoglietti affioranti per pochi centimetri quadrati, ebbene lui sarebbe capace saltellando di attraversarlo tutto senza neppure bagnarsi le scarpe. Camminerebbe sulle acque, in pratica.
Le pietraie più accidentate, i nevai, le superfici più ispide come quelle da noi incontrate si trasformano per lui in goliardiche sfide al suo colpo d’occhio simile alle mappature computerizzate dell’occhio elettronico di un terminator, capace di identificare consistenza, cedevolezza, idoneità di un qualsiasi punto d’appoggio in base ad aspetto, dimensioni, posizione, perfino colore. Solo con un’escursione così poteva trovar modo di dimostrare l’appellativo di “Uomo delle Vaghe Tracce”, con un sapore ben diverso e molto più reverenziale da quello un po’ divertito con cui finora l’avevamo utilizzato Francesco (l’autore) ed il sottoscritto. Ed è così che Dario ha trovato perfino modo, proprio nel corso della discesa maledetta, quella della Val Forcone, di farmi quasi da personal trainer, con uno sfoggio di pazienza e professionalità assoluta, la lucidità e l’imperturbabilità fatte persona. Poliedrico, versatile, la leggiadria e le capacità acrobatiche di un circense applicate all’escursionismo; l’efficienza energetica personificata (invito tutti a verificare subito nella foto dei piatti di pastasciutta la differenza tra il suo e quello di Francesco, in primo piano: c’è solo da ridere!). Sono le difficoltà improvvise a “sbattere” su di lui come su un muro di gomma, e non il contrario ! Di solito quando si dice “non ti si può vedere” è per la bruttezza, nel suo caso è il contrario, vien da dirlo per quanto è abbagliante l’ammirazione che suscita, movimenti e destrezza che sono uno spettacolo per gli occhi. Insomma, una di quelle persone nelle quali ci si sente solo onorati di imbattersi e conoscere, la cui presenza può davvero solo impreziosire forum come questo. Grazie Dario, dal profondo del cuore !
Ed infine Giuseppe. L’anfitrione. Il padrone di casa in tutti i sensi, che la generosità la trasuda e se non la provi non puoi capire cosa significhi. Nel corso del tempo non ho potuto fare a meno di notare una costante con cui chiosa molti suoi racconti, solo ultimo quello del Castore: la sottolineatura dello straordinario potenziale che si sprigiona dall’incontro di persone -magari diversissime per rispettive storie, caratteri, quotidianità esistenziale- avvenuto per giunta quando in genere nella vita si è rassegnati a uno scetticismo e a un disincanto cosmico che porta a non credere neppure più che incontri simili facciano ancora in tempo a realizzarsi. Dopodichè, la soddisfazione nel constatare come questi incontri abbia reso possibile materializzare cose che fino a quel momento erano solo idee, progetti, semplici fantasie. Cose a cui si era dovuto rinunciare, oppure rassegnarsi a fare in solitaria, oppure ancora comprare a mo’ di pacchetto turistico, perdendo quel sapore che possono regalare solo quando vengono pensate, elaborate, organizzate e fatte in autonomia ed amicizia. Ciò che rende possibile questa sorta di misteriosa e miracolosa alchimia è solo una cosa: la comune passione. Che da sola basta a smussare tutte le diversità, a renderle marginali quando non addirittura una vera e propria risorsa comune nel “complementarizzare” le doti diverse di ciascuno, messe al servizio di tutti. Questo è il messaggio implicito che mi è sempre sembrato di leggere tra le righe di Giuseppe e, se così è, mi sento di condividerlo totalmente facendolo mio. Il valore di un’esperienza come questa sta proprio nell’aver veramente messo alla prova la validità di questa convinzione, ed averla dimostrata fondata. Tutt’altra dimensione rispetto a quel criterio famigerato e in fondo un po’ meschino (la “remuneratività”) con cui spesso siamo ahinoi abituati a misurare la riuscita e la gratificazione delle escursioni.

:)
 
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Mi sono messo a letto leggendo ammirato la magia narrativa e analitica di un grande vero potenziale narratore quale Andrea HT, persona provvista di una sensibilità fuori dal comune! Grazie, è stato veramente un piacere leggerti e rivivere le sensazioni che avete provato.
Tornando al livello pratico dell'escursione direi che, stanchezza a parte, un gruppo affiatato ed esperto come il vostro non avrebbe avuto problemi a passare una notte all'addiaccio in attesa della luce del giorno, , considerato le condizioni generali meteorologiche non particolarmente inclementi... Sicuramente avevate messo in conto anch'esso, vero?
 
Primo: come al solito complimenti, sia per l impresa fisico-psicocologica :biggrin: che per i panorami che ci mostrate !
Secondo: complimenti per le foto , bellissime !
Terzo: ammazza quanto magnate ...... ahahahahahah :rofl:
Quarto: vi invidio come al solito..... in senso buono :p
Ps: la farfalla dovrebbe esser questa...l. farfalla Apollo Parnassius apollo - Wikipedia
 
Henry Thoreau ha scritto:
Diciamolo francamente: escursioni come queste [...] a noi e alle nostre velleità e paturnie di avventurieri solitari. Disperante.

