Vorrei scrivere un topic per parlare di un argomento molto interessante per gli appassionati di lame e di storia italiana, le lame etrusche. In particolare farò riferimento ad uno studio universitario di archeometallurgia su due spade etrusche. Questo settore a metà tra la siderurgia e l'archeologia si chiama appunto archeometallurgia e consiste nello studio, con tecniche moderne, di lame e acciai del passato.
Questo argomento è particolarmente interessante in relazione alle lame etrusche per due motivi, il primo è che probabilmente in termini di acciaio, sono le prime spade con acciaio al carbonio forgiate a strati, con la tecnica "a pacchetto", giunte sino a noi. In Italia, prima c'era l'età del bronzo e prima ancora l'età della pietra e molto probabilmente prima si usavano strumenti in rame e pietra (vedi Otzi). Il secondo motivo è che gli etruschi, le loro tecniche, le loro miniere, i loro processi estrattivi sono stati rilevati dai romani, ed hanno contribuito in parte a rendere grande l'impero romano, ma è poi proprio a causa dei romani che queste tecniche sono poi andate perdute.
Comunque si avete capito bene, gli etruschi erano in grado di forgiare spade con la tecnica a pacchetto, usando più strati di acciaio diversi per tenore di carbonio oppure forgiando blumi di acciaio, sempre a diverso tenore di carbonio. Quello che poi ha reso famose dall'altra parte del mondo le katane e le lame giapponesi durante e dopo il medioevo. Una delle tecniche giapponesi più famose, è proprio quella di forgiare acciai a diverso tenore di carbonio, combinandoli a strati. Il San mai è appunto un tipo di acciaio che fa parte di questa categoria. Ecco gli etruschi erano in grado di realizzare qualcosa di concettualmente davvero simile al san mai, che risale al 1300 dc in Giappone; ben 2000 anni prima, ovvero nel VII sec. ac. E questa è la data a cui risale uno dei due ritrovamenti più antichi analizzati nell'articolo scientifico a cui faccio riferimento per la scrittura di questo topic. Ma andiamo con ordine, il topic sarà lungo e se riesco anche abbastanza colorito e piacevole da leggere.
Il tutto parte in toscana, nella preistoria, con le miniere dell'isola d'Elba e della costa, nella zona di Piombino, di rame e di ferro. Ricordate l'ascia di Otzi, manico in Tasso, lama in rame, con bisello convesso a zero, ebbene quella è fatta con rame della toscana (zona di Campiglia Marittima, vicino Piombino, provincia di Livorno), secondo sempre le analisi dell'archeometallurgia. https://www.repubblica.it/scienze/2017/07/06/news/l_ascia_di_o_tzi_era_made_in_tuscany_-170138806/
Molto probabilmente le popolazioni del nord Italia, scambiavano pellicce o utensili con le popolazioni del centro o della val padana, che a loro volta si procuravano utensili di rame dalle popolazioni che sarebbero poi diventati gli etruschi di Toscana, Umbria e Lazio. Asce del genere sono state trovate da Mantova fino all'austria, sempre provenienti dalla toscana. Non deve stupire, gli antichi erano molto esperti nel navigare i fiumi e nell'arte del baratto. Basti pensare che utensili in ossidiana provenienti da lipari, sono stati trovati in tombe neolitiche del trentino. Questo seppure sembri strano, mi fa comunque sorridere se penso che rapporti commerciali del genere esistevano e probabilmente ci caratterizzavano già come paese così tanti anni fa. Poi le miniere in questione sono state appunto rilevate dagli etruschi o i popoli stessi che le gestivano sono poi diventati gli etruschi a partire dal VII secolo ac. https://it.wikipedia.org/wiki/Storia_dell'isola_d'Elba
I metalli estratti sull'isola d'Elba, o estratti sulla costa erano poi lavorati a Piombino. I vari nomi dei luoghi ricordano appunto una storia molto antica legata ai metalli e alla loro lavorazione( piombino, portoferraio, monte calamita ecc.). L'importanza storica delle miniere dell'isola d'Elba arriva fino ed oltre alla metà del 1900, mentre alcune aziende siderurgiche a Piombino sono attive tuttora. Da un punto di vista geologico, la miniera di capoliveri a capo calamita, sull'isola del'Elba, usata per il rame, contiene dei minerali del rame (azzurrite, malachite, crisocolla), che sono probabilmente alcune delle rocce emerse più antiche di tutta l'italia, risalgono a più di mezzo miliardo di anni fa.
Metto alcune foto, tutte prese da internet, tutte dell'isola d'elba.
malachite
Crisocolla
Azzurrite
I resti delle lavorazioni trovati nella zona di Piombino ci dicono che il rame e successivamente il ferro erano estratti tramite fusione, in dei forni costruiti scavando nel terreno. Il ferro era estratto invece da minerali quali ematite, magnetite, limonite, calcopirite, pirite, ghoetite e siderite (non presente in Toscana), sempre trovabili nell'isola d'elba e nella zona di piombino. In questo caso nell'isola d'elba era sfruttata la miniera di Rio marina.
