Le cose facili non ci permettono di scoprirci

Quando è il momento di partire scelgo l'Appennino perché non mi piacciono le strade piane. Oggi la giornata era tersa e le nuvole scorrevano veloci come fumo. I rami spogli e alti sfoggiavano la loro elasticità nel vento dalla voce simile a un treno in corsa. Ho attraversato gli ultimi residui dell'inverno, piccole pozzanghere ghiacciate, mucchietti di neve sopravvissuta grazie alle zone d'ombra. Mi sono fermata in uno spiazzo da cui ho visto in lontananza montagne innevate, forse il corno alle scale. Camminare e guardare le montagne immobili permette ai pensieri di sgorgare. Ho pensato che finalmente li potevo ascoltare senza interferenze, li ho rimessi in ordine, ho guardato le cose da altre prospettive. Affrontare terreni impervi, attraversare le viscere del bosco ti fa vedere le tue risorse e i tuoi limiti, ti fa capire che se c'è una forza che può spingerti avanti a raggiungere i tuoi obiettivi è solo dentro di te e solo tu puoi accendere l'interruttore.
La natura ti permette di specchiarti a differenza delle situazioni del mondo in cui sei immersa tutti i giorni e che ti portano spesso a guardare da un'altra parte. La natura non è uno specchio deformato, dice la verità. Nella vita di tutti i giorni ogni cosa o quasi è a portata di mano, non hai bisogno di razionale cibo e acqua. Solo che le cose facili non ci permettono di scoprirci. Nella natura invece il necessario lo devi cercare, come devi cercare la strada. Questo ti costringe a pianificare, a pensare strategicamente, ad essere attivo e non automa. Nella realtà di tutti i giorni invece il tuo pensiero attivo non è necessariamente richiesto, sei piuttosto sommerso di stimoli e dalle parole degli altri. Ho pensato questo seduta in quello spiazzo di fronte alle montagne. Poi ho lasciato il torsolo della mia mela alla terra e ho ripreso la mia marcia pensando a quello che avevo imparato: "non calpestare mai un tappeto di foglie se non sai cosa c'è sotto e abbi cura di te, ascoltati sempre". Questo è un augurio che faccio anche a tutti voi, buon trekking
 

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Nella realtà di tutti i giorni invece il tuo pensiero attivo non è necessariamente richiesto, sei piuttosto sommerso di stimoli e dalle parole degli altri.

Quando non sono "fuori" la mia mente ci torna ogni minuto.
Assieme al pensiero di chi mi è caro, la montagna riempie la mia mente.
Sarò malato, può darsi, ma il richiamo è troppo forte...

Queste tue parole mi sono arrivate forti.
Scrivi molto bene e credo, immaginando anche per molti altri qui,
che tu abbia fatto una splendida foto, e non mi riferisco all'immagine in allegato ;)

Grazie, mi hai un po' emozionato :)
 
Tutti proviamo momenti di esaltazione a contatto con la natura, in buona parte sono emozioni simili a quelle di un carcerato che per la prima volta dopo anni può uscire dalle mura del carcere.

Queste forti emozioni non mi fanno comunque mai dimenticare chi sono: un animale di città che riesce a stare in ambiente naturale per una manciata di ore solo grazie alle scorte di viveri e di materiale che si è portato dal tanto deprecato mondo industriale.

Né mi fanno dimenticare cosa sto facendo: indosso abiti e scarpe appositamente prodotti sfruttando il lavoro di persone meno fortunate di me e bruciando le risorse del pianeta, per arrivare in montagna ho percorso centinaia di Km in automobile bruciando litri e litri di carburante viaggiando su una autostrada fatta bucando le montagne, sbancando intere colline, apportando milioni di tonnellate di bitume, ferro-cemento e materiale da cava.

Ecco: esaltarsi al contatto con la natura non deve mai significare perdere la vergogna di ciò che si è veramente, sapere che se non fosse per quello schifo di città, di lavoro, di sistema industriale che ci lasciamo alle spalle non riusciremmo a sopravvivere più di una decina di giorni e che fare veramente "l' uomo che vive nella natura" non per gioco ma perché non si ha altra vita oltre quella ci stroncherebbe in pochissimo tempo.
 
Tutti proviamo momenti di esaltazione a contatto con la natura, in buona parte sono emozioni simili a quelle di un carcerato che per la prima volta dopo anni può uscire dalle mura del carcere.

Queste forti emozioni non mi fanno comunque mai dimenticare chi sono: un animale di città che riesce a stare in ambiente naturale per una manciata di ore solo grazie alle scorte di viveri e di materiale che si è portato dal tanto deprecato mondo industriale.

