leggendo non ho trovato nessuno che avesse recensito quest'opera nel forum......in punta di piedi mi permetto di farlo io....
Non è una nuova uscita (io ho la terza edizione), ma di sicuro è uno dei libri che piu ha segnato la mia passione per le montagne, non parlo di alpinismo, ma di amore puro e rispetto per la natura piu incontaminata.
Tra le varie opere di quello che forse è il piu celebre e simbolico alpinista italiano, il lavoro “Montagne di una vita” puo essere sintetizzato come la stessa vita di Bonatti, ovvero il bisogno della sfida continua e allo stesso tempo l’ammirazione e il profondo rispetto verso la natura.
L’opera ripercorre le tappe piu salienti delle imprese di Walter Bonatti (1930-2011), dal 1948 al 1986, attraverso scalate storiche, vittorie impossibili con i piu alti picchi del mondo, fino all’epilogo con l’allontanamento dall’alpinismo “estremo” a favore di un rapporto piu intimo con la natura.
Lo scrittore narra 40 anni di imprese, di gioie e di morte vista faccia a faccia, con amore quasi unico e nostalgia crescente verso i vecchi sapori dell’alpinismo classico. Dalla prima vera conquista storica del 1951 sulla parete est del Gran Cappucin, agli ultimi viaggi in Patagonia. Si susseguono passaggi tragici e stupendi di una vita votata alla montagna, come la conquista del Dru in solitaria e delle maggiori cime delle Alpi, tra cui il suo amatissimo Monte Bianco, di cui ancora oggi Bonatti viene ritenuto uno dei maggiori conoscitori di sempre. Le varie vie aperte si susseguono in decenni fino al Sud America con le conquiste del Cerro Moreno e del Rondoy, senza dimenticare le storiche vittorie del K2 (Bonatti faceva parte della spedizione del 1954) e del G4 (1954) . Volutamente l’autore sorvola però molti passaggi della tragica scalata italiana del K2 per vari motivi tra cui il celebre “disguido” nato nell’ultima fase della conquista , rimandando il lettore ad un'altra sua celebre opera (K2, La verità 1954-2004).
L’addio all’alpinismo estremo di Bonatti del 1965 segnerà la conclusione di una buona parte dell’alpinismo “classico”, al quale l’autore era legato in maniera indissolvibile.
L’intero libro è incentrato sulla visione dell’autore e della sua concezione di alpinismo e di sfida. In numerosi passaggi Bonatti si sofferma a far riflettere sull’approccio moderno dell’alpinismo , quel ricorrente astio nei confronti dei chiodi a espansione che torna in tutto il libro, che da una parte “feriscono” la montagna e dall’altra rendono la sfida insignificante poiché a suo modo di vedere così facendo lo scalatore si trasforma in un solo atleta, mancando la necessità di trovare la via possibile. Tale visione si ritrova altrettante volte quando l’autore parla dei “nuovi” alpinisti avvezzi all’utilizzo di elicotteri per gli spostamenti, ricetrasmittenti e quant’altro. Il modello “bonattiano” infatti era l’opposto, si pensi infatti ad un uomo che ha scalato ai suoi esordi delle montagne ritenute impossibili con i soli chiodi classici (molti forgiati da lui stesso), corde di canapa (quasi inutilizzabili con pioggia e gelo) e semplici sacchi gommati per i bivacchi. Spesso lo stesso Bonatti esprime la sua visione in maniera chiara: la montagna va rispettata e onorata, l’ausilio del chiodo per l’alpinista con amore e coscienza è da limitarsi alle poche fessure naturali, ripudiando i chiodi a espansione.
Non sono un alpinista e non arrampico, ma ne consiglio la lettura a tutti gli amanti della natura. Non troverete di certo nozioni di sopravvivenza o cose simili, ma sono uno smisurato amore e rispetto nei confronti della natura. Ho sempre adorato Bonatti da quando l'ho visto la prima volta, quella sua compostezza, educazione e quei valori di altri tempi, tanto da ritenerlo ancora oggi un grandissimo esempio umano.