Metto la foto dei due minerali più famosi dell'isola d'elba, l'ematite a rosette e la pirite
Pirite (disolfuro di ferro (II) (FeS2))
Ematite (ossido di ferro, Fe2O3)
Da questi minerali, messi in forni scavati, una tecnologia primitiva, se così possiamo dire, si ottenevano per fusione dei composti di ferro e carbonio, a diverse gradazioni e una larga quantità di impurità e scorie varie. Quindi avendo ferro e carbonio si parla già di acciaio al carbonio. Il modo per raffinarne la composizione, eliminando le impurità è la forgiatura. I fabbri etruschi probabilmente erano perfettamente in grado di capire dalla forgia, anche in base al colore, il tipo di composto che avevano davanti e hanno sviluppato la tecnica della forgiatura a pacchetto, per combinare insieme le proprietà dei vari acciai al carbonio e ottenere così lame che avessero una buona dose di elasticità e resilienza, ma che allo stesso tempo fossero taglienti. Il tutto, come dicevo ben 2000 anni prima dell'inizio dell'epoca d'oro delle katane in Giappone. Storicamente parlando, sono state trovate anche in Italia, lame con ferro meteoritico, usato sempre nella tecnica a pacchetto, in quanto le sideriti, un tipo di meteorite ferroso, hanno una composizione molto simile a quella del nucleo della Terra e molto simile ad un acciaio e ciò permetteva di risparmiare sulle materie prime, saltando anche tutta la parte della fusione, avendo già un materiale più nobile con cui partire nella saldatura e forgiatura. Uscendo un attimo dalla storia ed entrando nella leggenda, si dice che il bowie di Jim Bowie fosse stato forgiato da Black con una tecnica segreta che prevedeva l'uso di una siderite (meteorite) per l'acciaio e che lo stesso Black si portò poi nella tomba. Sempre restando nella leggenda sembra che excalibur, la spada per eccellenza, qualora fosse mai esistita, sia stata creata con l'acciaio di un meteorite, inviato dal cielo per il futuro re della Britannia. Che siano vere oppure no, è ovvio che queste leggende si basano su tradizioni millenarie, tramandate dagli antichi popoli.
Tornando alle lame etrusche ecco l'articolo principale che ha inspirato e su cui si basa questo mio topic:
http://www.aimnet.it/allpdf/pdf_pubbli/9_06/Mapelli.pdf
Ringrazio i vari autori ( C. Mapelli , W. Nicodemi, R. Venturini, R. Riva; Politecnico di Milano, Dipartimento di Meccanica, Sezione Materiali per Applicazioni Meccaniche Memoria presentata al Convegno AIM “Metalli in Etruria: dalla produzione antica alla copia moderna”, Roma, 16 giugno 2005 ) per la condivisione delle loro analisi e dei loro studi, con la comunità scientifica. Il merito e i diritti dell'articolo ovviamente va a loro.
I due manufatti su cui si è basto lo studio sono:
1) La “Lama Falcata di Vetulonia”, del VII sec. a.c.
2) La "Daga di Chiusi", del III sec. a.c.
Il ritrovamento più antico è una spada falcata proveniente da Vetulonia risalente al VII sec. a.C. , mentre il reperto trovato presso Chianciano, noto come Daga di Chiusi, è stato probabilmente prodotto nel III sec. a.C., sebbene non siano disponibili informazioni più precise poiché solo nel 1915 è stato acquistato dallo Stato Italiano da una collezione privata insieme a vasi ceramici provenienti da una tomba etrusca datati III sec. a.C. La lama falcata di Vetulonia risulta lunga 58 cm, mentre la daga di Chiusi misura 40 cm
La falcata è una spada ricurva che si è diffusa in tutta Europa diversi secoli prima dei romani. La sua origine non è chiara, probabilmente è greca, il kopis greco (tipico nel nostro immaginario dei 300 spartani delle termopili) è a tutti gli effetti una falcata. Quella etrusca è una delle falcate più antiche, successivamente si è diffusa in varie zone d'europa, tra cui la penisola iberica con la falcata iberica.
Nell'immagine sottostante si vede un kopis greco o falcata greca del V secolo a.c.
Qua una ricostruzione di come era una falcata etrusca a confronto con la daga etrusca, queste sono a grandi linee le ricostruzioni di come erano le due spade etrusche giunte fino a noi.
Ovviamente le spade in questione hanno sentito il peso degli anni e parte delle lame sono state corrose, questo è ciò che rimane della daga di Chiusi, la falcata non è in condizioni migliori purtroppo, ma ovviamente gli acciai sono stati analizzati e studiati in laboratorio. Per gli esperti e i curiosi consiglio la lettura dell'articolo integrale di cui sopra, per i dettagli tecnici e i tipi di analisi fatte. La parte sottostante è presa dall'articolo, copiando le parti più salienti e i punti più importanti.
La lama della spada Falcata di Vetulonia
Le osservazioni realizzate mediante lo stereo-microscopio hanno permesso l’individuazione di strati a differente tenore di carbonio, che risultano ben distinti dalla netta differenza cromatica prodotta dal macroattacco. Le analisi chimiche realizzate con uno spettrometro hanno rilevato che all’interno delle regioni caratterizzate dalla presenza di perlite c’è una presenza media di carbonio di 0.15- 0.25%, mentre le strisce caratterizzate dalla quasi completa presenza di ferrite sono caratterizzate da un contenuto medio di carbonio di 0.05-0.07%. Inoltre il contenuto medio di silicio, di alluminio e di manganese è rispettivamente 0.01, 6*10-4, 0.05 %. Le inclusioni non metalliche sono principalmente rappresentate da aggregati di due diverse fasi: una composta da di FeO.SiO2 e una ricca di FeOx. La separazione dei diversi strati è ben evidenziata dalla presenza di inclusioni, differenti da quelle presenti all’interno della matrice metallica, caratterizzate da un maggiore contenuto di FeOx , che qui raggiunge il 91%. Benché il processo di corrosione abbia compromesso l’integrità delle zone laterali della spada attraverso evidenti processi di ossidazione, l’organizzazione delle strisce di acciaio vicino alla lama nei due campioni analizzati ha evidenziato la presenza di cinque strati saldati: un cuore centrale di ferro quasi puro, due strati laterali con una significativa presenza di perlite e ulteriori strati ferritici esterni. I costituenti strutturali rilevati mediante attacco chimico mostrano, come anticipato, la presenza di perlite e ferrite.
