Mal di montagna (AMS), un esperienza personale.

Assolutamente no. Come detto nei msg precedenti (se leggi :) ) dipende da tanti fattori.
Quindi non e' che se arrivi a 2200 zac... ti taglia!

Ho letto...ma si parla anche di sensibilità....non ho paura che mi mozzi le gambe ma mi dispiacerebbe passare 5 notti con la nausea....cmq vedremo ...se vedo che le prime volte sto male abbasserò la quota ...:cry::cry:
 
l'anno scorso dopo una notte passata inrtorno ai 2200 m mi sono svegliato con una sensazione di fiacchezza incredibile e nausea..non conoscendo il mal di montagna avevo attribuito il tutto alle 10 ore di cammino il giorno prima e ai tre giorni di cammino ...poi ho letto dell'AMS è mi è venuto il dubbio...Le notti prima ho dormito a 2000 m e mi sono meravigliato di come avevo ben riposato...

Ma secondo voi si ripresenterà sicuramente (se fosse stata AMS) o comunque dipende di volta in volta?

per questa estate ho programmato 5 notti a 2500 m ....altrimenti mi tocca riprogrammare tutto!!!:rofl:

Mi sembra molto strano che sia mal di montagna. Questo fenomeno si può presentare dai circa 3000 mt in su. Sotto quelle quote 100/200 metri di differenza di altezza sono poco rilevanti. Penso che sia semplice stanchezza, non corretta alimentazione/idratazione o stavi semplicemente male per altri motivi.
 
Sì, 2000/2500m sono una quota piuttosto bassa per l'AMS. E' più probabile, come dice mezcal, che si sia trattato di stanchezza e disidratazione.
Considera comunque che basta scendere di quota di 2/300m per stare meglio, quindi non penso che le tue escursioni estive ne risentiranno.
Bevi sempre tanto, anche quando non hai sete!
 
Mi alzo... e sbam, le gambe non mi reggono, la testa mi gira come una trottola, sono disorientato
Eh, ma hai i globuli rossi piccini piccini... :lol:
Io sono stato a 3342 metri sull'Etna e non mi è successo niente!

Scherzo, ci sono arrivato col pulmino! All'epoca ti portava quasi in cima, a piedi avrò fatto 200 metri... :rofl:

Invece partendo a piedi dal rifugio credo di essere arrivato sui 3000 (non avevo un altimetro, ma arrivai dove la neve scompariva per via del calore del terreno), ma andando con molta calma, tipo un passo al secondo, però non mi ricordo giramenti di testa o altro.

Ricordo quel giorno anche come la prima volta mandai una mail da uno smartphone. Era il 1999 e usai un glorioso Nokia 9110. Fu strano.
 
Interessante discussione...

ad ottobre sarò in nepal per fare il classico trekking del campo base dell'everest e visto che arriverò fino a 5600mt mi sono un po' documentato..

sulle nostre montagne è una patologia piuttosto rara, generalmente chi supera i 3500 lo fa per poche ore e i sintomi dell'AMS non arrivano.
Ovviamente se si sale a piedi i rischi sono minori, se si sale velocemente in macchina o con impianti il corpo ha meno tempo per adattarsi.

per chi fa lunghi trekking in himalaya invece è una situazione molto frequente e si passano appositamente alcuni giorni di acclimatamento proprio per evitarlo.

in genere più si va piano, più si sale lentamente e più si sta tranquilli. non avendo fretta io per esempio ho organizzato un giorno di acclimatamento in più intorno ai 4500mt.

Da quello che ho letto sopra i 5000, 5500 un po' di disturbi sono quasi fisiologici e raramente si sta benissimo.

una cosa importante dell'AMS è che non è legato alla forma fisica della persona, colpisce randomicamente e non è detto che chi non ne abbia mai sofferto sia immune.

avevo letto di un pulmino in tibet o in nepal che si era fermato su un passo a 5000 e passa metri, venendo da molto più in basso, e gli occupanti si erano attardati diverso tempo per fare foto... beh, alcuni hanno rischiato grosso, li hanno dovuti soccorrere e portarli velocemente giù.
non a caso chi gira per quei posti in macchina ha spesso una bombola di ossigeno per sicurezza.

insomma è proprio una bella rogna. chiederò al mio medico se è il caso di usare medicinali come il diamox. dovrebbe essere un fluidificante del sangue se ho ben capito e non porta grosse controindicazioni. ovviamente ha senso usarlo solo se si sta molti giorni a quelle quote, per un giorno è inutile.
 