Per chi non conosce Walter Bonatti (possibile??????) vi allego la prima parte del documentario “Sfide” nella puntata a lui dedicata….."Al di la delle nuvole"
Enjoy your mountain
Non è una nuova uscita (io ho la terza edizione), ma di sicuro è uno dei libri che piu ha segnato la mia passione per le montagne, non parlo di alpinismo, ma di amore puro e rispetto per la natura piu incontaminata.
Tra le varie opere di quello che forse è il piu celebre e simbolico alpinista italiano, il lavoro “Montagne di una vita” puo essere sintetizzato come la stessa vita di Bonatti, ovvero il bisogno della sfida continua e allo stesso tempo l’ammirazione e il profondo rispetto verso la natura.
L’opera ripercorre le tappe piu salienti delle imprese di Walter Bonatti (1930-2011), dal 1948 al 1986, attraverso scalate storiche, vittorie impossibili con i piu alti picchi del mondo, fino all’epilogo con l’allontanamento dall’alpinismo “estremo” a favore di un rapporto piu intimo con la natura.
Lo scrittore narra 40 anni di imprese, di gioie e di morte vista faccia a faccia, con amore quasi unico e nostalgia crescente verso i vecchi sapori dell’alpinismo classico. Dalla prima vera conquista storica del 1951 sulla parete est del Gran Cappucin, agli ultimi viaggi in Patagonia. Si susseguono passaggi tragici e stupendi di una vita votata alla montagna, come la conquista del Dru in solitaria e delle maggiori cime delle Alpi, tra cui il suo amatissimo Monte Bianco, di cui ancora oggi Bonatti viene ritenuto uno dei maggiori conoscitori di sempre. Le varie vie aperte si susseguono in decenni fino al Sud America con le conquiste del Cerro Moreno e del Rondoy, senza dimenticare le storiche vittorie del K2 (Bonatti faceva parte della spedizione del 1954) e del G4 (1954) . Volutamente l’autore sorvola però molti passaggi della tragica scalata italiana del K2 per vari motivi tra cui il celebre “disguido” nato nell’ultima fase della conquista , rimandando il lettore ad un'altra sua celebre opera (K2, La verità 1954-2004).
L’addio all’alpinismo estremo di Bonatti del 1965 segnerà la conclusione di una buona parte dell’alpinismo “classico”, al quale l’autore era legato in maniera indissolvibile.
L’intero libro è incentrato sulla visione dell’autore e della sua concezione di alpinismo e di sfida. In numerosi passaggi Bonatti si sofferma a far riflettere sull’approccio moderno dell’alpinismo , quel ricorrente astio nei confronti dei chiodi a espansione che torna in tutto il libro, che da una parte “feriscono” la montagna e dall’altra rendono la sfida insignificante poiché a suo modo di vedere così facendo lo scalatore si trasforma in un solo atleta, mancando la necessità di trovare la via possibile. Tale visione si ritrova altrettante volte quando l’autore parla dei “nuovi” alpinisti avvezzi all’utilizzo di elicotteri per gli spostamenti, ricetrasmittenti e quant’altro. Il modello “bonattiano” infatti era l’opposto, si pensi infatti ad un uomo che ha scalato ai suoi esordi delle montagne ritenute impossibili con i soli chiodi classici (molti forgiati da lui stesso), corde di canapa (quasi inutilizzabili con pioggia e gelo) e semplici sacchi gommati per i bivacchi. Spesso lo stesso Bonatti esprime la sua visione in maniera chiara: la montagna va rispettata e onorata, l’ausilio del chiodo per l’alpinista con amore e coscienza è da limitarsi alle poche fessure naturali, ripudiando i chiodi a espansione.
Non sono un alpinista e non arrampico, ma ne consiglio la lettura a tutti gli amanti della natura. Non troverete di certo nozioni di sopravvivenza o cose simili, ma sono uno smisurato amore e rispetto nei confronti della natura. Ho sempre adorato Bonatti da quando l'ho visto la prima volta, quella sua compostezza, educazione e quei valori di altri tempi, tanto da ritenerlo ancora oggi un grandissimo esempio umano.
Per chi non conosce Walter Bonatti (possibile??????) vi allego la prima parte del documentario “Sfide” nella puntata a lui dedicata….."Al di la delle nuvole"
Enjoy your mountain
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