L’organizzazione in cinque differenti strati, che è stata rilevata pur in presenza di processi corrosivi, i quali hanno distrutto gli strati più esterni su una grande area della regione laterale stessa della lama, rappresenta un esempio della tecnica chiamata “a pacchetto”. Le osservazione condotte con tecniche più moderne sembrano confermare le ipotesi circa la configurazione originale dei differenti strati saldati. Le inclusioni non metalliche dovute all’intrappolamento della scoria e le inclusioni formate o modificate durante il processo di saldatura possono essere distinte dall’alto contenuto di FeOx di queste ultime. L’incremento mostrato di ossido di ferro è probabilmente dovuto all’ulteriore ossidazione realizzata durante il processo di saldatura. Questa osservazione offre un buon metodo per identificare il numero degli strati saldati attraverso la determinazione del numero delle serie di inclusioni non metalliche allineate a separare i differenti strati. E’ possibile supporre che le inclusioni non metalliche, lunghe e allineate, che caratterizzano la linea di separazione lungo gli strati sono strati di ferro ossidato residuali che si sono formati sulla superficie appena prima e durante le operazioni di forgiatura e di saldatura. L’analisi del processo di riduzione della lama di Vetulonia ha mostrato che il forno e il processo di combustione che avviene ha permesso di raggiungere una temperatura media di riduzione appena sotto i 1200°C. Durante le seguenti operazioni di forgiatura gli strati interessati dalla deformazione plastica sviluppano l’entalpia attraverso la quale una larga parte del lavoro applicato viene dissipato. L’incremento termico relativo alla deformazione plastica può essere stimato in 120-140°C, ma tra le superfici dei differenti strati ulteriore calore può essere sviluppato mediante la frizione che implica un aumento di circa 100- 120°C. La somma di questi differenti contributi può permettere l’unione localizzata dell’acciaio attraverso un processo analogo a quello della moderna saldatura per frizione. Invece, gli strati esterni sembra abbiano subito un più completo processo di ricottura. Questo è probabilmente dovuto al fatto che lo sviluppo del calore interessa maggiormente gli strati che sono più deformati dal contatto con gli attrezzi da lavoro. La resistenza è stata inoltre aumentata, nella lama della spada di Vetulonia, mediante un rapido raffreddamento che ha prodotto ferrite aciculare. Nonostante gli antichi artigiani non conoscessero questi aspetti cristallografici, essi avevano certamente trovato che il processo termico realizzato su queste strutture saldate per frizione era adatto per la produzione delle armi.
Daga di Chiusi
La microstruttura rivelata dall’attacco metallografico mostra una sequenza ben definita di costituenti strutturali. Le inclusioni non metalliche contenute nel reperto proveniente da Chiusi sono costituite prevalentemente da FeO.SiO2 , come nel caso della lama falcata di Vetulonia; è inoltre da sottolineare la presenza, in modo non abbondante, di SiO2 pura. La frequenza delle inclusioni caratterizzate da un alto tenore di FeO (>75%) è del 21% sull’intera popolazione, ovvero meno della metà di quanto rilevato nella lama da Vetulonia. La proprietà più interessante dei costituenti strutturali osservati è il progressivo aumento del tenore di carbonio dalla costola al tagliente della lama. La sequenza di microstrutture lungo questo percorso permette di identificare una serie dettagliata: si parte da una struttura completamente ferritica in corrispondenza della costola della spada, con i grani di ferrite circondati da cluster di cementite sferoidale, seguita da una combinazione di grani ferritici e perlitici, la cui frazione in volume aumenta progressivamente, fino a diventare prevalente in corrispondenza del tagliente, a testimonianza dell’aumento del tenore di carbonio. È poi da notare la presenza di bande allungate e ben definite, costituite da grani grossolani di ferrite, vicino al tagliente. Il tenore di carbonio nella ferrite varia in un intervallo di 0,05÷0,08%, mentre il suo valore medio nell’intorno del tagliente si approssima a 0,35÷0,4%. Il contenuto medio di Si è di 0,01%, quello dell’Al è del 8*10-4%, mentre quello del Mn è 3*10-3.
Le osservazioni fatte permettono di affermare che la tecnologia di produzione non è stata la saldatura di masselli per bollitura, ma piuttosto la forgiatura di un blumo di acciaio a tenore di carbonio variabile. Un’altra possibilità legata alla presenza del gradiente di carbonio è quella di un trattamento di carburazione, peraltro giustificata da altri ritrovamenti che hanno permesso tale ricostruzione del processo produttivo. Il blumo di partenza ha un gradiente del tenore di carbonio che può essere sfruttato per modulare le microstrutture risultanti e le conseguenti proprietà meccaniche. L’assenza di evidenti saldature, assieme all’indicazione di inclusioni ricche in FeOx, concorrono nel supportare l’ipotesi che la tecnologia produttiva non sia stata la bollitura di masselli di acciaio a differente composizione. Sulla base delle valutazioni stabilite per la lama di Vetulonia, è possibile affermare che gli strati esterni hanno subito un trattamento termo-meccanico a temperature superiori di 100÷150°C a quelle degli strati interni.