D

Derrick

Guest
Capisco che uno non possa averla nel proprio kit di emergenza nello zaino, ma nei rifugi d'alta quota (sopra i 3.000 m) mi sembra utile che vi sia sempre, se è efficace come dicono, una "Sacca di Gamow", che poi se ben capisco è una sorta di sacco di plastica con una pompa di bicicletta attaccata, che fa una sorta di camera iperbarica per far riprendere il malato.

Nel caso di Ominodipietra infatti la soluzione era o attendere l'elicottero (che costa molto alla collettività) o scendere con i propri mezzi a piedi, in una situazione di sofferenza psicofisica che è, di per se stessa, possibile causa di incidenti ulteriori.

A volte mi sembra che basti un minimo di organizzazione e pare che anche quella sia fatica. Abbiamo ben visto, da questi testi, che basta un periodo di tempo breve a pressioni normali per rimettersi in forma, e quindi in grado di affrontare la discesa. La sacca di Gamow dovrebbe essere una dotazione obbligatoria e ovvia per tutti i rifugi sopra i 3.000 m.
 
Capisco che uno non possa averla nel proprio kit di emergenza nello zaino, ma nei rifugi d'alta quota (sopra i 3.000 m) mi sembra utile che vi sia sempre, se è efficace come dicono, una "Sacca di Gamow", che poi se ben capisco è una sorta di sacco di plastica con una pompa di bicicletta attaccata, che fa una sorta di camera iperbarica per far riprendere il malato.

Nel caso di Ominodipietra infatti la soluzione era o attendere l'elicottero (che costa molto alla collettività) o scendere con i propri mezzi a piedi, in una situazione di sofferenza psicofisica che è, di per se stessa, possibile causa di incidenti ulteriori.

A volte mi sembra che basti un minimo di organizzazione e pare che anche quella sia fatica. Abbiamo ben visto, da questi testi, che basta un periodo di tempo breve a pressioni normali per rimettersi in forma, e quindi in grado di affrontare la discesa. La sacca di Gamow dovrebbe essere una dotazione obbligatoria e ovvia per tutti i rifugi sopra i 3.000 m.

Grazie Derrick, non avevo mai sentito parlare di questa sacca di Gamow!
Concordo con te sul fatto che ogni rifugio sopra i 3000 dovrebbe averne una. Come dici tu, con un minimo di organizzazione si possono evitare conseguenze gravi, dirette o indirette che siano.
Personalmente in quei momenti avrei pagato qualsiasi cifra per usarla e sentirmi meglio! Il tipo continuava a dirmi che dovevo scendere al più presto, ma era angosciante l'idea di affrontare la discesa, che nei primi 200m di dislivello era pure insidiosa e con la roccia fradicia, con una tale debolezza e le vertigini... Confermo che mi è bastato scendere di pochissimo per ritrovare la condizione ottimale, quindi probabilmente sarebbero bastati pochi minuti dentro quella sacca.
 
insomma è proprio una bella rogna. chiederò al mio medico se è il caso di usare medicinali come il diamox. dovrebbe essere un fluidificante del sangue se ho ben capito e non porta grosse controindicazioni. ovviamente ha senso usarlo solo se si sta molti giorni a quelle quote, per un giorno è inutile.

Una piccola nota tecnica, il damox, detto anche acetazolamide, non è un fluidificante del sangue ma un blando diuretico.