Né mi fanno dimenticare cosa sto facendo: indosso abiti e scarpe appositamente prodotti sfruttando il lavoro di persone meno fortunate di me e bruciando le risorse del pianeta, per arrivare in montagna ho percorso centinaia di Km in automobile bruciando litri e litri di carburante viaggiando su una autostrada fatta bucando le montagne, sbancando intere colline, apportando milioni di tonnellate di bitume, ferro-cemento e materiale da cava.

Ecco: esaltarsi al contatto con la natura non deve mai significare perdere la vergogna di ciò che si è veramente, sapere che se non fosse per quello schifo di città, di lavoro, di sistema industriale che ci lasciamo alle spalle non riusciremmo a sopravvivere più di una decina di giorni e che fare veramente "l' uomo che vive nella natura" non per gioco ma perché non si ha altra vita oltre quella ci stroncherebbe in pochissimo tempo.

Verissimo.
Sottoscrivo in tutto e per tutto.
E' esattamente il motivo che - parlo almeno per me - è come se avessi compreso nel tempo a poco a poco, in una riflessione goccia a goccia.
E' andata di pari passo ad ogni "uscita" nella natura, laddove proprio la sensazione dell' "uscita" (e del poi conseguente e simmetrico "rientro da") - spesso scandito da nient'altro che da due caselli autostradali, oppure dal rumore sordo dal bip del telecomando che chiude le portiere della macchina - mi dava sempre più la sensazione di una perenne antitesi, di una costante e sistematica contrapposizione su cui è impossibile impostare un'intera vita senza cadere inevitabilmente in un'ipocrisia.

E' vero che "le cose facili non ci permettono di scoprirci" ; è vero che la natura ci entusiasma e ci esalta...ma poi ? Se è così vero come crediamo, se sentiamo quell'ambiente come una sorta di placenta e ci dispiace così tanto allontanarcene come fosse il taglio di un cordone ombelicale, e se percepiamo tali sensazioni in modo così intimo e viscerale con la massima buona fede e convinzione...ebbene, perché poi nonostante tutto ciò sentiamo il richiamo del così vituperato guscio protettivo cittadino e torniamo ad essere tanti Calimeri ambulanti ?

Per questo, pur continuando senza dubbio a vivere queste sensazioni, si è sempre più diradato il desiderio di scriverne e di esternarle. Perché avverto che non sarebbe sincero fino in fondo.
L'ultimo baluardo della sincerità, invece, lo percepisco (e cerco di viverlo) in tempo reale, esattamente in quei pochi attimi, frammenti di vita, nei quali mi trovo sul posto ; e mi piace comunicare con il compagno d'avventura con cui di volta in volta mi trovo per il puro piacere dello stare insieme.
Compagni pochi e rigorosamente scelti, a dire il vero, con i quali già ci si conosce come fossimo a vicenda dei libri quasi completamente aperti : l'occasionalità della compagnia è la morte preventiva di una autentica condivisione.
E' dunque nell' "a tu per tu" e nel "qui ed ora" di quei momenti che cerco di sfogare quell'istinto insopprimibile di comunicare il piacere della carezza della natura, consapevole del carattere del tutto effimero della cosa almeno finchè sarò/saremo, appunto, persone che nella natura ci stanno solo un po' per gioco, anche se un gioco serio ; solo per evasione, anche se un'evasione infinitamente migliore e preferibile a tantissime altre.
 
In questo bel topic vorrei esprimere anch'io un pensiero. Henry Thoreau resistete due anni a Walden se non ricordo male, poi torno a vivere in città. Ma era una città di fine 800 e posso pure capirlo. Quello che non capisco è come sia stato possibile che molti esseri umani, oggi, vivino in una città, magari in periferia in un appartamento facente parte di un casermone in cemento armato e magari lavorare per 40 anni per poterselo pagare.
E pensare che questo sia normale.
 
Tutte riflessioni molto interessanti e che in parte condivido. Per me scriverne significa fermarmi e apprezzare di più quello che vivo nel qui ed ora e cercare strade per tenere acceso l'atteggiamento che ho nelle escursioni il più possibile anche nella vita frenetica di tutti i giorni. Parlo di un atteggiamento più attivo, vivace e curioso. Poi per carità la vita frenetica di ogni giorno mi dà da vivere ma la natura mi dà lo stimolo a pensare al modo in cui la voglio vivere, mi fa capire che nonostante alcune circostanze obbligate ho sempre la possibilità di scegliere e che non sempre scegliere le cose facili è la cosa migliore, almeno per me.
 
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