Conclusione dello studio
E’ sorprendente che, nonostante gli antichi artigiani Etruschi non fossero a conoscenza di approfondite conoscenze circa i principi di base propri della metallurgia fisica e della metallurgia meccanica, siano riusciti a realizzare prodotti di livello qualitativamente interessante quali le due lame prese in esame. In particolare, la più antica delle due rinvenuta presso Vetulonia rappresenta un tipico esempio di spada a pacchetto (pattern welding) che possiede forti analogie con il moderno processo di saldatura per attrito. I campioni della spada proveniente da Chiusi sembrano essere, invece, stati realizzati a partire da un blumo che, a seguito del processo di riduzione, doveva essere caratterizzato da un significativo gradiente nel contenuto di carbonio. D’altra parte, non si può escludere che tale gradiente possa essere stato indotto attraverso un processo di carburazione, circostanza che potrebbe gettare una nuova luce sull’esperienza sviluppata da Etruschi e Romani nella realizzazione dei trattamenti termomeccanici. Il computo dell’equilibrio termodinamico realizzato sulla base dei dati concernenti la composizione chimica della matrice metallica, delle scorie e delle inclusioni non metalliche ha permesso di ipotizzare una plausibile temperatura media dei mezzi di riduzione pari a 1163°C per la lama di Vetulonia e a 1237°C per quella proveniente da Chiusi. Nella struttura a pacchetto riscontrata nella lama di Vetulonia l’attrito, che si sviluppa tra le diverse lamine di materiale durante il processo di forgiatura, può aver comportato un ulteriore incremento di temperatura che dovrebbe promuovere il processo di formazione di un giunto in fase solida tra i diversi strati. Il giunto, nel caso esaminato, è stato realizzato attraverso la saldatura di cinque lamine: una a cuore e due laterali di ferrite e due strati intermedi arricchiti di carbonio, che dà luogo alla presenza di perlite e di ferrite aciculare, a seguito del raffreddamento. Gli antichi reperti esaminati indicano un’indiscutibile abilità metallurgica sviluppata in ambito etrusco.
Si può dire che queste conoscenze, sono state molto probabilmente passate ai romani, per quello che riguarda miniere, forni, estrazione del ferro, forma delle spade, forgiatura, tecniche a pacchetto ecc. Purtroppo queste tecniche etrusche si sono perse nel corso dei secoli, molto probabilmente sono stati gli stessi romani a perderle nel periodo massimo della loro espansione. Infatti il classico gladio dell'esercito romano era un'arma corta, derivata dalla daga, ed era data a tutti i vari legionari. Ora le legioni romane avevano circa 5000 uomini, più le varie unità di supporto (cuochi. medici ecc.) e c'erano diverse legioni sparse per l'Europa. Dare a tutti una spada di alta qualità era insostenibile, mentre dare a tutti una buona spada, monoacciaio era sicuramente una scelta più semplice. Purtroppo il progresso in campo bellico non sempre è andato d'accordo con la qualità dell'acciaio. Anche in Giappone moltissime tecniche di forgiatura e di costruzione delle Katane, sono andate perse nei secoli, l'epoca d'oro, anche da loro non è più stata raggiunta. Ovviamente non sto dicendo, e lo scrivo per non essere frainteso, che l'acciaio degli etruschi era superiore a quello delle katane giapponesi, un paragone del genere è insostenibile.... le separano secoli, materiali di partenza diversi, forme diverse, tecniche di combattimento diverse ecc. Katane nihonto (cioè originali, vecchie di secoli) giapponesi, sono giunte fino a noi primo perchè sono molto più recenti, e secondo perchè loro le passavano di generazione in generazione, come lascito e tesoro di quella famiglia, venerandole, dando un nome alle più famose, credendo che avessero un'anima.... pulendole e oliandole, smontandole e rimontandole, senza lasciare impronte con le dita di continuo, un livello di cura maniacale che rasenta la religiosità e che ha permesso di conservarle attraverso i secoli. Gli stessi forgiatori erano considerati maestri e tenuti in altissima considerazione nella società giapponese.
Tuttavia pur considerando tutto ciò, è innegabile che l'acciaio al carbonio non l'hanno inventato loro, che molte tecniche costruttive a strati erano usate millenni prima in altre parti del mondo, sempre ad alti livelli qualitativi. Che gli etruschi in Italia sono stati una parte fondante dell'impero romano e di quello che è oggi l'Italia. Per questo mi sono interessato a condividere con voi queste informazioni.... anche noi vantiamo una storia importante nella metallurgia, e non dobbiamo invidiare e osannare per forza i giapponesi, quando abbiamo in casa storie altrettanto interessanti.
Chiudo dicendo che è estremamente affascinante studiare e capire come nel corso dei vari secoli e in vari luoghi della Terra gli antichi popoli hanno scoperto ed usato tecniche similari per forgiare lame, utensili vari e spade. Il fascino della forgia, del martello che batte e da forma all'acciaio, il caldo e le scintille sprigionato dal metallo rovente attraversa i secoli, i continenti e giunge oggi come ieri al cuore dell'uomo.