Espleta la sua funzione a livello renale eliminando ioni bicarbonato; in questo modo si viene a creare uno stato detto di "acidosi metabolica" che va a stimolare i centri del respiro. Il respiro si fa più profondo e frequente al punto da compensare i livelli di ossigeno nel sangue e ridurre i sintomi:)
 
premesso che NON sono medico

a mio parere usare il diamox per escursioni sulle ns alpi o al di sotto dei 5000 metri mi pare eccessivo e superfluo

può essere utile invece assumere efferalgan (paracetamolo, equivalente all'aspirina) insieme ad una buona idratazione arrivando al rifugio

anni fa mi ero tradotto un libretto (scritto da un medico americano)

vi faccio un taglia incolla del primo capitolo

Altitudine e mal di montagna C​
(traduzione dall’omonimo testo)

capitolo 1 adattamento all’alta quota


Come tu guadagni quota, l’aria si fa più sottile, la pressione si abbassa e sempre meno ossigeno è disponibile nell’atmosfera. Immagina di viaggiare nella cabina pressurizzata di un aereo di linea ad una quota di 8.800 metri; se la cabina dovesse improvvisamente depressurizzarsi alla medesima pressione dell’aria a quella quota i passeggeri perderebbero immediatamente conoscenza e morirebbero nel giro di quattro minuti a meno di non avere una maschera ad ossigeno. Eppure l’Everest (m. 8848) è stato salito più volte senza ossigeno. Perché questa differenza?
Acclimatazione, un processo graduale durante il quale il corpo umano lentamente si abitua ad utilizzare aria con quantità d’ossigeno inferiori al solito, come si verifica in quota.
Possiamo definire una quota bassa al di sotto dei 2.100 metri, media fino a circa 3.700, estrema oltre i 5.500 metri; viene comunemente definita alta quota l’intervallo tra la media e l’estrema (3.700-5.500m).

adattamento del respiro
Il principale adattamento che si può notare in quota è sicuramente la necessità di respirare più spesso. Per esempio, nel bere da una bottiglia d’acqua si può sentire la necessità di fermarsi per prendere fiato, oppure di smettere di parlare per respirare. In genere si respira di più sia a riposo che durante un’attività fisica, ma ognuno noi con il proprio fisico risponde in maniera diversa alla scarsità d’ossigeno in quota. In genere i maggiori alpinisti d’alta quota di fama mondiale riescono ad incrementare il loro respiro più di quanto riesca a fare un ottimo maratoneta, probabilmente per il loro patrimonio genetico. Comunque la forza psicologica può compensare per differenza la capacità di respiro ad alta quota. Un eccellente esempio è dato da Peter Habeler e Reinhold Messner (i primi due uomini a salire l’Everest senza ossigeno); uno ha un’ottima risposta di respirazione in quota, l’altro no.

incremento delle pulsazioni
Non appena si sale di quota il ritmo del respiro aumenta ed aumentano anche le pulsazioni a riposo durante i primi giorni di permanenza in quota. Può essere utile misurare quotidianamente le pulsazioni, stando coricati, possibilmente la mattina appena svegli; come si diventa più acclimatati, si sentirà che le pulsazioni scendono e si sentirà meno martellamento nel proprio torace. Questo sta a significare che il proprio corpo sta rispondendo bene alla quota. Medicinali per la cura dell’angina o della pressione possono diminuire l’effetto della risposta.

risposta urinaria
La quota aumenta la diuresi nel corpo umano, ovvero in quota si urina maggiormente e ci si sbarazza di liquidi. La diuresi si verifica dormendo a quote superiori a 3.000 metri ed è stato studiato che si verifica attraverso dei recettori cardiaci. Quando la diuresi prende piede si renderà necessario alzarsi durante la notte per urinare una o due volte e si potrà perdere liquidi fino al 2% del peso corporeo. Se questo non si verifica stare attenti al mal di montagna; questo non significa che già si sta soffrendo di mal di montagna, ma che però si è più predisposti.