:rofl: scendendo verso il Fusco, dopo aver realizzato che i contatti di Giuseppe erano uno alla sagra, l'altro in giro per chissà dove, i familiari ad una festa, etc., mi veniva da ridere sotto i baffi pensando alla stessa cosa. Dal mondo civile arriva beffardo il contrappasso: hai voluto la wilderness? Ti piace? Allora pedala! Un po' alla Seven, quando Kevin Spacey ammazza l'obeso facendolo mangiare troppo...:lol:


Pappaulla ha scritto:
Ps: la farfalla dovrebbe esser questa...l. farfalla Apollo Parnassius apollo - Wikipedia

Grande! Mi pare proprio quella... è anche rara a quanto pare ma nella valle dell'Acquaviva ne ho viste almeno altre due, svolazzanti però!
 
Ultima modifica di un moderatore:
Ciao complimenti per la bellissima escursione.
Io l'avevo fatta l'anno scorso però al contrario risalendo prima la val forcone fino alla carrozza, poi risalendo la cresta delle murelle, cima dell'acquaviva e scendendo per la valle acquaviva fino alla grotta callarelli. e dalla stanchezza rimasi a dormire alla grotta un posto davvero selvaggio e magico. Risalendo la val forcone ero stato all'inizio al centro poi mi ero spostato sulla destra salendo il ripido versante fino alla carrozza. Probabilmente voi scendendo dalla sella tra acquaviva e murelle, siete stati al centro della valle forcone che dopo appunto verso la quota di circa 2000 m non è più percorribile perchè diventa una stretta forra con salti anche molto alti, avreste dovuto traversare sulla vostra sinistra su pendii pietrosi fino a riportarvi di nuovo al centro della valle dopo i salti.
Scendendo nella valle acquaviva avevo individuato una traccia che passava tra i mughi con addirittura alcuni pezzi di plastica e ometti sulla traccia che passa proprio in prossimità del tubo dell'acquedotto che a volte si intravede.
Comunque questa è una delle più belle e selvaggie escursioni nella maiella
ciao
 
Ciao complimenti per la bellissima escursione.
Io l'avevo fatta l'anno scorso però al contrario risalendo prima la val forcone fino alla carrozza, poi risalendo la cresta delle murelle, cima dell'acquaviva e scendendo per la valle acquaviva fino alla grotta callarelli. e dalla stanchezza rimasi a dormire alla grotta un posto davvero selvaggio e magico. Risalendo la val forcone ero stato all'inizio al centro poi mi ero spostato sulla destra salendo il ripido versante fino alla carrozza. Probabilmente voi scendendo dalla sella tra acquaviva e murelle, siete stati al centro della valle forcone che dopo appunto verso la quota di circa 2000 m non è più percorribile perchè diventa una stretta forra con salti anche molto alti, avreste dovuto traversare sulla vostra sinistra su pendii pietrosi fino a riportarvi di nuovo al centro della valle dopo i salti.
Scendendo nella valle acquaviva avevo individuato una traccia che passava tra i mughi con addirittura alcuni pezzi di plastica e ometti sulla traccia che passa proprio in prossimità del tubo dell'acquedotto che a volte si intravede.
Comunque questa è una delle più belle e selvaggie escursioni nella maiella
ciao

Ciao,
hai fotografato a perfezione i punti topici che hanno contrassegnato l'escursione.
Quel fatto di tenersi sulla sinistra nello scendere (immagino suppergiù a mezzacosta) anziché infilarsi al centro nel pieno della Val Forcone è stata una cosa che il nostro Maiellaro ha ripetuto fino alla nausea essergli stata suggerita in precedenza da un amico a cui aveva chiesto consigli, anche se in modo molto generico sicchè non era in grado di capire bene cosa volesse dire in pratica, insomma un suggerimento che non riusciva a tradurre in sostanza operativa.
Così quel "me l'aveva detto di tenerci sulla sinistra!", "tenetevi sulla sinistra!", "tenetevi sulla sinistra!", "tenetevi sulla sinistra!" m'è sembrato un mantra che mi sono sognato pure la notte, al punto che mi son domandato se fosse invece tutt'altro, cioè un'indicazione di voto alle prossime elezioni :rofl:

Altro tormentone sono stati gli ometti tra i pini mughi, che hai citato: mentre eravamo nel pieno del labirinto a un certo punto ci è venuto spontaneo pensare che gli autori di quegli omini fossero in realtà dei malfattori alla stregua dell'autore della cartina farlocca, al punto che per sommo spregio Dario ne ha BUTTATO GIU' uno con la piena convinzione (arcicondivisa) di compiere un'opera di benemerenza civica :biggrin::lol:
In effetti qualcuno dovrebbe spiegare il senso di fare omini tra i pini, laddove la loro funzione è quella di essere visibili da lontano per fornire orientamento tra gli spazi più ampi possibili (come le pietraie sommitali dell' Acquaviva), mentre là in mezzo era già un miracolo trovare 50 cm. liberi tra un alberello e l'altro: un vero controsenso, per giunta sadico.

Per Francesco: stavamo pensando all'unisono :D In effetti non rappresenta proprio il massimo della dignità la sola idea di chiedere aiuto (ovvero rompere le scatole) a qualcuno che stava A SAGRE dopo averlo magari compatito fino a un minuto prima come l'emblema di concezioni ai nostri antipodi ... :biggrin::biggrin:

:)
 
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