Questo argomento è particolarmente interessante in relazione alle lame etrusche per due motivi, il primo è che probabilmente in termini di acciaio, sono le prime spade con acciaio al carbonio forgiate a strati, con la tecnica "a pacchetto", giunte sino a noi. In Italia, prima c'era l'età del bronzo e prima ancora l'età della pietra e molto probabilmente prima si usavano strumenti in rame e pietra (vedi Otzi). Il secondo motivo è che gli etruschi, le loro tecniche, le loro miniere, i loro processi estrattivi sono stati rilevati dai romani, ed hanno contribuito in parte a rendere grande l'impero romano, ma è poi proprio a causa dei romani che queste tecniche sono poi andate perdute.
Comunque si avete capito bene, gli etruschi erano in grado di forgiare spade con la tecnica a pacchetto, usando più strati di acciaio diversi per tenore di carbonio oppure forgiando blumi di acciaio, sempre a diverso tenore di carbonio. Quello che poi ha reso famose dall'altra parte del mondo le katane e le lame giapponesi durante e dopo il medioevo. Una delle tecniche giapponesi più famose, è proprio quella di forgiare acciai a diverso tenore di carbonio, combinandoli a strati. Il San mai è appunto un tipo di acciaio che fa parte di questa categoria. Ecco gli etruschi erano in grado di realizzare qualcosa di concettualmente davvero simile al san mai, che risale al 1300 dc in Giappone; ben 2000 anni prima, ovvero nel VII sec. ac. E questa è la data a cui risale uno dei due ritrovamenti più antichi analizzati nell'articolo scientifico a cui faccio riferimento per la scrittura di questo topic. Ma andiamo con ordine, il topic sarà lungo e se riesco anche abbastanza colorito e piacevole da leggere.
Il tutto parte in toscana, nella preistoria, con le miniere dell'isola d'Elba e della costa, nella zona di Piombino, di rame e di ferro. Ricordate l'ascia di Otzi, manico in Tasso, lama in rame, con bisello convesso a zero, ebbene quella è fatta con rame della toscana (zona di Campiglia Marittima, vicino Piombino, provincia di Livorno), secondo sempre le analisi dell'archeometallurgia. https://www.repubblica.it/scienze/2017/07/06/news/l_ascia_di_o_tzi_era_made_in_tuscany_-170138806/
Molto probabilmente le popolazioni del nord Italia, scambiavano pellicce o utensili con le popolazioni del centro o della val padana, che a loro volta si procuravano utensili di rame dalle popolazioni che sarebbero poi diventati gli etruschi di Toscana, Umbria e Lazio. Asce del genere sono state trovate da Mantova fino all'austria, sempre provenienti dalla toscana. Non deve stupire, gli antichi erano molto esperti nel navigare i fiumi e nell'arte del baratto. Basti pensare che utensili in ossidiana provenienti da lipari, sono stati trovati in tombe neolitiche del trentino. Questo seppure sembri strano, mi fa comunque sorridere se penso che rapporti commerciali del genere esistevano e probabilmente ci caratterizzavano già come paese così tanti anni fa. Poi le miniere in questione sono state appunto rilevate dagli etruschi o i popoli stessi che le gestivano sono poi diventati gli etruschi a partire dal VII secolo ac. https://it.wikipedia.org/wiki/Storia_dell'isola_d'Elba
I metalli estratti sull'isola d'Elba, o estratti sulla costa erano poi lavorati a Piombino. I vari nomi dei luoghi ricordano appunto una storia molto antica legata ai metalli e alla loro lavorazione( piombino, portoferraio, monte calamita ecc.). L'importanza storica delle miniere dell'isola d'Elba arriva fino ed oltre alla metà del 1900, mentre alcune aziende siderurgiche a Piombino sono attive tuttora. Da un punto di vista geologico, la miniera di capoliveri a capo calamita, sull'isola del'Elba, usata per il rame, contiene dei minerali del rame (azzurrite, malachite, crisocolla), che sono probabilmente alcune delle rocce emerse più antiche di tutta l'italia, risalgono a più di mezzo miliardo di anni fa.
Metto alcune foto, tutte prese da internet, tutte dell'isola d'elba.
malachite
Crisocolla
Azzurrite
I resti delle lavorazioni trovati nella zona di Piombino ci dicono che il rame e successivamente il ferro erano estratti tramite fusione, in dei forni costruiti scavando nel terreno. Il ferro era estratto invece da minerali quali ematite, magnetite, limonite, calcopirite, pirite, ghoetite e siderite (non presente in Toscana), sempre trovabili nell'isola d'elba e nella zona di piombino. In questo caso nell'isola d'elba era sfruttata la miniera di Rio marina.