risposta del sangue
In quota il sangue si addensa, un processo che prende un mese e più per completarsi. In un primo tempo il sangue tende ad addensarsi a causa della diuresi e della conseguente perdita di liquidi, ma successivamente si fa più denso perché il corpo produce più globuli rossi per trasportare ossigeno. Il sangue degli sherpa, che vivono in quota, non è mai così denso come diventa quello delle persone normali. Il sangue denso può coagulare molto più facilmente e può causare problemi nel trasportare ossigeno dove è necessario. L’inattività (essere rinchiusi in una tenda a causa di una bufera per qualche giorno) può aumentare le possibilità di sviluppo di un embolo che può migrare. Per esempio, un embolo in una gamba può spostarsi ai polmoni con esiti anche mortali. Gli emboli vaganti possono costituire un problema molto più comune di quanto si pensasse in precedenza può spiegare i repentini aggravamenti a cui sono andate incontro persone salite in montagna. Trovandosi in una situazione di forzata inattività, può essere molto importante sforzarsi di fare esercizio fisico. Uscire il più possibile (compatibilmente con le condizioni atmosferiche).
Alcuni suggeriscono di prendere medicinali quali aspirina al fine di rendere il sangue meno denso e quindi meno soggetto al coagulo, ma non ci sono sufficienti studi di questo specifico effetto in quota.
Le opinioni su un utilizzo dell’aspirina in quota sono divise; può avere senso ad altitudini estreme (oltre i 5.500 metri) per coloro che vi stanno per un periodo relativamente lungo, ma la sua efficacia non è scientificamente provata. Può essere raccomandata per coloro che passano più di una settimana ad una quota superiore ai 4.500 metri, soprattutto se durante un periodo d’inattività. (una al giorno è sufficiente)


cambiamenti durante il sonno
La massima parte delle persone in quota fa l’esperienza di far fatica a prendere sonno. Il sonno poi può essere irregolare ed alcuni individui possono svegliarsi senza fiato. Questo può accadere a quote superiori ai 2.500 metri, ma è più comune altre i 4.500 metri. Nella tenda si può sentire il respiro del proprio compagno farsi più rapido e rumoroso, poi diminuire dopo un minuto o due fino a divenire pressoché impercettibile e poi riprendere di nuovo. Questo modello è chiamato respiro periodico. Qualche volta prima che il respiro riprenda di nuovo la persona può svegliarsi di soprassalto. Questo accade perché nella fase iniziale della respirazione rapida il corpo manda ossigeno al cervello ed il bisogno d’ossigeno diminuisce; appena prima di riprendere il ritmo quasi impercettibile il cervello, a corto di ossigeno, sveglia il corpo per respirare. Il respiro periodico spesso dà ansietà alle persone ed alcuni possono manifestare il desiderio di abbandonare. E’ normale, comunque, e diminuisce con l’acclimatazione. Pillole per dormire, sedativi o tranquillanti fanno accorciare il respiro con il risultato di far ossigenare meno i tessuti e quindi non creano certo una situazione ideale e pertanto è buona cosa non assumerne.

effetti nocivi dell’alta quota
Le persone non vivono permanentemente a quote superiori ai 5.000 metri e questo per buone ragioni: il corpo umano non vi si adatta bene. Più è lunga la permanenza oltre i 5.000 metri e maggiormente si avranno deterioramenti psicologici, mentali ed emozionali, ma sono però situazioni temporanee, senza pericolo di danni cerebrali.

periodo ottimale di acclimatazione
Non esiste nessuna regola uguale per ognuno di noi, l’acclimatazione varia per ogni persona e per ogni quota. Una regola molto prudenziale potrebbe essere d’incrementare l’altezza del luogo dove si dorme di 300 metri al giorno, al di sopra dei 3000 metri. Durante la salita può essere consigliabile fare una sosta ogni due-tre giorni, dormendo alla stessa quota del giorno precedente.
Per compiere una salita in stile alpino di un ottomila, tre settimane passate intorno ai 6000 metri potrebbero essere sufficienti, ma per qualcuno potrebbero essere poche e per qualcuno troppe. Per un trekking su vette di 6000 metri dai sette ai dieci giorni sembra un tempo ragionevole.
Seguire sempre la regola sali in alto, ma dormi in basso che significa salire durante il giorno fin dove si vuole (o si può) e tornare poi a dormire alla stessa quota o poco più della notte precedente.
Il punto in cui s’iniziano a sentire i sintomi della quota varia con la velocità di salita e con le proprie condizioni in quella giornata; alcune persone iniziano a sentire la quota dai 1800 metri, la maggior parte oltre i 3000, tutti oltre i 4600 metri.
Seri malesseri d’altitudine come HAPE1 [.1] [.2] [.3] [.4] o HACE2 [.5] possono manifestarsi anche da circa 3000 metri, ma sono più comuni a quote superiori. Può essere utile considerare che fino ai 5500 metri si può parlare di semplice malessere d’acclimatazione, oltre tale quota il malessere generato è sempre parte di altri processi che si manifestano alle estreme quote, dove la fisiologia può essere differente che a quote più modeste.
C’è da tenere presente comunque che risulta molto difficile per la medicina studiare le reazioni individuali oltre i 5500 metri, in quanto le conoscenze sono per la maggior parte basate su resoconti e non di prima mano.