Metto la foto dei due minerali più famosi dell'isola d'elba, l'ematite a rosette e la pirite
Pirite (disolfuro di ferro (II) (FeS2))
Ematite (ossido di ferro, Fe2O3)
Da questi minerali, messi in forni scavati, una tecnologia primitiva, se così possiamo dire, si ottenevano per fusione dei composti di ferro e carbonio, a diverse gradazioni e una larga quantità di impurità e scorie varie. Quindi avendo ferro e carbonio si parla già di acciaio al carbonio. Il modo per raffinarne la composizione, eliminando le impurità è la forgiatura. I fabbri etruschi probabilmente erano perfettamente in grado di capire dalla forgia, anche in base al colore, il tipo di composto che avevano davanti e hanno sviluppato la tecnica della forgiatura a pacchetto, per combinare insieme le proprietà dei vari acciai al carbonio e ottenere così lame che avessero una buona dose di elasticità e resilienza, ma che allo stesso tempo fossero taglienti. Il tutto, come dicevo ben 2000 anni prima dell'inizio dell'epoca d'oro delle katane in Giappone. Storicamente parlando, sono state trovate anche in Italia, lame con ferro meteoritico, usato sempre nella tecnica a pacchetto, in quanto le sideriti, un tipo di meteorite ferroso, hanno una composizione molto simile a quella del nucleo della Terra e molto simile ad un acciaio e ciò permetteva di risparmiare sulle materie prime, saltando anche tutta la parte della fusione, avendo già un materiale più nobile con cui partire nella saldatura e forgiatura. Uscendo un attimo dalla storia ed entrando nella leggenda, si dice che il bowie di Jim Bowie fosse stato forgiato da Black con una tecnica segreta che prevedeva l'uso di una siderite (meteorite) per l'acciaio e che lo stesso Black si portò poi nella tomba. Sempre restando nella leggenda sembra che excalibur, la spada per eccellenza, qualora fosse mai esistita, sia stata creata con l'acciaio di un meteorite, inviato dal cielo per il futuro re della Britannia. Che siano vere oppure no, è ovvio che queste leggende si basano su tradizioni millenarie, tramandate dagli antichi popoli.
Tornando alle lame etrusche ecco l'articolo principale che ha inspirato e su cui si basa questo mio topic:
http://www.aimnet.it/allpdf/pdf_pubbli/9_06/Mapelli.pdf
Ringrazio i vari autori ( C. Mapelli , W. Nicodemi, R. Venturini, R. Riva; Politecnico di Milano, Dipartimento di Meccanica, Sezione Materiali per Applicazioni Meccaniche Memoria presentata al Convegno AIM “Metalli in Etruria: dalla produzione antica alla copia moderna”, Roma, 16 giugno 2005 ) per la condivisione delle loro analisi e dei loro studi, con la comunità scientifica. Il merito e i diritti dell'articolo ovviamente va a loro.
I due manufatti su cui si è basto lo studio sono:
1) La “Lama Falcata di Vetulonia”, del VII sec. a.c.
2) La "Daga di Chiusi", del III sec. a.c.
Il ritrovamento più antico è una spada falcata proveniente da Vetulonia risalente al VII sec. a.C. , mentre il reperto trovato presso Chianciano, noto come Daga di Chiusi, è stato probabilmente prodotto nel III sec. a.C., sebbene non siano disponibili informazioni più precise poiché solo nel 1915 è stato acquistato dallo Stato Italiano da una collezione privata insieme a vasi ceramici provenienti da una tomba etrusca datati III sec. a.C. La lama falcata di Vetulonia risulta lunga 58 cm, mentre la daga di Chiusi misura 40 cm
La falcata è una spada ricurva che si è diffusa in tutta Europa diversi secoli prima dei romani. La sua origine non è chiara, probabilmente è greca, il kopis greco (tipico nel nostro immaginario dei 300 spartani delle termopili) è a tutti gli effetti una falcata. Quella etrusca è una delle falcate più antiche, successivamente si è diffusa in varie zone d'europa, tra cui la penisola iberica con la falcata iberica.
Nell'immagine sottostante si vede un kopis greco o falcata greca del V secolo a.c.
Qua una ricostruzione di come era una falcata etrusca a confronto con la daga etrusca, queste sono a grandi linee le ricostruzioni di come erano le due spade etrusche giunte fino a noi.
Ovviamente le spade in questione hanno sentito il peso degli anni e parte delle lame sono state corrose, questo è ciò che rimane della daga di Chiusi, la falcata non è in condizioni migliori purtroppo, ma ovviamente gli acciai sono stati analizzati e studiati in laboratorio. Per gli esperti e i curiosi consiglio la lettura dell'articolo integrale di cui sopra, per i dettagli tecnici e i tipi di analisi fatte. La parte sottostante è presa dall'articolo, copiando le parti più salienti e i punti più importanti.
La lama della spada Falcata di Vetulonia
Le osservazioni realizzate mediante lo stereo-microscopio hanno permesso l’individuazione di strati a differente tenore di carbonio, che risultano ben distinti dalla netta differenza cromatica prodotta dal macroattacco. Le analisi chimiche realizzate con uno spettrometro hanno rilevato che all’interno delle regioni caratterizzate dalla presenza di perlite c’è una presenza media di carbonio di 0.15- 0.25%, mentre le strisce caratterizzate dalla quasi completa presenza di ferrite sono caratterizzate da un contenuto medio di carbonio di 0.05-0.07%. Inoltre il contenuto medio di silicio, di alluminio e di manganese è rispettivamente 0.01, 6*10-4, 0.05 %. Le inclusioni non metalliche sono principalmente rappresentate da aggregati di due diverse fasi: una composta da di FeO.SiO2 e una ricca di FeOx. La separazione dei diversi strati è ben evidenziata dalla presenza di inclusioni, differenti da quelle presenti all’interno della matrice metallica, caratterizzate da un maggiore contenuto di FeOx , che qui raggiunge il 91%. Benché il processo di corrosione abbia compromesso l’integrità delle zone laterali della spada attraverso evidenti processi di ossidazione, l’organizzazione delle strisce di acciaio vicino alla lama nei due campioni analizzati ha evidenziato la presenza di cinque strati saldati: un cuore centrale di ferro quasi puro, due strati laterali con una significativa presenza di perlite e ulteriori strati ferritici esterni. I costituenti strutturali rilevati mediante attacco chimico mostrano, come anticipato, la presenza di perlite e ferrite.
L’organizzazione in cinque differenti strati, che è stata rilevata pur in presenza di processi corrosivi, i quali hanno distrutto gli strati più esterni su una grande area della regione laterale stessa della lama, rappresenta un esempio della tecnica chiamata “a pacchetto”. Le osservazione condotte con tecniche più moderne sembrano confermare le ipotesi circa la configurazione originale dei differenti strati saldati. Le inclusioni non metalliche dovute all’intrappolamento della scoria e le inclusioni formate o modificate durante il processo di saldatura possono essere distinte dall’alto contenuto di FeOx di queste ultime. L’incremento mostrato di ossido di ferro è probabilmente dovuto all’ulteriore ossidazione realizzata durante il processo di saldatura. Questa osservazione offre un buon metodo per identificare il numero degli strati saldati attraverso la determinazione del numero delle serie di inclusioni non metalliche allineate a separare i differenti strati. E’ possibile supporre che le inclusioni non metalliche, lunghe e allineate, che caratterizzano la linea di separazione lungo gli strati sono strati di ferro ossidato residuali che si sono formati sulla superficie appena prima e durante le operazioni di forgiatura e di saldatura. L’analisi del processo di riduzione della lama di Vetulonia ha mostrato che il forno e il processo di combustione che avviene ha permesso di raggiungere una temperatura media di riduzione appena sotto i 1200°C. Durante le seguenti operazioni di forgiatura gli strati interessati dalla deformazione plastica sviluppano l’entalpia attraverso la quale una larga parte del lavoro applicato viene dissipato. L’incremento termico relativo alla deformazione plastica può essere stimato in 120-140°C, ma tra le superfici dei differenti strati ulteriore calore può essere sviluppato mediante la frizione che implica un aumento di circa 100- 120°C. La somma di questi differenti contributi può permettere l’unione localizzata dell’acciaio attraverso un processo analogo a quello della moderna saldatura per frizione. Invece, gli strati esterni sembra abbiano subito un più completo processo di ricottura. Questo è probabilmente dovuto al fatto che lo sviluppo del calore interessa maggiormente gli strati che sono più deformati dal contatto con gli attrezzi da lavoro. La resistenza è stata inoltre aumentata, nella lama della spada di Vetulonia, mediante un rapido raffreddamento che ha prodotto ferrite aciculare. Nonostante gli antichi artigiani non conoscessero questi aspetti cristallografici, essi avevano certamente trovato che il processo termico realizzato su queste strutture saldate per frizione era adatto per la produzione delle armi.
Daga di Chiusi
La microstruttura rivelata dall’attacco metallografico mostra una sequenza ben definita di costituenti strutturali. Le inclusioni non metalliche contenute nel reperto proveniente da Chiusi sono costituite prevalentemente da FeO.SiO2 , come nel caso della lama falcata di Vetulonia; è inoltre da sottolineare la presenza, in modo non abbondante, di SiO2 pura. La frequenza delle inclusioni caratterizzate da un alto tenore di FeO (>75%) è del 21% sull’intera popolazione, ovvero meno della metà di quanto rilevato nella lama da Vetulonia. La proprietà più interessante dei costituenti strutturali osservati è il progressivo aumento del tenore di carbonio dalla costola al tagliente della lama. La sequenza di microstrutture lungo questo percorso permette di identificare una serie dettagliata: si parte da una struttura completamente ferritica in corrispondenza della costola della spada, con i grani di ferrite circondati da cluster di cementite sferoidale, seguita da una combinazione di grani ferritici e perlitici, la cui frazione in volume aumenta progressivamente, fino a diventare prevalente in corrispondenza del tagliente, a testimonianza dell’aumento del tenore di carbonio. È poi da notare la presenza di bande allungate e ben definite, costituite da grani grossolani di ferrite, vicino al tagliente. Il tenore di carbonio nella ferrite varia in un intervallo di 0,05÷0,08%, mentre il suo valore medio nell’intorno del tagliente si approssima a 0,35÷0,4%. Il contenuto medio di Si è di 0,01%, quello dell’Al è del 8*10-4%, mentre quello del Mn è 3*10-3.
Le osservazioni fatte permettono di affermare che la tecnologia di produzione non è stata la saldatura di masselli per bollitura, ma piuttosto la forgiatura di un blumo di acciaio a tenore di carbonio variabile. Un’altra possibilità legata alla presenza del gradiente di carbonio è quella di un trattamento di carburazione, peraltro giustificata da altri ritrovamenti che hanno permesso tale ricostruzione del processo produttivo. Il blumo di partenza ha un gradiente del tenore di carbonio che può essere sfruttato per modulare le microstrutture risultanti e le conseguenti proprietà meccaniche. L’assenza di evidenti saldature, assieme all’indicazione di inclusioni ricche in FeOx, concorrono nel supportare l’ipotesi che la tecnologia produttiva non sia stata la bollitura di masselli di acciaio a differente composizione. Sulla base delle valutazioni stabilite per la lama di Vetulonia, è possibile affermare che gli strati esterni hanno subito un trattamento termo-meccanico a temperature superiori di 100÷150°C a quelle degli strati interni.