1 HAPE edema polmonare da alta quota, vedi successiva descrizione in apposito paragrafo

2 HACE edema cerebrale da alta quota, vedi successiva descrizione con apposito paragrafo


[.1]





[.3]


[.4] [.4]


[.5] HAPE high altitude pulmonary edema ovvero edema polmonare da alta quota
HACE high altitude cerebral edema ovvero edema cerebrale da alta quota




:biggrin:spero possa essere utile a qualcuno

:biggrin::biggrin::biggrin::biggrin:
 
Ultima modifica di un moderatore:
Grazie Ominodipietra

Ciao Ominodipietra,
io sono nuovo del portale (l'unico al quale mi sia mai iscritto e quindi novellino dei portali in genere) e non sono avvezzo all'uso di questri strumenti.
Noi appassionati di montagna siamo tipi strani: a volte solitari, magari burberi, ma educati e rispettosi.
Ci salutiamo quando ci incontriamo sui sentieri e abbiamo l'abitudine di ringraziare per ogni cosa.
Da quando leggo le discussioni di Avventurosamente ho notato che questa (bella) abitudine è stata portata anche in questo forum.
Lo si evince dal fatto che i ringraziamenti fatti o ricevuti vengono elencati nella sintesi dei profili.
Non ho capito perché venga tenuto il conto dei ringraziamenti, ma deduco che sia possibile tenere aggiornata questa statistica utilizzando un apposito pulsante che da neofita del forum non ho ancora trovato.
Quando capirò come farlo lo utilizzerò per ringraziare l'utente che avrà postato qualcosa di particolarmente utile o interessante, ma riguardo al tuo post lo voglio fare alla vecchia maniera: GRAZIE!
Il tuo resoconto è ben dettagliato ed ampliamente esplicativo.
Forse perché sei stato abile a trasmettere le sensazioni oltre che i sintomi ma il tuo post è stato più esaustivo (e senza dubbio meno noioso) di qualsiasi trattato sull'AMS .
Non ne ho mai sofferto, ma, naturalmente, ne ho sentito parlare e documentarsi non è mai servito granché a capire (per me) cause, sintomi e rimedi.
Il giorno che dovesse capitarmi penserò all'Ominodipietra e al suo racconto e voglio credere che mi sarà d'aiuto per uscire da una spiacevole situazione.
Grazie Ominodipietra.
 
Grazie a te Canepazzo!
Le tue parole mi fanno davvero piacere; avendo vissuto certe sensazioni in prima persona ci tenevo proprio a trasmettere in modo dettagliato l'evolversi di quella scomoda situazione. Lo scopo era proprio quello.
Per il pulsante dei ringraziamenti: ci sono cascato pure io. Ti comparirà sotto ogni post dopo che avrai raggiunto un certo numero di post e commenti. Non so perchè a dire il vero, ma è così :)
 
Sono appena tornato da un trekking di 14 giorni in nepal.

siamo stati molto sopra i 4000 metri e qualche giorno sopra i 5000 (quota massima 5400).

per sicurezza alla fine abbiamo preso il diamox e non abbiamo avuto problemi.

moltissime persone invece si sentivano male e venivano portate già dall'elicottero.
ora non so se tutte fossero colpite da mal di montagna, ma mediamemnte ogni mattina dal posto in cui stavamo 3 persone venivano caricate giù.

la guida mi diceva genericamente mal di quota, ma probabilmente si trattava anche di altro (freddo, forti esdcursioni termiche..).

non so se è un effetto collaterale del diamox, ma quando salivamo di quota formicolava un po' tutto, soprattutto alle quote più alte.
 
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