Conclusione dello studio
E’ sorprendente che, nonostante gli antichi artigiani Etruschi non fossero a conoscenza di approfondite conoscenze circa i principi di base propri della metallurgia fisica e della metallurgia meccanica, siano riusciti a realizzare prodotti di livello qualitativamente interessante quali le due lame prese in esame. In particolare, la più antica delle due rinvenuta presso Vetulonia rappresenta un tipico esempio di spada a pacchetto (pattern welding) che possiede forti analogie con il moderno processo di saldatura per attrito. I campioni della spada proveniente da Chiusi sembrano essere, invece, stati realizzati a partire da un blumo che, a seguito del processo di riduzione, doveva essere caratterizzato da un significativo gradiente nel contenuto di carbonio. D’altra parte, non si può escludere che tale gradiente possa essere stato indotto attraverso un processo di carburazione, circostanza che potrebbe gettare una nuova luce sull’esperienza sviluppata da Etruschi e Romani nella realizzazione dei trattamenti termomeccanici. Il computo dell’equilibrio termodinamico realizzato sulla base dei dati concernenti la composizione chimica della matrice metallica, delle scorie e delle inclusioni non metalliche ha permesso di ipotizzare una plausibile temperatura media dei mezzi di riduzione pari a 1163°C per la lama di Vetulonia e a 1237°C per quella proveniente da Chiusi. Nella struttura a pacchetto riscontrata nella lama di Vetulonia l’attrito, che si sviluppa tra le diverse lamine di materiale durante il processo di forgiatura, può aver comportato un ulteriore incremento di temperatura che dovrebbe promuovere il processo di formazione di un giunto in fase solida tra i diversi strati. Il giunto, nel caso esaminato, è stato realizzato attraverso la saldatura di cinque lamine: una a cuore e due laterali di ferrite e due strati intermedi arricchiti di carbonio, che dà luogo alla presenza di perlite e di ferrite aciculare, a seguito del raffreddamento. Gli antichi reperti esaminati indicano un’indiscutibile abilità metallurgica sviluppata in ambito etrusco.
Si può dire che queste conoscenze, sono state molto probabilmente passate ai romani, per quello che riguarda miniere, forni, estrazione del ferro, forma delle spade, forgiatura, tecniche a pacchetto ecc. Purtroppo queste tecniche etrusche si sono perse nel corso dei secoli, molto probabilmente sono stati gli stessi romani a perderle nel periodo massimo della loro espansione. Infatti il classico gladio dell'esercito romano era un'arma corta, derivata dalla daga, ed era data a tutti i vari legionari. Ora le legioni romane avevano circa 5000 uomini, più le varie unità di supporto (cuochi. medici ecc.) e c'erano diverse legioni sparse per l'Europa. Dare a tutti una spada di alta qualità era insostenibile, mentre dare a tutti una buona spada, monoacciaio era sicuramente una scelta più semplice. Purtroppo il progresso in campo bellico non sempre è andato d'accordo con la qualità dell'acciaio. Anche in Giappone moltissime tecniche di forgiatura e di costruzione delle Katane, sono andate perse nei secoli, l'epoca d'oro, anche da loro non è più stata raggiunta. Ovviamente non sto dicendo, e lo scrivo per non essere frainteso, che l'acciaio degli etruschi era superiore a quello delle katane giapponesi, un paragone del genere è insostenibile.... le separano secoli, materiali di partenza diversi, forme diverse, tecniche di combattimento diverse ecc. Katane nihonto (cioè originali, vecchie di secoli) giapponesi, sono giunte fino a noi primo perchè sono molto più recenti, e secondo perchè loro le passavano di generazione in generazione, come lascito e tesoro di quella famiglia, venerandole, dando un nome alle più famose, credendo che avessero un'anima.... pulendole e oliandole, smontandole e rimontandole, senza lasciare impronte con le dita di continuo, un livello di cura maniacale che rasenta la religiosità e che ha permesso di conservarle attraverso i secoli. Gli stessi forgiatori erano considerati maestri e tenuti in altissima considerazione nella società giapponese.
Tuttavia pur considerando tutto ciò, è innegabile che l'acciaio al carbonio non l'hanno inventato loro, che molte tecniche costruttive a strati erano usate millenni prima in altre parti del mondo, sempre ad alti livelli qualitativi. Che gli etruschi in Italia sono stati una parte fondante dell'impero romano e di quello che è oggi l'Italia. Per questo mi sono interessato a condividere con voi queste informazioni.... anche noi vantiamo una storia importante nella metallurgia, e non dobbiamo invidiare e osannare per forza i giapponesi, quando abbiamo in casa storie altrettanto interessanti.
Chiudo dicendo che è estremamente affascinante studiare e capire come nel corso dei vari secoli e in vari luoghi della Terra gli antichi popoli hanno scoperto ed usato tecniche similari per forgiare lame, utensili vari e spade. Il fascino della forgia, del martello che batte e da forma all'acciaio, il caldo e le scintille sprigionato dal metallo rovente attraversa i secoli, i continenti e giunge oggi come ieri al cuore dell'uomo.
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